Direttiva IED – 2024/1785 emissioni

Direttiva IED – 2024/1785 emissioni

IED Direttiva 20ì24/1785Direttiva IED – 2024/1785 emissioni

Recepimento Legge delega 91/2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega per il recepimento della direttiva (UE) 2024/1785 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 aprile 2024, che modifica la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del  consiglio, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento), e la direttiva 1999/31/CE del Consiglio, relativa alle discariche di rifiuti .

Così recita l’apertura della Legge di delega per il recepimento delle direttive europee tra le quali anche quella delle emissioni industriali destinata a sostituire la Direttiva 2010/75/UE. Recepimento previsto entro 12 mesi.

La direttiva (UE) 2024/1785 sulle emissioni industriali riceve delega al recepimento nella L. 91/2025 . Vai alla lettura.

  1. Competenza regionale: La definizione delle modalità di registrazione degli impianti di allevamento e delle tariffe istruttorie e di controllo è attribuita alle regioni.
  2. Partecipazione italiana: Si garantisce l’efficace partecipazione dell’Italia alle attività di scambio di informazioni tecniche previste dalla direttiva. ​
  3. Procedure autorizzative: Si riordinano le procedure per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali, tenendo conto degli sviluppi della disciplina comunitaria. ​
  4. Sanzioni: Sono previste sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate per le violazioni degli obblighi derivanti dalla direttiva. ​
  5. Modifiche normative: Si apportano le necessarie modifiche e integrazioni alla normativa vigente per garantire il corretto recepimento della direttiva. ​

Si riportano i punti e), f), g) dell’art. 10 della L. 91/202

e) riordinare le procedure autorizzative per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali alla luce degli sviluppi della disciplina in materia di procedimento amministrativo, in particolare garantendo il coinvolgimento nella fase decisoria dei soli soggetti aventi titolo a esprimere atti di assenso necessari, evitando la duplicazione di oneri informativi e rinviando alle sedi opportune, senza effetti sul procedimento, la definizione o l’aggiornamento del quadro prescrittivo non sostituito dall’autorizzazione;

f) chiarire come le disposizioni vigenti in materia di risarcimento e indennizzo siano applicabili in caso di violazione delle prescrizioni autorizzative che determina un danno sanitario, ove necessario integrando tali disposizioni al fine di renderle coerenti con la pertinente disciplina dell’Unione europea, chiarendo altresi’ quale sia il soggetto pubblico titolato ad accertare la violazione e introducendo specifiche disposizioni volte a evitare plurimi indennizzi a fronte del medesimo evento dannoso;

g) riordinare le disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano la Commissione istruttoria per l’autorizzazione integrata ambientale – IPPC, i criteri di presentazione delle relazioni di riferimento di cui all’articolo 29-sexies, comma 9-quinquies, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le procedure autorizzative riguardanti interventi che comportano una significativa modifica delle migliori tecniche disponibili di riferimento, nonche’ le competenze del tavolo di coordinamento previsto dall’articolo 29-quinquies del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla luce della disciplina in materia di interpello ambientale;

Leggi anche articolo su questo sito IED 2024/1785 

Cinzia SilvestriDirettiva IED – 2024/1785 emissioni
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ENERGIE: INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE

ENERGIE: INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE

energia: interesse pubblico prevalenteENERGIE RINNOVABILI: “INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE” E

“PUBBLICA UTILITA’” – DLGS. 190/2024

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


In data 23.4.2025 si è tenuta breve lezione nell’ambito della Scuola di Formazione CIVE-S (La Spezia) dedicata ai futuri giovani amministratori pubblici. Una Scuola di nuova formazione che vuole preparare i giovani all’importante compito della gestione della “res” pubblica. Il percorso di formazione, articolato, prevedeva anche una riflessione sulle Fonti Rinnovabili e Ambiente. È stato affrontato il tema sulla importanza e il rispetto dei “principi” del diritto amministrativo, ampiamente richiamati del Dlgs. 190/2004, e sulla comprensione dei diversi concetti di “interesse pubblico prevalente” e di “pubblica utilità”. Questa è la relazione di una parte dell’intervento tenuto.

  • QUADRO NORMATIVO: CENNI

Senza pretesa di completezza è utile ricordare alcuni riferimenti normativi, solo i più recenti, richiamati dal Dlgs. 190/2024 che si occupa di semplificare le procedure amministrative, di riordinare le normative esistenti in un unico corpo.

In particolare, il Dlgs. 190/2024 deve essere letto in combinato disposto con:

  • la direttiva UE 2018/ 2001 (RED II) Renewable Energy Directive
  • il decreto legislativo n. 199 del 2021 in attuazione della direttiva RED II
  • il decreto ministeriale MASE del 21 giugno del 2024 che disciplina l’individuazione delle superfici e aree idonee per l’installazione di impianti e fonti rinnovabili.
  • La Direttiva RED III 2023/2413/UE che ha modificato la direttiva RED II, non è ancora stata attuata nel nostro ordinamento.
  • INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE

Le Fonti rinnovabili godono del favore legislativo e l’art. 3 del Dlgs. 190/2024 attribuisce loro ’“interesse pubblico prevalente”. Bisogna capire cosa significa e quali sono i limiti.

Il primo comma dell’art. 3 afferma: continua lettura articolo interesse pubblico prevalente

Cinzia SilvestriENERGIE: INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE
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Terre e rocce da scavo

Terre e rocce da scavo

terre e rocce da scavoTerre e rocce da scavo 

testo revisionato –  24.6.2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 

Terre e rocce da scavo – schema decreto UE.

Lo schema di decreto sulle terre rocce da scavo sta per giungere alla sua definizione – 26 giugno del 2025. Il testo originario è stato integrato da numerose osservazioni che lo rendono più specifico. Sul sito dell’ANCE è possibile leggere il testo con le osservazioni proposte. La comparazione tra i due testi, quello originario e quello integrato pone luce a differenze principali che brevemente si riassumono: 

  1. Struttura e organizzazione:
    • Il testo inviato all’UE è più dettagliato e articolato, con una maggiore suddivisione in articoli e allegati. Include riferimenti specifici a procedure, definizioni e requisiti tecnici.
    • Lo schema iniziale è meno dettagliato e presenta una struttura più sintetica.
  2. Definizioni e ambiti di applicazione:
    • Il testo inviato all’UE introduce definizioni più precise e dettagliate per termini come “terre e rocce da scavo”, “sottoprodotti”, “normale pratica industriale”, e “cantiere di micro-dimensioni”.
    • Lo schema iniziale ha definizioni meno articolate e non include alcune categorie specifiche, come i cantieri di micro-dimensioni.
  3. Procedure di caratterizzazione e gestione:
    • Il testo inviato all’UE specifica in modo approfondito le procedure di campionamento, caratterizzazione ambientale e gestione delle terre e rocce da scavo, con riferimenti a norme tecniche e metodologie analitiche. ​
    • Lo schema iniziale presenta indicazioni generali, senza entrare nei dettagli tecnici. ​
  4. Ruolo delle autorità competenti:
    • Nel testo inviato all’UE, il ruolo delle autorità competenti e delle Agenzie di protezione ambientale è chiaramente definito, con tempistiche e responsabilità specifiche.
    • Lo schema iniziale non dettaglia in modo approfondito le responsabilità delle autorità.
  5. Documentazione e tracciabilità:
    • Il testo inviato all’UE include moduli e dichiarazioni specifiche (ad esempio, dichiarazione di utilizzo, documento di trasporto, dichiarazione di avvenuto utilizzo) per garantire la tracciabilità delle terre e rocce da scavo.
    • Lo schema iniziale non presenta moduli dettagliati.
  6. Integrazione con normative europee:
    • Il testo inviato all’UE fa esplicito riferimento a regolamenti e direttive europee, come il regolamento CE 1272/2008 e il regolamento CE 850/2004.
    • Lo schema iniziale non include tali riferimenti.
  7. Clausole di invarianza finanziaria e riconoscimento reciproco:
    • Il testo inviato all’UE introduce clausole specifiche per garantire l’invarianza finanziaria e il riconoscimento reciproco dei materiali tra Stati membri dell’UE. ​
    • Lo schema iniziale non contiene queste clausole.

leggi testo Decreto terre e rocce da scavo – UE 2025

leggi testo schema decreto terre e rocce da scavo – originario 

Cinzia SilvestriTerre e rocce da scavo
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PFAS – rendita agli eredi

PFAS – rendita agli eredi

PFASPFAS – rendita agli eredi

Trib. Vicenza n. 251/2025

segnalazione a cura StudioLegaleAmbiente – Cinzia Silvestri


Il Tribunale di Vicenza riconosce una rendita agli eredi per la morte di loro parente a causa della protratta inalazione/contatto con i PFAS. PFAS – rendita agli eredi.

Ritorna il concetto di “probabilità” che fonda il riconoscimento della causalità tra l’evento e il danno. In questo caso parliamo di PFAS di cui si parla ma poco si comprende. E’ cronaca recente che tali composti sono stati trovati anche negli indumenti dei pompieri.

I PFAS  sono una famiglia di composti chimici artificiali caratterizzati dalla presenza di molteplici atomi di fluoro legati a una catena carboniosa. ​ Questi composti sono noti per la loro resistenza al calore, all’acqua e agli oli, e vengono utilizzati in numerosi processi industriali e prodotti di consumo, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili, schiume antincendio e imballaggi alimentari.

La loro esposizione può avvenire attraverso l’inalazione, l’assorbimento cutaneo o l’ingestione di acqua e cibo contaminati. ​ Studi scientifici hanno evidenziato possibili effetti nocivi sulla salute, tra cui un aumento del rischio di alcune patologie, come tumori, problemi al sistema immunitario e disturbi ormonali. ​

IL CASO

Il fatto sotteso alla sentenza riguarda il riconoscimento del diritto alla rendita ai superstiti e all’assegno funerario per gli eredi di un lavoratore deceduto a causa di un carcinoma uroteliale papillare della pelvi renale. ​ Gli eredi sostenevano che la malattia fosse stata causata dall’esposizione professionale a sostanze perfluorurate (PFAS e PFOA) durante l’attività lavorativa svolta presso la M. ​ S.p.a. dal 1979 al 1992. ​

Il Tribunale di Vicenza ha accertato, con elevato grado di probabilità, il nesso di causalità tra l’esposizione a tali sostanze e la patologia che ha condotto al decesso, basandosi su prove testimoniali, documentali e perizie medico-legali. ​ Pertanto, ha condannato l’INAIL a costituire la rendita ai superstiti e a pagare i relativi ratei, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, riconoscendo il diritto degli eredi alle prestazioni previste dalla legge.

LA PROVA

L’esposizione a PFAS è stata dimostrata attraverso una combinazione di prove testimoniali, documentazione tecnica e perizie medico-legali. ​ In particolare:

  1. Testimonianze: I testimoni hanno dichiarato che Z.P. ​ lavorava nel reparto di neutralizzazione delle acque, adiacente al reparto di elettrofluorazione (ECF) dove venivano prodotti PFAS e PFOA. ​ I due reparti erano separati da una strada di circa 5 metri e si trovavano in un’area aperta, coperta da tettoie limitrofe. ​ Inoltre, le operazioni di pulizia dei reattori nel reparto ECF generavano una dispersione di fumi e sostanze nocive, che raggiungevano la postazione di Z.P., il quale lavorava senza dispositivi di protezione adeguati. ​
  2. Relazione tecnica: È stata presentata una relazione che evidenziava le concentrazioni di PFAS nel sangue dei dipendenti ed ex dipendenti della ditta M. ​ S.p.a., dimostrando una chiara esposizione a tali sostanze anche per lavoratori non direttamente coinvolti nella produzione. ​ Questo includeva Z.P., il cui reparto era collocato in prossimità di quello di produzione. ​
  3. Perizia medico-legale: Il consulente tecnico ha concluso che Z.P. era stato esposto a PFAS per tutto il periodo di lavoro (1979-1992) attraverso inalazione, assorbimento trans-cutaneo e ingestione di polveri contaminate. La vicinanza del reparto di Z.P. a quello di produzione e l’assenza di dispositivi di protezione hanno contribuito a questa esposizione. ​
  4. Produzione aziendale: La ditta M. S.p.a. aveva prodotto PFAS a catena lunga (PFOA e PFOS) fino al 2004, e le analisi ematiche dei dipendenti di quel periodo confermavano valori elevati di PFOA, compatibili con l’esposizione professionale. ​

Questi elementi hanno permesso al Tribunale di ritenere provata l’esposizione di Z.P. ai PFAS durante la sua attività lavorativa E DUNQUE DI CONCRETARE LA “PROBABILITA'” della esposizione causale.

Cinzia SilvestriPFAS – rendita agli eredi
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servizio idrico -pagamento canoni?

servizio idrico -pagamento canoni?

servizio idrico - pagamento canoni?Servizio idrico – pagamento canoni?

Cass. civ. ord. 15059/2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Se il servizio di depurazione non è effettivo e concreto perché, ad esempio, mancano i sistemi di depurazione, l’utente non è tenuto a pagare il canone con il servizio di depurazione inesistente. L’onere di provare che il sistema di depurazione è esistente incombe a carico del gestore del servizio. La giurisprudenza  in passato aveva invece sostenuto che tale canone è comunque dovuto anche in assenza del sistema depurativo.

IL CASO

Il fatto che ha dato origine alla sentenza: la richiesta di un utente di fornitura idrica residente a Napoli, di ottenere la restituzione dei canoni di depurazione pagati nonostante il depuratore fosse inefficiente e non svolgesse la sua funzione di depurazione delle acque reflue. ​ La domanda si basava sulla sentenza n. 335/2008 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l’incostituzionalità delle norme che prevedevano il pagamento della tariffa di depurazione anche in assenza del servizio effettivo. ​ Nel giudizio sono intervenuti altri utenti con richieste analoghe, e sono stati chiamati in causa il Comune di Napoli, la Regione Campania e XXX CAMPANIA Spa. ​

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla Società del Servizio Idrico integrato del COMUNE NAPOLI – AZIENDA SPECIALE contro la sentenza del Tribunale di Napoli .

La Cassazione ha confermato che la Società  è tenuta alla restituzione dei canoni di depurazione agli utenti, in quanto soggetto che ha incassato le somme senza fornire il servizio di depurazione. ​ Inoltre, ha ritenuto che il Tribunale abbia motivato correttamente la decisione, rispettando il “minimo costituzionale” richiesto per la motivazione delle sentenze. ​

La Corte ha anche dichiarato inammissibili alcuni motivi del ricorso per difetto di specificità e per la mancata dimostrazione che le questioni sollevate fossero state dedotte nei gradi di merito. ​ Infine, ha confermato che spettava alla società  ​ fornire la prova degli oneri relativi alla progettazione, realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, trattandosi di un fatto impeditivo della pretesa restitutoria degli utenti. ​

Scrive la Cassazione:

Il Tribunale, considerato che la domanda svolta dall’attrice e dagli intervenuti afferiva a un contratto di utenza idrica, rispetto al quale unico titolare dal lato passivo era A.B.C. concessionaria del servizio idrico integrato, …..in base al principio della scomposizione della fattispecie ha ritenuto l’appellante tenuto, al fine di procedere allo scomputo dal credito restitutorio, all’onere della prova quanto agli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento dell’impianto di depurazione, trattandosi di fatto impeditivo della pretesa restitutoria come peraltro enunciato da questa Corte già con la sentenza 12 giugno 2020, n. 11270, puntualmente richiamata in motivazione. Quanto detto dal Tribunale deve essere inteso nel significato che ragionevolmente può essere attribuito all’espressione usata, ossia non che A.B.C. fosse tenuta a provvedere agli oneri di progettazione, realizzazione o completamento dell’ impianto, ma alla prova del relativo ammontare onde provvedere allo scomputo da quanto oggetto di restituzione per effetto del non regolare funzionamento dell’ impianto, per essere a ciò tenuta in base al contratto di utenza idrica….”

La Cassazione ha condannato la società al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti. ​

Cinzia Silvestriservizio idrico -pagamento canoni?
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EMISSIONI NOCIVE – RISARCIMENTO DANNO

EMISSIONI NOCIVE – RISARCIMENTO DANNO

malformazioni e risarcimento dannoEmissioni nocive – risarcimento del danno

Cass. Civ. ord. 13294/2025 – “più probabile che non”

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Cassazione civile ha affrontato il tema del risarcimento del danno causato da inquinamento e il problema della ricerca della causalità. La decisione fa discutere perché pone al centro del processo la valutazione del consulente tecnico d’ufficio che evoca il concetto di “possibilità” causale tra le emissioni e le malformazioni congenite e dunque esclude il concetto di “probabilità” che disciplina l’ambito civilistico e permette il risarcimento del danno.

Il percorso si conclude con un esito negativo per  le persone-attrici che hanno denunciato la relazione tra le emissioni nocive industriali subite e le malformazioni congenite riscontrate ed anzi sono state, pure in prima battuta, condannate al pagamento delle spese processuali.

Il caso giudiziario: EMISSIONI NOCIVE – RISARCIMENTO DANNO

Il caso riguarda la richiesta di risarcimento danni da parte di A.A., affiancato dai suoi congiunti, contro Raffineria XX Spa e XX Attività Diversificate Spa (Enichem Spa), per presunte malformazioni congenite (ipo-agenesia traversa arto superiore sinistro) attribuite alle emissioni nocive degli stabilimenti industriali. ​

Sentenza di primo grado (2018)

Il Tribunale ha rigettato le domande attoree, ritenendo non provato il nesso causale tra le malformazioni e le immissioni ambientali. ​ La consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha evidenziato solo una correlazione “possibile” e non “probabile” tra le sostanze nocive e la patologia. ​…continua lettura articolo immissioni nocive e “più probabile che non”…

Cinzia SilvestriEMISSIONI NOCIVE – RISARCIMENTO DANNO
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RADON – DGR VENETO 464/2025

RADON – DGR VENETO 464/2025

Radon venetoRADON – DGR VENETO n. 464/2025

Individuazione delle aree Venete e azioni

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Si parla poco di Radon, eppure può avere un impatto molto importante sulla nostra salute.

La delibera di Giunta Regionale del Veneto numero 464 del 2025 individua alcune aree dove la presenza di radon è maggiore e indica anche le azioni utili a ridurre le conseguenze sanitarie dovute all’esposizione della popolazione al Radon.

Il Radon si ricorda è un gas radioattivo di origine naturale, scrive proprio la Delibera di Giunta, dannoso per la salute in quanto  fattore di rischio cancerogeno per il polmone.

La Delibera di Giunta Regionale approva il documento radon in due allegati.

L’allegato A, redatto dall’arpav, spiega che cos’è il radon, le criticità, i rischi per la salute, il metodo e i risultati conseguiti; mentre l’allegato B indica i comuni in area prioritaria della regione del Veneto, individuati, con forte presenza di radon.

Continua lettura DGRV 464/2025 e allegati

In estrema sintesi le azioni da attuare, secondo il documento, includono:

  1. Individuazione delle aree prioritarie: Identificare i Comuni in Veneto dove la concentrazione media annua di radon supera il livello di riferimento di 300 Bq/m³ in almeno il 15% degli edifici, come previsto dall’art. ​ 11, comma 3 del D.Lgs. ​ 101/2020.
  2. Istituzione di un Gruppo di coordinamento: Creare un gruppo composto da rappresentanti della Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria, Direzione Ambiente e Transizione Ecologica, ARPAV, Dipartimenti di Prevenzione ULSS e ANCI. ​ Questo gruppo avrà il compito di definire, organizzare e sovrintendere le attività previste dal Piano Nazionale d’Azione per il Radon (PNAR). ​
  3. Campagna di comunicazione regionale: Avviare una campagna informativa rivolta ai cittadini e ai datori di lavoro per sensibilizzare sul rischio radon e sulle misure di prevenzione e protezione. ​
  4. Misure di prevenzione e mitigazione: Adottare interventi per ridurre la concentrazione di radon negli edifici esistenti e prevenire l’ingresso del gas nei nuovi edifici, anche attraverso prescrizioni specifiche nelle norme edilizie. ​
  5. Monitoraggio e aggiornamento: Effettuare misurazioni nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni situate nelle aree prioritarie e aggiornare periodicamente il piano d’azione. ​
  6. Informazione e formazione: Rendere disponibili informazioni locali e nazionali sull’esposizione al radon, sui rischi per la salute e sui mezzi tecnici per ridurre le concentrazioni di radon.

Cinzia SilvestriRADON – DGR VENETO 464/2025
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Infortunio lavoro – deleghe CDA

infortunio sul lavoro e deleghe CDAInfortunio lavoro – deleghe CDA

Delega gestoria o di funzioni – differenze

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Infortunio lavoro – deleghe CDA. La delega di funzioni in materia ambientale apprende e traduce ed anzi adatta ciò che la normativa e la giurisprudenza in materia di sicurezza sul lavoro, produce. La sentenza della Cassazione, nell’ambito di un complesso infortunio sul lavoro, cesella la differenza tra delega gestoria coniata dal diritto societario ex art. 2381 c.c. e la delega di funzioni contemplata all’art. 16 Dlgs. 81/2008.

Leggi anche articolo su amministratori senza delega in questo sito.

Senza entrare nel merito della complessa vicenda trattata dalla Cassazione 40682/2024 , ciò che rileva è che vengono imputate responsabilità ai soggetti che appartengono al consiglio di amministrazione (CDA) muniti peraltro di rispettive deleghe di funzioni. La cassazione afferma che sebbene fossero presenti deleghe gestorie (societarie) e di funzioni (sicurezza sul lavoro), l’evento è stato causato dalla concretizzazione di difetti strutturali e di carenze organizzative aziendale imputabili al consiglio di amministrazione nel suo complesso. I membri del consiglio avevano il dovere di vigilanza e di controllo sulle questioni organizzative e sulla gestione del rischio che non è stato invece adeguatamente esercitato. In sintesi la responsabilità è stata attribuita non solo per la posizione rivestita dai membri al consiglio ma per il ruolo attivo, le omissioni della gestione e l’organizzazione aziendale che hanno contribuito direttamente all’Incidente occorso.

…….continua lettura articolo infortunio lavoro – deleghe CDA – note a Cassazione

Cinzia SilvestriInfortunio lavoro – deleghe CDA
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RIFIUTI ASSIMILATI URBANI

RIFIUTI ASSIMILATI URBANI

RIFIUTI SANITARI ASSIMILABILI URBANI Centro Termale - lenzuola Tribunale Potenza n. 45/2024 Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri La sentenza del Tribunale di Potenza è occasione per evidenziare la problematica della classificazione dei rifiuti assimilabili agli urbani foriera sempre di contestazione e che obbliga , non solo in sede giudiziaria, alla verifica. Il Tribunale di Potenza si occupa di una opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di servizi di smaltimento rifiuti con contestazione sulla validità del contratto e sulla classificazione dei rifiuti. Siamo nell’ambito dei rifiuti sanitari di cui all’art. 227 Dlgs. 152/2006 e DPR 254/2003 ma la questione è esempio di molti altri casi. L’oggetto di contesa è il servizio di smaltimento di lenzuolini utilizzati per i massaggi in un centro termale. Una parte sostiene che questi sono “rifiuti assimilati agli urbani” e dunque rientranti nel contratto stipulato con la società che deve gestire il servizio di smaltimento (e dunque già pagati); l’altra parte sostiene che sono “rifiuti pericolosi” rifiuti speciali sanitari e dunque non previsti dal contratto e che richiedono particolari modalità di smaltimento e costi aggiuntivi. Il d.p.r. 254/2003 alla lettera g) punto 5 indica come i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani gli indumenti lenzuolo monouso e quelli di cui detentore intende disfarsi. Esiste già un indicatore preciso da parte del legislatore. RIFIUTI ASSIMILATI URBANI

Centro Termale – lenzuola – Tribunale Potenza n. 45/2024

 Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza del Tribunale di Potenza è occasione per evidenziare la problematica della classificazione dei rifiuti assimilati agli urbani foriera, sempre, di contestazione e che obbliga, non solo in sede giudiziaria, alla verifica.

Il Tribunale di Potenza si occupa di una opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di servizi di smaltimento rifiuti con contestazione sulla validità del contratto e sulla classificazione dei rifiuti. Siamo nell’ambito dei rifiuti sanitari di cui all’art. 227 Dlgs. 152/2006 e DPR 254/2003 ma la questione è esempio di molti altri casi.

L’oggetto di contesa è il servizio di smaltimento di lenzuolini utilizzati per i massaggi in un centro termale. Una parte sostiene che questi sono “rifiuti assimilati agli urbani” e dunque rientranti nel contratto stipulato con la società che deve gestire il servizio di smaltimento (e dunque già pagati); l’altra parte sostiene che sono “rifiuti pericolosi” rifiuti speciali sanitari e dunque non previsti dal contratto e che richiedono particolari modalità di smaltimento e costi aggiuntivi.

Il d.p.r. 254/2003 alla lettera g) punto 5 indica come i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani gli indumenti lenzuolo monouso e quelli di cui detentore intende disfarsi. Esiste già un indicatore preciso da parte del legislatore….continua lettura articolo rifiuti assimilabili urbani lenzuoli termali

Cinzia SilvestriRIFIUTI ASSIMILATI URBANI
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Significativo /misurabile: quale accertamento?

Significativo /misurabile: quale accertamento?

“Significativo” e “misurabile” Senza accertamento tecnico? Cass. pen. n. 12514/2025 Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri Il caso: officina meccanica/oli esausti Il caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda il reato di inquinamento ambientale ex art. 452-bis c.p., contestato ai ricorrenti, in relazione alla gestione irregolare di una officina meccanica. Gli imputati sono stati accusati di aver causato una compromissione significativa e misurabile di porzioni estese di suolo/ sottosuolo circostanti l’officina, attraverso il versamento di oli esausti di altri materiali inquinanti, per lungo tempo. La posizione degli imputati era inoltre aggravata dal fatto di aver continuato l’attività - con continuo versamento sul suolo di oli esausti - anche dopo il sequestro del sito. La sentenza La sentenza della Cassazione penale numero 12514/2025, permette alcune considerazioni interessanti in ordine al reato di inquinamento ambientale ai sensi dell’articolo 452-bis del Codice penale. Secondo la Cassazione, la prova dell’inquinamento non deve necessariamente essere verificata con accertamenti tecnici, perizie, per intenderci. La prova dell’inquinamento è possibile anche sulla base di evidenze macroscopiche o dati concreti che dimostrino però una compromissione o un deterioramento significativo e soprattutto misurabile delle matrici ambientali. La Cassazione, attenzione, non esclude che ci possa essere la necessità, in determinati casi, di verifiche tecniche precise ma sottolinea che possono verificarsi delle situazioni in cui non ci sia questa necessità. Sono casi in cui esiste una macroscopica evidenza. Ad esempio, nel caso di distruzione “Significativo” e “misurabile”: Senza accertamento tecnico?

Cass. pen. n. 12514/2025

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il caso: officina meccanica/oli esausti

Il caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda il reato di inquinamento ambientale ex art. 452-bis c.p., contestato ai ricorrenti, in relazione alla gestione irregolare di una officina meccanica. Gli imputati sono stati accusati di aver causato una compromissione significativa e misurabile di porzioni estese di suolo/ sottosuolo circostanti l’officina, attraverso il versamento di oli esausti di altri materiali inquinanti, per lungo tempo. La posizione degli imputati era inoltre aggravata dal fatto di aver continuato l’attività – con continuo versamento sul suolo di oli esausti – anche dopo il sequestro del sito.

La sentenza

La sentenza della Cassazione penale numero 12514/2025, permette alcune considerazioni interessanti in ordine al reato di inquinamento ambientale ai sensi dell’articolo 452-bis del Codice penale.

Secondo la Cassazione, la prova dell’inquinamento non deve necessariamente essere verificata con accertamenti tecnici, perizie, per intenderci. La prova dell’inquinamento è possibile anche sulla base di evidenze macroscopiche o dati concreti che dimostrino però una compromissione o un deterioramento significativo e soprattutto misurabile delle matrici ambientali.

La Cassazione, attenzione, non esclude che ci possa essere la necessità, in determinati casi, di verifiche tecniche precise ma sottolinea che possono verificarsi delle situazioni in cui non ci sia questa necessità. Sono casi in cui esiste una macroscopica evidenza.

Ad esempio, nel caso di distruzione .…. continua lettura articolo commento cass-pen. 12514:2025

Cinzia SilvestriSignificativo /misurabile: quale accertamento?
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DECRETO SICUREZZA: CASE LIBERE….

DECRETO SICUREZZA: CASE LIBERE….

«Art. 634-bis (Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui). - Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, e' punito con la reclusione da due a sette anni. Alla stessa pena soggiace chiunque si appropria di un immobile destinato a domicilio altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri ovvero cede ad altri l'immobile occupato. Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque si intromette o coopera nell'occupazione dell'immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilita' per l'occupazione medesima, soggiace alla pena prevista dal primo comma. Non e' punibile l'occupante che collabori all'accertamento dei fatti e ottemperi volontariamente all'ordine di rilascio dell'immobile. Il delitto e' punito a querela della persona offesa. Si procede d'ufficio se il fatto e' commesso nei confronti di persona incapace, per eta' o per infermita'». DECRETO SICUREZZA: CASE LIBERE….

DL n. 48/2025 – vigente dal 12.4.2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Case Libere dalla occupazione arbitraria altrui. E’ stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il Decreto Sicurezza con vigenza dal 12.4.2025. Viene inserito l’art. 634 bis nel codice penale che si occupa delle occupazioni abusive. Fenomeno sempre più frequente che ha visto i proprietari delle abitazioni senza alcuno strumento utile a ritornare in possesso delle proprie abitazioni. La pena inflitta è alta: da 2 a 7 anni ma colpisce il fatto che se l’occupante abusivo collabora o restituisce l’immobile non è punibile.

Si comprende questo da veloce lettura: L’occupante abusivo ovvero colui che occupa l’abitazione senza titolo, magari da qualche anno, NON è punibile se restituisce spontaneamente l’abitazione. 

Colui che rivuole la sua abitazione deve  attivarsi per provare il suo titolo, provare l’occupazione, sporgere querela, attivare la forza pubblica (tutto a proprie spese) ed infine l’occupante (magari dopo qualche anno) decide di lasciare l’abitazione “spontaneamente” e diventa …non punibile.

«Art. 634-bis (Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui). – Chiunque, mediante violenza o minaccia, occupa o detiene senza titolo un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze, ovvero impedisce il rientro nel medesimo immobile del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente, e’ punito con la reclusione da due a sette anni. Alla stessa pena soggiace chiunque si appropria di un immobile destinato a domicilio altrui o di sue pertinenze con artifizi o raggiri ovvero cede ad altri l’immobile occupato. Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque si intromette o coopera nell’occupazione dell’immobile, ovvero riceve o corrisponde denaro o altra utilita’ per l’occupazione medesima, soggiace alla pena prevista dal primo comma. Non e’ punibile l’occupante che collabori all’accertamento dei fatti e ottemperi volontariamente all’ordine di rilascio dell’immobile. Il delitto e’ punito a querela della persona offesa. Si procede d’ufficio se il fatto e’ commesso nei confronti di persona incapace, per eta’ o per infermita’».


Cinzia SilvestriDECRETO SICUREZZA: CASE LIBERE….
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CIVE-S/Scuola Civica e Amministrativa

CIVE-S/Scuola Civica e Amministrativa

CIVE-S SCUOLA CIVICA E AMMINISTRATIVACIVE-S/Scuola Formazione Civica e Amministrativa

Fonti rinnovabili e non solo…..

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Una bella iniziativa. Una Scuola, destinata ai giovani amministratori pubblici, con la finalità di prepararli ai temi di attualità e alla amministrazione. Un corso che trova luogo in Liguria ma con un modulo on line (in aprile 2025) che permette maggiori connessioni.

Diego Borri è ideatore e promotore dell’iniziativa insieme all’associazione storico culturale ’Fanti de Spèza’. 

Studio Legale Ambiente (Cinzia Silvestri) ha il piacere di partecipare alla sessione ON LINE DEL 23.4.2025 ORE 18 

Il tema che sarà trattato dai relatori è molto attuale: fonti rinnovabili. L’attenzione è sul d.lgs. 190/2024 che ha semplificato l’intero sistema normativo, caotico, e declinato le procedure amministrative da seguire in caso di fonti rinnovabili. Cosa sono le fonti rinnovabili e a cosa servono. L’attenzione si pone anche sui concetti di pubblica utilità e pubblico interesse che scandiscono l’intera normativa. Insomma un momento di riflessione per tutti.

LEGGI PROGRAMMA SCUOLA CIVE-S 2025 Locandina 

Cinzia SilvestriCIVE-S/Scuola Civica e Amministrativa
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NEUTRALITA’ CLIMATICA: SIGNIFICATO

NEUTRALITA’ CLIMATICA: SIGNIFICATO

neutralità climaticaNEUTRALITA’ CLIMATICA: SIGNIFICATO

Regolamento n. 2021/1119 

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 7.4.2025


Il concetto di “neutralità climatica” si riferisce all’obiettivo di bilanciare le emissioni di gas a effetto serra con la loro rimozione dall’atmosfera, raggiungendo un equilibrio tra le emissioni prodotte e quelle assorbite. Questo concetto è centrale nelle politiche climatiche a livello internazionale e dell’Unione Europea.

La “neutralità climatica” è stata formalmente definita e integrata nel quadro normativo europeo attraverso il Regolamento (UE) 2021/1119, noto come “Legge europea sul clima”, che stabilisce l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nell’Unione entro il 2050. Questo regolamento è stato pubblicato il 30 giugno 2021 e rappresenta uno dei primi atti normativi a definire chiaramente l’obiettivo di neutralità climatica a livello dell’Unione Europea

In sostanza la neutralità climatica prevede lo sforzo comune di tutti gli stati a porre in essere politiche incentivanti a contrastare quei fattori che incidono sul cambiamento climatico e ripristinano uno stato di “normalità”.

Si riporta il considerando 22,23 del Regolamento 2021/1119 che indica attività operative da porre in essere evocando i “pozzi di assorbimento del carbonio”.

“I pozzi di assorbimento del carbonio svolgono un ruolo essenziale nella transizione verso la neutralità climatica nell’Unione e, in particolare, i settori dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’uso del suolo apportano un contributo importante in tale contesto.

Come annunciato nella comunicazione del 20 maggio 2020 dal titolo «Una strategia «Dal produttore al consumatore» per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente», la Commissione promuoverà un nuovo modello imprenditoriale verdeper ricompensare i gestori del territorio per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e l’assorbimento di carbonio nell’ambito della prossima iniziativa sull’agricoltura del carbonio.

Inoltre, nella sua comunicazione dell’11 marzo 2020 dal titolo «Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva», la Commissione si è impegnata a sviluppare un quadro normativo Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 9.7.2021 L 243/5 per la certificazione degli assorbimenti di carbonio basato su una contabilizzazione del carbonio solida e trasparente al fine di monitorare e verificare l’autenticità degli assorbimenti di carbonio, garantendo nel contempo che non vi siano impatti negativi sull’ambiente, in particolare sulla biodiversità, sulla salute pubblica o sugli obiettivi sociali o economici.

(23) Il ripristino degli ecosistemi contribuirebbe a mantenere, gestire e migliorare i pozzi naturali e a promuovere la biodiversità, contrastando nel contempo i cambiamenti climatici. Inoltre, il «triplo ruolo» delle foreste, in particolare in quanto pozzi di assorbimento, stoccaggio e sostituzione, contribuisce alla riduzione dei gas a effetto serra nell’atmosfera, assicurando al contempo che le foreste continuino a crescere e a fornire molti altri servizi.

Precisa il considerando n. 29 rinnovando l’impegno alle “energie rinnovabili” che si muovono appunto nell’ambito della “neutralità climatica”

Alla luce dell’obiettivo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050 e in considerazione degli impegni internazionali assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi, sono necessari sforzi costanti per garantire la graduale eliminazione delle sovvenzioni all’energia che sono incompatibili con tale obiettivo, in particolare per quanto riguarda i combustibili fossili, senza incidere sugli sforzi volti a ridurre la povertà energetica.

leggi articolo sul sito relativo al significato di GREEN DEAL

Leggi Regolamento UE 2021/1119 neutralità climatica

Cinzia SilvestriNEUTRALITA’ CLIMATICA: SIGNIFICATO
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TESSILI: RESPONSABILITA’ ESTESA

TESSILI: RESPONSABILITA’ ESTESA

tessiliTESSILI: RESPONSABILITA’ ESTESA

SCHEMA DECRETO – CONSULTAZIONI FINO A 5 MAGGIO 2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 

Aperta la consultazione del decreto sulla responsabilità estesa dei gestori di rifiuti tessili. Non si tratta di ulteriore decreto su EOW (End of Waste – ad esempio rifiuti a base di gesso) ma  un decreto che impone responsabilità a tutta la filiera del tessile. Si tratta di gestire bene il rifiuto e sopratutto di evitare il rifiuto, il più possibile.

Lo schema di decreto si rivolge a tutti i settori:

“1. Il presente decreto istituisce la responsabilità estesa del produttore per la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria, materassi, tessili o assimilati, per la casa e per l’ospitalità (di seguito denominati anche prodotti tessili) e definisce i requisiti in applicazione degli articoli 178-bis e 178-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (di seguito anche D.lgs. n. 152/2006 o Decreto), al fine di prevenire e ridurre gli impatti ambientali derivanti dalla progettazione, dalla produzione e dalla gestione dei prodotti tessili al termine del loro utilizzo, rafforzando lungo tutta la catena del valore la prevenzione, la selezione, il riutilizzo, la riparazione, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio.

Compare la parola “riparazione” che è un modo per evitare il rifiuto e che viene espressamente definita:

f) riparazione: insieme delle operazioni necessarie per rendere un prodotto tessile usato non divenuto rifiuto idoneo a un nuovo utilizzo;

e trova la sua finalità:

4. Il presente decreto determina le modalità relative al riutilizzo, alla riparazione dei prodotti tessili e alla gestione dei rifiuti tessili, con particolare riferimento ai rifiuti tessili post-consumo raccolti in ambito urbano, la relativa responsabilità finanziaria e organizzativa, nonché le misure che i soggetti sottoposti a responsabilità estesa del produttore devono adottare. 

Leggi schema di decreto Tessili e responsabilità estesa

Leggi articolo su questo sito: rifiuti tessili: sottoprodotti?

Leggi articolo su questo sito: tessili: rifiuti o non rifiuti?

Cinzia SilvestriTESSILI: RESPONSABILITA’ ESTESA
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RESPONSABILE TECNICO: dispensato il legale rappresentante

RESPONSABILE TECNICO: dispensato il legale rappresentante

responsabile tecnicoRESPONSABILE TECNICO/DISPENSATO IL LEGALE RAPPRESENTANTE

effetti della riforma ambiente L. 191/2024

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La legge n. 191/2024 (che ha convertito il DL 153/2024)  ha introdotto il comma 16-bis all’art. 212 del D.lgs. 152/2006 stabilendo testualmente che “Il legale rappresentante dell’impresa può assumere il ruolo di responsabile tecnico per tutte le categorie di iscrizione all’Albo senza necessità di verifica di idoneità iniziale e di aggiornamento e solo per l’impresa medesima, a condizione che abbia ricoperto il ruolo di legale rappresentante presso la stessa per almeno tre anni consecutivi. La competente Sezione regionale dell’Albo verifica il requisito sulla base dei dati presenti nel Registro delle Imprese tenuto dalla locale Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura”.

Così l’Albo gestori Ambientali con nota del 6.3.2025 rivede i criteri per dispensare il legale rappresentante e riscrive:

 a) 5: “E’ dispensato dalle verifiche di idoneità, di cui all’ art. 13 del D.M. 120/2014, il legale rappresentante dell’impresa
iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali che, al momento della domanda, abbia ricoperto tale ruolo presso l’impresa stessa
per almeno tre anni consecutivi nello specifico settore di attività oggetto di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali
(trasporto rifiuti, intermediazione e commercio di rifiuti, bonifica di siti e bonifica di beni contenenti amianto). La Sezione
regionale/provinciale dell’Albo verifica il requisito sulla base dei dati presenti nel Registro delle Imprese tenuto dalla locale
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.”
b) 5ter: “Il legale rappresentante presenta domanda di dispensa dalle verifiche mediante il modello di cui all’allegato E; la
Sezione regionale/provinciale dell’Albo rilascia il provvedimento di dispensa dalle verifiche di idoneità di cui all’allegato F,
ovvero il provvedimento di diniego di cui all’allegato G.

Leggi nota dell’Albo Gestori del 6.3.2025 (gazzetta. uff. 5.4.2025)

Cinzia SilvestriRESPONSABILE TECNICO: dispensato il legale rappresentante
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FALLIMENTO E RIMOZIONE RIFIUTI

FALLIMENTO E RIMOZIONE RIFIUTI

fallimento e rifiutiFALLIMENTO E RIMOZIONE RIFIUTI

obbligo di rimozione – Consiglio di Stato n. 1883/2025

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Fallimento e Rimozione Rifiuti. Il Consiglio di Stato ritorna sulla questione dell’obbligo della curatela fallimentare in merito alla rimozione dei rifiuti e riepiloga  i principi che sorreggono l’obbligo per la curatela di intervenire a rimuovere i rifiuti. La sentenza è interessante e permette un primo focus sul momento in cui il fallimento apprende, acquisisce e diviene detentore dei beni del fallito. Nel caso in esame invero la curatela rinunciava alla liquidazione di alcuni beni e sosteneva che tale rinuncia esentava la curatela anche dagli obblighi “pubblici” di rimozione dei rifiuti ordinati dalla pubblica amministrazione con ordinanza contingibile ed urgente.

Il Consiglio di Stato precisa il momento di acquisizione della detenzione, precisa l’ambito giuridico della rinuncia alla liquidazione, rinnova l’obbligo di rimozione dei rifiuti in capo alla curatela.

Scrive il CdS: “…Ad avviso della parte appellante, la decisione impugnata avrebbe errato nel ritenere applicabili, alla fattispecie in esame, i principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3/2021, non considerando che la Curatela fallimentare non avrebbe mai avuto la materiale disponibilità dei terreni di che trattasi in ragione della rinuncia effettuata ai sensi e per gli effetti dell’art. 104, ter comma 8, della Legge fallimentare, secondo cui “ Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente”.

Secondo il Collegio invero “…la detenzione dei beni del fallito è acquisita ipso iure dalla Curatela fallimentare al momento della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento ai sensi dell’art. 133 co. 1 c.p.c…”.

Il Fallimento invece sostiene che la rinuncia della curatela alla liquidazione del bene esime da ogni responsabilità.

Rileva il Collegio che “siffatta “rinuncia”, anzitutto, postula, sul piano logico-giuridico, la previa disponibilità del bene in ragione proprio della sua inclusione nella massa fallimentare sin dall’apertura della procedura concorsuale, non essendo, all’evidenza, possibile rinunciare a qualcosa di cui non si abbia anche la previa disponibilità giuridica…Pertanto, la rinuncia in esame,..ha per oggetto non l’acquisizione ma la liquidazione del bene, posto che, diversamente opinando, l’ordinanza sarebbe nulla per inesistenza dell’oggetto, in ragione dell’impossibilità di rinunciare a qualcosa di cui non si abbia la disponibilità.

Precisa il Collegio: ” Esiste, infatti, una sostanziale differenza tra la rinuncia ad acquisire beni pervenuti al fallito in corso di procedura (art. 42 co. 2 e co. 3 L.F.) e l’autorizzazione a non acquisire all’attivo o a rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente (art. 104 ter, comma 8 bis, L.F.), poiché mentre nel primo caso l’inclusione alla massa fallimentare è rimessa alla decisione del Curatore in quanto presupponente il compimento di un precipuo atto negoziale che, se omesso in ragione dell’anti-economicità dell’operazione sul piano delle prospettive di liquidazione, preclude il perfezionamento dell’acquisto, nel secondo caso, invece, è automatica, in quanto dipendente da un fatto giuridico in senso stretto, ossia la titolarità del bene già acquisita dal fallito prima della sentenza dichiarativa di fallimento, potendo il Curatore in questi casi soltanto decidere se includere o meno il bene nel programma di liquidazione.

La curatela dunque non si spoglia del bene e delle relative responsabilità anche in caso di obbligo di rimozione di rifiuti in proprietà della fallita.

Dunque, continua il Consiglio: “…Al ricorrere di tale ultima fattispecie, il bene continua a rimanere nella disponibilità giuridica della Curatela fallimentare, in quanto componente del patrimonio della società fallita e, come tale, anche foriero di responsabilità per eventuali danni a terzi ai sensi dell’art. 2051 c.c. La dichiarazione di fallimento, infatti, non realizza un fenomeno di tipo successorio, privando, soltanto, la società fallita della legittimazione a disporre dei propri beni, al fine di salvaguardare le ragioni dei suoi creditori secondo le regole concorsuali previste dalla legge. L’effetto, in pratica, è il medesimo di un pignoramento omnibus, ossia di un pignoramento di tutti i beni del debitore.

Il che, per quanto di rilievo nella fattispecie in esame, implica la configurabilità di un persistente obbligo di vigilanza sul bene non sottoposto alle attività di liquidazione per la tutela dei creditori fallimentari, onde evitare la possibile insinuazione al passivo di creditori sopravvenuti.

… poiché il fondo inquinato apparteneva alla società fallita, la Curatela ne è divenuta detentrice ipso iure…..Deve, dunque, alla luce delle considerazioni che precedono, trovare conferma il principio di diritto, formulato dalla citata decisione del CGARS, secondo cui la scelta della Curatela di non procedere alle attività di liquidazione di un bene non equivale ad un atto di abbandono del bene stesso, non potendo produrre l’effetto di estrometterlo dalla sfera giuridica del debitore che ne sia titolare….

Cinzia SilvestriFALLIMENTO E RIMOZIONE RIFIUTI
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RIFIUTI A BASE DI GESSO: EOW

RIFIUTI A BASE DI GESSO: EOW

rifiuti a base di gessoRIFIUTI A BASE DI GESSO: EOW

schema decreto: aperte consultazioni

segnalazione a cura: Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Rifiuti a base di gesso: EOW. E’ aperta la consultazione pubblica sul nuovo decreto relativo ai rifiuti a base di gesso e al recupero che conduce in End of Waste (EOW)- fine della natura di rifiuto. La consultazione è aperta fino al 10.4.2025.

E’ ormai lungo l’elenco dei “rifiuti” che trovano, attraverso il recupero, la fine della natura di rifiuto. Alcuni riguardano proprio i rifiuti da costruzione e demolizione che si prestano, per loro natura, al recupero e dunque esiste l’esigenza di semplificare. Semplificare è forse parola che non risponde al sistema di controllo che questi decreti attuano e tuttavia risponde alla esigenza di evitare rifiuti che possono essere recuperati e avere nuova vita. Si elencano i DM di interesse che hanno trovato conclusione.

Il testo nuovo apre con un “considerato” che riassume l’intento: “…che esiste un mercato per il gesso recuperato in ragione del fatto che lo stesso risulta oggetto di transazioni commerciali e possiede un effettivo valore economico di scambio, che sussistono scopi specifici per i quali tale materiale è utilizzabile nel rispetto dei requisiti tecnici di cui al presente regolamento, e che i medesimi rispettano la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;…”

Il testo indica inoltre la definizione rifiuto a base di gesso:

a)“rifiuti a base di gesso”: rifiuti a base di gesso provenienti da attività di costruzione e demolizione, da stampi a base di gesso e dalla produzione di manufatti in gesso di cui alla Tabella 1 dell’Allegato 1.;
b) “gesso recuperato”: rifiuti di cui alla lettera a) che hanno cessato di essere tali a seguito di una o più operazioni di recupero nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 184-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle disposizioni di cui al presente regolamento;
c) “lotto di gesso recuperato”: un quantitativo di gesso recuperato non superiore a 500 tonnellate.

vai alla lettura dello schema del decreto sui rifiuti eow gesso economia_circolare/schema_decreto_eow_gesso_consultazione_pubblica.pdf

 

Cinzia SilvestriRIFIUTI A BASE DI GESSO: EOW
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Energie rinnovabili: attività libera

Energie rinnovabili: attività libera

energie rinnovabiliENERGIE RINNOVABILI: ATTIVITÀ LIBERE

SCHEMA estratto allegato A) da d.lgs. 190-2024

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Le Energie rinnovabili: attività libere. Le F.E.R. trovano nuovo impulso nel decreto legislativo n.190 del 2024 che avrà piena operatività nel giugno del 2025, salvo i dovuti distinguo. L’Allegato A) descrive gli interventi in attività libera.

Cosa significa ATTIVITÀ LIBERA?  L’allegato affronta (anche) gli interventi di nuova realizzazione ovvero nuove opere e permette l’attività libera come definita dall’articolo 7 che recita: “…la realizzazione degli interventi …. non è subordinata all’acquisizione di

·      permessi/ autorizzazioni o/ atti amministrativi di assenso comunque denominati

e il soggetto proponente non è tenuto alla presentazione di alcuna

·      comunicazione/certificazione/segnalazione o

·      dichiarazione alle amministrazioni pubbliche…”

SANZIONE

La costruzione di un impianto in violazione di quanto stabilito dall’allegato A) (potenza superiore a quanto stabilito ad esempio) è punito con sola sanzione amministrativa da euro 500 a 30.000 euro .

RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI

In ogni caso i “soggetti” sono tenuti anche al ripristino dello stato dei luoghi (cfr. art. 11 comma 3 Dlgs. 190/2024).

SOGGETTI

Il primo comma precisa che al pagamento della sanzione amministrativa ma anche al ripristino dello stato dei luoghi sono tenuti in solido il

proprietario dell’impianto,

l’esecutore delle opere e anche il

direttore dei lavori.

Alla luce di queste descrittive coordinate, giova ….. continua lettura articolo e schema dell’allegato A) attività libera schema all. A) d.lgs. 190/2024

Eventuale riproduzione dell’articolo in altri siti o riviste deve contenere il riferimento all’autore della pubblicazione/segnalazione “Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri”

Cinzia SilvestriEnergie rinnovabili: attività libera
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ENERGIE RINNOVABILI, QUALI?

ENERGIE RINNOVABILI, QUALI?

ENERGIE RINNOVABILI, QUALI?ENERGIE RINNOVABILI: quali?

DLGS. n. 190/2024

Segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 

Il Decreto Legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (vigente dal 30.12.2024)leggi testo legislativo 190/2024 /disciplina i regimi amministrativi per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (cosiddette FER – Fonti Energia Rinnovabili). Gli impianti che ricadono sotto questo regime includono, a titolo esemplificativo:

  1. Impianti solari fotovoltaici. ​
  2. Impianti eolici. ​
  3. Impianti idroelettrici. ​
  4. Impianti geotermici.
  5. Impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. ​
  6. Impianti solari termici. ​
  7. Pompe di calore.
  8. Impianti di cogenerazione. ​
  9. Impianti di accumulo elettrochimico. ​

Questi impianti possono essere soggetti a diversi regimi amministrativi, tra cui attività libera, procedura abilitativa semplificata (PAS) e autorizzazione unica, a seconda della loro potenza e delle specifiche tecniche. ​

L’art. 1 (meglio precisato infra) indica la traccia del discorso:

  1. La normativa sulla energia rinnovabile dialoga con la normativa urbanistica
  2. Revisione, abrogazione del sistema previgente e semplificazione delle procedure amministrative
  3. Termini certi. Regime normativo previgente fino alla data del 28.6.2025 (termine di adeguamento delle Regioni alla nuova normativa) e la possibilità però di scegliere se applicare fin da subito la nuova normativa.
  4. Dal 28.6.2025 applicazione del decreto per tutti, a prescindere.
  5. Le procedure in attività libera (che non richiedono dunque autorizzazioni o altro) e quelle in procedura abilitativa semplificata (PAS) non sono sottoponibili a Valutazione di Impatto Ambientale. ..LEGGI ARTICOLO ENERGIE RINNOVABILI, QUALI? art. 1 d.lgs. 190/2024
Cinzia SilvestriENERGIE RINNOVABILI, QUALI?
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BIOMASSE – PROROGA

BIOMASSE – PROROGA

biomasse prorogaMILLEPROROGHE 2025
BIOMASSE – PROROGA – L. 15/2025
Attestazioni sostenibilità
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 26.2.2025


L’energia è punto di attenzione del legislatore
Il Parlamento specifica che: “L’articolo 11, comma 2-sexies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone una proroga fino al 31.12.2025 dell’attuale disciplina in materia di attestazione dei criteri di sostenibilità̀ della produzione di energia elettrica e calore da biomasse (escluso il biometano).
Precisa il Dossier del Parlamento:
“..Si tratta di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa prodotti a partire da rifiuti e residui provenienti da terreni agricoli, di cui al vigente articolo 42 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, .. sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili provenienti dall’agricoltura. Al riguardo, l’articolo 42 del decreto legislativo n. 199/2021 indica alcuni criteri per ridurre al minimo il rischio di utilizzare biomassa forestale derivante da una produzione non sostenibile e, dunque, prevede casi di divieto della produzione di energia elettrica e calore da combustibili da biomassa. Di conseguenza, i produttori sono tenuti ad attestare il rispetto dei criteri di sostenibilità, anche mediante autodichiarazione accompagnata da adeguata documentazione, da fornire ai competenti organismi di certificazione..”
Ai sensi del decreto emanato il 7 agosto 2024 dal Ministero dell’Ambiente … la disciplina relativa alle attestazioni era destinata a rimanere in vigore fino a nove mesi dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, ovvero a decorrere dal 27 agosto 2024; per effetto del nuovo comma 2-bis, la suddetta disciplina sarà prorogata di alcuni mesi, vale a dire fino a fine anno 2025…”

Cinzia SilvestriBIOMASSE – PROROGA
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A.I.A.: Titolare e ..Gestore

A.I.A.: Titolare e ..Gestore

A.I.A: titolare e ...gestore?A.I.A.: Titolare e …Gestore
Gestore e titolare della A.I.A. – Cass. pen. 9614/2014
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 La Cassazione penale n. 9614/2014 affronta il problema della responsabilità tra titolare della AIA e gestore effettivo dell’impianto (trattamento rifiuti). Accade spesso che il titolare della A.I.A. non sia l’effettivo gestore dell’impianto. La decisione è ancora attuale e individua il centro di imputazione delle responsabilità, salvi i dovuti distinguo.

Il CASO –A.I.A.: Titolare e …Gestore

Il caso trattato dalla Corte si riferisce alla violazione dell’art. 29 quattuordecies comma 2 Dlgs. 152/2006, violazioni di prescrizioni dell’autorizzazione, previgente al Dlgs. 46/2014 e dunque tale violazione configurava ancora il reato, la contravvenzione (oggi depenalizzato).
Il caso trattato dalla Cassazione vede una società consortile ed il presidente del CDA intestatari e titolari dell’AIA; società consortile che poi attribuiva la gestione ad altra società a mezzo di una concessione (contratto pubblico).Tuttavia si segnala le responsabilità tra gestore effettivo e titolare dell’autorizzazione non è netto e di facile individuazione. E’ necessario entrare nei singoli rapporti contrattuali .

La sentenza della Corte riporta in capo al titolare dell’AIA ogni  responsabilità.

RESPONSABILITA’ TITOLARE A.I.A.

A fronte della contestazione penale al titolare dell’AIA ovvero al suo presidente (società Consortile) l’imputato si difendeva ritenendo che la responsabilità doveva essere attribuita alla società di gestione il cui contratto di concessione trasferiva totalmente ogni responsabilità. 

La Cassazione ricorda  i diversi sistemi di imputazione di responsabilità in sede ambientale e precisa il motivo per il quale  il titolare della AIA è ritenuto il responsabile.

Brevemente:

La responsabilità del titolare dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) si definisce come l’obbligo di assicurare che tutte le prescrizioni imposte dall’autorizzazione siano rispettate. ​ Questo include la verifica e il controllo continuo delle attività svolte nell’impianto, anche se la gestione operativa è affidata a un’altra entità. ​

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che il titolare dell’AIA, ovvero l’azienda consortile rappresentata dall’imputato, è responsabile per l’osservanza delle prescrizioni ambientali. ​ Questo significa che il titolare deve garantire che le condizioni dell’autorizzazione siano rispettate, indipendentemente dal fatto che la gestione operativa sia stata concessa a un’altra società. ​ La responsabilità non può essere delegata completamente al gestore dell’impianto. ​

Nel contesto della sentenza, la differenza tra titolare e gestore dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) è la seguente:

  • Titolare dell’AIA: È l’entità che ha ottenuto l’autorizzazione integrata ambientale. ​ In questo caso, l’azienda consortile di cui l’imputato è il presidente del consiglio di amministrazione. Il titolare è responsabile di assicurare che tutte le prescrizioni imposte dall’autorizzazione siano rispettate, indipendentemente da chi effettivamente gestisce l’impianto. ​
  • Gestore dell’impianto: È l’entità che effettivamente svolge le operazioni di gestione dell’impianto, come la realizzazione, la gestione operativa e la manutenzione. ​ Nel caso specifico, la gestione operativa dell’impianto è stata affidata in concessione a un’altra società. ​

La Corte ha stabilito che, nonostante la gestione operativa sia stata affidata a un’altra società, il titolare dell’AIA (l’azienda consortile) rimane responsabile per l’osservanza delle prescrizioni ambientali. ​

Scrive la Cassazione:

“…Come correttamente osservato dal Tribunale, la presenza in atti di un contratto di concessione, che affidava al concessionario gli oneri relativi alla realizzazione e alla gestione dell’ impianto e le relative responsabilità e riservava all’azienda consortile di cui l’ imputato è legale rappresentante il controllo sulla fase di costruzione e gestione, non vale ad escludere la responsabilità dell’ imputato stesso. Non deve dimenticarsi, infatti, che il soggetto titolare dell’autorizzazione ambientale era proprio l’azienda consortile, che era dunque tenuta a verificare l’osservanza di t u t t e le prescrizioni imposte nell’autorizzazione medesima….”

 

adminA.I.A.: Titolare e ..Gestore
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ACCORDI PRODUTTORI- PROROGA

ACCORDI PRODUTTORI- PROROGA

ACCORDI - PROROGAMILLEPROROGHE 2025
Responsabilità estesa – accordi
Art. 178-quater Dlgs. 152/2006
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 22.2.2025


L’art. 178-quater Dlgs. 152/2006, appena nato con il DL 131/2024 (L. 166/2024), subisce prima proroga.
L’articolo impone la responsabilità “estesa“ anche al produttore che immette sul mercato a mezzo di piattaforme di commercio elettronico , un certo prodotto.
1) Il terzo comma dell’art. 178-quater indica che i produttori del prodotto e i gestori dei servizi relativi alla piattaforma sono tenuti stipulare ACCORDI IN FORMA SEMPLIFICATA e sottoscritti tra i gestori, i consorzi o i sistemi di gestione. Tali accordi stabiliscono le modalità di adempimento di tali obblighi (comma 4).
Il Comma 6 dell’art. 178-quater prevedeva la sottoscrizione degli accordi entro la data di entrata in vigore del DL 131/2024-L. 166/2024 e dunque ormai prossimi alla scadenza.
2) Il decreto milleproroghe interviene su questo punto modificando il termine di 90 giorni a 120 giorni offrendo dunque un maggiore respiro ad accordi ancora non intervenuti.

In particolare: continua lettura articolo 178 quater  Dlgs. 152/2006

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R1 – CEMENTO – PROROGA

R1 – CEMENTO – PROROGA

R1-cementoMILLEPROROGHE 2025
R1 – recupero energetico – 31.12.2025
DL 202/2024 e conversione in Legge
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 21.2.2025


Per gli impianti di produzione del cemento è arrivata altra proroga (in deroga) al 31.12.2025 relativa al recupero rifiuti come combustibile/energia.
L’art. 11 comma 2-septies (DL 202/2024 come convertito) milleproroghe 2025) è veramente illeggibile e recita:
“All’articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, le parole: “31 dicembre 2024” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2025”.

1) Il Parlamento, a mezzo di nota, precisa il significato: “L’art. 11 comma 2-septies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, differisce di un anno, cioè̀ fino al 31 dicembre 2025, l’efficacia della norma transitoria secondo cui, in deroga ai vigenti atti autorizzativi, in caso di impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento delle operazioni di recupero di rifiuti “R1” (utilizzazione dei rifiuti principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia) con limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altro periodo inferiore all’anno, si considera vincolante soltanto il quantitativo massimo annuo di utilizzo, limitatamente ai quantitativi effettivamente avviati al recupero energetico…”.

2) Il Parlamento, nel Dossier, precisa che “l’operazione “R1” consiste nell’utilizzazione (di rifiuti) principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (cd. combustibili solidi secondari – CSS)”…. continua lettura artico R1 cemento proroga

Leggi anche articolo su INTERPELLO R1 – IMPIANTI DIVERSI

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R.E.N.T.R.I. – PROROGA

R.E.N.T.R.I. – PROROGA

RENTRIMILLEPROROGHE 2025

R.E.N.T.R.I. – 14.4.2025

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 21.2.2025


RENTRI – PROROGA. Il decreto “milleproroghe” è in attesa di pubblicazione ma è già noto.

Con riferimento al R.E.N.T.R.I., sul sito del Parlamento è possibile leggere che:

Il comma 2-bis dell’articolo 11, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni volte a differire al 14 aprile 2025 il termine per l’iscrizione, al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità̀ dei rifiuti (RENTRI), da parte di enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 50 dipendenti, nonché́ da parte di tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali, ivi inclusi i soggetti da questi delegati.

Così recita il nuovo comma

2-bis. Ai fini dell’operatività del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, di cui all’articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, da adottare entro trenta giorni dalla data di e entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 4 aprile 2023, n. 59, è aumentato a centoventi giorni.

È noto che, in attuazione dell’art. 188-bis Dlgs. 152/2006 – che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti anche a mezzo RENTRI – è stato emanato il D.M. Ambiente 4 aprile 2023, n. 59, che disciplina nel dettaglio il sistema RENTRI….   CONTINUA LETTURA ARTICOLO RENTRI

Cinzia SilvestriR.E.N.T.R.I. – PROROGA
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