Terre e rocce da scavo – AMIANTO

Terre e rocce da scavo – AMIANTO

TERRE E ROCCE DA SCAVO – AMIANTO

LINEE GUIDA SNPA 193/2023 – AMIANTO NATURALE

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Ormai le linee Guida SNPA (n. 193/2023) costituiscono un punto di riferimento per la rielaborazione, la collazione, la sintesi delle questioni di interesse.

E’ la volta delle terre e rocce da scavo con amianto naturale. Cosa fare e come fare.

La lettura delle LG è agevole ama si pone attenzione ad un passaggio che attiene alla sicurezza dei lavoratori

8.6 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI

Fatto salvo quanto definito dal datore di lavoro a seguito della valutazione di tutti i rischi contemporaneamente presenti, nel caso di terreni amiantiferi, i dispositivi e gli indumenti di protezione individuale in dotazione ai lavoratori dovranno salvaguardare dall’inalazione di polveri e fibre e dalla contaminazione del corpo e degli indumenti. Pertanto, i lavoratori dovranno essere dotati di dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di tute protettive. Per le caratteristiche di tali DPI, si rimanda al D.Lgs. 81/08 e alle indicazioni e linee guida delle ASL.

Tutti i lavoratori devono essere sottoposti ad un processo di informazione, formazione e addestramento, comprendente uno specifico corso per la gestione del rischio amianto in matrice minerale, che deve essere progettato e definito nel dettaglio prima dell’inizio dei lavori in collaborazione fra il Coordinatore della Sicurezza in fase di esecuzione (CSE) e il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) dell’impresa affidataria ovvero di persona esterna dotata delle conoscenze professionali necessarie secondo quanto previsto dall’art. 31 comma 3 del D.Lgs. 81/08.

Dovranno essere previsti percorsi di verifica dell’efficacia della formazione erogata, addestramenti in campo sulle procedure di decontaminazione attraverso una figura esperta (tutor), simulazioni ed esercitazioni, e aggiornamenti continui in particolare a seguito di modifiche delle condizioni di lavoro

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Aria: riduzione ossidi di azoto e ammoniaca

Aria: riduzione ossidi di azoto e ammoniaca

Aria: riduzione ossidi di azoto e ammoniaca

Articolo Life PrepAIR 

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il sito di SNPA pubblica articolo, in inglese,  sulla qualità dell’aria ed in particolare sulla riduzione dell’ossido di azoto e ammoniaca NOx NH3.

Quattro agenzie Regionali hanno cercato di costruire un modello per la riduzione delle PM2,5.

Si legge nelle conclusioni dell’Articolo, senza assumere responsabilità per errori di traduzione (reverso):

Questo studio ha anche rilevato che aumentando la forza di riduzione, la differenza tra il PI della riduzione simultanea in NOx e NH3 e la somma di un singolo PI aumenta per entrambe le stagioni, essendo limitato a 1 g m 3 (10% in termini relativi e quindi gestibile in termini di pianificazione della qualità dell’aria) per riduzioni limitate delle emissioni (25%) e in aumento medio fino a 4 g m 3 (circa 30%) per il 75% delle emissioni, che non può essere trascurato nella progettazione di piani per la qualità dell’aria.

In conclusione per determinare con attenzione se sia possibile ottenere un ulteriore abbattimento del PM2,5, ulteriori simulazioni volte ad esplorare gli effetti di altre riduzioni dei precursori dovrebbero essere eseguite. Altri inquinanti chiave nella formazione di PM2.5 secondario sono lo zolfo diossido (SO2) e composti organici volatili diversi dal metano. Sebbene l’SO2 abbia generalmente basse concentrazioni nella pianura padana, la sua ulteriore riduzione può portare a ulteriori PM2,5 diminuzioni, come indicato in [32], a causa del suo coinvolgimento nei processi di particolato secondario. I composti organici volatili diversi dal metano potrebbero anche avere un impatto importante poiché influenzano le concentrazioni di ossidanti e, di conseguenza, la formazione di nitrati e solfati

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avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


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Appalti – Principio di risultato

Appalti – Principio di risultato

Appalti – Principio di risultato

Nuovo Codice Appalti – Dlgs. n. 36/2023 – art. 1

A cura di Cinzia Silvestri– Studio Legale Ambiente


I nuovi principi del Codice Appalti, infondono speranza.

L’art. 1 del nuovo codice appalti si apre con il primo principio, non codificato nel precedente Codice (Dlgs. 50/2016): principio del risultato.

Importante comprendere subito che la violazione di tale principio è utile strumento di impugnazione dell’atto amministrativo, di contestazione, di doglianza. E’ come avere uno strumento in grado di riportare l’agire amministrativo nei binari del diritto.

Utile la lettura:

Articolo 1.
Principio del risultato.
1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività̀ e il migliore rapporto possibile tra qualità̀ e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità̀, trasparenza e concorrenza.
2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità̀ e celerità̀ nella corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità̀.
3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità̀. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:

a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;

b) attribuire gli incentivi secondo le modalità

Considerazioni:…. continua lettura articolo “principio risultato CAppalti art. 1”

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TERRE E ROCCE DA SCAVO? (rivisitato)

TERRE E ROCCE DA SCAVO?

a cura di avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale


Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 24.2.2023 il D.L. 13/2023 vigente dal 25.2.2023. Titola, il Decreto: Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune.

L’art. 48 del DL 13.2023 introduce alcune “Disposizioni per la disciplina delle terre e delle rocce da scavo“.

Una storia infinita per coloro che conoscono il percorso tragico-normativo di questo rifiuto/bene/sottoprodotto.

Terre e rocce da scavo legate indissolubilmente alle grandi opere (ma non solo) e poi normate, regolamentate, precisate con continua foga e non va mai bene. Qualcuno ricorda l’art. 186 Dlgs. 152/2006? Non esiste più, naturalmente, perché tale disciplina si evolve e sottende mille interessi, di plurime parti. Semplificare, ma controllare. Difficile. In ogni caso l’articolo 48 citato progetta, sollecita, propone ma ad oggi, tutto resta come prima. E’ il “regolamento che verrà” a riepilogare tutto.

Così il PNRR è ancora il mezzo di spinta all’innovazione, al cambiamento.

Il Governo, con il DL 13/2023, richiama espressamente il PNRR che giustifica la sua azione e ricorda, subito, la finalità richiamando parole note: opere, infrastrutture, impianti:

“Al fine di assicurare il rispetto delle tempistiche di attuazione del PNRR per la realizzazione degli impianti, delle opere e delle infrastrutture ivi previste, nonché per la realizzazione degli impianti necessari a garantire la sicurezza energetica …”.

Il Governo si limita ad indicare il futuro, ciò che dovrà essere disciplinato a mezzo di un Regolamento approvato con Decreto ministeriale o interministeriale (art. 17 comma 3 L. 400/88) e concede un termine, non proprio minimale o breve, anzi.

Tutto può succedere. Continua lettura articolo TRS art. 48 DL 13.202

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a cura di avv. Cinzia Silvestri del foro di Venezia, giurista ambientale

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