Schema: modifiche deposito temporaneo

Schema : modifiche al deposito temporaneo.
Tabella di raffronto art. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 fino al DL 5/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Di seguito si riporta schema delle modifiche intervenute all’art. 183 del Dlgs. 152/2006 dal Dlgs. 4/2008 ad oggi ( tralascia il testo dell’art. 183 vigente dal 29.4.2006 al 12.2.2008).
 

Deposito temporaneoDal 13.2.2008 FINO al 24.12.2010(Dlgs n. 4/2008) Deposito temporaneoDAL 25.12.2012 Al 9.2.2012
(Dlgs. 205/2010)
Deposito temporaneoDal 10.2.2012
(DL n. 5/2012)
 Art. 183 comma 1 lettera m)   Art. 183 comma 1 lettera bb)    Art. 183 comma 1 lettera bb)
Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:  Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:  Deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, o, per gli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c., presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: 
 1)     i     rifiuti     depositati    non    devono    contenere policlorodibenzodiossine,                     policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita’ superiore a 2,5 parti per milione (ppm),   ne’  policlorobifenile  e  policlorotrifenili  in  quantita’ superiore a 25 parti per milione (ppm);    1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al Regolamento (CE) 850/2004 e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l’anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l’anno, il deposito non può avere durata superiore ad un anno;  2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuto pericolosi. In ogni caso, allorchè il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno,il deposito non può avere durata superiore ad un anno; 

3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del MATTM, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo

 
 
 

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Deposito temporaneo: modifiche DL 5/2012

Deposito temporaneo – IMPRESE AGRICOLE
Art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 e art. 28 DL n. 5/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Il DL n. 5/2012 (semplificazioni) è all’esame della Camera ed in attesa di conversione.
L’art. 28 D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012)  modifica l’articolo 183 comma 1 lett. bb) del  D.Lgs. 152/06 .
Gli imprenditori agricoli “creano” deposito temporaneo non solo nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti (limite presupposto della disciplina) bensì anche presso il sito che “sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi sono soci”.
Il deposito può avvenire non solo nel luogo dove è prodotto il rifiuto ma anche in sito (suggerisce il Governo) diverso.
L’articolo richiama la “disponibilità giuridica” del sito e ciò evoca il sito “di proprietà” o “in affitto” e altro; sito,  certamente, destinato all’uso proprio della “cooperativa agricola”.
La cooperativa agricola a dire il vero sembra il soggetto giuridico a cui è destinata la norma, imponendo anche l’appartenenza alla stessa come soci.
 
La modifica ha certo l’intento di agevolare l’imprenditore agricolo che può considerare deposito temporaneo anche i rifiuti raccolti in sito di propria appartenenza.
Per riassumere:
Il  deposito di rifiuti è definito temporaneo se consiste in:
–       raggruppamento di rifiuti
–       effettuato prima della raccolta
–       nel luogo di produzione dei rifiuti
–       nel sito nella disponibilità della cooperativa agricola
 
con rispetto delle condizioni indicate nell’art. 183:
 
–       i rifiuti sono suddivisi per categorie omogenee;
–       a scelta del produttore: deposito non superiore ai 3 mesi ovvero i 30 mc, di cui al massimo 10 mc di rifiuti pericolosi. In ogni caso non superiore a 1 anno.
–       sono rispettate le norme in materia di imballaggio, etichettatura delle sostanze pericolose, nonché le norme specifiche dettate per peculiari caratteristiche di rifiuto
 
La modifica all’art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 offre l’occasione per percorrere la storia delle modifiche normative intervenute in merito al deposito temporaneo.
Schema che si pubblica su questo sito con separato titolo.

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Acque industriali: DPR n. 227/2011

DPR n. 227/2011 – Acque industriali (2)
Semplificazione / RINNOVO AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Studio Legale Ambiente ha già pubblicato in questo sito breve commento all’art. 4 DPR n. 227/2011 in materia di Rumore (inquinamento acustico).
 
Utile concentrare l’attenzione sulle disposizioni del Regolamento (art. 3) che si occupano di Acque e della forma semplificata di rinnovo della autorizzazione.
Giova ribadire che le semplificazioni contenute nel DPR sono indirizzate solo alle micro/piccole/medie imprese (PMI).
 
ESCLUSIONI
Il Regolamento offre, invero, modalità “semplificata” di rinnovo della autorizzazione ma precisa la esclusione e dunque la non applicazione:
1) “per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’art. 108 Dlgs. 152/2006” (cfr. comma 2 art. 3 DPR)
2) se si sono verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa (art. 3 comma 1)
3) se si tratta di acque reflue urbane
TERMINE DI 6 MESI
L’art. 124 comma comma 8 prevede che il rinnovo della autorizzazione debba essere richiesto 1 anno prima della scadenza.
Il DPR art. 3 prevede invece il termine di 6 mesi .
La lettura dell’art. 3 sembra indicare che
–       in caso di acque reflue industriali (e non quelle urbane)
–       se non ci sono modifiche sostanziali rispetto alla precedente autorizzazione
–       il termine per chiedere il rinnovo è di 6 mesi anziché 1 anno.
 
La modifica del termine a mezzo di Regolamento lascia perplessi stante anche la importanza delle conseguenze alla omissione.
In merito alla forza del Regolamento, con riferimento al problema della gerarchia delle fonti, si riporta il testo dell’articolo 17, comma 2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’  di Governo e ordinamento della Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri… : « 2. – Con decreto  del  Presidente  della  Repubblica, ….sono  emanati   i  regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione,  per le  quali   le   leggi   della   Repubblica,   autorizzando l’esercizio  della  potesta’  regolamentare  del   Governo, determinano le norme generali regolatrici della  materia  e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti,  con  effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.».
 
ISTANZA/DICHIARAZIONE – responsablità
Ai fini della autorizzazione il titolare dello scarico presenta all’autorità competente istanza corredata da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 che attesti che sono rimaste immutate:
 
a) le caratteristiche quali e quantitative dello scarico (volume, massa, sostanze caricate ecc..)
b) le caratteristiche del ciclo produttivo
c) tipologia e quantità di sostanze impiegate nel ciclo produttivo
d) impianti aziendali di trattamento
e) localizzazione dello scarico
 
La semplificazione si attua, dunque, come per il rumore, spostando la responsabilità in capo al dichiarante tramite dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviato esclusivamente per via telematica (come specificato dall’art. 5 DPR 227/2011).
Le falsità in atti e le dichiarazioni mendaci sono soggette a responsabilità penale come indicato all’art. 76 del DPR 445/2000 (al quale si giunge solo dopo il percorso che parte dall’art. 3 DR 227/2011 – art. 47  e poi 48 e poi 76 DPR 445/2000).
Forse le norme di semplificazione che rimandano alle dichiarazioni in sostituzione all’atto di notorietà dovrebbero richiamare espressamente le conseguenze e le responsbilità che conseguono a dichiarazioni mendaci ,come recita l’art. 76 DPR 445/2000 (richiamato dall’art. 48).
Utile ricordare il testo dell’art. 47 fonte di responsabilità:

Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà
1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.
2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva
L’art. 48 precisa che
” Le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono.
2. Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
L’ art. 76 precisa che: 
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’ articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

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Sistri: proroga al 30.6.2012?

 Sistri: proroga al 30.6.2012?
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 La tormentata storia della operatività (ad oggi al 2.4.2012) del Sistri continua.
Il DL n. 216/2011 (29.12.2012) – che aveva rinviato la operatività del Sistri al 2.4.2012 – è in corso di conversione (entro il 29.2.2012).
A breve ne conosceremo l’esito ma già si anticipa che la legge di conversione potrebbe contenere la ulteriore proroga della operatività Sistri al 30.6.2012.
Il testo del DL è stato modificato dal Senato e consegnato alla lettura della Camera in data 16.2.2012.
 
Utile ricordare parte del percorso “normativo”:
 
1) OPERATIVITA’ SISTRI AL 9.2.2012
Con Legge del 14 settembre 2011 n. 148 veniva fissata la data per la operatività del Sistri al 9.2.2012 (conversione del DL 138/2011 art. 6 comma 2).
 
Il Legislatore esprimeva nel testo la necessita’ di  garantire  un  adeguato  periodo  transitorio  per
1) consentire la progressiva entrata  in  operativita’  del  Sistema  di controllo  della  tracciabilita’  dei   rifiuti   (SISTRI),   nonche’
2) l’efficacia del funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI.
 
2) OPERATIVITA’ SISTRI AL 2.4.2012
Qualche mese (dicembre 2011) dopo, il Governo interveniva con Decreto Legge cosidetto “milleproroghe” – DL n. 216/2011 art. 13 comma 3 (in vigore dal 29.12.2011)- e “prorogava l’inizio della operatività del SISTRI al 2.4.2012 e cosi prevedeva:
“3. All’articolo 6, comma 2, secondo periodo, del  decreto-legge  13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  14 settembre 2011, n. 148, le parole: “9 febbraio 2012” sono  sostituite dalle seguenti: “2 aprile 2012.”
 
3) OPERATIVITA’ SISTRI AL 30.6.2012
 
Ebbene con Atto del senato n. 3124 approvato il 15.2.2012 l’inizio della operatività Sistri sembra rinviata al  30.6.2012.
L’atto del Senato così si esprime:
“al comma 3, le parole: «2 aprile 2012» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2012»
e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
«A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per la gestione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), la competente Direzione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per lo svolgimento di tutte le attività diverse da quelle individuate dal contratto in essere avente ad oggetto la fornitura del relativo sistema informatico e la gestione del relativo sito internet. A decorrere dal medesimo termine, ogni sei mesi il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmette alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del SISTRI. A quest’ultimo fine, per quanto attiene alla verifica del funzionamento tecnico del sistema, la competente Direzione del Ministero può avvalersi di DigitPA, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
 
La parola ora alla Camera. 
 

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Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012

(1) Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
Art.1 DL n. 5/2012 (semplificazioni e sviluppo) e art. 2 L. 241/1990 (conclusione procedimento)
a cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Il Dl n. 5/2012 all’art. 1 modifica e sostituisce i commi 8 e 9 dell’art. 2  L. 241/1990 ed aggiunge i commi da 9bis a 9-quinquies.
L’articolo 2 della L. 241/1990 ha subito già dal 2005 numerosi interventi legislativi di modifica (L. n. 15/2005, 80/2005, 69/2009, Dlgs. 104/2010).
 
Con tecnica “legislativa” ormai in uso, il Governo chiude l’art. 1 del Decreto Legge n. 5/2012 con il comma 2 che prevede la non applicazione dell’art. 2 L. 241/1990 in quanto normati da leggi speciali a:
1) procedimenti tributari
2) procedimenti in materia di giochi pubblici
Dunque il comune lettore (cittadino) non troverà tale esclusione nell’art. 2 della Legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) a completamento della disciplina e per chiarezza espositiva; ma dovrà conoscere il comma 2 dell’art. 1 del DL n. 5/2012!
 
Giova sempre ribadire che si tratta, ancora, di DL soggetto a Legge di conversione e dunque il testo può essere modificato.
 
Conclusione del procedimento: L. n. 241/1990 art. 2
L’art. 2 della L. 241/1990 impone alla amministrazione:
1)             obbligo di concludere il procedimento con provvedimento espresso
2)             termine di 30 giorni, ove non espressamente specificato
I commi da 1 a 7 precisano e articolano diversi tempi di conclusione a seconda del procedimento.
 
SILENZIO DELLA PA
Per tutti coloro che operano con la PA è noto come il silenzio della PA sia un vero e proprio problema, sempre giustificato o giustificabile, e che il processo amministrativo in sede giudiziaria (TAR) che si apre per ottenere la “risposta” dovuta, onera sempre il cittadino di costi e tempi tali da defaticare l’azione stessa.
Forse questo è l’intento.
Il Governo sembra voler operare un controllo :
a)             a posteriori e sceglie la Corte dei conti quale controllore. Ed invero il ritardo/inadempimento crea costi anche alla amministrazione.
b)             Preventivo: attuando un meccanismo di sostituzione alla inerzia e di responsabilità per coloro che tardano alla emissione del provvedimento finale.
 
CORTE DEI CONTI
IL GOVERNO dunque prevede, modificando il comma 8 dell’art. 2 L. 241/1990 che “Le  sentenze passate in giudicato che accolgono il  ricorso  proposto  avverso il silenzio inadempimento  dell’amministrazione sono  trasmesse,  in  via telematica, alla Corte dei conti.
 
RESPONSABILITA’
Non più solo la MANCATA emanazione del provvedimento costituisce elemento di Valutazione di responsabilità ma anche la TARDIVA emanazione dello stesso permette la valutazione anche disciplinare.
Il Governo allarga le maglie dei soggetti responsabili e richiama ipotesi di responsabilità disciplinare; passa dalla “valutazione della responsabilità dirigenziale” a:
“…La mancata o tardiva emanazione del  provvedimento  nei  termini costituisce elemento di valutazione
1)   della  performance  individuale, nonche’
2)    di responsabilita’  disciplinare  e  amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente.
 
POTERE SOSTITUTIVO IN CASO DI INERZIA
Il cittadino dunque dovrà trovare all’interno della amministrazione il soggetto a cui fare riferimento in caso di inerzia del soggetto preposto al procedimento disatteso.
L’organo di  governo  individua,  nell’ambito  delle  figure
apicali dell’amministrazione, il soggetto cui  attribuire  il  potere
sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione
il potere sostitutivo si considera attribuito al 
1)   dirigente  generale o, in mancanza,
2)   al dirigente preposto all’ufficio o  in  mancanza 
3)    al funzionario di piu’ elevato livello presente nell’amministrazione.
 
Termine di conclusione
Il dirigente individuato in sostituzione dovrà concludere il procedimento entro 15 giorni o altro dimezzato termine (con riferimento a quello richiesto dalla legge).

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Autorizzazione unica ambientale?

Autorizzazione Unica Ambientale?
Il Governo rinvia ad agosto 2012
DL n. 5/2012 art. 23
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Governo ribadisce l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri per le PMI (piccole e medie imprese) e promette l’autorizzazione unica, che invoglia le imprese e le nutre di speranza.
Si deve precisare che si tratta di un Decreto Legge soggetto a Legge di conversione e che dunque potrebbe subire nel tempo rilevanti modifiche.
Ebbene il Governo promette e precisa:
1)Autorizzazione integrata ambientale: le novità non incidono sulla AIA disciplinata dagli articoli 29 bis e ss. del Dlgs. N. 152/2006 ” ..Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″
2) Oneri amministrativi: il governo richiama il DL n. 112/2008 art. 25 convertito con L.133/2008 precisando che la semplificazione avviene “anche” con riferimento agli oneri amministrativi …già disciplinati. La lettura del testo del 2008, richiamato dal governo, sorprende per la sua attualità trattandosi di DL che conferma gli stessi scopi e fini di quello attualmente in vigenza. DL del 2008 che intitolava l’ art. 25 “tagli oneri spese” ed e’ stato firmato da Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Brunetta, ecc… ; precisa così il testo in commento: “…anche sulla base dei risultati delle attivita’di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6agosto 2008, n. 133
3) REGOLAMENTO: dopo le premesse di rito, il Governo non disciplina ma promette futuro regolamento, con DPR, su proposta principalmente del Ministro Clini ( pensando che la proposta avvenga nella durata di questo Governo). Il richiamo alla Conferenza Unificata evoca, purtroppo, al lettore tempi poco compatibili con l’urgenza suggerita dal DL. Desta interesse inciso, frutto certo della confusione che ormai regna, in cui il Governo autorizza se stesso alla ….emanazione. Scrive, dunque, testualmente il Governo: “Governo e’ autorizzato emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281″
4) FINALITÀ‘: il REGOLAMENTO e’ volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese. Il preambolo racchiude, tra le molteplici righe, l’ intento del Governo espresso in poche e chiare parole.
5) PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Regolamento dovrà seguire il solco tracciato dalla L. 59/1997 che, agli articoli 20 e seguenti, indica alcune linee guida per operare la semplificazione. Il riferimento alla L. 59/1997 vale approfondimento in separato commento; all’ epoca (1997) correttamente il Parlamento (legge) delegava il Governo ad emanare decreti legislativi….
6)PROPOSITI: il Governo entra nel merito della sua futura azione indicando i buoni propositi ed evocando quella semplicità auspicata e mai realizzata. Ed invero le parole chiave sono concentrate nella ” sostituzione, unico ente, proporzionalità, dimensione impresa, oneri a carico impresa”. In particolare e testualmente il governo indica:
a) l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione,
notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in
materia ambientale;
b) l’autorizzazione unica ambientale e’ rilasciata da un unico
ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di
proporzionalita’ degli adempimenti amministrativi in relazione alla
dimensione dell’impresa e al settore di attivita’, nonche’
all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovra’
comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

6) TEMPI: quanto tempo per emanare questo Regolamento? 6 mesi dalla data della entrata in vigore del presente DL ovvero entro il 10 agosto 2012?
Si chiude, infine, l’articolo 23 con precisazione:”… e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le
norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono
abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento. “.

adminAutorizzazione unica ambientale?
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Semplificazioni: DL n. 5/2012 è vigente

Semplificazioni: DL n. 5/2012 è vigente
A  cura di avv. Cinzia Silvestri
Prosegue la maratona “legislativa” (rectius governativa) a suon di Decreti Legge.
Dopo il DL n. 1/2012 sulle Liberalizzazioni, il DL n. 2/2012 sull’Ambiente, la L. n. 3/2012 (sovraindebitamento), il DPR n. 227/2012 (semplificazioni acqua e rumore) arriva l’atteso decreto sulle semplificazioni che dovrebbe allegerire il carico degli adempimenti anche ambientali sin dal 10.2.2012.
Lo Studio Legale Ambiente offre alla lettura il Decreto legge segnalando gli articoli 23 e 24 in materia di semplificazioni ambientali e riservandosi il commento in altra comunicazione.

adminSemplificazioni: DL n. 5/2012 è vigente
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Rumore: DPR 227/2011 – semplificazioni

 Rumore : DPR 227/2011 – semplificazioni (1) 
Vigenza al 18.2.2012
 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Lo Studio Legale Ambiente aveva già anticipato le novità oggi approdate con modifica nel provvedimento del Presidente della Repubblica (cfr. articolo del 10.7.2011 “Acque e rumore: semplificazioni amministrative” su questo sito).
Può essere utile parafrasare l’art. 4 del DPR; unico articolo che si occupa della semplificazione della documentazione di impatto acustico e che entrarà in vigore il 18.2.2012.
A dire il vero la semplificazione appare “contenuta” e si concreta, per lo più, nell’uso dell’atto di notorietà ovvero nella dichiarazione sostituitiva dell’esercente che attesta la propria condizione ed il livello del rumore sotto la sua personale responsabilità.
Il richiamo inoltre alla documentazione di cui all’art. 8 L. 447/95 lascia perplessi . L’art. 8 impone la documentazione con riferimento a precisi ambiti di applicazione (VIA, richiesta di comuni, concessioni edilizia) mentre il richiamo operato dall’art. 4 in commento sembra prescindere dal contesto applicativo.
In particolare:
1) ESCLUSIONI: Il Regolamento esclude “dall’obbligo di presentare la documentazione di cui all’articolo 8, commi 2, 3 e 4, della legge 26 ottobre 1995, n.  447, le attivita’ a bassa  rumorosita’  elencate  nell’Allegato  B”.
Ed invero l’”attività alberghiera” o una “palestra” (elenco B) viene considerata a “bassa rumorosità” e dunque non più tenuta a presentare la documentazione indicata nell’art. 8 L. n.  447/1995.
Si pensi al comma 4 dell’art.8 (impatto acustico) che prevedeva anche per le attività sportive il deposito di documento di “previsione di impatto acustico”.
2) ECCEZIONI: Prosegue il Regolamento ponendo “eccezione” e dunque obbligo di documentazione laddove si utilizzino impianti di diffusione sonora ovvero:
“….fatta eccezione per l’esercizio di ristoranti,  pizzerie,  trattorie,  bar, mense,  attivita’  ricreative,   agroturistiche,   culturali   e   di spettacolo,  sale  da  gioco,  palestre,  stabilimenti  balneari  che utilizzino   impianti   di   diffusione   sonora   ovvero    svolgano manifestazioni ed eventi con  diffusione  di  musica  o  utilizzo  di strumenti musicali.
Dunque la “palestra” gode della semplificazione amministrativa solo se non utilizza impianti di diffusione sonora!
3) PREVISIONE DI IMPATTO ACUSTICO: “…In tali casi  e’  fatto  obbligo  di  predisporre adeguata documentazione di previsione di impatto  acustico  ai  sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447.  Resta ferma la facolta’ di  fare  ricorso  alla  dichiarazione  sostitutiva dell’atto di notorieta’ di cui all’articolo 8, comma 5,  della  legge 26 ottobre 1995, n.  447,  ove  non  vengano  superati  i  limiti  di emissione di rumore di cui al comma 2.
Il richiamo all’art. 8 comma 2 della L. 447/95 evoca documentazione di “impatto acustico” richiesta dai comuni o nell’ambito addirittura della procedura di VIA.
In pratica la “palestra” che organizza evento con diffusione di musica è tenuta a presentare la documentazione di “impatto acustico”.
Continua il Regolamento richiamando invero il successivo comma 2 dell’art. 4 in commento e precisa che 1) se non vengono superati i limiti di emissione di cui al piano di classificazione comunale o 2) del DPCM 1991 (se non adottato il piano) allora la “palestra” (ad esempio) può usufruire della dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 8 comma 5 L. 447/95.
Il richiamo all’art. 8 comma 5 impone la verifica dei criteri indicati dalla  Regione (art. 4 co. 1 lett. l) L. 447/95) per la redazione della documentazione di cui all’art. 8 commi 2,3,4 con le modalità DPR 445/2000 (che ha abrogato la L. 15/68).
4) ATTIVITA’/emissioni NON superiori:
Le attività ritenute a “bassa rumorosità” seguono la disciplina di cui al comma 1 dell’art. 4.
Il Regolamento permette di escludere la documentazione ex art. 8 L. 447/1995 e di sostituirla con dichiarazione di atto di notorietà a quelle attività

  • diverse da quelle indicate nel comma 1
  • le  cui emissioni di rumore non  siano  superiori  ai  limiti  stabiliti  dal documento di classificazione  acustica  del  territorio  comunale  di riferimento ovvero,
  • ove questo non  sia  stato  adottato,  ai  limiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  in data 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 1997, 3.

ATTIVITA’ emissioni superiori.
Il DPR, al comma 3, precisa in merito a quelle attività che invece presentano (comportano) emissioni di rumore superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica comunale o se questo non è stato adottato alla legge di riferimento DPCM 1997.
Se le emissioni sono oltre il limite:
A)“è fatto obbligo di presentare la documentazione prevista dall’art. 8 comma 6 del L. 447/95” ovvero l’indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall’attività e dagli impianti.
b) la documentazione deve essere predisposta da tecnico competente in acustica.

adminRumore: DPR 227/2011 – semplificazioni
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Modello "231": quali responsabilità?

 Modello “231” – Responsabilità dell’Ente /Società: un chiarimento
Nota a sent. Cass. pen. Sez. VI, Sent. del  16-07-2010, n. 27735
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 La sentenza della Cassazione penale n. 27735/2010 precisa la natura della responsabilità della Società.
Con chiarezza espositiva riassume l’orientamento maggioritario e declina i passaggi fondamentali della disciplina.
Si riporta tra “virgolette” il testo della sentenza che esprime i passaggi logici e giuridici che permettono l’attribuzione di responsabilità alla Società, precisando anche in merito all’onere probatorio.
Di interesse il passaggio che riguarda l’adozione del Modello “231”; ovvero del modello organizzativo volto a prevenire la commissione dell’illecito da parte delle persone apicali (e non apicali) della Società.
Qualora l’accusa (PM) provi la commissione dell’illecito della persona fisica (es. dirigente) nell’interesse  (ad esempio) della Società accade che la stessa sia responsabile per non aver adottato tutti quegli accorgimenti necessari ad evitare l’evento e dunque sia colpevole nella sua “dis-organizzazione” e tenuta a rispondere in proprio dell’illecito, a mezzo del pagamento della somma statuita dal Giudice.
La non obbligatorietà/non adozione del Modello “231” si traduce nella:
1)perdita di prova liberatoria;
2) colpa in “organizzazione”.
La Cassazione dribla il dogma della responsabilità oggettiva che… incombe.
In particolare:
1) RESPONSABILITA’ PROPRIA DELLA SOCIETA’
La Cassazione precisa la natura propria della responsabilità che si fonda nel rapporto di immedesimazione organica. Ciò permette che la società risponda di fatto commesso da altro soggetto.
“Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, è qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; nè la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo all’ immedesimazione.
2) TERTIUM GENUS
“Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato “è fatto della società, di cui essa deve rispondere“.
Conclusivamente, in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l’ente risponde per fatto proprio, senza coinvolgere il principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 Cost.).
3) RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
 “Nè il D.Lgs. n. 231 delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva, prevedendo, al contrario, la necessità che sussista la c.d. “colpa di organizzazione” dell’ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo”.
4) ONERE DI PROVA
“Grava sull’Accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.
5) MODELLO 231 – EFFETTO LIBERATORIO
“Militano, inoltre, a favore dell’ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al D.Lgs. n. 231, art. 6, e, specificamente, l’onere per l’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, “che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” (art. 6, lett. a) e che, sulla base di tale presupposto, ricorrono le altre previsioni elencate nelle successive lettere del citato art. 6.
Nessuna inversione dell’onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell’ente, gravando comunque sull’Accusa l’onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al D.Lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell’ente. Quest’ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.

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SERVIZI PUBBLICI LOCALI E CONCORRENZA

 
SERVIZI PUBBLICI LOCALI: art. 25 DL n. 1/2012
(Liberalizzazioni – concorrenza del Servizio)
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Lo Studio Legale  Ambiente offre breve scheda delle novità introdotte dall’Art. 25 DL. 1/2012 ancora in fase di conversione.
ARTICOLO 25 – Promozione della concorrenza nei servizi pubblici locali
 
L’articolo introduce una serie di disposizioni a carattere generale in riferimento alla disciplina dei servizi pubblici locali finalizzate ad incentivare, ma anche imporre, una gestione concorrenziale di tali servizi.
Tra di queste si citano le seguenti:

  • viene imposto alle Regioni, a tutela della concorrenza e dell’ambiente come principi generali dell’ordinamento nazionale, di organizzare entro il 30 giugno 2012 lo svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali di dimensioni comunque non inferiori al territorio provinciale e tali da consentire economie di scala e massimizzazione dell’efficienza del servizio. Decorso tale termine, il Governo può subentrare all’ente locale nell’ambito dell’organizzazione del servizio pubblico locale;
  • a decorrere dal 2013 l’affidamento di servizi pubblici in base a procedure ad evidenza pubblica costituisce elemento di valutazione nell’ambito dei parametri di virtuosità di cui al  patto di stabilità interno e ai sensi dell’art. 20 D.L. 98/2011;
  • viene introdotto il criterio di attribuzione prioritaria di eventuali risorse pubbliche statali in favore degli enti di governo ovvero direttamente in favore dei gestori negli ambiti ottimali in cui vi siano state procedure ad evidenza pubblica di selezione del gestore;
  • previsione dell’assoggettamento delle società in house e delle aziende speciali al patto di stabilità interno (modalità da definire con successivo D.M.) e obbligo di acquisizione di beni e servizi in base alla normativa sugli appalti pubblici (D.Lgs. 163/2006).

 
In aggiunta l’articolo integra l’attuale disciplina dei servizi pubblici locali, di cui all’articolo 4 del D.L. 138/2011, prevedendo:

  • l’obbligatorietà del parere preventivo da richiedere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell’adozione, da parte dell’ente locale, della delibera di verifica della realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica;
  • l’abbassamento della soglia di cui al comma 13 dell’articolo 4 del D.L. 138/2011 che per i servizi con valore inferiore a 900.000 euro consentiva, in deroga alla procedura ad evidenza pubblica, l’affidamento diretto. Tale soglia è ridotta a 200.000;
  • ulteriori modifiche al regime transitorio di cui al comma 32 dell’articolo 4 del D.L 138/2011 prevedendo la cessione degli affidamenti diretti non conformi alla nuova disciplina entro la data del 31 dicembre 2012 anziché quella prevista del 31 marzo 2012 ed entro il 31 marzo 2013  per le gestioni affidate a società a partecipazione mista pubblica e privata di cui alla lettera b) del comma 32 dell’articolo 4 del D.L 138/2011. Viene inoltre prevista un’ulteriore deroga alla regola generale del ricorso alla gara prevedendo che la gestione di un servizio affidato in house può essere consentita  per un periodo massimo di 3 anni solo nel caso in cui l’azienda affidataria del servizio, comporti, come esito di fusione aziendale,  un processo di riduzione del numero di aziende dirette presenti nell’ambito ottimale di riferimento;
  • l’inclusione del trasporto ferroviario regionale tra i servizi pubblici locali oggetto di riforma, sottoponendolo quindi tale settore alle procedure di affidamento basate sulla scelta del soggetto affidatario in base a gara e prevedendo un apposito regime transitorio che fa salvi, fino alla scadenza naturale dei primi sei anni di validità, gli affidamenti e i contratti già deliberati o sottoscritti in conformità sia del Regolamento CE 1370/2007 che dell’articolo 61 della legge 99/2009;
  • previsione di specifici obblighi di natura informativa in capo ai concessionari e agli affidatari di servizi pubblici locali che sono tenuti a fornire, a seguito di specifica richiesta, agli enti locali, che devono bandire una gara per l’affidamento del servizio già esercitato dai concessionari e affidatari stessi,  i dati concernenti le caratteristiche tecniche degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile iniziale, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione utile per la definizione dei bandi di gara. Qualora i concessionari e gli affidatari diano le suddette informazioni oltre il termine di 60 giorni dalla richiesta o diano informazioni false, il prefetto, su richiesta dell’ente locale, irroga una sanzione stabilita da minimo di euro 5.000 ad un massimo di euro 500.000.

 

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Rumore : reato solo se “diffuso”

Rumore : reato solo se “diffuso” (art. 659 comma 1)
Cassazione penale del 14.12.2011 n. 270
a Cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La Cassazione penale precisa l’ambito di applicazione della fattispecie di cui al comma 659 comma 1 c.p. che richiede il disturbo ad un numero indeterminato e diffuso di soggetti.
Se il disturbo è arrecato a persone determinate quali ad esempio ad un solo nucleo familiare di un appartamento o ad alcuni soggetti precisati allora il fatto rumoroso può costituire semmai illecito civile.
Dunque.
Il caso attiene al disturbo arrecato dal condizionatore d’aria di una gioielleria.
La Corte esclude innanzitutto che la gioielleria possa essere inclusa tra le attività “rumorose (esercizio della professione o di un mestiere rumoroso) ex art. 659 comma 2 c.p..
La persona offesa si costituiva parte civile e venivano assunti testi.
Senonchè la Corte nel caso di specie non rinviene gli elementi costitutivi del reato di cui al primo comma dell’art. 659 c.p.
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, i rumori e gli schiamazzi vietati, per essere penalmente rilevanti “…debbono incidere sulla tranquillità pubblica – essendo l’interesse ..tutelato dal legislatore quello della pubblica tranquillità .. della pubblica quiete, la quale implica,.. l’assenza di cause di disturbo per la generalità dei consociati.”
Il disturbo deve avere “…potenzialità diffusa …. potenzialità di essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se, poi, in concreto soltanto alcune persone se ne possano lamentare”.
Prosegue la Cassazione: “ Ne consegue che la contravvenzione in esame non sussiste allorquando i rumori arrechino disturbo,come nel caso di specie, ai soli occupanti di un appartamento, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti: infatti, in tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di definite persone, sicchè un fatto del genere può costituire, se del caso, illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a violazione penalmente sanzionabile” .
 

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Legge n. 3/2012: sovraindebitamento

 Sovraindebitamento ed usura: LEGGE 27 gennaio 2012, n. 3
Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonche’ di composizione delle crisi da sovraindebitamento(GU n.24 del 30-1-2012 )Entrata in vigore del provvedimento: 29/02/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Studio Legale Ambiente offre lettura del testo della L. n. 3/2012.
Dopo il DL n. 1/2012 (Liberalizzazioni) e il DL 2/2012 (Ambiente) si aggiunge la L. n. 3/2012 vigente al prossimo 29.2.2012.
La legge evoca due provvedimenti, già dibattuti, della usura e del sovraindebitamento (DL 212/2011, cosidetto “salva imprese, il cui testo è pubblicato su questo sito ).
La parte dedicata al “sovraindebitamento” delude le categorie ad oggi in difficoltà a fronte dei mancati e ritardati pagamenti, spesso ed anche, delle pubbliche amministrazioni (es. appalti); delude proprio coloro che non possono accedere alla procedura e che rimangono comunque esposti al fallimento a causa del comportamento di coloro che posticipano i pagamenti ad un anno, e più ,e creano una catena di insolvenza .
 
 

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Matrici da riporto/sottoprodotto: DL n. 2/2012

(1) “Matrici da riporto”: art. 3 DL n. 2/2012 – Cosa sono?
A cura di avv. Cinzia Silvestri
La tecnica legislativa usata per formulare il concetto espresso nell’art. 39 comma 2 Dlgs. 205/2010 impone una vera e propria “gimkana” tra le norme ed i testi legislativi.
Il concetto suggerito dall’art. 3 DL 2/2012 è, a dire il vero, semplice: i materiali di riporto per essere considerati sottoprodotti ed esclusi dal novero dei rifiuti devono passare il vaglio dell’asse normativo che impone la verifica della natura di “non rifiuto/sottoprodotto/cessazione della natura di rifiuto” ; i criteri e le condizioni saranno indicati nel DM non ancora emanato e già previsto in materia di sottoprodotti”.
Dunque il DM (già previsto dall’art. 184 bis) e non ancora esistente è l’attore principale e l’anello mancante della catena.
La tecnica legislativa che rimanda la definizione di criteri (qualitativi e quantitativi) a strumenti attuativi e tecnici (DM) è nota, ma certo non aiuta in chiarezza.
Di fatto, stante la mancanza del DM, la disposizione dell’art. 39 comma 2 Dlgs. 205/2010 come riformato dal DL n. 2/2012, è senza effetto!
 
Vero è che la lettura dell’art. 39 è utile esecizio di pazienza imposto al lettore il quale è costretto a percorrere l’intricata normativa che richiama norme che richiamano altre norme: percorso che si affronta spesso, come in questo caso, per giungere al …nulla.
Art. 39 Dlgs. 205/2010
L’art. 39 non è inserito nel TU ambientale (Dlgs. 152/2006) e ruota “come un satellite” attorno al testo Unico.
Il Governo richiama con il DL n. 2/2012 (vigente al 25.1.2012) l’art. 39 comma 4 aggiungendo dopo il primo periodo la novella.
 Il comma 4 dell’art. 39, come modificato dal DL n. 2/2012, risulta ad oggi riscritto:
4. Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 184-bis, comma 2, e’ abrogato l’articolo 186 . “Con  il medesimo decreto sono stabilite le condizioni alle quali  le  matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.».
Non basta riesumare l’art. 39 comma 4.
L’art. 39 comma 4 richiama il DM di cui all’art. 184bis comma 2 Dlgs. 152/2006.
Decreto Ministeriale che porterà:
1)   alla abrogazione dell’art. 186 (terre e rocce da scavo).
2)   Stabilirà le condizioni alle quali  le  matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.».
Art. 184 bis comma 2 Dlgs. 152/2006
DUNQUE l’art.184 bis[1] comma 2 (sottoprodotto) del Dlgs. 152/2006 (creazione del Dlgs. 205/2010) testualmente recita:
“2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche’ specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita’ a quanto previsto dalla disciplina comunitaria .
Art. 185 comma 4 Dlgs. 152/2006
Si approda dunque alla costuzione logica di una intera frase compiuta ovvero :
Il decreto Ministeriale – che dal 25.12.2010 continua a non esistere – può contenere le condizioni alle quali  le  matrici di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.».
 
Dunque il legislatore (rectius Governo) impone riferimento al complesso ed avversato art. 185 in materia di esclusioni che recita al comma 4: “..Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.
 
La frase di senso compiuto al quale giunge il lettore  sembra essere:
Il DM che verrà emanato e relativo a indicare i criteri per determinare o meno la natura di sottoprodotto di certe materie conterra’ anche le condizioni alle quali le matrici di riporto di cui all’art. 185 comma 4 Dlgs. 152/2006 saranno sottoprodotti.
 
Matrici di riporto
Scrive il Governo nel preambolo del DL “…chiarendo in particolare che nel più ampio concetto di terreno, suolo e sottosuolo deve intendersi ricompera la matrice ambientale “materiale da riporto”..”
Giova precisare che il termine “matrici di riporto” è nuovo ed evoca  un linguaggio pratico più che giuridico; linguaggio semmai usato in materia di “bonifiche” nell’allegato 2 al titolo V (criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati”). In quel contesto (bonifiche) il legislatore si esprime richiamando le “matrici del suolo e sottosuolo e materiali di riporto”. La matrice è quella “ambientale” dal contenuto esteso ed il “materiale di riporto” non trova definizione specifica nel Dlgs. 152/2006.
La lettura dell’art. 39 sembra invero precisare, persino, il contenuto della “matrice di riporto” con riferimento all’art. 185 in:
1)   suolo escavato non contaminato e
2)   altro materiale allo stato naturale,
utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati.
 
Vero è che, a prescindere dal linguaggio usato, le “matrici”, come individuate dal Governo, per essere escluse dal novero dei rifiuti richiedevano ex art. 185 di essere valutate alla luce del triplice combinato disposto di cui agli articoli
1)   183, comma 1, lettera a):  “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi;
2)   184-bis  (sottoprodotto) e
3)   184-ter (cessazione dalla qualifica di rifiuto)
 
Dunque le matrici (materiali) di riporto (cosidette) già escluse dal novero dei rifiuti attraverso il vaglio degli articoli che impongono l’ardua verifica del passaggio nonrifiuto-sottoprodotto-cessazionerifiuto (183,184 bis e ter) richiedono, sembra, anche la verifica delle condizioni di cui al DM che …verrà.
 
Per esprimere questo concetto e con riferimento ad un oggetto preciso (suolo escavato, altro materiale utilizzato in sito diverso) il Governo ha prodotto norma di difficile lettura, dal travagliato percorso normativo.
 
 
 
 
 
 
 



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adminMatrici da riporto/sottoprodotto: DL n. 2/2012
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Impianti fotovoltaici e DL n. 1/2012

Impianti Fotovoltaici – DL n. 1/2012 art. 65
Focus: Impianti fotovoltaici in ambito agricolo
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Molte le novità contenute nel DL n. 1/2012 al quale si rimanda per la lettura completa (il testo è pubblicato su questo sito con precedente news).
Di interesse alcune novità sul dibattuto tema degli impianti fotovoltaici su terre agricole; tema affrontato dall’art. 65 del DL n. 1/2012.
Incentivi statali esclusi
L’articolo esclude – dalla data di entrata in vigore del presente decreto (25.1.2012) – gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, dall’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
Progetti ed esercizio/vigenza DL
Il comma 2 fa salvi i progetti  che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Impianti su serre
Il comma 3 equipara in termini di incentivo gli impianti fotovoltaici costruiti su serre a quelli su edifici a condizione che le serre presentino un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.
Limite 1MW
Viene inoltre prevista l’abrogazione dei commi 4, 5 e 6 dell’art. 10 del D.Lgs n. 28, ossia del limite di 1 MW imposto agli impianti a terra sui terreni agricoli.
In particolare:
“Art. 65         Impianti fotovoltaici in ambito agricolo   
  1. Dalla data di entrata in vigore del presente  decreto,  per  gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati  a  terra  in  aree agricole, non e’ consentito l’accesso agli incentivi statali  di  cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
  2. Il comma 1 non si applica agli impianti solari fotovoltaici  con moduli collocati a terra in aree agricole  che  hanno  conseguito  il titolo abilitativo entro la data di entrata in  vigore  del  presente decreto  o  per  i  quali  sia  stata  presentata  richiesta  per  il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno  dalla  data  di entrata in  vigore  del  presente  decreto.  Detti  impianti  debbono comunque rispettare le condizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
  3. Agli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre cosi’ come definite  dall’articolo  20,  comma  5  del  decreto ministeriale 6 agosto 2010, si applica la tariffa  prevista  per  gli impianti fotovoltaici realizzati su edifici. Al fine di garantire  la coltivazione sottostante, le serre  –  a  seguito  dell’intervento  – devono presentare un  rapporto  tra  la  proiezione  al  suolo  della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.
  4. I commi 4, 5 e 6 dell’articolo  10  del  decreto  legislativo  3 marzo  2011,  n.  28  sono  abrogati,  fatto  salvo  quanto  disposto dall’ultimo periodo del comma 2.”
 

adminImpianti fotovoltaici e DL n. 1/2012
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Responsabilità società e qualità dell'aria

Responsabilità dell’Ente e Dlgs. 231/2001
Aria – art. 279 Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo StudioLegaleAmbiente continua la pubblicazione di brevi aggiornamenti sulla responsabilità della Società in materia di reati ambientali.
Responsabilità operativa già dall’agosto del 2011 e che suggerisce alle aziende di dotarsi di Modello cosidetto “231”.
Modello già conosciuto dalle Società grazie alla normativa sulla sicurezza (Dlgs. 81/2008 art. 30) e che presenta, in materia ambientale, peculiarità tali da non poter coincidere con quello sulla sicurezza.
 ART. 279[1] DLGS. 152/2006 – Aria e riduzione delle emissioni
La parte V del Dlgs. 152/2006 è stata riformata dal Dlgs. 128 del 29.6.2010.
Il comma 2 del Dlgs. 231/2001 art. 25 – undecies si conclude con la lettera h) che menziona la violazione dlel’art. 279 comma 5 che richiama il comma 2 ovvero:
Chi, nell’esercizio di uno stabilimento[2], viola i valori limite di emissione[3] (cfr. anche lett. q) art. 268) o le prescrizioni stabiliti
1)    dall’autorizzazione,
2)    dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto,
3)    dai piani e dai programmi o
4)    dalla normativa di cui all’articolo 271 o
5)    le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo
e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro.
Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.
Ebbene in questi casi, aggiunge il comma 5, si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa.
 
La qualità dell’aria non è definita dalla parte V del Dlgs. 152/2006.
La qualità dell’aria si esprime in maniera diversa dalla emissione in quanto:
1) L’emissione evoca la quantità di sostanza inquinante introdotta in atmosfera, da una certa fonte inquinante e in un determinato arco di tempo; generalmente essa viene espressa in tonnellate/anno.
2) La qualità dell’aria invece si esprime per concentrazione (cfr. anche art. 268 co. 1 lett. s)) ovvero la quantità di sostanza inquinante presente in atmosfera per unità di volume; generalmente espressa in mg/mc e viene utilizzata per esprimere valori di qualità dell’aria.
 
Il riferimento al comma 5 dell’art. 279 sembra dunque limitare la responsabilità dell’Ente solo a quelle ipotesi in cui oltre alla violazione dei limiti di emissione esista anche la violazione di limiti di qualità dell’aria. Si tratta sempre di quantità di sostanza inquinante che rileva però diversamente .
In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione persona giuridica ex Dlgs. 231/2001 Sanzioni interdittive
art. 279 comma 5: violazione emissione e qualità aria
 
Arresto fino a 1 anno
 
 
 
Fino a 250 quote 
 
Non prevista

 
 
 
 
 
 
 



[1] Art. 279

…2. Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione .
….5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa….
 

[2] L’art. 268 coma 1 come modificato dal Dlgs. 128/2010 definisce: “h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o piu’ impianti o sono effettuate una o piu’ attivita’ che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o piu’ attivita’”.
[3] L’art. 268 comma 1 come modificato dal Dlgs 128/2010 definisce: “b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attivita’ di cui all’articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell’ambiente (1);
adminResponsabilità società e qualità dell'aria
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Avvalimento e iscrizione Albo gestori ambientali

Avvalimento e Iscrizione Albo gestori ambientali – Sentenza Tar Lazio del 22.12.2011
Il requisito della iscrizione all Albo NGA, avendo natura prevalentemente soggettiva, non può essere oggetto di avvalimento.
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi   
Il TAR di Roma ha emesso importante sentenza  sulla possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento per l’attestazione del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori in materia ambientale, al fine di poter legittimamente partecipare alle gare pubbliche.
Conclude il TAR per l’accoglimento del ricorso incidentale e afferma che la società ricorrente “non essendo personalmente in possesso del requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale di cui all’art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara di che trattasi”.
La sentenza pone rilevante principio.
Esclude la possibilità di far ricorso all’istituto dell’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, con la conseguenza che la società che partecipa alla gara pubblica deve essere personalmente in possesso del requisito in questione richiesto nei documenti di gara a pena di esclusione.
Pertanto, alla luce delle sopra esposte considerazioni, il TAR esclude la possibilità di far ricorso all’avvalimento per dimostrare il possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo,  evidenziando proprio l’incompatibilità tra l’istituto in questione ed il requisito: “Ora, sebbene l’avvalimento risponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche (sopra descritte dell’istituto) non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale”.
Il TAR precisa con chiarezza alcuni fondamenti:
“È noto, invero, che, per partecipare ad una procedura selettiva per l’affidamento di un appalto pubblico, è necessario il possesso di determinati requisiti richiesti dal bando che, in via generale, si distinguono in
a)    “soggettivi” che attengono alla  situazione personale del soggetto, alla sua affidabilità morale e professionale, non sono suscettibili di alcuna forma di sostituzione, né per essi è possibile ricorrere all’avvalimento
b)   “oggettivi” che fanno invece riferimento alle caratteristiche dell’operatore economico considerato sotto il profilo dell’attività espletata e della sua organizzazione. A quest’ultima categoria appartengono i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che, di regola, possono essere oggetto di avvalimento da parte dell’impresa che ne è sprovvista, proprio perché si tratta di acquisire la disponibilità di risorse e mezzi e non di situazioni meramente soggettive.
“L’art. 49, comma 1, del D.lgs n. 163 del 2006 fa altresì espresso riferimento alle attestazioni SOA che, invero, costituiscono un attestato obbligatorio che comprova la capacità economica e tecnica di un’impresa di qualificarsi per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori di importo maggiore a euro 150.000,00, e conferma inoltre che il soggetto certificato è in possesso dei requisiti necessari per contrattare con i soggetti pubblici”.
FINALITA’ DELL’AVVALIMENTO
L’istituto dell’avvalimento è da ritenersi finalizzato a soddisfare quei requisiti strettamente connessi alla prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, nel senso che l’impresa ausiliata può far fronte alle proprie carenze (in termini di solidità economica-finanziaria e di struttura organizzativa composta, in particolare, da esperienza e da risorse umane e strumentali) avvalendosi e quindi utilizzando, quando necessario per l’espletamento dell’appalto, i requisiti posseduti dall’impresa ausiliaria.
REQUISITI DI INCERTA NATURA
Esistono requisiti di natura incerta in cui non è semplice stablire la natura soggettiva od oggettiva come ad esempio il requisito della
a)    Iscrizione all’albo ex art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006
b)   Certificazione di qualità
EBBENE il possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale è previsto obbligatoriamente dalla normativa nazionale (art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006) e dalla lex specialis di gara e presuppone comunque una specifica organizzazione aziendale, necessaria per assicurare il corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose e caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche. Ciò concretizza una soggettività dell’iscrizione che non è equiparabile ad un requisito da poter prestare se disgiunto dall’organizzazione che l’ha conseguita.
A ciò si aggiunga che il requisito dell’iscrizione all’albo di che trattasi costituisce un requisito che si pone a monte dell’attività di gestione dei rifiuti in quanto costituisce titolo autorizzatorio al suo esercizio, previsto in via obbligatoria dalla legge.
L’art. 212, comma 5, del D.lgs n. 152 del 2006 prevede, invero, che “l’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto…”, dal che deriva che la normativa nazionale, proprio per la delicatezza e rilevanza delle funzioni svolte da tali soggetti (dal punto di vista ambientale ed igienico-sanitario), ritiene necessario che questi siano in possesso di caratteristiche aziendali ed organizzative tali da connotarli a livello soggettivo e da non consentire lo svolgimento delle attività da parte di soggetti terzi che ne siano privi. …
Ciò significa che la possibilità di avvalersi della struttura aziendale dell’impresa ausiliaria non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa nazionale a tutela del bene ambientale proprio perché non può essere rimessa alla libera scelta dell’impresa ausiliata l’individuazione delle modalità (e della “quantità”) di utilizzo delle risorse della struttura aziendale ausiliaria che è in possesso dell’autorizzazione a svolgere l’attività di che trattasi.
Ciò che si vuole dire è che l’avvalimento, a differenza dell’istituto del raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), serve all’impresa ausiliata per colmare – come detto – la mancanza dei requisiti oggettivi per la partecipazione alla gara ma ciò non significa che il “prestito” operato dalla società ausiliaria si traduca poi nell’utilizzo effettivo di quelle risorse nella fase esecutiva della prestazione nel senso che è rimessa poi alla scelta organizzativa dell’impresa ausiliata se e come avvalersi, durante l’esecuzione, di quanto messo a disposizione dalla ditta ausiliaria.
Nel caso dei raggruppamenti temporanei di imprese, invece, tale forma di collaborazione tra imprese distinte deve trovare una chiara corrispondenza sia nella fase di selezione pubblica che in quella esecutiva della prestazione, come prevede l’art. 37 del D.lgs n. 163 del 2006 laddove dispone che “i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento” (comma 11), a riprova del fatto che ogni impresa del raggruppamento si impegna, già in sede di gara, ad eseguire una parte del servizio corrispondente alle qualificazioni possedute e dimostrate durante la fase pubblica di selezione.
Nel caso dell’avvalimento, come detto, l’impresa ausiliaria non si obbliga a svolgere una parte del servizio oggetto della gara, ma si limita a mettere a disposizione i propri requisiti economici e tecnici che l’impresa ausiliata potrà, se del caso, utilizzare durante la fase esecutiva.
Ora, sebbene l’avvalimento risponda all’esigenza di assicurare una maggiore concorrenza nel mercato, le caratteristiche (sopra descritte) dell’istituto non sono conciliabili con interessi di primario rilievo come la tutela dell’ambiente che, nel caso di specie, il legislatore nazionale ha inteso garantire prevedendo, per i soggetti che gestiscono rifiuti (anche pericolosi, come l’amianto), l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale.
Del resto, lo stesso art. 50, comma 4, del D.lgs n. 163 del 2006, nel prevedere che l’istituto dell’avvalimento si applica anche ai “sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture”, impone una valutazione di compatibilità rispetto alle disposizioni del medesimo articolo (cfr, TAR Puglia, sez. I, 3 giugno 2009, n. 1379) che, alla luce di quanto sopra esposto, il Collegio non ritiene sussistente, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza dei requisiti messi a disposizione dall’impresa ausiliaria a favore di quella ausiliata. …”
Tar Lazio 22.12.2011
 

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SISTRI: NUOVO TESTO DAL 5 GENNAIO 2012

 
Sistri: DM 10 novembre 2011 n. 219
modificato il Testo Unico Sistri
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi.
 
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 Gennaio 2012, è stato pubblicato il Decreto 10 novembre 2011, n. 219 che apporta modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 febbraio 2011, n. 52 cd. Testo Unico Sistri.
Il decreto correttivo, che regolamenta la fase transitoria e le modalità operative tra tutti i soggetti coinvolti, obbligati e non, introduce nuove procedure di utilizzo, di cessione o variazioni relative alle aziende iscritte, con la possibilità, da parte dell’Ispra, di aggiornare la banca dati contenente i dati e le autorizzazioni e comunicazioni degli impianti di recupero o smaltimento iscritti.
Queste le principali novità:
regolamentazione della fase transitoria e delle modalità operative tra tutti i soggetti;

  • introduzione del dispositivo USB per l’interoperabilità e relative procedure;
  • definizione di “unità operativa”;
  • possibilità di richiedere dispositivi USB aggiuntivi;
  • individuazione dei casi in cui è possibile custodire i dispositivi in diversa sede;
  • attenuazione delle responsabilità del delegato;
  • procedura per l’utilizzo della scheda movimentazione in bianco;
  • procedura per cessione d’azienda o di ramo d’azienda;
  • procedure per variazioni relative alle aziende di trasporto;
  • modalità di aggiornamento, da parte dell’ISPRA, della banca dati contenente le informazioni relative alle autorizzazioni/comunicazioni degli impianti di recupero e smaltimento.

 
Per ogni approfondimento si rimanda alla sintesi seguente che evidenzia, nel dettaglio, le principali modifiche ed integrazioni .

Regolamentazione delle modalità operative nella fase transitoria

I soggetti tenuti ad aderire al Sistri, fino allo scadere del termine fissato per la piena operatività del sistema (2 aprile 2012), qualora conferiscano i rifiuti ad imprese  o  enti  che raccolgono e trasportano rifiuti speciali a titolo professionale, che utilizzano il SISTRI, comunicano i  propri  dati,  necessari  per  la compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE,  al  delegato dell’impresa di trasporto che compila anche la sezione del produttore del  rifiuto,  inserendo  le  informazioni  ricevute  dal  produttore stesso; una copia della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE,  firmata dal produttore del rifiuto, deve essere consegnata al conducente  del mezzo  di  trasporto.  Una  copia  della   Scheda SISTRI –  AREA MOVIMENTAZIONE  deve  essere  conservata  presso  il  produttore  del rifiuto, che e’  tenuto  a  conservarla  per  tre  anni.  Il  gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti in  tali  ipotesi e’ tenuto a stampare e trasmettere al produttore dei  rifiuti  stessi la copia della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE completa, al  fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità.
Introduzione del dispositivo USB per l’interoperabilità e relative procedure

Le aziende che utilizzano gestionali interfacciati al SIS potranno richiedere un dispositivo USB particolare. Tale dispositivo e’ abilitato alla firma delle operazioni create tramite il software precedentemente accreditato ed e’ tenuto fisicamente presso i relativi server.

È previsto, in particolare, che gli operatori che utilizzano software gestionali in grado di tracciare le operazioni poste in essere da tutti i delegati comunicati al SISTRI, e che abbiano accreditato uno o più software gestionali al servizio di interoperabilità secondo quanto regolato dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, possano richiedere al SISTRI il rilascio del dispositivo USB per l’interoperabilità. Il dispositivo USB per l’interoperabilità è abilitato alla firma delle schede SISTRI compilate per le attività soggette all’iscrizione SISTRI ed esercitate nelle unità locali e/o unità operative che operano attraverso il predetto software gestionale.
La richiesta al SISTRI dei dispositivi USB per l’interoperabilità dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante. Le credenziali di accesso al SISTRI e il certificato elettronico dei dispositivi USB per l’interoperabilità saranno attribuiti al legale rappresentante che sarà titolare della firma elettronica e delegato per il predetto dispositivo.
Il dispositivo USB per l’interoperabilità è custodito presso il centro elaborazione dati in cui sono inseriti i software gestionali. Laddove quest’ultimo non si trovi presso una delle unità locali e/o unità operative, il dispositivo USB per l’interoperabilità potrà essere custodito presso la sede in cui è ubicato il centro elaborazione dati. Qualsiasi variazione del luogo di custodia del dispositivo USB per l’interoperabilità deve essere preventivamente comunicata al SISTRI.

Definizione di “unità operativa” ed “unità locale”

Viene introdotta per la prima volta la definizione di «unità operativa»: reparto, impianto o stabilimento, all’interno di una unità locale, da cui originano in maniera autonoma rifiuti. Per quanto riguarda il concetto di unità locale questo viene esteso andando a ricomprendere “qualsiasi sede, impianto o insieme delle unità operative, nelle quali l’operatore esercita stabilmente una o più attività”.
Possibilità di richiedere dispositivi USB aggiuntivi
Una volta perfezionata la prima fase della procedura di iscrizione, agli operatori iscritti, entro i successivi trenta giorni, vengono consegnati i dispositivi elettronici previsti.
Con la consegna dei dispositivi previsti gli operatori possono richiedere ulteriori dispositivi per unità locali e unità operative, o per attività soggette all’obbligo di iscrizione al SISTRI, già iscritte. Tali dispositivi possono contenere fino ad un massimo di tre certificati elettronici associati alle persone fisiche individuate dall’operatore; le persone fisiche sono da individuarsi tra persone diverse da quelle già inserite in altri dispositivi richiesti per la medesima unità locale / unità operativa / attività soggetta all’obbligo di iscrizione al SISTRI.
Individuazione dei casi in cui è possibile custodire i dispositivi in diversa sede
Generalmente, al fine di consentire la consultazione della Scheda SISTRI – AREA REGISTRO CRONOLOGICO e delle singole Schede SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, i dispositivi USB sono tenuti presso l’unità o la sede dell’ente o impresa per la quale sono stati rilasciati e sono resi disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta. Nel caso di unità locali o unità operative nelle quali non sia presente un servizio di vigilanza e controllo-accessi, previa comunicazione effettuata per iscritto al SISTRI, è possibile tenere i dispositivi USB presso altra unità locale o unità operativa fermo restando l’obbligo di renderli disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta.
Attenuazione delle responsabilità del delegato
La persona fisica, cui è associato il certificato elettronico contenuto nel dispositivo USB, è il titolare della firma elettronica che risponde del solo corretto inserimento nelle Schede SISTRI dei dati trasmessi dalle altre strutture e funzioni dell’organizzazione aziendale che sono coinvolte nella gestione dei rifiuti. Precedentemente la persona fisica cui era associato il certificato elettronico contenuto nel dispositivo USB, era il titolare della firma elettronica ed anche il responsabile della veridicità dei dati inseriti mediante l’utilizzo del dispositivo USB nelle Schede SISTRI sottoscritte con firma elettronica.
Procedura per l’utilizzo della scheda movimentazione in bianco
Nel caso in cui un soggetto tenuto alla compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE si trovi a non disporre temporaneamente dei mezzi informatici necessari a causa di
1)   ritardata consegna dei dispositivi in fase di prima iscrizione, nonché
2)   furto, perdita, distruzione o danneggiamento degli stessi, o
3)   per assenza di copertura della rete di trasmissione dati,
la compilazione della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE è effettuata, per conto di tale soggetto e su sua dichiarazione, da sottoscriversi su copia stampata della Scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE, dal soggetto tenuto alla compilazione della parte precedente o successiva della scheda medesima.
Qualora anche il soggetto tenuto alla compilazione della parte precedente o successiva della scheda medesima si trovi a non disporre temporaneamente dei mezzi informatici necessari a causa di
1)   ritardata consegna dei dispositivi in fase di prima iscrizione, nonché
2)   furto, perdita, distruzione o danneggiamento degli stessi, o per
3)   assenza di copertura della rete di trasmissione dati,
uno dei soggetti interessati deve comunicare per iscritto, prima della movimentazione, al SISTRI il verificarsi delle predette condizioni, specificando i soggetti coinvolti.
In tal caso le movimentazioni dei rifiuti sono annotate su un’apposita Scheda SISTRI in bianco tenuta a disposizione, da scaricarsi dal portale SISTRI accedendo all’area autenticata.
Le informazioni relative alle movimentazioni effettuate devono essere inserite nel sistema entro le ventiquattro ore e, fino al 30 giugno 2012, entro le settantadue ore successive alla cessazione delle condizioni che hanno generato la mancata compilazione della scheda SISTRI.
Nel caso di temporanea interruzione o non funzionamento del SISTRI, i soggetti tenuti alla compilazione delle Schede SISTRI sono tenuti ad annotare le movimentazioni dei rifiuti su un’apposita Scheda SISTRI in bianco tenuta a disposizione, da scaricarsi dal portale SISTRI accedendo all’area autenticata, e ad inserire i dati relativi alle movimentazioni di rifiuti effettuate entro le ventiquattro ore dalla ripresa del funzionamento del SISTRI e, fino al 30 giugno 2012, entro le settantadue ore dalla ripresa del funzionamento del SISTRI.
 

Procedura per cessione d’azienda o di ramo d’azienda

In tutti i casi in cui si verifichi un’ipotesi di
1)   sospensione o
2)   cessazione dell’attività per il cui esercizio è obbligatorio l’utilizzo dei dispositivi,
3)   ovvero di estinzione dei soggetti giuridici ai quali tali dispositivi sono stati consegnati, a qualsiasi causa tale estinzione sia imputabile,
4)   ivi incluse le ipotesi di cancellazione, ovvero in caso di chiusura di un’unità locale,
gli operatori iscritti devono comunicare per iscritto al SISTRI il verificarsi di uno dei predetti eventi, non oltre le settantadue ore dalla data di comunicazione al Registro delle Imprese dell’evento, e provvedere alla restituzione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità, dopo aver assolto a tutti gli obblighi di legge, a mezzo raccomandata A/R, inviando gli stessi, unitamente al relativo modulo di restituzione disponibile sul portale informativo SISTRI, al seguente indirizzo: SISTRI – Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Via Cristoforo Colombo 44, 00147 Roma.
In tutti i casi in cui si verifichino cambiamenti nella
1)   titolarità dell’azienda o
2)   del ramo d’azienda aventi ad oggetto l’esercizio delle attività per le quali è obbligatorio l’uso dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità (quali, a titolo esemplificativo, cessioni o affitti di azienda o di ramo d’azienda, trasformazioni, scissioni, scorpori o fusioni),
gli operatori subentranti nella titolarità dell’azienda o del ramo d’azienda, al fine di evitare soluzioni di continuità nell’esercizio delle attività interessate dai predetti cambiamenti, prima che tali cambiamenti acquisiscano efficacia, dovranno inviare al SISTRI, accedendo all’area “GESTIONE AZIENDE” disponibile sul portale SISTRI in area autenticata, copia degli atti che hanno comportato i predetti cambiamenti corredata da copia della richiesta di iscrizione di tali atti presso il Registro delle Imprese e dovranno effettuare la modifica dell’intestazione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità rilasciati dal SISTRI al precedente operatore, utilizzando la predetta funzionalità “GESTIONE AZIENDE”. Il SISTRI procederà a confrontare i dati comunicati dagli operatori con quelli contenuti nel Registro delle Imprese e, nel caso in cui rilevasse l’esistenza di non conformità tra i predetti dati e tali difformità permanessero per più di sessanta giorni dalla modifica dell’intestazione dei dispositivi USB / dispositivi USB per l’interoperabilità, procederà a disabilitare i dispositivi stessi.
Procedure per variazioni relative alle aziende di trasporto
Cambiano gli obblighi generali di comunicazione al Sistri da parte dei trasportatori. È previsto, in particolare, che tali soggetti, in caso di variazioni dovute a
1)   sospensione o
2)   cessazione dell’attività o
3)   cessazione dell’azienda o del ramo di azienda, nonché a
4)   variazioni relative ai veicoli a motore,
debbano comunicare tali variazioni direttamente alla Sezione regionale o provinciale dell’Albo nazionale gestori ambientali che, successivamente al rilascio dell’autorizzazione, le comunica al SISTRI. Salvo i casi di variazione dei dati identificativi comunicati in sede di iscrizione (per i quali i soggetti provvedono alle modifiche rivolgendosi direttamente presso il registro delle imprese), per dette variazioni le procedure e i termini per la restituzione dei dispositivi USB e per le operazioni di installazione, disinstallazione e riconfigurazione dei dispositivi black box sono disciplinati con deliberazione del Comitato Nazionale dell’Albo, sentito il SISTRI.
 

Modalità di aggiornamento, da parte dell’ISPRA, della banca dati contenente le informazioni relative alle autorizzazioni/comunicazioni degli impianti di recupero e smaltimento

L’ISPRA organizza il Catasto dei rifiuti per via informatica attraverso la costituzione e la gestione del Catasto telematico interconnesso su rete nazionale e articolato in banche dati.
A tal fine le amministrazioni competenti comunicano all’ISPRA, nel termine perentorio di quindici giorni dal rilascio dell’autorizzazione o dell’iscrizione, la ragione sociale e la sede legale dell’ente o impresa autorizzata o iscritta, il codice fiscale, la sede dell’impianto, l’attività per la quale viene rilasciata l’autorizzazione o l’iscrizione, i rifiuti oggetto dell’attività di gestione, le quantità autorizzate, la scadenza dell’autorizzazione o dell’iscrizione e successivamente segnalano ogni variazione delle predette informazioni che intervenga nel corso della validità dell’autorizzazione o dell’iscrizione stessa. Le autorizzazioni rilasciate e le iscrizioni effettuate precedentemente all’entrata in vigore del decreto, sono comunicate all’ISPRA dalle amministrazioni competenti. La comunicazione è effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.
 
 

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Sistri e MUD: novità

SISTRI: MUD e operatività del Sistri
Proroghe termini
A CURA DI AVV. CINZIA SILVESTRI E DOTT. DARIO GIARDI
 
Sono state pubblicate in Gazzetta ufficiale specifiche disposizioni inerenti il differimento dei termini in materia di Mud e avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui si riportano, di seguito, gli elementi di dettaglio.
MUD E NUOVA MODULISTICA
Nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 23 dicembre 2011  è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Ambiente 12 novembre 2011,  entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione,  di proroga dei termini per la presentazione della dichiarazione “Mud”  già in scadenza al 31 dicembre 2011.
Il provvedimento differisce quindi dalla data del 31 dicembre 2011 (prevista dal Dm 17 dicembre 2009 – articolo 12 comma 1 – ) a quella del 30 aprile 2012 il termine ultimo entro il quale i soggetti obbligati dovranno denunciare alle competenti Istituzioni i dati relativi alle attività di produzione, gestione e smaltimento di rifiuti compiute nel corso del 2011.
Il decreto prevede inoltre che i rifiuti prodotti, smaltiti e recuperati nel periodo 2012 non coperto dal Sistri, dovranno essere dichiarati entro sei mesi dalla data di entrata in operatività del sistema.
Il 30 dicembre 2011 è stato poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 303 (supplemento ordinario n.283) il D.P.C.M. 23 dicembre 2011 contenente la nuova modulistica da utilizzare per la denuncia MUD già prevista dalla legge 70/94 e che va a sostituire, insieme alle istruzioni recate dallo stesso D.P.C.M., la analoga documentazione contenuta nel precedente D.P.C.M. 27 aprile 2010.
SISTRI
Nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2011 è stato pubblicato il Decreto Legge  29.12. 2011(entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione e che sarà convertito in legge entro 60 giorni) n. 216 di “Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative” c.d. milleproroghe.
Tra le varie norme viene previsto lo slittamento (art. 13 comma 3) al 2 aprile 2012 del termine di entrata in operatività del nuovo sistema di controllo della gestione  dei rifiuti che era stato precedentemente fissato dal Governo al 9 febbraio 2012 (legge 148/2011). Rimane comunque ferma l’eccezione prevista a favore dei piccoli produttori di rifiuti pericolosi, in relazione ai quali il nuovo sistema di controllo non potrà scattare prima del 1° giugno 2012.
 
Ulteriori differimenti
Sempre all’art. 13 sono state previste altre proroghe di disposizioni a carattere ambientale tra cui:
·         slittamento dal 1° gennaio 2012 al 1° gennaio 2013 del divieto di ammissibilità in discarica dei rifiuti con Pci (potere calorifico inferiore)  superiore a 13.000 Kj/kg;
·         spostamento al 31 dicembre 2012 del termine di entrata in vigore del divieto di vendita a paesi extra UE  di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria con limiti di COV (composti organici volatili) superiori a quelli previsti nell’allegato II del D.lgs. 161/2006;
·         rinvio dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012 del termine previsto in materia di soppressione delle Autorità degli Ambiti territoriali Ottimali (ATO).
 

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Decreto legge "salva imprese"

DL salva imprese! Misure contro il sovraindebitamento
A cura di avv. CINZIA Silvestri
E’stato pubblicato il 22 dicembre 2011 il DL che possiamo definire “salva imprese”. Decreto che offre utile strumento anche ad imprese medio/piccole per uscire dal grave indebitamento. La catena dei debiti
Crea altri debiti. Le imprese che lavorano con enti hanno difficoltà ad ottenere i pagamenti in tempo debito.
Con riserva di meglio approfondire si richiama il testo pubblicato al link sotto indicato.
Buona lettura
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00624511.pdf

adminDecreto legge "salva imprese"
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Rifiuti e Servizi (RES) e Decreto "Salva Italia"

DECRETO “SALVA ITALIA”: RES in vigore dal 1.1.2013
“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici”
 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
In attesa della pubblicazione del Decreto nominato “Salva Italia” (Decreto Monti) è possibile anticipare il contenuto dell’art. 14 relativo alla anticipata “istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi” (Rifiuti E Servizi – RES). Su questo sito (5.11.2011) già era stata anticipata la riforma e la introduzione della RES (articolo TIA e TARSU: abrogazione al 2013? ).
La disposizione fissa al 1° gennaio 2013 l’entrata in vigore del nuovo tributo denominato TRIBUTO COMUNALE RIFIUTI E SERVIZI  (in sigla:RES).
Il tributo comprenderà:
1)    quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti,
2)    quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (cd. servizi indivisibili).
La componente “rifiuti” assomiglierà più alla Tariffa di igiene ambientale (TIA) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) nonostante entrambe risultino abrogate dall’entrata in vigore del Res.
La nuova tariffa sarà proporzionata “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte” sulla base dei criteri stabiliti da un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012.
Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alla data da cui decorre l’applicazione del regolamento di cui sopra, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 attualmente vigenti.
 
Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.
La componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell’immobile attraverso un’aliquota comunale rappresentata da una maggiorazione pari a X euro (al momento non ancora definita) per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, aumentare la misura della maggiorazione per un importo massimo da definire, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove è ubicato.
Andando nello specifico, la nuova tariffa dovrà essere pagata da chiunque possegga, occupi o detenga a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti.
Il pagamento della tariffa dovrà avvenire annualmente e sarà proporzionato alla quantità e qualità media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.
Nel determinare le tariffe, dovrà tenersi conto sia della quota relativa al costo del servizio, sia di quella rapportata alla quantità di rifiuti relativi al servizio fornito e ai costi di gestione.
I Comuni, inoltre, potranno decidere di diminuire la tariffa o anche di prevedere agevolazioni o esenzioni in caso di ridotta produzione di rifiuti e prevedere agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale (ad esempio casi di particolari difficoltà economiche). I comuni più all’avanguardia che hanno realizzato sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti potranno applicare una tariffa avente natura corrispettiva.
 Criticità
A fronte dell’auspicata razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale attuale, viene proposto, in tema di tassazione dei rifiuti, un tributo locale ancor più macchinoso degli attuali modelli di prelievo (Tarsu e Tia). La complessità strutturale della nuova tassa, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2013, appare evidente.
Il tributo comprenderà, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (manutenzione, pulizia).
La componente “rifiuti”, ricalca, sia nei principi che nelle componenti tariffarie, l’impianto già presente nella Tariffa Integrata Ambientale (TIA).
Su tale impianto permangono forti perplessità.
Continua a permanere uno scollamento rispetto al principio comunitario del “chi inquina paga”.
Il presupposto impositivo è tuttora ancorato, infatti, alla mera occupazione dei locali e non all’effettiva produzione dei rifiuti visto che il soggetto passivo continua ad essere individuato come “colui che possiede o detiene locali a qualsiasi uso adibiti”.
Viene così ribadito il concetto che sono le superfici a determinare il rifiuto e non gli individui.
Una presunzione legale, in considerazione della quale tutti i locali in cui vi è una presenza umana sono suscettibili di produrre rifiuti, che appare in netto contrasto con il principio europeo.
Non viene superato, peraltro, il problema relativo alla natura tributaria o tariffaria del prelievo sulla gestione dei rifiuti.
Altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che l’impianto normativo affida, anche in questo caso, l’effettività e l’efficacia del nuovo tributo ad un futuro regolamento, da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, che dovrebbe fissare criteri presuntivi e potenziali per l’individuazione delle due componenti facenti parti della “parte rifiuti” del Res: costo del servizio e determinazione della tariffa.
Peraltro proprio su questo aspetto esistono strumenti ed indicatori testati attraverso campagne di pesatura sul territorio capaci di riflettere la reale produzione di rifiuti delle varie categorie economiche piuttosto che la produzione potenziale presunta.
Campagne che hanno evidenziato come sia altamente rischioso strutturare modelli incentrati sulla produzione potenziale di rifiuti visto che le imprese – a parità di quantità e qualità di rifiuti prodotti – potrebbero subire aumenti tariffari medi del 187%, con evidenti distorsioni della concorrenza tra i diversi operatori economici. Tali aumenti non sarebbero, peraltro, la conseguenza di un corrispondente incremento della produzione dei rifiuti ma, più semplicemente, sarebbero causati da una non adeguata determinazione dei coefficienti potenziali di produzione.
Per quanto riguarda la componente “servizi” il legislatore intende garantire la copertura dei costi dei servizi indivisibili attraverso l’istituzione di una nuova imposta fondata sul parametro metri quadrati su cui è basata la tassa sui rifiuti.
Ma è evidente che la mera estensione di superficie non può da sola rappresentare un indice di capacità contributiva conforme all’articolo 53 della costituzione:”Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
L’idea di un unico tributo fondato su due basi imponibili diversificate, su diverse tipologie di contribuenti (proprietari ed inquilini degli immobili assoggettati al tributo), su adempimenti diversi connessi a ciascuna delle due componenti della nuova tassa, sembra contrastare con le aspettative di chiarezza e semplificazione.
 
 

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Sistri aggiornamenti : novità

Sistri aggiornamenti : novità 

Nuove guide utenti e casi specifici affrontati

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Sul sito www.sistri.it sono disponibili le edizioni aggiornate delle guide utenti nonché approfondimenti su specifici casi d’uso.
In particolare i documenti consultabili sul sito sono suddivisi in:

  • GUIDA RAPIDA PRODUTTORI
  • GUIDA RAPIDA TRASPORTATORI
  • GUIDA RAPIDA RECUPERATORI-SMALTITORI
  • GUIDA RAPIDA INTERMEDIARI
  • CASO D’USO: MICRORACCOLTA
  • CASO D’USO: GESTIONE ARRIVI
  • CASO D’USO: TRASPORTO INTERMODALE
  • CASO D’USO: TRASPORTO TRANSFRONTALIERO

Le principali semplificazioni introdotte riguardano:

  • la possibilità, per il Trasportatore, di firmare la presa in carico e le registrazioni cronologiche entro10 giorni dal trasporto;
  • registrazioni cronologiche generate sempre in automatico dal SISTRI nel registro cronologico del Trasportatore;
  • la possibilità, per il Trasportatore, di prendere in carico e/o consegnare il rifiuto senza la necessità di inserire il dispositivo USB veicolo nel computer del produttore e/o dell’impianto (utilizzando l’Area Conducente ad Accesso Pubblico ad inizio e fine giornata);
  • la possibilità di indicare nella scheda SISTRI il volume di un rifiuto in alternativa al peso;
  • la possibilità, per il Produttore, di scegliere se mantenere il peso verificato a destino dall’impianto o modificarlo in fase di associazione della scheda SISTRI al registro cronologico;
  • la possibilità, per il Produttore, di effettuare la registrazione cronologica di scarico entro 10 giorni dalla data di presa in carico del Trasportatore;
  • la possibilità, per il Destinatario, di effettuare e firmare la registrazione cronologica di carico entro 2 giorni dall’accettazione del rifiuto;
  • l’introduzione della causale “carico cumulativo rifiuti urbani” su registri cronologici dell’Impianto;
  • la possibilità, per l’Intermediario, di compilare la scheda SISTRI per conto del Produttore.

Per quanto riguarda il caso specifico della microraccolta le principali novità riguardano:
semplificazioni nell’utilizzo del dispositivo USB veicolo;

  • semplificazioni per il Produttore;
  • gestione dei casi particolari “tentata presa” e “carichi sopraggiunti durante il giro”;
  • eliminazione dichiarazione tragitto;
  • implementazione “Comunicazione trasporto rifiuti” senza l’obbligo di indicare i seguenti
  • dati:
  • quantità o volume “presunto”;
  • numero colli e tipo imballaggio;
  • nominativo conducente;
  • targa mezzo di trasporto.

 

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SANZIONI SISTRI: CONSIDERAZIONI



SANZIONI SISTRI: considerazioni brevi
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati?
 
La Corte di Cassazione spiega nella relazione III/13/2011 del 20 settembre 2011 http://www.cortedicassazione.it/Documenti/Relazione_III_13_11.pdf l’attuale regime sanzionatorio del SISTRI, alla luce delle molteplici (e confuse) novità legislative sul punto.
La difficoltà interpretativa è data non solo dalle (gravi) abrogazioni (si pensi al D. L. 138/2011 prima dell’intervento del Parlamento), ma soprattutto dalle singole novelle intervenute non nel Testo Unico ambientale, ma di volta in volta nella precedente disposizione modificativa, creando un puzzle normativo di difficile soluzione, soprattutto quanto alla determinazione di vigenza delle singole leggi.
 
Ed invero l’originario art. 39 del D. Lgs. 205/2010 che ha modificato la parte IV del D. Lgs. 152/06 introducendo il SISTRI nella disciplina sui rifiuti è stato a sua volta novellato dall’art. 4 de D. Lgs. 121/2010.
Ne consegue che gli artt. 258 e 260 bis T.U.A. devono essere letti in base alla modifica operata da entrambi i testi normativi.
Molto più semplice sarebbe stato se il legislatore avesse riscritto direttamente il Testo Unico Ambientale
 
Riassumendo:
1. NATALE 2010: entra in vigore il D. Lgs. 205/2010, il cui art. 39 abroga l’art. 258, depenalizzando il trasporto di rifiuti in assenza di FIR cartaceo, reato non contemplato dal nuovo art. 260 bis.
Le ipotesi di reato sono tassative e nessuno può essere sanzionato se non in forza di una legge in vigore al momento del fatto.
Note sono le critiche dottrinali e giurisprudenziali sul punto.
 
2. 16 AGOSTO 2011: diventa vigente il D. Lgs. 121/2011, il cui art. 4 modifica l’art. 39 mediante l’aggiunta, tra l’altro del comma 2 bis.
Fino alla data di operatività del SISTRI le sanzioni da applicarsi sono quelle stabilite “nella formulazione antecedente all’entrata ini vigore del presente decreto” (da leggersi: anteriormente al Natale 2010).
Si assiste dunque ad una rinascita della normativa abrogata, limitatamente però alle sanzioni…
Si potrebbe obiettare che le sanzioni da sole non hanno alcuna valenza senza le disposizioni descriventi la condotta, ovvero nella fattispecie gli artt. 190 e 193 vecchia formulazione.
L’art. 258 vecchia formulazione è di fatto una scatola vuota, ma il buon senso impone di non sottilizzare sui principi normativi e sulla esegesi delle fonti….
 
La Corte di Cassazione, invece, impone la corretta applicazione dei principi cardine del sistema penale italiano e dunque ai sensi degli artt. 25 Cost. e art. 2 c.p., non possono essere puniti i reati ex art. 258 commessi tra Natale 2010 e Ferragosto 2011 stante l’abolitio criminis operata con il D. Lgs. 205/2010.
 
3. D. L. 138/2011: il SISTRI viene completamente abrogato. Ancora una lacuna nell’applicazione del regime sanzionatorio penalistico: tutti gli illeciti considerati reati ai sensi della normativa ambientale commessi sotto la vigenza del D. L. 138/2011 rimangono impuniti (?)
 
4. Legge n. 148/2011 di conversione con emendamenti del D. L. 138/2011: ripristino del Sistri e riassesto della normativa ambientale.
 
L’interprete è dunque chiamato a ricostruire il puzzle delle disposizioni sul SISTRI, considerando, fino al 9.2.2012 e/o giugno 2012, un doppio binario tra vecchia e nuova formulazione… chiudendo un occhio sull’effettiva portata dell’istituto della abrogazione
 
 
 
 
 
 

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ACQUE E RUMORE: SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

Atto Governo n. 369 (reperibile in www.parlamento.it)

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
Novità in materia di assimilazione delle acque e autorizzazione nonché qualche agevolazione in materia di rumore.
Per quanto riguarda il Veneto sembra potersi affermare che le eventuali estensioni delle acque assimilate domestiche sono già disciplinate dall’art. 34 PTA 2009; mentre applicabile appare la novità in materia di rinnovo autorizzazioni.
È al vaglio del Parlamento  testo di DPR predisposto in attuazione dell’art. 49 comma 4 quater D.L: 31.5.2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30.7.2010, n. 122 avente la finalità, “senza modificare le disposizione di cui al D. Lgs. 3.4.2006, n. 152 e alla legge 26.10.1995, n. 447, semplificare(re) gli adempimenti amministrativi gravanti sulle imprese in riferimento alla disciplina delle acque reflue e alla documentazione di impatto acustico, lasciando inalterati i livelli di tutela ambientale(relazione illustrativa DPR) .
Il testo, laddove approvato ed emanato, troverà applicazione solo per le micro, piccole e medie imprese (art. 1).
Le tabelle, non trovano applicazione in Veneto, stante la vigenza dell’art. 34 NTA del PTA Veneto.
Si precisa che la materia ambientale è di competenza esclusiva statale e, dunque, è precluso il potere legislativo in capo alle Regioni
Il PTA è un piano di settore, strumento di obbligatoria emanazione, stante l’art. 121 D. Lgs. 152/06 e volto alla sola indicazione del panorama attuale dello stato del patrimonio idrico regionale e a disporre, laddove opportuno in base alle condizioni territoriali, i valori dei parametri di cui all’all. 5 parte III TUA.
AUTORIZZAZIONE SCARICHI ACQUE REFLUE INDUSTRIALI
L’articolo 3 è finalizzato a “semplificare  la procedura di rinnovo dell’autorizzazione che attualmente risulta onerosa quanto una nuova autorizzazione” (relazione illustrativa).
Laddove non vi siano verificate modifiche di carattere strutturale, ovvero non vi siano mutamenti quali-quantitativi dello scarico è sufficiente una autocertificazione da inoltrare alla Provincia entro 6 mesi prima della scadenza dell’autorizzazione.
La semplificazione amministrativa non vale se lo scarico contiene sostanze pericolose (art. 3 comma 2).
 
*****
RUMORE
SEMPLIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE IMPATTO ACUSTICO (ART. 4).
L’art. 8 L. 447/95 richiede il deposito di una valutazione di impatto acustico unitamente al progetto per la edificazione/realizzazione di un’infrastruttura, un’esercizio commerciale oppure un’attività.
Lo Stato italiano ha verificato che le imprese spendono otre 3.000 € per gli adempimenti in materia acustica, costo che potrebbe essere evitato grazie al DPR in fase di studio.
Il testo di legge, infatti, disciplina all’art. 4 quali casi possano sostituire la valutazione dell’esperto acustico con una autodichiarazione, “fornendo dunque un quadro regolatorio caratterizzato da maggiore certezza nell’ottica di ridurre il rischio che le imprese sostengano oneri amministrativi superflui rispetto alle effettive esigenze di tutela dall’inquinamento acustico” (relazione illustrativa).
 
Laddove dunque l’attività esercitata non superi i limiti stabiliti nei piani di zonizzazione acustica approvati dai Comuni ovvero, in mancanza, da quanto disposto dal DPCM 14.11.1997, la valutazione dell’esperto non è necessaria.
 
..il problema è che deve essere verificato il rispetto dei limiti e ciò richiede proprio l’intervento di un esperto……
Si evidenzia altresì un’altra problematica: l’attuale testo del DPR richiama soltanto il DPCM 14.11.1997, ma non quello del 1991 e ciò nonostante l’art. 6 DPCM 1.3.1991, che stabilisce proprio i limiti suppletivi, in attesa della classificazione acustica operata dai Comuni.


In particolare si evidenzia:
ART. 2: ACQUE ASSIMILATE A QUELLE DOMESTICHE:
Il DPR stabilisce due tabelle:
la prima contiene i valori che le acque devono presentare prima del trattamento depurativo;
la seconda indica le attività da cui devono derivare i reflui.
Le tabelle si applicano in assenza di disciplina regionale (art. 2 comma 2)
Tabella 1

  parametro/sostanza Unità di misura Valore limite di emissione
1 Portata Mc/giorno ≤ 15
2 pH   5,5-9,5
3 Temperatura ≤30
4 Colore   Non percettibile con diluizione 1:40
5 Materiali grossolani   Assenti
6 Solidi iSospesi Totali Mg/l ≤700
7 BOD5 (come ossigeno) Mg/l ≤300
8 COD (come ossigeno) Mg/l ≤700
9 Rapporto COD/BOD5   ≤2,2
10 Fosforo totale (come P) Mg/l ≤30
11 Azoto ammoniacale (come NH4) Mg/l ≤50
12 Azoto nitroso (come N) Mg/l ≤0,6
13 Azoto nitrico (come N) Mg/l ≤30
14 Grassi e oli animali/vegetali Mg/l ≤40
15 Tensioattivi Mg/l ≤20

 
Per i restanti parametri o sostanze, qualora siano presenti, valgono i valori limite previsti alla Tabella 3 dell’Allegato 5 alla parte terza del decreto 4.4.2006, n. 152 per le emissioni in acque superficiali.
 
Tabella 2 – attività che generano acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche
(si riportano solo i primi 13 attività rimandando per la completa lettura al sito www.parlamento.it)

  ATTIVITÀ
1 attività alberghiera, rifugi montani, villaggi turistici, residence, agriturismi, campeggi
2 Attvità di ristorazione (anche self service), mense, trattorie, rosticcerie, friggitorie, pizzerie, osterie e birrerie con cucina
3 Attività ricreativa
4 Attività turistica
5 Attività sportiva
6 Attività culturale
7 Servizi di intermediazione monetaria, finanziaria e immobiliare
8 Attività informatica
9 Laboratori di parrucchiera, barbiere ed istituti di bellezza con un consumo idrico giornaliero inferiore a 1 m3 al momento di massima attività
10 Lavanderie e stirerie con impiego di lavatrici ad acque analoghe a quelle di uso domestico e che effettivamente trattino non più di 100 kg di biancheria al giorno
11 Attività di vendita al dettaglio di generi alimentari, bevande e tabacco o altro commercio al dettaglio
12 Laboratori artigianali per la produzione di dolciumi, gelati, pane, biscotti e prodotti alimentari freschi, con un consumo idrico giornaliero inferiori a 5 mc nel periodo di massima attività

 

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SISTRI: Come calcolare il numero dei dipendenti?

A cura di Avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Si offre alla lettura una breve scheda indicativa e senza pretesa di ufficialità al fine di aiutare alla comprensione dei criteri di calcolo.

La scheda non può essere esaustiva della complessa casistica ma valido sostegno al calcolo dei dipendenti.
Laddove esista dubbio sul numero dei dipendenti o difficoltà nel calcolo (potrebbe accadere) si suggerisce di provvedere comunque a contattare il sito www.sistri.it e/o provvedere alla iscrizione nel primo termine del 30.3.2010. Si indica dunque:
Ai fini dell’iscrizione:
Ai fini dell’iscrizione è necessario fare riferimento al numero totale di dipendenti dell’impresa o dell’ente e non della singola unità locale.

Ad esempio:Ditta con tre unità locali con 9, 5 e 2 dipendenti (produzione di rifiuti NON pericolosi) è soggetta al SISTRI? 9+5+2=1616>10 dipendenti quindi è soggetta all’iscrizione perché ogni unità locale non fa storia a se.

In merito al numero di dipendenti, devono essere presi in considerazione quelli relativi all’anno precedente la comunicazione dei dati. Il numero complessivo si calcola con riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante l’anno precedente a quello a cui si riferisce l’iscrizione, aumentato delle frazioni di unità lavorative dovute ai lavoratori a tempo parziale ed a quelli stagionali che rappresentano frazioni, in dodicesimi, di unità lavorative annue. I lavoratori in cassa integrazione e i Co.Co.Pro. vanno computati.
In caso di frazioni, ai fini dell’iscrizione si deve arrotondare all’intero superiore.

Se ad esempio facendo i calcoli viene fuori un numero di dipendenti, nell’anno 2009, di 10,4 ai fini dell’iscrizione si deve arrotondare all’intero superiore. Il numero di dipendenti da considerare sarà, quindi, 11. Dunque per tale impresa ci sarà obbligo di iscrizione.

Diverso il discorso relativamente ai contributi

Per il pagamento ci si deve riferire all’Unità Locale mentre per l’obbligo di iscrizione al totale del numero dei dipendenti dell’Azienda nel suo complesso (sommatoria dei dipendenti delle singole unità locali).
Qualora il soggetto obbligato abbia più unità locali il contributo è dato dalla somma dei contributi dovuti da ciascuna unità locale e determinato in relazione al numero di dipendenti di ciascuna unità locale.
Ogni UL pagherà in base ai propri dipendenti.
 

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