Convegno – Riutilizzo delle Acque e dei Fanghi – MILANO

Convegno –  Riutilizzo Acque e Fanghi da impianti di depurazione
Milano – 20.2.2014
segnalazione a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


Studio Legale Ambiente è lieto di segnalare convegno di particolare interesse organizzato da GSISR.
Gruppo Scientifico Italiano Studi e Ricerche, associazione senza fini di lucro impegnata da più di trent’anni nell’attività di formazione e divulgazione tecnico-scientifica, organizza la giornata di studio “RIUTILIZZO DELLE ACQUE E DEI FANGHI PRODOTTI DA IMPIANTI DI DEPURAZIONE” il giorno Giovedì 20 febbraio 2014 a Milano presso il Doria Hotel viale Andrea Doria 22.
Questa giornata di studi vuole fare il punto sul riutilizzo delle acque depurate e dei fanghi a partire dalle normative per poi focalizzarsi sulle scelte tecnologico-gestionali e sugli aspetti energetici. Dopo una panoramica legislativa seguono una serie di interventi sulle esperienze dei gestori, criteri di ottimizzazione, recupero energetico e casi di studio di impianti di depurazione con riutilizzo delle acque e dei fanghi, e un importante aggiornamento sui progetti di ricerca a livello europeo. La giornata si completa con il punto di vista degli enti di controllo, e con la valutazione dell’impatto ambientale ed epidemiologico. Ampio spazio è riservato alla discussione. Si ringraziano tutti i relatori per aver reso possibile questa giornata con i loro importanti contributi.

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RAEE e direttiva 2012/19/UE

RAEE e direttiva 2012/19/UE
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Dario Giardi


 
La Commissione Ambiente del Senato, ha avviato l’esame dell’Atto del Governo n. 69 predisposto in attuazione della legge di delegazione europea 6 agosto 2013, n. 96.
Tale Atto del Governo mira a recepire la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)…..
….continua la lettura articolo RAEE
 

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Collegato Ambientale/Legge di Stabilità

Collegato ambientale – Legge stabilità
Sintesi delle disposizioni in materia ambientale
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Dario Giardi


Il Governo il 15 novembre u.s., ha approvato e trasmesso alle Camere il ddl collegato alla manovra economica “Legge di stabilità” presentata per il 2014. Il ddl reca alcune importanti novità ambientali. Un vero e proprio “Collegato ambientale” che interviene in modo rilevante in varie materie (acque, aria, territorio, energia, appalti “verdi”, valutazione di impatto ambientale), ma soprattutto contiene una specifica parte dedicata a riscrivere molte norme del Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006) dedicate alla disciplina della gestione dei rifiuti.
Acque
Vengono introdotte misure per la difesa del mare. In particolare viene estesa la responsabilità per incidenti che coinvolgono navi comportanti sversamenti di idrocarburi nell’habitat marino. Una norma, piuttosto articolata, mira, inoltre, a configurare in modo stabile le Autorità di bacino, perfezionando il passaggio dalle vecchie Autorità di bacino di rilievo nazionale ai nuovi soggetti distrettuali previsto dal Codice dell’ambiente che non erano mai partiti operativamente.
Appalti verdi
Sono previste una serie di agevolazioni per quegli operatori che partecipano ad appalti pubblici e siano dotati di registrazione Emas o di marchio Ecolabel.
In particolare tra i criteri ambientali di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa per gli appalti di beni o servizi si introduce anche il criterio che le prestazioni oggetto del contratto siano dotate di marchio Ecolabel.
Consorzi
Si riconosce la possibilità ai produttori di materie prime compostabili e di imballaggi realizzati con materiali compostabili di costituire un Consorzio che operi su tutto il territorio nazionale. Produttori e utilizzatori che aderiscono a questo Consorzio sono esclusi dall’obbligo di aderire a uno dei Consorzi di filiera del sistema Conai.
 
Attraverso la modifica dell’articolo 233 del Dlgs 152/2006, è previsto che i produttori e gli utilizzatori degli oli e dei grassi vegetali ed animali possano far fronte ai propri obblighi:aderendo al consorzio Conoe; organizzando sistemi autonomi e chiedendone il riconoscimento.
 
Per quanto riguarda i raccoglitori,  ai riciclatori ed ai recuperatori, la norma consente ai soggetti che non operano sul mercato  come produttori di poter esercitare le attività di gestione di tali rifiuti quando sono muniti delle autorizzazioni richieste dalla normativa vigente.
 
VIA, VAS, AIA
La necessità di provvedere ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti posti a carico delle imprese, di accelerazione dei tempi necessari per l’emanazione dei procedimenti burocratici, comporta la scelta di unificare le due Commissioni e di ridurre conseguentemente il numero dei componenti.
 
Incentivi per la Green economy del riciclo e riutilizzo
Vengono previsti incentivi e meccanismi di sostegno al mercato dei materiali e dei prodotti riciclati. Si introducono nella nostra legislazione un insieme di principi e di incentivi ai consumatori, alle aziende e agli enti locali per sostenere l’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo in modo da promuovere il recupero, riciclo e il riutilizzo oltre al recupero energetico.
L’incentivazione dell’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo apre un nuovo mercato in cui piccole e medie imprese possono recuperare i materiali riciclabili per rivenderli come materia prima o semilavorati alle imprese produttrici di beni.
 
Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio
Si stabilisce la previsione di raggiungere di un tasso di raccolta differenziata pari al 65% alla fine dell’anno 2020. Una disposizione necessaria per adeguare il dato normativo al dato reale e per evitare che i Comuni incorrano nelle sanzioni correlate al mancato raggiungimento di tali obiettivi negli attuali termini di legge. Per i Comuni che non raggiungono gli obiettivi vengono stabilite delle misure addizionali al tributo.
 
Tariffe servizio idrico
Si prevede che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas deliberi nuove regole in merito :

al contenimento della morosità delle fatture del servizio idrico integrato, prevedendo anche la possibile sospensione del servizio;

all’istituzione di una nuova tariffa sociale per le famiglie bisognose.

 
 
 

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Quesito: deposito rifiuti pericolosi

 
Quesito: deposito temporaneo
 
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – Dario Giardi


 
Domanda
In caso di deposito temporaneo di rifiuti pericolosi si deve apporre sul contenitore la R nera su fondo giallo come nel caso del trasporto? Si tratta semplicemente di una buona prassi da seguire o di un obbligo normativo preciso? L’art. 183 del D.Lgs 152/2006 riporta quanto segue “devono essere rispettate le norme che disciplinano l’etichettatura e l’imballaggio dei rifiuti pericolosi” ma non riporta alcun riferimento normativo preciso.
 
Risposta
L’utilizzo indiscriminato dell’etichetta citata nel quesito può essere ricondotto alla confusione tra le disposizioni del testo unico ambientale e la normativa ADR. Il trasporto di merci pericolose, ricadente nell’ADR, prevede tra le varie etichette e pannelli anche la”R” nera su sfondo giallo ,da utilizzarsi qualora si trasportino rifiuti che ricadono tra le merci pericolose previste dall’ADR.
 
Non è semplice identificare quali sono i rifiuti  la cui pericolosità li fa ricadere nell’ADR. Non esiste precisa corrispondenza tra rifiuto pericoloso per la normativa ambientale (D.Lgs. 152/2006) e per il trasporto – normativa ADR.
 
Nel caso del deposito (anche temporaneo) , è importante che ogni rifiuto sia individuato chiaramente.  E’ importante  che ogni settore di stoccaggio sia individuato da un cartello recante il codice CER e la descrizione del rifiuto, e laddove il rifiuto sia pericoloso, venga aggiunta anche l’etichetta recante la R nera su sfondo giallo.
 
Non esiste un riferimento normativo preciso. Si tratta più di una buona prassi ormai riconosciuta da tutti gli operatori e anche dagli addetti ai controlli.
 
 
 
 
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Circolari e DURC – CdS n. 2413/2013

Circolari e DURC – Consiglio di Stato Ordinanza 2413/2013
 A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


La ordinanza sottolinea le valutazioni di illegittimità che spesso accompagnano le “Circolari” delle P.A..

Circolari che dilagano imperative e troppo spesso con contenuti illegittimi difficili da estirpare.
Il Consiglio di Stato si esprime sul DURC affermando che non esiste legge primaria che imponga un DURC per ogni gara. Le molteplici circolari che hanno imposto, invece, il DURC per ogni gara sono palesemente illegittime.


 Il Consiglio di Stato, nel decidere la questione di appello cautelare con ordinanza, si esprime con riferimento alla efficacia probatoria del DURC:
“..considerato , quanto alla contestata efficacia probatoria di tale documentazione, che non vi sono norme primarie che prescrivano che il DURC per la partecipazione alle gare di appalto debba riferirsi alla specifica gara di appalto, mentre disposizioni contenute in circolari (come, ad esempio, nella circolare INAIL 5 febbraio 2008, n. 7; ma si veda anche la circolare del Ministero del lavoro 8 ottobre 2010, n. 35, e la circolare INPS 17 novembre 2010, n. 145), invocate dall’appellante, non appaiono rilevanti, non potendo essere considerate rilevanti le circolari che risultino contra legem (cfr., sul punto, Cons. St., sez. VI, 18.12.2012, n. 6487);


 
Leggi anche articolo su questo sito “Affidamento ai pareri della PA”.

 

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Sicurezza: Cass. penale 669/2013

Sicurezza: Responsabilità del CDA – datore di lavoro
Cassazione penale n. 669/2013 (21628/2013) – art. 589 c.p.
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente

Il dipendente di una Spa (responsabile magazzino) moriva schiacciato al suolo a seguito del crollo di una balla di cellulosa del peso di due tonnellate posizionata in modo instabile ed inadeguato su pancali all’interno del magazzino.Veniva ritenuto responsabile, quale datore di lavoro, il legale rappresentante della società che si difendeva allegando:1)    la qualifica del dipendente deceduto e le mansioni contenute in procura speciale erano idonee a integrare la delega ex art. 16 Dlgs. 81/20082)    estraneità del legale rappresentante  alle problematiche tecniche della gestione dei magazzini e sulla movimentazione della merce.La sentenza ribadisce concetto ormai consolidato ovvero che destinatario  delle norme per la sicurezza dei luoghi di lavoro è il legale rappresentante quale Presidente del Consiglio di amministrazione .
Nulla di nuovo se non fosse per l’inciso che ricorda la responsabilità dell’intero CDA prima ancora che del Presidente del CDA.
Precisa invero la Corte che la responsabilità nella SPA è del Consiglio di amministrazione il quale può delegare con apposita delibera le proprie funzioni ad un consigliere che assume la posizione di delegato per la sicurezza.

CDA –> delibera –> consigliere delegato –> datore di lavoro (delega sicurezza)

“E’ pur vero che …nel caso di imprese gestite da societa’ di capitali, gli obblighi inerenti la prevenzione degli infortuni gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione ….e difatti il Presidente del CDA non può da solo essere considerato rappresentante della società, appartenendo la rappresentanza all’intero CDA salvo delega conferita ad un singolo Consigliere, amministratore delegato, in virtù dell’obbligo di adottare misure antinfortunistiche e di vigilare sulla loro osservanza si trasferisce dal consiglio di amministrazione al delegato rimanendo in capo al CDA residui doveri di controllo sul generale andamento della gestione e intervento sstitutivo nel caso di mancato esercizio della delega”.
Nel caso in esame il presidente del CDA (legale rappresentante) con delibera del CDA aveva ricevuto la delega quale “datore di lavoro per la sicurezza” e dunque  assumeva duplice funzione di garanzia quale datore di lavoro (Presidente CDA) e delegato alla sicurezza (per delibera conferita dal CDA).
 
 
 
 

 

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Sistri: operativo dal 3 marzo 2014?

SISTRI
Riattivata l’operatività del sistema, ma solo dal 1° ottobre 2013, per i rifiuti pericolosi, e dal 3 marzo 2014 per tutti gli altri rifiuti

a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio legale Ambiente

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 92 del 19 aprile 2013 il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 20 marzo 2013 recante “Termini di riavvio progressivo del Sistri” che stabilisce le modalità per il riavvio operativo del Sistri.
Il decreto, adottato in attuazione dell’art. 52 del decreto legge 83 del 22.06.2012, convertito dalla legge 7.08.2012 n. 134, è stato elaborato sulla base dei rapporti dell’Agenzia per l’Italia digitale e del parere dell’Avvocatura generale dello Stato.

Il riavvio del SISTRI avverrà in modo graduale e progressivo; ciò consentirà agli operatori di verificare i dati inseriti all’interno del sistema ed aggiornare i software di utilizzo, e al Ministero di introdurre le semplificazioni già segnalate dalle associazioni di categoria e successivamente quelle che si renderanno necessarie sulla base della verifica di funzionamento del Sistri.
In particolare, per l’entrata in operatività del Sistema, sono previsti i seguenti due periodi:

  1. dal 30 aprile al 30 settembre 2013 i produttori di rifiuti speciali pericolosi con più di 10 dipendenti e gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti speciali pericolosi; le imprese più grandi e meglio organizzate, sono tenute ad “allineare” i dati e le informazioni già inserite a sistema In questo periodo potranno essere introdotte modifiche e semplificazioni necessarie per il migliore funzionamento del sistema e per la riduzione degli oneri amministrativi ed organizzativi a carico delle imprese.

Per queste imprese il sistema sarà pienamente operativo a partire dal 1° ottobre 2013.

2• dal 1 ottobre 2013 ed il 2 marzo 2014 gli altri operatori. Anche in questo periodo potranno essere introdotte modifiche e semplificazioni necessarie per il migliore funzionamento del sistema e per la riduzione degli oneri amministrativi ed organizzativi a carico delle imprese.

A partire dal 3 marzo 2014 il sistema sarà pienamente operativo per tutti gli operatori.
Inoltre, in considerazione dell’esigenza di aggiornare i costi di funzionamento e di conseguenza gli oneri per le imprese, il decreto dispone la sospensione del pagamento dei contributi per l’anno in corso.
 

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Affidamento nei pareri della PA: quali conseguenze?

Affidamento nei pareri della P.A.: quali conseguenze?
Cass. pen. Sez. III n. 21918/2012
Art. 137 comma 1 Dlgs. 152/2006 – autorizzazione scarichi industriali

A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente

La sentenza evoca le infinite situazioni in cui un avvocato sente il proprio assistito rimandare a quello che l’amministrazione scrive, dice, afferma…. quasi fosse legge; e ciò crea affidamento.
L’amministrazione è punto di riferimento, ma anche fonte di sudditanza e di necessità burocratica .
La Cassazione nel caso in esame non ha dato alcuna importanza all’affidamento creato dalle considerazioni della Pubblica amministrazione, che ne esce indenne.
Paga invece le spese del suo incauto affidamento il gestore del lavaggio di auto, colpevole di non aver posto in dubbio le affermazioni dell’amministrazione.

In particolare.
Il gestore di un impianto di autolavaggio veniva condannato dal Tribunale ex art. 137 comma 1 Dlgs. 152/2006 per aver effettuato “ attività di lavaggio di autovetture in carenza della prescritta autorizzazione agli scarichi”
Accade che l’autolavaggio era munito di
a) una sola autorizzazione riferibile alle sole acque di dilavamento del piazzale dell’impianto derivante da precipitazioni meteoriche,
Non era munito come sarebbe stato necessario, attesa l’attività in concreto esercitata di autorizzazione
b) al conferimento in pubblica fognatura di acque reflue industriali o di altre acque a queste ultime comunque assimilate.
Era necessaria l’ autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali.

Il Gestore invoca il comportamento della Pubblica amministrazione (che rispondeva a sua missiva interlocutoria) che aveva creato in lui il legittimo affidamento di non essere tenuto ad avere altra autorizzazione
L’amministrazione invero rispondeva “ non soggetta l’attività ad ulteriore e diversa autorizzazione rispetto a quella già rilasciata in precedenza…”.
La Corte invece imputa solo al gestore la colpa di non aver provveduto ad attivarsi in forza della sua professionalità e maggiore diligenza “ non potendo….. la necessità di un’ulteriore autorizzazione al conferimento in pubblica fognatura di acque reflue industriali o di altre acque a queste ultime ..assimilate sfuggire al ricorrente quale operatore del settore dell’autolavaggio”.

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TARES – Linee Guida

Tariffa rifiuti e Servizi – TARES.Linee Guida
Pubblicate le linee guida e un prototipo di Regolamento
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Il Ministero dell’economia e delle finanze ha pubblicato Linee guida per la redazione del piano finanziario (Allegato I) e per l’elaborazione delle tariffe Tares, rendendo disponibile anche un prototipo di regolamento (Allegato II).
Il prototipo di regolamento non è vincolante, ma costituisce supporto a disposizione degli enti locali, che potranno, quindi, apportarvi tutte quelle integrazioni e modifiche che riterranno opportune, purché ovviamente conformi ai limiti che la legislazione pone alla potestà regolamentare locale. I principali soggetti interessati sono quei comuni che applicavano ancora la Tarsu e che dovranno ridefinire integralmente i piani tariffari. Per quelli a regime Tia il passaggio sarà meno problematico perché il “metodo normalizzato” già disciplinava la tariffa e garantiva la copertura integrale dei costi del servizio.
La principale indicazione operativa è quella secondo cui nella determinazione delle tariffe della Tares i Comuni non saranno costretti a seguire puntualmente i coefficienti del “metodo normalizzato” indicati dal Dpr 158/1999, potendo fare riferimento ai minimi e massimi previsti, muovendosi liberamente fra questi due valori.
Importanti chiarimenti vengono forniti, inoltre, in merito all’individuazione dei confini fra le aree assoggettabili e quelle escluse dal nuovo tributo. Tra queste ultime ci sono per esempio le aree di parcheggio gratuite (supermercati, centri commerciali).
allegato I_Linee_guida_TARES_corrette2
Allegato II_RegTARES_corretto

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Sicurezza: Rischio chimico ambiente lavoro

Agenti chimici: criteri e strumenti per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro
Approvazione documento
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il documento con il quale vengono individuati i criteri e gli strumenti per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensi del D.lgs. 81/08 e s.m.i. (Titolo IX, Capo I “Protezione da agenti chimici” e Capo II “Protezione da agenti mutageni e cancerogeni”).
Il testo recepisce le indicazioni sugli aggiornamenti degli obblighi e delle procedure derivanti dai Regolamenti comunitari:
• REACH (Registration Evaluation Authorisation Restriction of Chemicals) regolamento CE n.1907/2006 sulla gestione dei prodotti attraverso un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche;
• CLP (Classification Labelling Packaging) regolamento Ce n,1272/2008 sull’armonizzazione dei criteri per la classificazione delle norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele;
• SDS regolamento UE n.453/2010 recante modifiche all’Allegato II del regolamento REACH e concernente le disposizioni sulle Schede di Dati sulla Sicurezza.
Il documento fornisce un indirizzo tecnico necessario per la corretta applicazione delle norme nell’ambito della valutazione del rischio derivante da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni presenti nelle lavorazioni in azienda.
Il testo, riprendendo le suddivisioni contenute nel Titolo IX del D.lgs. 81/08 si compone di sei sezioni.
1)Sostanze pericolose
Nella prima “Sostanze pericolose” viene illustrata la ripartizione del Titolo IX nei tre capi (rispettivamente denominati agenti chimici, agenti cancerogeni e mutageni, esposizione ad amianto) evidenziando origini e relazioni con la normativa europea.
2) Nella sezione II “Protezione da agenti chimici” si riportano le definizioni delle classi di pericolo, le indicazioni di pericolo previste nella nuova classificazione secondo il Regolamento CLP e i pericoli per la salute. La sezione viene completata da un paragrafo dedicato al confronto tra i sistemi classificativi CLP, d.lgs. 52/1997 (sulle sostanze pericolose) e d.lgs. 65/2003 (sui preparati pericolosi).
3) La III sezione descrive in che modo l’introduzione dei Regolamenti REACH e CLP possano essere di supporto al datore di lavoro per una corretta valutazione del rischio chimico in quanto la loro applicazione produce le informazioni necessarie ad identificare e classificare gli agenti chimici che possono costituire fattori di rischio per i lavoratori. Nell’ambito del processo valutativo si dovrà tener conto delle proprietà intrinseche delle sostanze e delle miscele che potrebbero rappresentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.
Viene poi illustrata la scheda di sicurezza (SDS) quale strumento idoneo e necessario per ricavare e trasferire le informazioni relative alla pericolosità delle sostanze e delle miscele.
Gli ulteriori paragrafi della sezione sono dedicati ad approfondire le procedure e le disposizioni relative ai VLEP (valori limite di esposizione professionale) e al significato dei DNEL (Derived No Effect Level – indicante il livello di esposizione al di sotto del quale non si verificano effetti negativi sull’uomo) e dei DMEL (Derived Minimal Effect Level – indicante il livello dei rischi di riferimento che si ritiene susciti poca preoccupazione in relazione a un determinato scenario di esposizione ossia un livello di effetti tollerabile) nell’ambito della tutela della salute dei lavoratori.
Viene quindi affrontato l’impatto dei nuovi regolamenti in merito all’obbligo della informazione e formazione dei lavoratori.
4) La sezione IV affronta la parte relativa alla protezione da agenti cancerogeni e mutageni a causa della loro presenza o impiego nell’attività lavorativa, tracciando una panoramica sugli aspetti generali e il campo di applicazione del Capo II Titolo IX del T.U. Sicurezza. Vengono riportate le definizioni previste dal Regolamento CLP per gli agenti chimici cancerogeni e mutageni e posto a confronto il sistema di classificazione CLP con il d.lgs. 52/1997 (sulle sostanze pericolose) e il d.lgs. 65/2003 (sui preparati pericolosi).
E’ descritto inoltre il processo di valutazione dell’esposizione e approfondito il concetto di VLEP (valori limite di esposizione professionale) per le sostanze cancerogene e mutagene.
5) La sezione V si occupa degli aspetti relativi alla sorveglianza sanitaria evidenziando come le nuove SDS previste dal Regolamento UE n.453/2010 contengano elementi di rilievo per le valutazioni che il medico competente dovrà effettuare nel corso della sorveglianza sanitaria, anche per definire i contenuti dei “protocolli sanitari”.
6) Nella sezione VI “Autorizzazione e restrizione” viene infine ricordata una novità di rilievo introdotta dal regolamento REACH e riguardante alcune sostanze di particolare pericolosità, le cosiddette SVHC (Substance of Very High Concern) che potranno essere immesse sul mercato europeo solo dopo aver ottenuto una Autorizzazione all’Uso, che verrà rilasciata solo qualora venga dimostrata l’impossibilità di sostituire nell’immediato la sostanza in questione e comunque assicurando le migliori condizioni di controllo e di limitazione dell’esposizione, in coerenza con quanto prevede la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il documento viene da ultimo completato con una lista di acronimi, un glossario e uno schema di allegati.
Per completezza di informazione si allega il testo integrale dello stesso.
Allegato: Documento “Criteri e strumenti per la valutazione e la gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro”Documento_agenti_chimici_09012013

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Energia/Eolico: riduzione volumetrica

 Eolico: La riduzione volumetrica dell’impianto richiede “autorizzazione”?
DM 10.5.2010 par. 11.5 – DLGS. n.  28/2011
Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
L’ ” Impatto Ambientale delle energie alternative/rinnovabili” e’ il tema del convegno organizzato da Studio Legale Ambiente, che si terrà ad Ecomondo – Sabato, 10 novembre 2012 alle 9.00/13.00 a Rimini -Ecomondo – Key Energy.
Il Convegno cercherà con taglio pratico di rispondere a domande con l’ausilio della recente giurisprudenza. Il TAR Lecce 281/2012 risponde alla domanda relativa alla DIA in caso di riduzione volumetrica dell’impianto.
In particolare.
Il Comune negava l’autorizzazione (e la richiesta) di sostituire l’aerogeneratore già previsto con la DIA con un altro di dimensioni più ridotte.
I ricorrente rilevava che l’aerogeneratore da sostituire recava le medesime caratteristiche tecniche di quello assentito con DIA e dunque non influiva “..sul circostante assetto territoriale, e non necessiterebbe pertanto di nuova autorizzazione..”.
Il TAR ritiene il motivo fondato:
Dall’analisi comparata dei dati tecnici dei due aerogeneratori emerge che la potenza elettrica, l’altezza, il diametro del secondo generatore (che dovrebbe sostituire il primo) è decisamente INFERIORE al primo.:
“Emerge … che il nuovo impianto presenta le medesime caratteristiche generali del primo, assentito con DIA … ma è di potenza più ridotta. Trattasi, in altri termini, di una versione riconducibile al medesimo genus di quella originaria, ma di dimensioni più modeste”.
Tanto premesso, rileva il Collegio che, ai sensi del par. 11.5 del D.M. 10 settembre 2010, : “sono soggette a DIA le opere di rifacimento realizzate sugli impianti fotovoltaici ed eolici esistenti che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse”.
Alla luce di tale previsione normativa, è evidente che, così come sono soggette a DIA – e non ad autorizzazione paesaggistica, come invece sostenuto dalla resistente – le opere di rifacimento che non determinano variazioni delle dimensioni fisiche dell’impianto originariamente assentito, a maggior ragione vi sono soggette quelle opere che, al pari di quella in esame, si concretano in una semplice diminuzione di volumetria rispetto a quella originaria.
E poiché la ricorrente ha comunicato all’amministrazione apposita DIA …. nessun altro adempimento doveva ritenersi, nel caso di specie, giuridicamente necessario.
….”Se per un verso si deve considerare che l’aspetto esteriore dell’impianto eolico viene a mutare,infatti,si deve considerare che tale mutamento,per le ridotte dimensioni della nuova struttura e per l’aspetto standardizzato delle pale eoliche,non richiede una nuova valutazione di compatibilità paesaggistica,costituendo la precedente valutazione,figurativamente, un cerchio concentrico rispetto a quello che corrisponde alla nuova pala,di dimensioni maggiori rispetto a quest’ultimo…”

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Rumore: certificazione acustica per gli edifici?

Rumore: Certificazione acustica passiva degli edifici – Normativa e responsabilità (cenni)
 A cura Cinzia Silvestri / Studio Legale Ambiente  e Sara Amato
Ad oggi, in materia di acustica passiva degli edifici, rimane come unico ( o quasi) riferimento il DPCM del 5.12.1997 e la norma madre L. n. 447/95.
L’assetto normativo, pur revisionato, e’ ormai antico.
Si consideri che si sono succedute nel tempo importanti normative che richiedono disposizioni attuative non ancora emanate.
Si ricorda infatti:
1)    la Direttiva 2002/49/CE recepita nel 2005 con Legge n. 194/2005
2)    la Legge n. 194/2005 che dialoga e richiama espressamente la Legge quadro n. 447/1995
3)    La legge 88/2009, come modificata dalla L. 96/2010 (Comunitaria 2009), che modifica e richiama la L. 447/1995, ed in particolare delega il Governo al riordino della materia acustica (riordino non ancora avvenuto);
4)    In questo contesto si ricordano le normative tecniche UNI 11367,11444; norme tecniche di carattere volontario e prive di valore cogente.
Ebbene vale la pena di ricordare che l’art. 11 della L. 88/2009 ( come riformata dalla L. 96/2010)  delegava il Governo al riordino della materia acustica “…Al fine di garantire la piena integrazione nell’ordinamento nazionale delle disposizioni contenute nella direttiva 2002/49/ CE ….relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, e di assicurare la coerenza e l’omogeneità della normativa di settore, il Governo è delegato ad adottare, …. uno o piu` decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, di requisiti acustici degli edifici e di determinazione e gestione del rumore ambientale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e …..”
Continua l’art. 11 al comma 2:
“…I decreti di cui al comma 1 sono adottati anche nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riordino, coordinamento e revisione delle disposizioni vigenti, con particolare riferimento all’armonizzazione delle previsioni contenute nella legge 26 ottobre 1995, n. 447, con quelle recate dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194, nel rispetto della normativa comunitaria in materia;
b) definizione dei criteri per la [progettazione, esecuzione e ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti nonché] determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici nel rispetto dell’impianto normativo comunitario in materia di inquinamento acustico, con particolare riferimento alla direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002 
E’ corretto parlare di “certificazione acustica” ?
Il termine certificazione evoca  procedure rigorose.
Il nostro legislatore indica i “requisiti acustici” degli edifici; tuttavia nulla impedisce di utilizzare, seppur impropriamente, il termine “certificazione”.
 La “certificazione” è obbligatoria?
Allo stato attuale la certificazione acustica non è obbligatoria se non  in quelle poche città che hanno inserito nel proprio regolamento la verifica acustica quale condizione  per la concessione dell’agibilità In tutti gli altri casi è obbligatorio solo uno studio previsionale dell’isolamento acustico, ai fini del rilascio del permesso di costruzione.
 RISPETTO DEI LIMITI DPCM 5.12.1997
La “certificazione” acustica si concreta nell’  “attestato” conseguito  al termine della  verifica dei requisiti acustici passivi; documento in cui  viene specificato  se un edificio di nuova costruzione rispetti o meno i valori limite di isolamento ai rumori definiti nel DPCM 5-12-1997, ove sono indicate le prestazioni  degli edifici in merito all’isolamento dai rumori esterni, da quelli di calpestio, di impianti di funzionamento continuo e discontinuo.
Il D.P.C.M. 5/12/1997 non obbliga a redigere relazioni previsionali né ad effettuare prove acustiche. L’unica prescrizione sostanziale è che i requisiti acustici vengano rispettati in opera.
La verifica acustica è effettuata, da un tecnico abilitato, in tutti gli ambienti dell’edificio, seguendo peculiari criteri, quali: l’isolamento della facciata, l’isolamento con i vicini, il livello sonoro degli impianti.
 I requisiti acustici di un edificio richiedono idonea progettazione e dunque il “piano acustico” dialoga con la materia urbanistica e confluisce spesso nelle condizioni per il rilascio della agibilità (ex art. 29 DPR 380/2001).
L’allegato 2 della tabella A divide in categorie (da A a g) la classificazione degli ambienti abitativi
 NORME UNI
Le norme tecniche UNI non hanno di per se’ valore normativo e non sono cogenti. Costituiscono un sistema volontario di unificazione dell’aspetto tecnico di una certa disciplina.
Di fatto la UNI 11367 (luglio 2010) –  Classificazione acustica delle unità immobiliari – Procedura di valutazione e verifica in opera – individua quattro  classi di efficienza acustica, dagli edifici più silenziosi a quelli più rumorosi (la comparazione di metodo tra le classi del DPCM 5.12.1997 e la norma UNI non è corrispondente ).
Il 17 Maggio 2012 è stata pubblicata la norma UNI 11444, che offre direttive per la selezione e la classificazione delle unità immobiliari in edifici con peculiarità non seriali, che presentano elementi costruttivi anche molto diversi tra loro.
La UNI 11444 offre un approccio più semplificato, dal momento che ai tecnici acustici è accordata la possibilità di scegliere gli elementi critici di una unità immobiliare e collaudare solo questi. Tale classificazione è meno onerosa, giacchè diminuiscono le prove necessarie rispetto a quanto previsto dalla UNI 11367.
 QUALE TUTELE PER L’ACQUIRENTE?
La responsabilità si articola coinvolgendo molteplici figure e potenzialmente anche l’Ente pubblico.
Nel valutare solo l’aspetto del rapporto tra privato e costruttore si rileva che in attesa del ”recepimento” del contenuto delle UNI (norme di carattere volontario) il potenziale acquirente potrebbe aggiungere apposita clausola al contratto di acquisto che indichi
1)             i limiti acustici da rispettare nonché
2)             prevedere il  collaudo di verifica.
Sotto il profilo della violazione dei limiti tabellari l’art. 15 della L. 96/2010 sembra non permettere al privato di sollevare contestazione in merito al superamento dei limiti di cui al DPCM 1997; il privato  però mantiene azione nel caso di opera non realizzata a regola d’arte: «5. In attesa dell’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, l’articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, si interpreta nel senso che la disciplina relativa ai requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti non trova applicazione nei rapporti tra privati e, in particolare, nei rapporti tra costruttori-venditorie acquirenti di alloggi, fermi restando gli effetti derivanti da pronunce giudiziali passate in giudicato e la corretta esecuzione dei lavori a regola d’arte asseverata da un tecnico abilitato»;
 Ed invero parte della giurisprudenza ha precisato che la difesa dell’acquirente può utilizzare le azioni  relative alle obbligazioni del venditore ex art. 1476 c.c. ss (artt. 1490 e 1492 c.c….) ma anche le azioni per la responsabilità dell’appaltatore ex ARTT. 1667, 1669 (DIFFORMITA’ E VIZI DELL’OPERA e difetti di cose immobili).
Vero è che la giurisprudenza sembra precisare che le doglianze del privato non possono vertere sulla violazione del limite tabellare di cui al DPCM ma semmai ai vizi di costruzione o responsabailità per la vendita (Trib. Modena 674/2011).
La Cass. civile  n. 1066 del 25 Gennaio 2012 ha precisato che la “insufficiente insonorizzazione” dell’appartamento è considerata difetto dell’opera ai sensi degli articoli 1492, 1226 c.c.  e permette di chiedere la riduzione del prezzo di acquisto ed il risarcimento del danno.
 
1 Obbligo previsto da talune normative regionali, ad es. Legge Regionale Calabria 34/2009, Legge Regionale Marche 18/2001
2 Ex multis, Comune di San Leo (RN), Comune di Sassari.

adminRumore: certificazione acustica per gli edifici?
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Convegno Chieti (16.11.2012) – Terre e rocce/materiali da scavo

“Terre e rocce da scavo: condizioni di utilizzo nel DM 161/2012 – Aspetti tecnici e procedurali”
Studio Legale Ambiente partecipa al Convegno/Seminario che Confindustria e ANCE di Chieti organizzano  in data 16.11.2012 dalle 14 alle 19.
Seminario che vuole chiarire le novità e le problematiche legate alla applicazione del DM 161/2012 relativo ai “materiali da scavo”.
In attesa anche del Decreto di Semplificazione bis che promette ulteriori modifiche alla individuazione del “materiale da riporto”
ANCE Confindustria Chieti 16.11.2012

adminConvegno Chieti (16.11.2012) – Terre e rocce/materiali da scavo
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AIA e VIA/biomasse e inceneritore

AIA, VIA e impianti di incenerimento
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 maggio – 17 ottobre 2012, n. 5299
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il Consiglio di Stato precisa i rapporti tra AIA e VIA e soprattutto indica la differenza spesso dimenticata tra impianto di incenerimento e coincenerimento.
La sentenza e’ articolata ma si selezionano alcuni passaggi importanti e significativi:
RAPPORTI TRA VIA e AIA
Spesso si dimentica la finalità delle due procedure previste dal Dlgs. 152/2006; procedure che dialogano tra loro ma mantengono autonomia.
Cita la sentenza: “….In ordine ai rapporti tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale deve rilevarsi che mentre
-la prima si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero (C.d.S., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; 30 settembre 2009, n. 5893; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246), investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto (e più in generale dell’opera da realizzare),
-la seconda, introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante (assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco) e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto.
PROGETTO: ESATTA QUALIFICAZIONE
La questione discussa in sentenza trae origine dalla qualificazione dell’impianto come centrale di produzione elettrica da alimentare con fonti rinnovabili biomasse oppure impianto di incenerimento.
La sentenza precisa: “….Come si evince dal già menzionato Supplemento al Rapporto Istruttorio, la Società….. ha presentato in data 25 gennaio 2008, quale autorità proponente, la domanda di avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativa al progetto di “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q)”.
E’ solo rispetto a tale progetto che è stato avviato il relativo procedimento (con relativa pubblicità) ed è rispetto ad esso che, come risulta sempre dal predetto Rapporto, il Comitato d’inchiesta pubblica ha evidenziato (punto 1 e punto 10) che il combustibile da utilizzare previsto nel progetto rendeva l’impianto diverso da quello già esistente, trasformandolo da centrale di energia elettrica in inceneritore: sul punto lo stesso soggetto proponente, già in sede di osservazioni alle valutazioni del Comitato di inchiesta pubblica, ha sostanzialmente ammesso tale situazione, affermando, come riportato testualmente nel Rapporto, che “…la qualifica giuridica dell’impianto (inceneritore/coinceneritore) è irrilevante ai fini della valutazione di impatto ambientale del progetto presentato e non si traduce automaticamente in una omessa valutazione preventiva del progetto derivante dall’impiego dei rifiuti come combustibili.
QUALIFICA IMPIANTO
Continua la sentenza:”…La qualificazione dell’impianto come inceneritore oppure come un coinceneritore rileva esclusivamente in fase di esercizio e, dunque, è una valutazione tipica dell’autorizzazione integrata ambientale, tanto che il D. Lgs. N. 133/2005 impone prescrizioni di esercizio diverse in relazione alle due tipologie di impianti”.
Giova aggiungere che il Rapporto in questione sul punto in esame conclude nel senso che “…considerato che dagli elementi resi disponibili non si evidenzia una prevalenza certa della “funzione principale” dell’impianto nella produzione di energia, si ritiene che detto impianto debba essere qualificato come impianto di incenerimento. La qualificazione è coerente con la documentazione progettuale presentata in sede di VIA che descrive un impianto per il trattamento termico dei rifiuti (CDR). Tale qualificazione fornisce, inoltre, maggiori garanzie di tutela per l’ambiente e per la salute”.
8.2. Sennonché proprio tali conclusioni confermano la correttezza della sentenza impugnata.
Infatti, anche ammesso che nel corso del procedimento il progetto originariamente presentato dalla società Scarlino Energia s.r.l. non sia stato minimamente modificato, non può nondimeno negarsi che esso concerneva (solo) l’ammodernamento tecnologico ed interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica esistente e non già la realizzazione di (o la sua trasformazione in) un inceneritore.
Né è decisiva, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la circostanza che la centrale elettrica fosse alimentata con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR o CDR-Q) e che in particolare, essendo il CDR ed il CDR – Q un rifiuto, si fosse evidentemente in presenza di un inceneritore.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che la materia dell’incenerimento dei rifiuti è oggetto di una speciale normativa (D. Lgs. 11 maggio 2005, n. 133 “Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, di cui peraltro non vi è traccia di sicura e puntuale osservanza nella fattispecie in esame, non essendo sufficiente a tal fine meri generici riferimenti), dalla quale si evince che costituisce impianto di incenerimento (art. 2, lett. d), “qualsiasi unità o attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione” e che costituisce impianto di coincenerimento (art. 2, lett. e) “qualsiasi impianto fisso o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia e di materiali che utilizzano rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento. L’ultimo periodo della citata lett. e) dell’articolo 2 precisa che “Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi della lettera d)”.
AMMINISTRAZIONE
Pertanto, l’amministrazione, appurata tale divergenza (che non è meramente formale e non rileva soltanto dal punto di vista terminologico), piuttosto che concludere il procedimento di V.I.A., imponendo prescrizioni ai fini del successivo rilascio dell’A.I.A., avrebbe dovuto invitare la società proponente il progetto a precisare e specificare effettivamente il progetto presentato, chiarendo se esso consisteva effettivamente in un ammodernamento di quello procedente oppure in una trasformazione di quello già esistente in inceneritore, ciò non solo ai fini della correttezza della fase di pubblicità, ma anche al fine di valutare la adeguatezza e la completezza del procedimento di V.I.A. (proprio in ragione della diversità dell’impianto).
Si rinvia alla sentenza

adminAIA e VIA/biomasse e inceneritore
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Normale pratica industriale: terre e rocce

Normale Pratica Industriale: terre e rocce – Riflessione sul DM 161/2012
 A cura di avv. Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il DM 161/2012 diventa punto di riferimento per le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo (e non solo).
L’art. 186 è abrogato; la normativa a cui fare riferimento è l’art. 184 bis (sottoprodotto) ed il DM 161/2012 dovrebbe fungere da norma tecnica attuativa.
Non si può prescindere dunque dalla lettura dell’art. 184bis comma 1 che alla lettera c) precisa uno dei requisiti che definiscono “sottoprodotto” un residuo (ovvero non rifiuto) ovvero la “normale pratica industriale”.
Difficile concetto da definire e causa di contenzioso anche recente.
Ebbene l’allegato 3 del DM 161/2012 non solo definisce ma descrive i contenuti e le ipotesi per le quali si può ritenere esistente la normale pratica industriale; descrive le ipotesi “comunemente effettuate”  che soddisfano uno dei requisiti richiesti per considerare il residuo sottoprodotto.
La lettura del “decalogo” prescinde dalle argomentazioni giuridiche (dotte) finora riscontrate nelle recenti sentenze e che cercavano di risolvere il dilemma di cosa dovesse intendersi per “normale pratica industriale”.
Il decalogo dell’ allegato 3 è tecnico, nasce dalla esperienza, dalla consuetudine quasi di “cantiere” ed è riferita s’intende alle terre e rocce da scavo.
Non si dimentichi invero che il concetto di normale pratica industriale  (art. 184bis) non riguarda solo le terre e rocce ma ogni residuo che debba essere valutato come sottoprodotto (fanghi ad esempio).
Il DM elenca, con semplicità[1], le operazioni che rientrano “comunemente” nella normale pratica industriale:
1)  la selezione granulometrica del materiale da scavo
2) la riduzione volumetrica mediante MACINAZIONE
3) la stabilizzazione a calce, a cemento….
4) La stesa al suolo per consentire l’asciugatura…
e si rimanda alla lettura del testo.
La normale pratica industriale è certo elemento di favore al riutilizzo del residuo.
Amplia la casistica che permette di considerare sottoprodotto il residuo e risponde anche alla esigenza Comunitaria (Direttiva 2008/98/CE) che evidenzia la necessità del riutilizzo.
Vero è che il DM ha risolto il problema con una elencazione “pratica” che si espone a censure laddove la normale “pratica industriale” dovrebbe essere censita “caso per caso”.
 



[1] Quasi preoccupante
adminNormale pratica industriale: terre e rocce
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CIVIT: bisogna sapere che esiste…..

CIVIT: bisogna sapere che esiste….
A cura di Cinzia Silvestri -Studio Legale Ambiente
I provvedimenti del Governo Monti,la cui finalità è chiara, producono conseguenze forse non volute o non ponderate dal Governo.
Conseguenze che ledono spesso il diritto di difesa del cittadino .
Norme contrarie alla Costituzione e alla normativa UE che attendono l’ardire del singolo cittadino e della magistratura ( coraggiosa) che in forza del proprio potere interpretativo disattenda in sede di giudizio tali norme.
Basti pensare alla riforma sul processo di appello, alla abolizione delle tariffe professionali e alla liquidazione delle spese legali che comporta la disincentivazione ( in linea con il Governo Monti) al contenzioso lasciando, in alcuni casi, la parte vittoriosa senza soddisfazione delle spese sostenute…. ( già se ne parla cfr. Tribunale Varese 1252/12, GDP Salerno 3629/12).
In questo contesto di riduzione di compensi ma aumenti di spese ( la bolletta rimane sempre la stessa o più salata) e la tassazione selvaggia e la lesione del diritto alla difesa e al contraddittorio ( secondo il principio: paga e taci) ….accade di ” inciampare” sul sito della….. Civit.
La CIVIT ha pubblicato il Regolamento di organizzazione e funzionamento e trasparenza e integrità delle amministrazioni pubbliche ( Gazz. Uff. 3.10.2012).
Curiosando nel sito e’ utile leggere i compensi dei Commissari; compensi, quasi più interessanti del Regolamento; meritevole peraltro il bilancio della Civit del 2011 che ha provveduto a decurtare alcuni compensi.
A ciascuno la sua riflessione.
Si rinvia al sito Civit per la lettura del Regolamento.

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Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato

Terre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato in gazzetta ufficiale del 21.9.2012 ( in vigore dal 6 ottobre 2012)
DM 10.8.2012 n.161
A cura di avv. Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
Dispiace non avere avuto disponibile il testo proprio per il Convegno a Ferrara a Remtech del 19 settembre 2012.
Qualcosa si poteva dire.
Il Regolamento ( Decreto 10.8.2012)dunque produrra’ i dovuti effetti promessi dal legislatore.
Si rimanda alla lettura e con riserva di commento su questo sito e si richiama fin d’ora l’allegato 3 del Regolamento sulla ” normale pratica industriale”
Buona lettura

adminTerre e rocce da scavo: Regolamento pubblicato
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Incentivi auto (L.134/2012): non tutti sanno che….

Incentivi auto: non tutti sanno che…
Segnalazione a cura Studio legale Ambiente
Il Legislatore (L 134/2012 vigente dal 16/9/2012, di conversione del DL 83/2012)
ha dedicato gli articoli 17 SS.. alla incentivazione delle auto elettriche, promuovendo la installazione in luoghi pubblici e privati delle colonne di ricarica…
Si offre alla lettura ad esempio l’ art. 17 decies che promette incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni …
Art. 17-decies – Incentivi per l’acquisto di veicoli
1. A coloro che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica a basse emissioni complessive e che consegnano per la rottamazione un veicolo di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria,da almeno dodici mesi, e’ riconosciuto un contributo pari al:
a) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessiveche producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km;
b) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.500 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 50 g/km;
c) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km;
d) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 95 g/km;
e) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km;
f) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 1.800 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO2 non superiori a 120 g/km.
2. Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati tra il 1º gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015 a condizione che:
a) il contributo di cui al comma 1 risulti ripartito in parti uguali tra un contributo statale, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 17-undecies, comma 1, e uno sconto praticato dal venditore;
b) il veicolo acquistato non sia stato gia’ immatricolato in precedenza;
c) il veicolo consegnato per la rottamazione appartenga alla medesima categoria del veicolo acquistato e risulti immatricolato almeno dieci anni prima della data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b);
d) il veicolo consegnato per la rottamazione sia intestato, da almeno dodici mesi dalla data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b), allo stesso soggetto intestatario di quest’ultimo o ad uno dei familiari conviventi alla data di acquisto del medesimo
veicolo, ovvero, in caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, che sia intestato, da almeno dodici mesi, al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo o a uno dei predetti familiari;
e) nell’atto di acquisto sia espressamente dichiarato che il veicolo consegnato e’ destinato alla rottamazione e siano indicate le misure dello sconto praticato e del contributo statale di cui al comma 1.
3. Entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l’obbligo, pena il non riconoscimento del contributo, di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell’automobilista, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358.
4. I veicoli usati di cui al comma 3 non possono essere rimessi in circolazione e devono essere avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati con le stesse, al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.
5. Il contributo e’ corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.
6. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta per il versamento delle ritenute dell’imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualita’ di sostituto d’imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle
Societa’ e dell’imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l’esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l’originale del certificato di proprieta’ e per i
successivi.
7. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui
e’ stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o
importatrici conservano la seguente documentazione, che deve essere
ad esse trasmessa dal venditore:
a) copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto;
b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio
complementare o del certificato di proprieta’ del veicolo usato o, in
caso di loro mancanza, copia dell’estratto cronologico;
c) originale del certificato di proprieta’ relativo alla
cancellazione per demolizione, rilasciato dallo sportello telematico
dell’automobilista di cui al comma 3;
d) certificato dello stato di famiglia, nel caso previsto dal
comma 2, lettera d).))

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