Rifiuti pericolosi: Ecotossico (H14)

RIFIUTI PERICOLOSI – Ecotossico (H14)
L. n. 28/2012 di conversione del DL n. 2/2012 art. 3
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
L’ allegato D alla parte IV del decreto legislativo n. 152  del 2006, il punto 5 e’ stato sostituito da nuova formulazione con L. n. 28/2012 di conversione del DL 2/2012.
La modifica del punto 5 dell’allegato D coinvolge anche H14 (ecotossico) .
E’ noto che le modifiche apportate dal Dlgs. 205/2010 hanno provocato incertezze applicative ingenti.
Noto è il parere ISS/ISPRA del 29.11.2011, in vigenza del Dlgs. 205/2010, che ha tentato con parere e dunque in assenza di alcuna forza legislativa di dare indirizzo e interpretazione alla questione.
Ebbene, il legislatore proprio con riferimento all’H14 (L. 28/2012) precisa che “..Nelle more dell’adozione, da  parte  del  Ministero dell’ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,  di  uno specifico  decreto  che   stabilisca   la   procedura   tecnica  per l’attribuzione  della   caratteristica   H14,   sentito   il   parere dell’ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai  rifiuti  secondo le modalita’ dell’accordo ADR per la classe 9 – M6 e M7″)).
L’accordo ADR dunque assurge a fonte interpretativa per volontà legislativa.

Allegato D punto 5 del Dlgs. 152/2006 parte IV

 

Dlgs. 152/2006dal 29.4.2006 al 24.12.2010 Dlgs. 152/2006 come riformato dal Dlgs. 205/2010 ed in vigoredal 25.12.2010 al 24.3.2012 Dlgs. 152/2006 come riformato dalla L. 28/2012 ed in vigoredal 25.3.2012
5. Se un  rifiuto e’  identificato  come   pericoloso   mediante riferimento specifico o generico a sostanze  pericolose  e  come non pericoloso  in  quanto  “diverso”  da  quello  pericoloso  (“voce   a specchio”),esso e’ classificato come pericoloso solo se le  sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad  esempio,  percentuale  in peso), tali da conferire al rifiuto in questione  una  o  piu’  delle proprieta’ di cui all’allegato III  della  direttiva  91/689/CEE  del Consiglio. 
Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si  applicano i valori limite di cui al punto 4, mentre
le caratteristiche H1,  H2, H9, H12, H13 e H14 non devono  essere  prese  in  considerazione,  in quanto mancano i criteri di riferimento sia a livello comunitario che a  livello  nazionale,  e  si  ritiene  che  la  classificazione   di pericolosita’  possa   comunque   essere   correttamente   effettuata applicando i criteri di cui al suddetto punto 4.  La  classificazione di un rifiuto identificato da una “Voce a specchio” e la  conseguente attribuzione del codice sono effettuate dal produttore/detentore  del rifiuto.
 
5. Se un rifiuto e’ identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose, esso e’ classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire  al  rifiuto  in questione una o piu’ delle proprieta’ di cui all’allegato I.  “5. Se un rifiuto e’  identificato  come  pericoloso  mediante riferimento specifico o  generico  a  sostanze  pericolose, esso e’classificato  come  pericoloso  solo se le   sostanze   raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in  questione una o piu’ delle proprieta’ di  cui all’allegato I. 
 
 
 
Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11, di  cui
all’allegato I, si applica quanto previsto al punto 3.4 del  presente allegato.
Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14,  di  cui
all’allegato I, la  decisione  2000/532/CE  non  prevede  al  momento alcuna specifica. Nelle more dell’adozione, da  parte  del  Ministero
dell’ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,  di  uno specifico  decreto  che   stabilisca   la   procedura   tecnica  per l’attribuzione  della   caratteristica   H14,   sentito   il   parere dell’ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai  rifiuti  secondo
le modalita’ dell’accordo ADR per la classe 9 – M6 e M7″).

 
Si ricorda:
– Un rifiuto è pericoloso se presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I, cioè le caratteristiche contrassegnate dalla lettera H (art. 183 comma 1 lettera b)[1], definizione ripresa anche dall’art. 184 comma 4 T.U.A.).
– Ai sensi dell’art. 184 comma 5 T.U.A.[2], però, anche l’allegato D, che descrive i codici CER, deve ritenersi “vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi” .
La pericolosità di un rifiuto, dunque, deriva dalla applicazione combinata degli allegati D e I: un rifiuto è pericoloso per definizione (all. D) oppure perché contiene una data percentuale di sostanze pericolose (all. I).
A dire il vero l’allegato D prevedeva già un rinvio all’allegato I, laddove al punto 5 stabiliva quando un  rifiuto dovesse classificarsi
Infiammabile o facilmente infiammabile (H3A e H3b)
Irritante (H4)
Nocivo (H5)
Tossico (H6)
Cancerogeno (H7)
Corrosivo (H8)
Tossico per la riproduzione (H10) le percentuali di sostanze pericolose conteneva determinate circostanze di sostanze pericolose, tali da conferire al rifiuto una o più proprietà di cui all’allegato I (tossicità, infiammabilità, ecc…).
Mancavano però le linee guida per una corretta applicazione dell’allegato I, fornite appunto, seppur in via transitoria, dall’art. 3 comma 6 D.L. 2/12 modificato:
 
a) H3, H4, H5, H6, H7, H8, H10 e H11:
si applica il punto 3.4. allegato D:
 
– punto di infiammabilità < o = 55 °C,
– una o più sostanze classificate come molto tossiche in concentrazione totale > o = 0,1%,
– una o più sostanze classificate come tossiche in concentrazione totale > o = 3%,
– una o più sostanze classificate come nocive in concentrazione totale > o = 25%,
– una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale > o = 1%,
– una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale > o = 5%,
– una o più sostanze irritanti classificate come R41 in concentrazione totale > o = 10%,
– una o più sostanze irritanti classificate come R36, R37 e R38 in concentrazione totale > o = 20%,
– una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione > o = 0,1%,
– una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione > o = 1%,
– una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categorie 1 o 2) classificata come R60 o R61 in concentrazione > o = 0,5%,
– una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categoria 3) classificata come R62 o R63 in concentrazione > o = 5%,
– una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione > o = 0,1%,
– una sostanza mutagena della categoria 3 classificata come R40 in concentrazione > o = 1%;
 
b) H1, H2, H9, H12, H13:
non applicabili, perché la decisione 2000/532/CE nulla disciplina in merito.
 
c) H14 (ecotossicità):
in attesa di un Decreto del MATTM tale caratteristica è attribuita secondo l’ADR per la classe 9 M6 e M7.
 
L’ADR è un accordo sancito a livello europeo, che disciplina il trasporto delle merci pericolose, imponendo misure per l’imballaggio e (allegato A dell’accordo) e la costruzione, l’equipaggiamento e l’esercizio dei veicoli (allegato B dell’accordo).
 
Le merci sono suddivise in classi a seconda dei rischi derivanti dalla loro manipolazione e contatto.
La classe 9 è una categoria residuale che comprende la pericolosità non descritta nelle altre classi:
 
– Classe 1a – Materie e oggetti suscettibili di esplosione
– Classe 1b – Oggetti caricati con materie esplosive
– Classe 1c – Merci di accensione, artefizi e merci analoghe
– Classe 2 – Gas compressi, liquefatti o disciolti sotto pressione
– Classe 3 – Materie liquide infiammabili
– Classe 4.1 – Materie solide infiammabili
– Classe 4.2 – Materie soggette ad accensione spontanea
– Classe 4.3 – Materie che a contatto con l’acqua sviluppano gas infiammabile
– Classe 5.1 – Materie comburenti
– Classe 5.2 – Perossidi organici
– Classe 6.1 – Materie tossiche
– Classe 6.2 – Materie ripugnanti o suscettibili di produrre infezioni
– Classe 7 – Materie radioattive
– Classe 8 – Materie corrosive
– Classe 9 – Materie e oggetti pericolosi diversi
Le materie incluse nella classe 9 sono poi al loro volta suddivise in sottoclassi:
M1 Materie che, inalate sotto forma di polvere fine, possono comportare un rischio per la salute;
M2 Materie ed apparecchi che, in caso d’incendio, possono formare diossine;
M3 Materie sviluppanti vapori infiammabili;
M4 Pile al litio;
M5 Congegni di salvataggio;
M6-M8 Materie pericolose per l’ambiente:
M6 Materie inquinanti per l’ambiente acquatico, liquide;
M7 Materie inquinanti per l’ambiente acquatico, solide;
M8 Microrganismi e organismi geneticamente modificati;
M9-M10 Materie trasportate a caldo:
M9 Liquide;
M10 Solide;
M11 Altre materie che presentano un pericolo durante il trasporto ma che non corrispondono alle definizioni di nessun’altra classe.
Le materie M6 e M7 di cui alla classe 9 sono dunque: “materie pericolose per l’ambiente comprendono le materie liquide o solide inquinanti per l’ambiente acquatico e le soluzioni e miscele di queste materie (come i preparati e i rifiuti) che non possono essere classificate nelle altre classi, o nelle altre rubriche della classe 9 elencate nella Tabella A del capitolo 3.2. Esse comprendono anche i microrganismi e gli organismi geneticamente modificati” (punto 2.2.9.1.9 ADR).
 


[1] Art. 183 comma 1 lett. b)  "rifiuto  pericoloso":  rifiuto  che  presenta  una  o   piu' caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto;

 

[2] art. 184 comma 4 e 5 Dlgs. 152/2006 come modificato dal Dlgs. 205/2010:
(4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto)).
((5.  L'elenco  dei  rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta del  presente  decreto  include  i  rifiuti  pericolosi e tiene conto dell'origine  e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori  limite  di  concentrazione delle sostanze pericolose. Esso e' vincolante  per  quanto  concerne  la  determinazione  dei rifiuti da considerare  pericolosi. L'inclusione di una sostanza o di un oggetto nell'elenco  non  significa  che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma  restando  la  definizione di cui all'articolo 183. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da  adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla  presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida  per agevolare l'applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I.))

 

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Contributo Sistri: novembre 2012?

Contributo Sistri 2012: novembre 2012 –   Comunicato del Ministero dell’Ambiente
 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Il Ministero dell’Ambiente, con comunicato del 20 aprile u.s. pubblicato sul proprio sito istituzionale www.minambiente.it, ha confermato la volontà di procedere ad una revisione del sistema Sistri in modo da semplificare e rendere più efficienti le procedure.
Nell’ambito di questo lavoro è stato deciso un differimento al 30 novembre 2012 del termine per il pagamento dei contributi per l’anno in corso, che scadeva il 30 aprile p.v.
A seguito della lettera inviata in data 13 marzo u.s., (già pubblicata su questo sito ) il Ministro Clini ha proposto alle associazioni imprenditoriali interessate di valutare insieme le modalità per rendere finalmente operativo il sistema, senza aggiungere oneri amministrativi alle già complesse procedure cui le imprese sono sottoposte per rispettare gli adempimenti ambientali ed in particolare quelli in materia di rifiuti.
 
 

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Materiali da riporto e terre: il punto

Materiali da riporto e terre e rocce: il punto
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
 
Sono stati convertiti in Legge i decreti Legge 1 e 2 del 2012.
1)   DL n. 1/2012 (Liberalizzazioni) è stato convertito in Legge n. 27/2012 e vigente dal 17.4.2012
2)   DL n. 2/2012 (Ambiente) è stato convertito in Legge n. 28/2012 e vigente al 17.4.2012
 
Già si è evidenziato il legame tra i due decreti legge  che dialogano e pongono legame tra
1)   i materiali da riporto (DL. 2/2012 art. 3) e
2)   le terre e rocce da scavo (art. 49 DL 1/2012).
 

art. 3 DL 2/2012
(materiali  riporto)
Art. 49 DL. 1/2012
(terre e rocce)
2. Ai fini dell’applicazione del  presente  articolo,  per  matrici
materiali di  riporto  si  intendono  i  materiali  eterogenei,  come
disciplinati dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge  24
gennaio 2012, n. 1, utilizzati per la realizzazione di riempimenti  e
rilevati,  non  assimilabili   per   caratteristiche   geologiche   e
stratigrafiche al terreno in  situ,  all’interno  dei  quali  possono
trovarsi materiali estranei.
1-bis. Il decreto di cui al comma  precedente,  da  adottare  entro
sessanta giorni dalla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali
le terre e rocce da scavo sono  considerate  sottoprodotti  ai  sensi
dell’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 
 
A dire il vero il legislatore sembra ricondurre terre e rocce da scavo (186) e materiali da riporto all’unico referente normativo dell’art. 184bis Dlgs. 152/2006 (sottoprodotto); norma cardine e unica fonte sulla quale si innesta il Regolamento “futuro” che dovrebbe trovare vigenza nel giugno del 2012.
L’avvento del DM (Regolamento) espungerà dal Dlgs. 152/2006 l’articolata e vessata disciplina delle terre (art. 186); terre che ritrovano nella definizione delle “matrici da riporto” alcuni elementi ed assonanze (“riempimenti, rilevati…).
 
L’assetto futuro della disciplina troverà base nell’art. 184bis (sottoprodotto) e applicazione (condizioni) nel regolamento e nella disciplina delle matrici; disciplina non prevista nel Dlgs. 152/2006 (con articolo espresso come lo erano le terre) bensì nell’art. 49 della L. 28/2012 (DL 1/2012).
 
Materiali da riporto e terre e rocce da scavo sembrano dunque destinati ad  essere qualificati come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184bis Dlgs. 152/2006 sulla base delle condizioni previste nel futuro Decreto.
 
Vero è che il legislatore ha scomodato l’art. 185 Dlgs. 152/2006 per i soli materiali da riporto fornendo “interpretazione autentica”.
I materiali da riporto dunque sono esclusi di per se’ ed in quanto equiparati al suolo dalla normativa sui rifiuti.
 
L’intento del legislatore è benevolo e accoglie la necessità di alleggerire la gestione, ad esempio, dei cantieri edili e dei materiali utilizzzati a fini edilizi.
Vero è che il legislatore non si è accontentato di inserire i “materiali da riporto” tra i sottoprodotti (art. 184 bis) ma è andato oltre, con forzatura, attribuendo diretta “esclusione” ai materiali da riporto della normativa sui rifiuti (dimenticando ratio e storia dell’art. 185 Dlgs. 152/2006).
In sintesi i materiali da riporto dovrebbero seguire la seguente disciplina:
1)    materiali da riporto esclusi ex art. 184 bis Dlgs. 152/2006 se sottoprodotti fino alla emanazione del DM futuro
2)    materiali da riporto esclusi ex art. 185 Dlgs. 152/2006 dalla normativa rifiuti alla emanazione del DM futuro

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MUD 2011

MUD 2011
Online l’applicazione e la guida per la compilazione
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
Il 17 aprile u.s., è stata pubblicata sul sito http://www.sistri.it/, l’applicazione per la compilazione della Dichiarazione MUD 2011 (cd. Scheda Sistri art. 28 D.M.  52/2011)
 
Come previsto dal D.M. n. 52/2011 la dichiarazione deve essere presentata, con riferimento al periodo 1 gennaio 2011 – 31 dicembre 2011, ai sensi dell’articolo 12 del D.M. 17/12/2009 così come modificato dal D.M. 22/12/2010, da:

  • produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
  • produttori di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del D.lgs. n. 152/2006 con più di 10 dipendenti;
  • imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che già erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70.

Si ricorda che i soggetti che effettuano a titolo professionale
1)  attività di raccolta e trasporto dei rifiuti e
2)  commercianti e
3)  gli intermediari di rifiuti senza detenzione
non sono tenuti alla presentazione della Dichiarazione SISTRI per le attività di trasporto ed intermediazione. I medesimi soggetti saranno tenuti a presentare la Dichiarazione SISTRI se effettuano operazioni di recupero o smaltimento o sono produttori di rifiuti per i quali vige l’obbligo di presentazione.
 
La Dichiarazione deve essere effettuata, entro il 30 aprile 2012:
accedendo unicamente con il dispositivo USB assegnato ai Delegati di Sede, nello spazio riservato;

  • compilando le Schede Rifiuti per ciascuna Unità Locale iscritta al SISTRI;
  • inserendo le informazioni come meglio descritte nella Guida per l’utilizzo dell’applicazione per la compilazione della Dichiarazione MUD 2011 (allegato I).

 
Al fine di evitare errori frequenti si ricorda che nel modulo DR (destinatario dei rifiuti) deve essere indicato l’impianto di destinazione e non il trasportatore.
Si sottolinea al riguardo che essendo il trasportatore esentato dalla dichiarazione l’informazione relativa al destinatario non può essere desunta da altra fonte.
L’applicazione per la compilazione dei moduli è disponibile nell’area riservata sistri accessibile mediante l’utilizzo del dispositivo usb del delegato dell’unità locale interessata.
 
Allegato 1_GUIDA_APPLICAZIONE_DICHIARAZIONE_MUD_2011:  

adminMUD 2011
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Fotovoltaico: Limiti Regionali " illegittimi"

Fotovoltaico: la Regione non può limitare la installazione
LR Veneta n. 7/2011 art. 4 e 15 – finanziaria 2011
Corte Costituzionale n. 85/2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri
La decisione della Corte Costituzionale sembra riportare un po’ di ordine tra le fonti e tra i poteri istituzionali. E ciò accade proprio nelle more della pubblicazione della finanziaria Regionale del 2012, quasi a monito di maggior impegno nel rispetto dei poteri e delle competenze.
La nuova finanziaria 2012 trova anticipato commento, su questo sito, con riferimento al ” contributo ambientale dei gestori dei rifiuti”; norma che crea la dovuta perplessità e si auspica anche interesse costituzionale.
La installazione di impianti fotovoltaici deve avvenire nel rispetto delle norme statali anche sotto il profilo delle limitazioni possibili e la Regione non puo’ imporre limiti non previsti.
Si rimanda alla lettura della sentenza che affronta diversi temi.
In questa sede si chiarisce il punto centrale della questione.
In particolare:
La Corte Costituzionale con sentenza n. 85/2012 ha dichiarato la illegittimità costituzionale di alcuni articoli della LRVeneto ( finanziaria 2011) con riferimento alle limitazioni alla installazione di impianti fotovoltaici.
Oggetto del giudizio di legittimità costituzionale gli articoli :
-4, comma 1, e
-15, commi 1 e 2,
della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7
(Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011)
in riferimento agli artt. 41 e 117 della Costituzione.
Art. 4 L. R. Veneto n. 7/2011
Il ricorrente deduce che l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 dispone che, non possono essere rilasciate
autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici
a terra in area agricola
di potenza di picco superiore a 200kWp,
di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe,
nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1000kWe.
Ad avviso della difesa dello Stato, tale norma vìola l’art. 117, primo comma, Cost., perché prevede un limite alla produzione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale, in contrasto con le norme internazionali – le quali incentivano, invece, lo sviluppo delle suddette fonti di energia, individuando soglie minime di produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo.
Stato competenza concorrente (art. 117 co. 3 Cost.)
Recita la sentenza:”….l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 lede anche l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. In particolare, la norma contrasterebbe con il principio fondamentale posto dall’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale stabilisce che le Regioni possono procedere alla individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in attuazione e nel rispetto delle Linee Guida nazionali e dall’art. 17 (in combinato disposto con l’allegato 3) delle Linee Guida adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili). Detto art. 17 dispone che le aree non idonee possono essere individuate solo a determinate condizioni, tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nella norma censurata (in particolare, ai sensi delle citate linee guida ministeriali, le aree non idonee possono essere individuate in relazione non a categorie generalizzate di aree, ma esclusivamente a specifici siti, con riguardo all’installazione solo di determinate tipologie e/o dimensioni di impianti, previo espletamento di una istruttoria approfondita, che individui le specifiche aree particolarmente sensibili o vulnerabili all’interno delle tipologie di aree elencate all’allegato 3).
……”
Ebbene la CORTE COSTITUZIONALE
“…dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 1, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011);
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto n. 7 del 2011, nella parte in cui, nel sostituire l’articolo 16, comma 1, della legge della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile), e nell’introdurre nel medesimo articolo 16 il comma 1-bis, prevede che il Presidente della Provincia sia autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale nei casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile).

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Gestori Rifiuti: "contributo ambientale"

L.R. Veneta n. 13/2012 (Legge Finanziaria): Gestori Rifiuti

CONTRIBUTO REGIONALE E COMUNALE GESTIONE RIFIUTI

Modifiche alla L.RV n. 3/2000 art. 37

A cura di avv. Cinzia Silvestri

L’art. 41 L. 13 del 6.4.2012 Legge finanziaria del veneto per l’esercizio 2012 in BUR 27 del 10.4.2012, modifica l’articolo 37 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3 “Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti”.

I gestori degli impianti di rifiuti verranno a breve gravati da un contributo da corrispondersi in parte ai Comuni e in parte alle Regioni per il disagio provocato dallo smaltimento e dal recupero dei rifiuti nonché per la bonifica e la realizzazione degli interventi successivi alla cessazione dell’attività.

L’importo di tale ..contributo sarà determinato dalla Giunta Regionale del Veneto entro 60 gg a decorrere dall’ 11 aprile 2012.

 Vale la pena di riflettere sul primo comma:

1)    I soggetti che effettuano la gestione di impianti

a)    di smaltimento o

b)    di recupero di rifiuti

devono corrispondere un

c)    contributo ambientale destinato, quota parte,

d)    a interventi finalizzati prioritariamente al ristoro del disagio indotto nel territorio dalla presenza dell’impianto a favore dei comuni ove gli impianti sono ubicati e,

e)    per la restante parte, a favore della Regione per far fronte ai:

f)     costi derivanti dalla gestione post mortem di discariche non più attive nonché

g)    agli interventi di bonifica e ripristino ambientale posti a carico delle amministrazioni pubbliche interessate ai sensi della vigente normativa di settore

 Dunque Regione e Comune si dividono il “contributo ambientale” non meglio definibile e definito; contributo dovuto per il ristoro del disagio (infelice espressione) e per interventi di bonifica e ripristino ambientale

 Il mancato versamento di tale contributo entro il mese successivo alla scadenza del trimestre solare in cui è avvenuto il conferimento dei rifiuti (comma 4) comporta la sanzione di importo doppio rispetto all’ammontare del contributo (comma 5).

La disposizione desta perplessità sotto molteplici profili e anche in merito alla legittimità della disposizione sanzionatoria (oltre che del contributo). Dubbia la natura della imposizione soprattutto a favore dei Comuni.

Si auspica il controllo della effettiva destinazione di questo “contributo”alle finalità indicate 

 La Regione, infatti, prevede un onere contributivo generico per il finanziamento di opere future, probabili e non determinate.

 

1. NATURA

L’art. 41 non specifica la natura del contributo: tassa, tariffa, imposta?

Come insegna la disputa in materia di TARSU/TIA, la corretta determinazione della tipologia dell’onere incide sull’aspetto fiscale: il contributo sarà gravato da IVA?

 2. LEGITTIMITÀ

La finanziaria del Veneto non richiama il Piano di gestione dei rifiuti e dunque non giustifica il ..contributo.

3. LEGGE 3/2000

L’art. 41 Legge finanziaria richiama e modifica l’art. 37 l. 3/2000, antecedente rispetto al nuovo Testo Unico Ambientale e al nuovo assetto del potere legislativo in capo allo Stato e alle regioni.

 Si indica schema delle modifiche apportate.

L.R. 3/2000 ART. 41 L.R. 13/2012 – MODIFICHE ALL’ART. 37 L.R. 3/00
Art. 37 – Contributo ambientale ai comuni sede di impianti di recupero e di smaltimento di rifiuti Art. 37 – Contributo ambientale ai comuni sede di impianti di recupero e di smaltimento di rifiuti
1.I soggetti che effettuano la gestione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti devono corrispondere un contributo ambientale ai comuni ove gli impianti sono ubicati. 1. I soggetti che effettuano la gestione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti devono corrispondere un contributo ambientale destinato, quota parte, a interventi finalizzati prioritariamente al ristoro del disagio indotto nel territorio dalla presenza dell’impianto a favore dei comuni ove gli impianti sono ubicati e, per la restante parte, a favore della Regione per far fronte ai costi derivanti dalla gestione post mortem di discariche non più attive nonché agli interventi di bonifica e ripristino ambientale posti a carico delle amministrazioni pubbliche interessate ai sensi della vigente normativa di settore
2.Entro sessanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, la Giunta regionale provvede:a) ad individuare le tipologie di impianti per la gestione dei quali è dovuto il contributo di cui al comma 1;b) a determinare l’entità del contributo in funzione della quantità e della qualità dei rifiuti movimentati;c) a determinare i criteri per la suddivisione del contributo fra i comuni confinanti effettivamente interessati al disagio provocato dalla presenza degli impianti.  2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, provvede:a) ad individuare le tipologie di impianti per la gestione dei quali è dovuto il contributo di cui al comma 1;b) a determinare l’entità del contributo a favore dei comuni e della Regione in funzione della quantità e della qualità dei rifiuti movimentati;c) a determinare i criteri per la suddivisione del contributo fra i comuni confinanti effettivamente interessati al disagio provocato dalla presenza degli impianti.
3.La Giunta regionale provvede ad aggiornare annualmente il contributo ambientale.  3. Il gettito derivante dall’applicazione del contributo ambientale di cui al presente articolo, per la parte di spettanza regionale, viene introitato all’upb E0166 “Trasferimenti correnti da altri soggetti”. Le somme introitate per gli interventi per la gestione post mortem di discariche non più attive e per la bonifica, il ripristino e la mitigazione ambientale, sono vincolate nella destinazione all’upb U0107 “Trasferimenti per lo smaltimento dei rifiuti” e all’upb U0108 “Interventi strutturali nello smaltimento di rifiuti”.
4. Il gettito derivante dall’applicazione del contributo disciplinato dal presente articolo é destinato ad interventi finalizzati prioritariamente al ristoro del disagio indotto nel territorio dalla presenza dell’impianto. 4. Il contributo di spettanza regionale è versato dai gestori degli impianti di cui al comma 1 alla Regione, entro il mese successivo alla scadenza del trimestre solare in cui sono state effettuate le operazioni di conferimento dei rifiuti.
  5. Il mancato e puntuale versamento del contributo ambientale da parte dei gestori, accertato dall’autorità di vigilanza, qualora non comporti anche violazione dell’autorizzazione all’esercizio, è punito, a titolo sanzionatorio, con il versamento del contributo medesimo nella misura doppia di quella dovuta.
  6. Nelle upb del bilancio regionale di cui al comma 3, vengono introitati e vincolati all’utilizzo i contributi compensativi di mitigazione ambientale previsti negli impianti di gestione dei rifiuti autorizzati che non siano utilizzati secondo le indicazioni regionali dai comuni sede di impianto.
  7. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, può provvedere ad aggiornare annualmente il contributo ambientale.
  8. Il gettito a favore dei comuni derivante dall’applicazione del contributo disciplinato dal presente articolo é destinato a interventi finalizzati prioritariamente al ristoro del disagio indotto nel territorio dalla presenza dell’impianto.

 
 
 

adminGestori Rifiuti: "contributo ambientale"
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Legge n. 35/2012: decreto "semplificazioni"

<h3>DL. 5/2012 convertito in legge n. 35 del 4 aprile 2012
 

Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente

La produzione normativa del Governo/Parlamento è incalzante.

Ultima in ordine di tempo è la conversione in Legge del Decreto Legge n. 5/2012 sulle “semplificazioni” (L. 35 del 4 aprile 2012 pubblicata Gazz. uff. 82 del 6 aprile 2012)

 

A dire il vero la lettura dei testi pare suggerire che il legislatore (o Governo) abbia inteso scrivere dei “canovacci” legislativi sui quali poi integrare, modificare. Sembrano, più che Leggi, dei buoni propositi, dichiarazioni di intenti che rimangono incompiuti e rimandano a futuri Regolamenti, future disposizioni.  L’effetto applicativo è complesso.

Si assiste in molteplici disposizioni all’intento di diminuire il contenzioso colpendo per lo più le tasche dei cittadini e di coloro che producono “contenzioso” (non importa se con ragione e nell’esercizio del loro diritto).

Poco si è fatto invece per ridurre il contenzioso all’origine redigendo NORME CHIARE, SEMPLICI ALLA LETTURA E DI CONCRETA APPLICAZIONE.

Si dimentica che la norma chiara e sottratta alla facile ed arbitraria interpretazione  riduce di per se’ il contenzioso .

Ebbene in questo contesto si segnalano le Leggi che interessano il settore ambiente :

DL. 1/2012 “Liberalizzazioni” convertito in Legge n. 27/2012 e già al vaglio del parlamento per nuove modifiche ed integrazioni

DL .2/2012″ Ambiente” convertito in Legge n. 28/2012

DL. 5/2012 “Semplificazioni” convertito in Legge n. 35/2012

adminLegge n. 35/2012: decreto "semplificazioni"
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L. n. 35/2012 e autorizzazione unica ambientale

Autorizzazione Unica Ambientale
DL 5/2012 art. 23 convertito in legge n. 35 del 4 aprile 2012 (Gazzetta Uff. n. 82 – 6 aprile 2012)

a cura di avv. Cinzia Silvestri

Il Parlamento ha convertito con L. n. 35 del 4 aprile 2012  il DL n. 5/2012 con poche modifiche. Si richiama e si aggiorna articolo già pubblicato su questo sito.

Il Parlamento conferma l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri ampliando le categorie oggetto di semplificazione ovvero

1)    PMI (piccole e medie imprese) e

2)    per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale,

Il Parlamento aggiunge all’art. 23 il comma 2bis : “2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.

Ebbene

1)Autorizzazione integrata ambientale: le novità non incidono sulla AIA disciplinata dagli articoli 29 bis e ss. del Dlgs. N. 152/2006 ” ..Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″

2) i soggetti interessati alla “semplificazione” sono a) le PMI ; b) gli impianti non soggetti alle disposizioni in  materia di AIA

3) Oneri amministrativi: il governo richiama il DL n. 112/2008 art. 25 convertito con L.133/2008 precisando che la semplificazione avviene “anche” con riferimento agli oneri amministrativi …già disciplinati. La lettura del testo del 2008, richiamato dal governo, sorprende per la sua attualità trattandosi di DL che conferma gli stessi scopi e fini di quello attualmente in vigenza. DL del 2008 che intitolava l’ art. 25 “tagli oneri spese” ed e’ stato firmato da Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Brunetta, ecc… ; precisa così il testo in commento: “…anche sulla base dei risultati delle attivita’ di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

3) REGOLAMENTO: dopo le premesse di rito, la Legge non disciplina ma promette futuro regolamento, con DPR, su proposta principalmente del Ministro Clini .

Il richiamo alla Conferenza Unificata evoca, purtroppo, al lettore tempi poco compatibili con l’urgenza. Scrive, dunque, testualmente il Parlamento “Governo e’ autorizzato emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281″

4) FINALITÀ‘: il REGOLAMENTO e’ volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese e impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale.

5) PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Regolamento dovrà seguire il solco tracciato dalla L. 59/1997 che, agli articoli 20 e seguenti, indica alcune linee guida per operare la semplificazione. Il riferimento alla L. 59/1997 vale approfondimento in separato commento; all’ epoca (1997) correttamente il Parlamento (legge) delegava il Governo ad emanare decreti legislativi….

6)PROPOSITI: La legge entra nel merito della sua futura azione indicando i buoni propositi ed evocando quella semplicità auspicata e mai realizzata. Ed invero le parole chiave sono concentrate nella ” sostituzione, unico ente, proporzionalità, dimensione impresa, oneri a carico impresa”. In particolare e testualmente la legge indica:
a) l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione,
notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in
materia ambientale;
b) l’autorizzazione unica ambientale e’ rilasciata da un unico
ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di
proporzionalita’ degli adempimenti amministrativi in relazione alla
dimensione dell’impresa e al settore di attivita’, nonche’
all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovra’
comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

6) TEMPI: quanto tempo per emanare questo Regolamento? 6 mesi dalla data della entrata in vigore del presente DL ovvero entro il 10 agosto 2012?
Si chiude, infine, l’articolo 23 con precisazione:”… e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le
norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono
abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento. “.

adminL. n. 35/2012 e autorizzazione unica ambientale
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Autorizzazione unica ambientale: Schema

Autorizzazione Unica Ambientale
art. 23 L. n. 35 del 4 apile 2012 – DL 5/2012 convertito in legge  (Gazzetta Uff. n. 82 – 6 aprile 2012) 

a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Parlamento ha convertito con L. n. 35 del 4 aprile 2012  il  DL n. 5/2012 con poche modifiche.
Il Parlamento conferma l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri ampliando le categorie oggetto di semplificazione ovvero per le
1)    PMI (piccole e medie imprese) e
2)    per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale,
Il Parlamento aggiunge all’art. 23 il comma 2bis : “2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.

Sezione IV

SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA AMBIENTALE

Articolo 23.

(Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie imprese).

DL. 5/2012 art. 23

Art. 23 L. 35/2012

Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bisdel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI,anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese,in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni: 1. Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI e per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese e degli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:
a)l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;
b)l’autorizzazione unica ambientale è rilasciata da un unico ente;
c)il procedimento deve essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.
2. Il regolamento di cui al comma 1 è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.
 2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.
adminAutorizzazione unica ambientale: Schema
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DL. 5/2012: semplificazioni ambientali

DL n. 5/2012: in attesa di pubblicazione della Legge di conversione
Breve anticipazione delle norme in materia ambientale

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

La legge di conversione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (cd “Dl Semplificazioni”) è stata approvata definitivamente dalla Camera il 4 aprile 2012, senza apportare modifiche al testo approvato dal senato il 29 marzo 2012.

Il provvedimento entrerà in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Ecco le principali novità, alcune già commentate in questo sito.

Art. 14
(Semplificazione dei controlli sulle imprese)
Con uno o più regolamenti il Governo potrà razionalizzare e semplificare i controlli a cui sono sottoposte le imprese basati su semplicità e proporzionalità (alla effettiva tutela del rischio). I regolamenti saranno destinati, tra l’altro, a sopprimere o ridurre i controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione per la qualità Iso (non più solo Uni En Iso 9001), o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del regolamento 2008/765/Ce, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento. Le disposizioni previste da questo articolo non si applicano ai controlli in materia fiscale e neanche a quelle in materia finanziaria e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Inoltre, nell’ambito dei lavori pubblici e privati dell’edilizia, sarà la Pa ad acquisire d’ufficio il documento sulla regolarità contributiva (Durc).

Art. 23
(Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie imprese)
Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (art 3-bis del D.Lgs 152/2006), al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento (entro sei mesi dalla data di entrata in vigore) su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi per le piccole e medie imprese. Viene previsto, in particolare, che l’autorizzazione sostituisca ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale e che venga rilasciata da un unico soggetto. Il procedimento, inoltre, dovrà essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese. Con la legge di conversione tale semplificazione viene estesa anche agli impianti non soggetti ad Aia.

Art. 24
(Modifiche alle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

Con la modifica all’art. 10 del D.Lgs 152/06 viene previsto che l’autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata dopo che, ad esito della verifica, l’autorità competente valuti di non assoggettare i progetti a valutazione d’impatto ambientale.

All’articolo 29-decies, comma 1 è aggiunto un periodo che introduce novità in materia di autorizzazione integrata ambientale. Nel caso di impianto localizzato in mare sarà l’Ispra, coordinandosi con il Ministero dello Sviluppo Economico, a procedere ai controlli sul rispetto dell’autorizzazione da parte del gestore.

All’art. 109, commi 2 e 3, del D.Lgs 152/06 viene specificato che l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo dei fondali marini, dei materiali inerti, geologici inorganici e manufatti è individuata nella Regione.

All’articolo 194, comma3, del Dlgs 152/2006 è aggiunto un periodo che introduce norme in materia di trasporto transfrontaliero. Chi effettua trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli di imballaggio, dovrà allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’Autorità del paese di destinazione dalla quale risulti che la legislazione di tale Paese in materia non è meno rigorosa di quella comunitaria e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalle norme in materia di rifiuti del Paese di provenienza.

All’art. 216-bis, comma 7, del D.Lgs 152/06 si dispone che, nelle more dell’emanazione del decreto che andrà a definire le norme tecniche per la gestione degli oli usati, le autorità competenti possono autorizzare le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all’Allegato A. tabella 3 del D.M. 16 maggio 1996 n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla stessa tabella in relazione al parametro PCB/PCT.

All’articolo 228 del D.Lgs 152/06 viene introdotta una disposizione aggiuntiva che disciplina la determinazione annuale del contributo necessario per coprire l’adempimento da parte dei produttori di pneumatici dei previsti obblighi di gestione e recupero dei quantitativi di pneumatici fuori uso immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.

Viene introdotto un comma aggiuntivo all’articolo 281, con cui viene stabilito che le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell’aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera, sono adottate con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare , di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata delle Regioni.

Articolo 28
(Modifiche relative alla movimentazione aziendale dei rifiuti e al deposito temporaneo)

All’articolo 193, comma 9 è aggiunto un comma 9 bis che considera “trasporto di rifiuti” la movimentazione dei rifiuti agricoli finalizzata  al deposito temporaneo ed effettuata sia da una azienda agricola tra i suoi fondi (anche percorrendo la via pubblica) purché tra di loro distanti al massimo 10 km, che da un imprenditore agricolo dai propri fondi al sito della cooperativa agricola di cui è socio.

adminDL. 5/2012: semplificazioni ambientali
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Nuovo Formulario AIA (IPPC)

Formulario Autorizzazione Integrata Ambientale
Decreto MATTM del 15/3/2012 pubbl. Gazz. Uff. 77 del 31/3/2012
Segnalazione da Studio Legale Ambiente
E’ pubblicato il nuovo formulario in materia di AIA.
Il nuovo formularIo sostituisce quello di cui al decreto MATTM del 24/7/2009; e ciò a seguito della decisione delle Comunità Europee 2010/728/UE del 29/11/2010.
Il formulario si pone in attuazione dell’art. 29-terdecies Dlgs. N.152/2006.
La prima comunicazione e’ prevista già al 30 aprile 2012!

adminNuovo Formulario AIA (IPPC)
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RUMORE: NORMALE TOLLERABILITA'

RUMORE: NORMALE TOLLERABILITA’

Cassazione civ. n. 17051/2011

 A cura avv. Cinzia Silvestri

LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE 5.8.2011 N. 17051 precisa questione di estrema importanza.

Il contenzioso risolto dalla Cassazione prendeva origine dalle immissioni rumorose,causate dalle apparecchiature refrigeranti di una salumeria, disturbanti ed “intollerabili” per il proprietario dell’appartamento soprastante . La Corte non statuisce la “intollerabilità” in quanto gli accertamenti sono stati condotti più sulla base della “valutazione soggettiva della intollerabilità” e non secondo il criterio comparativo.

Ebbene.

Quando sorgano questioni relative al “rumore” tra privati (condomini, vicini proprietari ecc…) il  rispetto (o la violazione) dei limiti di legge (immissioni acustiche oltre i limiti tabellari ex L. 477/95 e DPCM 91 e 97 ) non è elemento in grado di qualificare come “tollerabile o intollerabile” la fonte di rumore (es. discoteca, condizionatore, frigoriferi ecc…).

L’accertamento della intollerabilità è molto più complesso e richiede VALUTAZIONE caso per caso, demandando al Giudice la verifica.

E’ bene ricordare che la verifica del mero rispetto del limite tabellare (L. 477/95) acquista rilevanza determinante nei rapporti tra  tra P.A. e privato.

La verifica della normale tollerabilità (ex art. 844 c.c.) incide, invece, su questioni sorte …tra privati.

L’art. 844 c.c. impone la verifica delle immissioni a prescindere dai limiti legislativi di tutela pubblica.

La sentenza precisa cosa si intende per “criterio comparativo” e come di debba procedere alla valutazione della “intollerabilità” “….lungi dal fare diretta applicazione dei limiti stabiliti dal DPCM del 1991”.

Il criterio comparativo consiste  “nel confrontare il livello medio dei rumori di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo interessato dalle immissioni….”; “… il limite della normale tollerabilità deve ritenersi superato per quelle immissioni che comportino un incremento di rumorosità che diviene apprezzabile e significativo ai fini dell’art. 844 c.c., allorquando si superi i 3 decibel del rumore di fondo…”.

La Corte ricorda che il limite della normale tollerabilità

1)   è relativo ,“non è mai assoluto”

2)   deve tenere conto della situazione ambientale

3)   è variabile da luogo a luogo (si pensi al rumore di fondo di zona isolata magari in montagna e il rumore di fondo molto più elevato delle nostre città).

4)   deve tenere conto delle caratteristiche della zona (zona destinata al turismo o residenziale …).

5)   non può prescindere dalla rumorosità di fondo (fascia rumorosa costante esclusa la fonte da accertare come “rumorosa”.

L’accertamento della normale tollerabilità (art. 844 c.c.) non coincide, dunque, con l’accertamento della violazione del limite (di accettabilità) di legge pubblica (L. 477/1995).

 
 

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DL n. 2/2012 e materiali da riporto

 DL Ambiente 2/2012 (25.1.2012): conversione in Legge
Materiali da riporto: modifiche
 
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
 
Si attende la conversione in Legge – e la imminente pubblicazione – dei Decreti Legge:
1)    DL n. 1/2012 (Liberalizzazioni)
2)    DL n. 2/2012 (Ambiente)
 
Già si è evidenziato che i due decreti legge dialogano e pongono legame tra i materiali da riporto (DL. 2/2012) e le terre e rocce da scavo (art. 49 DL 1/2012).
Ed invero il nuovo testo semplificato precisa che i materiali da riporto sono “materiali eterogenei,utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e statigrafiche al terreno in situ all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei.
Tali materiali però sono disciplinati “dal decreto di cui all’art. 49 del decreto – legge 24.1.2012 n. 1, “; decreto legge 1/2012 di cui si attende imminente pubblicazione e che rinviava a futuro Decreto (ipoteticamente da emanarsi entro maggio 2012) “ le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Decreto futuro che sancisce inoltre la definitiva abrogazione dell’art. 186 Dlgs. 152/2006.
Materiali da riporto e terre e rocce da scavo sembrano dunque destinati ad  essere qualificati come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184bis Dlgs. 152/2006 sulla base delle condizioni previste nel futuro Decreto.
 
Si indica di seguito tabella di raffronto delle modifiche intervenute in sede di conversione del DL 2/2012.
Poco rimane dell’art. 3 DL 2/2012 vigente.
 

Art. 3 DL 2/2012 vigente dal 25.1.2012 Art. 3 DDL Senato 4999 Testo approvato: conversione in Legge del DL 2/2012
Materiali di riporto (Interpretazione autentica dell’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disposizioni in materia di matrici materiali di riporto e ulteriori disposizioni in materia di rifiuti).
   1.  Considerata   la   necessita’   di   favorire,   nel   rispetto dell’ambiente, la ripresa del  processo  di  infrastrutturazione  del Paese,
ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei  suoli contaminati, i riferimenti al  «suolo»  contenuti  all’articolo  185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si intendono come riferiti  anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del predetto decreto legislativo.
 
 
1. Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.
 
2. All’articolo 39, comma 4, del  decreto  legislativo  3  dicembre 2010, n. 205, dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «Con  il medesimo decreto sono stabilite le condizioni alle quali  le  matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.». “2. Ai fini dell’applicazione dei commi da 1 a 4, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei utilizzati in passato per la realizzazione di
 
 
 
riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei, quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione e materiali terrosi”.
 
2.Ai fini dell’applicazione del presente articolo , per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all’art. 49 del decreto – legge 24.1.2012 n. 1, utilizzati per la realizzazione diriempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e statigrafiche al terreno in situ all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei
  3. Nel caso in cui il decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge
24 gennaio 2012, n. 1, non sia emanato entro il termine di novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
 
Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente articolo,
 
 
 
 
le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
 
  “4. All’articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: “suolo” sono inserite le seguenti: “, materiali di riporto”.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

adminDL n. 2/2012 e materiali da riporto
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Materiali da riporto, eco tossico…: approvata Legge.

Materiali da riporto, ecotossico H14 ……: e’ legge
DL n. 2/2012 ambiente: approvato il 21/3/2012
In attesa di pubblicazione

A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il DL 25/1/2012 n. 2 recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale e’ stato approvato definitivamente (S.3111.B) il 21/3/2012 e non ancora pubblicato.
Di particolare interesse l’ art. 3 del DL già commentato su questo sito nella sua evoluzione e relativo alla interpretazione autentica dell’ art. 185 Dlgs. 152/2006 in materia di MATRICI/MATERIALI da riporto.
Di particolare rilevanza invece la disposizione che va a chiarire la problematica della identificazione del rifiuto pericoloso e affronta la questione “eco tossico H14”.

Studio legale ambiente offre la lettura del testo provvisorio con riserva di commento delle
singole disposizioni in separata comunicazione.

adminMateriali da riporto, eco tossico…: approvata Legge.
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MUD 2012 e SISTRI

MUD 2012  e  SISTRI
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
A partire dal 20 marzo 2012, nella pagina http://mud.ecocerved.it/Home/Vfu sono stati, messi a disposizione delle imprese tutti gli strumenti che consentono di adempiere agli obblighi in materia di dichiarazioni ambientali 2012 (riassunti nella scheda allegato II).
Si richiama la scheda riepilogativa degli adempimenti MUD e SISTRI per il 2012 
In particolare è disponibile:

  • il software per la compilazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale – Comunicazione veicoli fuori uso, con le modalità previste dal DPCM 23/12/2011;
  • il software per la compilazione e la presentazione della Dichiarazione SISTRI con le modalità previste dalla Circolare del Ministero dell’Ambiente e della tutela del mare del 3 marzo 2011 (allegato I), che rimanda a quanto previsto dal DPCM 27/4/2010;
  • istruzioni e modulistica cartacea per la presentazione della dichiarazione, estratte dal DPCM 27/4/2010.

È, inoltre, attivo il sito www.mudtelematico.it da utilizzare per la trasmissione telematica del MUD veicoli fuori uso e della Dichiarazione SISTRI.
Le applicazioni sopra elencate si aggiungono alle procedure per la compilazione e presentazione telematica della Comunicazione Rifiuti Urbani e assimilabili, e alla Comunicazione produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, già attive.
Circolare MUD
Allegato II: scheda riepilogativa adempimenti
 
 

adminMUD 2012 e SISTRI
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EMAS e GARANZIE FINANZIARIE

Autorizzazione smaltimento e recupero / GARANZIE FINANZIARIE ED EMAS
DGR Veneto n. 2229/2011 ed EMAS: un caso pratico
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La DGRV n. 2229/2011 offre occasione per valutare concretamente i benefici che i sistemi di gestione ambientale (in particolare EMAS) portano alle imprese.
La registrazione EMAS , ad esempio, permette alle imprese di ridurre il valore (fino al 50%) della garanzia finanziaria da prestare alla amministrazione.
EMAS (REG. 2009/1121/CE) è un sistema di gestione ritenuto “virtuoso” che pone accento sul “miglioramento continuo “ del sistema e consente una maggiore affidabilità dell’impresa che si traduce, ad oggi, nell’ abbattimento degli oneri economici imposti alle imprese.
 
E’ bene tenere in considerazione la sempre maggiore importanza che il sistema di gestione ambientale (EMAS) assume nella legislazione; importanza già recepita dal Dlgs. 152/2006 ed dalle disposizioni Regionali.
 
Il minor costo della gestione ambientale dipende invero dalla buona organizzazione che deve essere finalizzata a ridurre le probabilità di inquinamento ambientale.
 
DGRV N. 2229/2011
In questo quadro di riferimento la DGRV 2229/2011 costituisce esempio, e caso concreto, di applicazione dei benefici del Sistema di gestione (EMAS, in particolare); indica il legame tra COSTI/benefici/organizzazione.
 
La DGRV n. 2229/2011 richiama l’art. 208 Dlgs. 152/2006; coloro che intendono “realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi”, devono munirsi di apposita autorizzazione unica, modulata secondo quanto precisato dall’art. 208 sopra citato.
 
Le imprese devono prestare anche garanzia finanziaria indicata al comma 11 lett. g) dell’art. 208[1]: “g) le garanzie finanziarie richieste, che devono essere prestate solo al momento dell’avvio effettivo dell’esercizio dell’impianto; le garanzie finanziarie per la gestione della discarica, anche per la fase successiva alla sua chiusura, dovranno essere prestate conformemente a quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36”.
 
La Giunta Regionale Veneta aveva già recepito tale necessità (DGRV 2528/1999) ed ha aggiornato la previsione con DGRV 2229/20111 (pubblicata BUR del 10/1/2012).
La Giunta precisa INOLTRE che “le società prestatrici della garanzia…. al momento della ….escussione dell’importo … sono risultate fallite o in condizioni di grave dissesto economico tali da non poter far fronte all’impegno finanziario contrattualmente garantito per l’attività autorizzata;….opportuno determinare ..criteri minimali per la individuazione delle società idonee al rilascio delle…garanzie finanziarie al fine di avere la certezza che le medesime siano escutibili a prima richiesta dall’ente beneficiario…”
 
La DGRV merita attenta lettura perché declina le garanzie da prestare per le discariche e gli impianti di smaltimento /recupero dei rifiuti prevedendo:
1)    polizze assicurative della responsabilità civile inquinamento
2)    polizze fideiussorie, bancarie o assicurative
3)    accantonamenti
 
RIDUZIONI
La DGRV INDICA  i “casi di riduzione delle garanzie finanziarie” che, si badi , devono essere accese:
1)    a favore della competente PROVINCIA  e
2)    prima dell’inizio della attività di smaltimento e recupero.
 
Riducono l’ammontare delle garanzie finanziarie:
1)    l’adesione ai Sistemi di gestione Ambientale
2)    adozione sistemi di gestione e controllo “che contribuiscono a ridurre la probabilità che si verifichino eventi negativi da inquinamento dovuto alla gestione dei rifiuti”
 
Riduzione delle garanzie finanziarie per le imprese registrate:
1)   EMAS (al 50%)
2)   UNI EN ISO 14.001 (al 40%)
 



[1] Come modificato dal Dlgs. n. 205/2010
adminEMAS e GARANZIE FINANZIARIE
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Tariffa Igiene Ambientale: Iva rimborsabile

Tariffa Igiene ambientale (TIA1) – Iva rimborsabile

La Cassazione del 9 marzo 2012 n. 3756 nega la natura di corrispettivo:
il tributo non è soggetto all’IVA (imposta sul valore aggiunto).

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
Non capita spesso che il contribuente, che magari da anni evidenziava la illegittimità dell’iva, si veda accogliere le doglianze.
Il contribuente viene investito da strane sigle (TIA1, TIA2, TARSU, RES) che impongono pagamenti, ivati, non ivabili …. non si sa.
Di fatto il contribuente sa che ogni volta che chiede un “rimborso” deve affrontare un percorso ad ostacoli, difficile, punteggiato di strane e late missive di “rimpallo”, spuntano circolari, norme oscure, interpretazioni.. e chissà. Chiunque desiste .
Vero è che la sentenza della Cassazione legittima la richiesta di “rimborso dell’iva” (si ritiene con un pregresso di 10 anni).
Ghiotta occasione per tutti coloro che cercano un po’ di ristoro economico alle continue gabelle.
Si badi, tutto questo, con riferimento a  “Tariffe” (tributi in realtà)  destinate alla sostituzione con la R.E.S. (Tributo Comunale rifiuti e servizi) a partire dal 1.1.2013 (art. 14 DL 201/2011).
 
Ma la strada non può essere così semplice e già si attende qualche intervento legislativo (o governativo), qualche “circolare” che limiti o sopprima la richiesta di rimborso.
In ogni caso il rimborso impone molti distinguo:
Può essere richiesta solo se la tariffa è stata chiesta da Comuni (gestori del Servizio)
Bisogna capire se il Comune ha applicato la TIA2 (Tariffa INTEGRATA ambientale ex art. 238 Dlgs. 152/2006) o al TIA1 (Tariffa IGIENE Ambientale art. 49 Dlgs. 22/97).
Se ha applicato la TIA1 il rimborso può avvenire per le vie brevi.
Se ha applicato la TIA 2 bisogna fare attenzione; qualche intoppo potrebbe esserci (ma c’è speranza).
Non può essere chiesta ai Comuni che hanno applicato la TARSU (l’iva non è applicata).
 
La Cassazione, con la sentenza 3756 del 9 marzo 2012, sancendo la natura di tributo per la Tia1 (articolo 49, del decreto legislativo 22/97) ha, pertanto, negato che possa essere assoggettabile a Iva.
Scrive la Cassazione a conforto  del contribuente: “la questione…. relativa alla… soggezione della Tia1 all’IVA va risolta in coerenza con la pacifica natura tributaria della medesima, con la mancanza di disposizioni legislative che …assoggettano a iva le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e con l’irrilevanza di diverse prassi amministrative …. posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa e non da dette eventuali distorte prassi…”
La sentenza capovolge, ad esempio, le conclusioni della Circolare 3/2010 (dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze), che aveva ravvisato una sorta di continuità tra Tia1 e Tia2 (articolo 238 del Dlgs 152/06) affermando che anche la Tia1 si sarebbe configurata come un’entrata patrimoniale (pagamento di un servizio) e, in quanto tale, assoggettabile a Iva.
A dire il vero questa ultima prassi rischia di provocare un ritorno negativo laddove la continuità asserita potrebbe e dovrebbe trasmettersi dalla Tia 1 alla TIA2… con conseguente rimborso anche della TIA2…. si vedrà.
Tuttavia la Cassazione ha ritenuto una forzatura logica il principio secondo cui la successione logico-giuridica di due entrate possa generare in automatico l’identità della loro natura. La sentenza ha, pertanto, rilevato che l’identificazione di un prelievo deve avvenire sulla base della complessiva disciplina legislativa e non esiste nessuna previsione che supporti la connotazione patrimoniale della tariffa e dunque l’applicabilità dell’IVA.
 

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Sicurezza: Conferenza Stato Regioni

Sicurezza/Lavoro: Conferenza Stato Regioni
Approvazione degli Accordi sulle attrezzature di lavoro / Gazz. uff. 12.3.2012 n. 60
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La Conferenza Stato Regioni del 22 febbraio scorso ha approvato un accordo, che entrerà in vigore dopo 12 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (12.3.2013) che individua le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di questa abilitazione. L’accordo definisce inoltre i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione da erogare a questi lavoratori. Si tratta ricordiamo di formazione specifica che non esime gli stessi operatori dal seguire iter e programmi formativi obbligatori. La durata ed i contenuti della formazione sono da considerarsi minimi.
I soggetti formatori
Rispetto ai requisiti dei soggetti formatori fissati dall’ accordo sulla formazione dei lavoratori in attuazione dell’articolo 37 del D.Lgs. 81/2008, questo nuovo accordo ne prevede di più specifici. È infatti stabilito che solo alcuni soggetti formatori possono erogare la formazione. Oltre a quelli istituzionali (Il Ministero del lavoro, l’Inail, le Regioni e le Province, ecc) sono previsti anche gli organismi paritetici e gli enti bilaterali, le associazioni sindacali, gli ordini e i collegi professionali, pur con alcune limitazioni previste dal punto 1 dell’accordo. Sono inoltre abilitati gli enti di formazione accreditati presso i sistemi regionali con una esperienza minima di 3 anni nel settore specifico o di 6 anni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.
Le attrezzature
Le attrezzature per l’uso delle quali è prevista formazione specifica sono: piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru a torre, gru mobile, gru per autocarro, carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo, trattori agricoli o forestali, macchine movimento terra, pompa per calcestruzzo.

Il percorso formativo
Vengono definiti i requisiti minimi dei corsi, che devono disporre di un responsabile, di un registro di presenza, di un numero massimo di allievi per ogni corso non superiore alle 24 unità, di un rapporto istruttore allievi nella pratica in aree idonee non superiore di 1 a 6. Tre generalmente le tipologie di modulo formativo: teorico, tecnico, pratico. Con questi ultimi due dalla lunghezza e dalla consistenza molto variabile in base all’attrezzatura oggetto della formazione. Per il modulo giuridico e per il tecnico è consentito l’uso di modalità formative in e-elarning. Il modulo giuridico qualora si desideri ottenere attestato per diverse attrezzature è sempre valido. Al termine di ogni modulo e alla conclusione dell’intero iter sono previste prove di valutazione. Al termine delle prove di valutazione sono rilasciati attestati di abilitazione. L’abilitazione durerà 5 anni e per il rinnovo occorrerà seguire corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore.
Il percorso formativo verrà registrato nel libretto formativo del cittadino (art.2 comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276). Al contempo il soggetto formatore dovrà conservare per almeno 10 anni il “Fascicolo del corso” con i dati dei corsi, degli allievi e degli attestati. Il percorso formativo prevede vari moduli teorici e pratici con verifiche intermedie e finali i cui contenuti variano in riferimento alla tipologia di attrezzature. Per alcuni moduli teorici è prevista la possibilità di erogare la formazione in modalità e-learning: modulo giuridico normativo (1 ora) e modulo tecnico (2, 3, 6 o 7 ore in funzione della tipologia di attrezzature).
 
La durata della validità dell’abilitazione e l’aggiornamento della formazione
L’Accordo prevede che l’abilitazione sia rinnovata ogni 5 anni dalla data di rilascio dell’attestazione dell’abilitazione, a condizione che sia svolto un corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore di cui almeno 3 ore relative agli argomenti previsti dai moduli pratici.
Formazione pregressa
Per quanto riguarda il riconoscimento della formazione pregressa saranno riconosciuti attestati di: corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a quella indicata dagli accordi; corsi dalla durata inferiore ma completati da aggiornamento entro 24 mesi dall’entrata in vigore dell’accordo con verifica finale; corsi non completati da verifica finale e di qualsiasi durata, purchè entro 24 mesi siano integrati da modulo di aggiornamento e verifica finale di apprendimento.

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Acque: violazione tabellare

Acque: fermo dell’impianto e campionamento
Sentenza Tar Napoli 13 febbraio 2012, n. 746 – Violazioni tabellari e accertamento.
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La sentenza ha il pregio di precisare e porre limite agli accertamenti finalizzati alla contestazione di violazioni tabellari degli scarichi.
La Corte collega il “diritto” alla “realtà” operativa degli impianti di depurazione.
L’accertamento,che rileva violazione di limiti tabellari, deve essere considerato alla luce della operatività del sistema di depurazione; sistema mai perfetto, soggetto a variabili spesso imponderabili.
Ecco, dunque, che l’accertamento eseguito subito dopo un periodo di fermo dell’impianto  non concreta, necessariamente, sanzione per la violazione tabellare.
Emerge il concetto che il campionamento deve essere “rappresentativo” della normale gestione dell’impianto e dunque qualsiasi accadimento fisiologico o tecnico, purchè proprio della vita dell’impianto, mina la  attendibilità  del campionamento stesso.
In particolare la sentenza ha anche il pregio, ormai raro, di avere chiarezza espositiva che permette la semplice parafrasi:
 
Ordinanza sindacale: divieto
Con ricorso una societa’ esercente nel proprio stabilimento  attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, impugnava, l’ordinanza con il quale il Comune  in base al rapporto di prova per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale  recante, divieto di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti.
 
La societa’ rappresentava:
— di essere munita dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano,
— nella giornata del campionamento, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ ARPAC in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;
— in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl proponeva al sindaco di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;
—il Sindaco, con ordinanza, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;
— la società, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;
—   in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la  Srl si conformava al divieto di scarico
—   al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso,
—   l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.
 
In questo quadro di riferimento la Corte accoglie il ricorso della società rilevando:
 
La Corte “… in relazione ai due sopralluoghi effettuati, ….. ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura…”
La società nel corso del processo produceva perizia “…..da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti) che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.
La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo ……..sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.
 
Seguiva istruttoria e l’articolazione delle difese e si giungeva alla conclusione che “ ….
le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.
Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006…”
Ed ancora la Corte precisa ”…..Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime….”
 

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Terre e rocce da scavo: DL 1/2012 approvato

Terre e rocce scavo: modifiche
DL n. 1/2012 approvato
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il DL 1/2012 vigente dal 25/1/2012 e’ stato approvato e si attende la imminente conversione in legge. Il Decreto contiene molte novità .
L ‘ art. 49 del DL 1/2012 ( liberalizzazioni) dialoga invero con l’ art. 13 del DL 2/2012 ( ambiente) in materia di “materiali da riporto”.
Il futuro Regolamento in materia di terre e rocce da scavo conterrà anche la disciplina su ” materiali da riporto.
Così il nuovo testo dell’ art. 49:
All’articolo 49:
al comma 1, le parole da: «da adottarsi» fino alla fine del comma sono soppresse;
dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro ses- santa giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del de- creto legislativo n. 152 del 2006.
1-ter. All’articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo e` sostituito dal seguente: “Dalla data di en- trata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 49 del decreto- legge 24 gennaio 2012, n. 1, e` abrogato l’articolo 186”.
1-quater. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

adminTerre e rocce da scavo: DL 1/2012 approvato
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Materiali/matrici da riporto: modifiche in arrivo

(2) Materiali/matrici da riporto: modifiche DDL C. 4999
art. 3 DL 2/2012 – Vigente dal 26.1.2012
 a cura di avvocato Cinzia Silvestri
Su questo sito è commentato il comma 2 dell’art. 3 DL. 2/2012, vigente. Si evidenziava la tortuosa tecnica legislativa a fronte della semplicità dell’intento, ovvero, sottrarre i materiali da riporto alla applicazione della normativa dei rifiuti laddove siano presenti alcuni requisiti.
Ebbene, proprio il comma 2 dell’art. 3 che modificava l’art. 39 del Dlgs. 205/2010 sembra espunto dalla legge di conversione del decreto.
Ed invero il DL 2/2012, vigente al 25.1.2012, è in corso di conversione ed il Senato, in data 24.2.2012, ha consegnato il testo ampiamente modificato alla Camera (DDL C. n. 4999).
Il DL vigente, composto di soli 3 articoli, ha subito cesure, modifiche ampliamenti di notevole spessore e molte sono le novità in arrivo.
E’ certo prematuro commentare ed anticipare i contenuti di un testo che potrebbe non trovare accordo ma le modifiche sul punto “matrici da riporto” sono interessanti e tracciano il cammino del legislatore che appare invero un po’ ….confuso.
Si consideri che il DL, oggi vigente, richiama l’art. 185 e l’art. 184bis TUA, comprende nel “suolo” le “matrici da riporto”, richiama l’intricato passaggio rifiuti/non rifiuti/sottoprodotti; non definisce le “matrici da riporto”, evoca l’allegato 2 della parte V senza altro precisare.
La legge di conversione contiene l’assoluta novità, ad esempio, di definire i “materiali di riporto”; richiama il Regolamento sulle terre e rocce da scavo; offre interpretazione autentica del legislatore e dunque pone valore normativo e retroattivo alla stessa.
Si indica di seguito tabella di raffronto delle possibili modifiche che interverranno in sede di conversione del DL 2/2012.
Poco rimane dell’art. 3 DL 2/2012 vigente.
 

Art. 3 DL 2/2012 vigente dal 25.1.2012 Art. 3 DDL C. n. 4999
Materiali di riporto (Interpretazione autentica dell’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disposizioni in materia di matrici materiali di riporto e ulteriori disposizioni in materia di rifiuti).
   1.  Considerata   la   necessita’   di   favorire,   nel   rispetto dell’ambiente, la ripresa del  processo  di  infrastrutturazione  del Paese,ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei  suoli contaminati, i riferimenti al  «suolo»  contenuti  all’articolo  185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si intendono come riferiti  anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del predetto decreto legislativo. 1. Ferma restando la disciplinain materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.
 
2. All’articolo 39, comma 4, del  decreto  legislativo  3  dicembre 2010, n. 205, dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «Con  il medesimo decreto sono stabilite le condizioni alle quali  le  matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.». “2. Ai fini dell’applicazione dei commi da 1 a 4, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei utilizzati in passato per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei, quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione e materiali terrosi”.
3. Nel caso in cui il decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge24 gennaio 2012, n. 1, non sia emanato entro il termine di novantagiorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
“4. All’articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: “suolo” sono inserite le seguenti: “, materiali di riporto”.

 

adminMateriali/matrici da riporto: modifiche in arrivo
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Proroghe: Legge n. 14/2012

Proroghe: e’ Legge
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il DL del 29.12.2011 n. 216 e’ stato convertito con Legge del 24/2/2012 n. 14 in vigore dal 28/2/2012.
Le proroghe incidono anche su materia ambientale e già si era anticipato su questo sito la proroga Sistri al 30/6/2012.
Con riserva di approfondimento si offre lettura del testo ampiamente modificato dalla Legge.
Confermata proroga Sistri al 30/6/2012.

adminProroghe: Legge n. 14/2012
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Trasporto rifiuti: modifiche DL n. 5/2012

Trasporto rifiuti – IMPRESE AGRICOLE
Il viaggio non è considerato trasporto ...se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo (Art. 193 comma 9 bis  Dlgs. 152/2006 e art. 28 DL n. 5/2012)
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Il DL n. 5/2012 (semplificazioni) è all’esame della Camera ed in attesa di conversione.
L’art. 28 D.L. 5/2012 (vigente al 10.2.2012)  modifica anche l’articolo 193 del  D.Lgs. 152/06 inserendo il comma 9 bis.
 AZIENDA AGRICOLA
Il Governo esclude  l’applicazione degli adempimenti relativi al trasporto in presenza di presupposti, quali:
1) “La movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti  alla medesima  azienda  agricola”: il Governo sottolinea la unicità del gestore; il trasporto avviene tra  fondi che appartengono alla medesima azienda. Il termine “appartenenza” non è giuridico e si presta a varia interpretazione.  Vero è che il Governo subito di seguito si esprime precisando la “disponibilità giuridica”.
2) “ancorche’  effettuati  percorrendo   la pubblica via”: i fondi possono non essere contigui e necessitare, per il raggiungimento, di percorrere, ad esempio, la pubblica via;
3) “Non e’  considerata  trasporto  ai  fini  del  presente decreto”: viene esclusa dunque la normativa e gli adempimenti relativi al trasporto della parte IV del decreto; e ciò previa verifica o meglio “ qualora risulti comprovato”:
a)  “da elementi oggettivi  ed  univoci” : il riferimento apre le porte alla discrezionalità.
b)  “finalizzata unicamente al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei rifiuti in deposito temporaneo” : il deposito temporaneo ha subito modifica proprio con il DL 5/2012 al successivo comma 2 dell’art. 28 in favore delle imprese agricole (si rimanda alla pubblicazione in questo sito). Il deposito temporaneo dunque si estende a fattispecie prima non comprese sia sotto il profilo del “luogo” sia con riferimento ai “soggetti”. Il deposito temporaneo (art. 183 comma 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006 come riformato dall’art. 28 DL 5/2012) costituisce perno della intera disciplina. Il viaggio non è considerato trasporto solo e se finalizzato a raggiungere luogo per deposito temporaneo.
c)  e la distanza fra  i  fondi non sia superiore a dieci chilometri: curiosa la precisazione e sfugge il criterio che ha prodotto tale affermazione.
 
COOPERATIVA AGRICOLA
ART. 183  e ART. 193 Dlgs. 152/2006
L’inciso finale dell’art. 193 comma 9bis deve essere letto in combinato disposto con le modifiche dell’art. 183 com. 1 lett. bb) (cfr. art. 28 DL 5/2012).
La modifica considera l’imprenditore agricolo socio di cooperativa agricola che
1)    deposita (temporaneo) presso il sito che è nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia) ; non necessariamene dunque il luogo di produzione.
2)    trasporta presso il sito nella disponibilità giuridica della cooperativa (socia)
 
Si nota che il Governo apre il secondo capoverso dell’art. 28 Dl 5/2102 dedicato alla cooperativa agricola con l’inciso ”Non  e’  altresi’  considerata  trasporto la movimentazione dei rifiuti effettuata  dall’imprenditore agricolo …”.
Quasi a precisare ipotesi diversa da quella precedente e tale da poter escudere in questo caso che, ad esempio, i fondi debbano avere una vicinanza inferiore ai … 10 chilometri (?).
Sembra invero una fattispecie diversa da quella relativa alla azienda agricola.
Si nota, altresì,  l’inciso relativo alla “disponibilità giuridica” che evoca la esistenza di un titolo (contratto, proprietà, affitto ecc…).
 
Di seguito le modifiche apportate dal DL 5/2012 art. 28 commi 1 e 2

Deposito temporaneoArt. 183 co. 1 lett. bb) Dlgs. 152/2006DL 5/2012 art. 28
Vigente al 10.2.2012
Trasporto rifiutiArt. 193 co. 9bis  Dlgs. 152/2006DL 5/2012 art. 28
Vigente al 10.2.2012
bb)  “deposito  temporaneo”:  il   raggruppamento   dei   rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui  gli  stessi  sono prodotti o,   
 
 
  
per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo  2135 del codice civile,  presso  il  sito  che  sia  nella  disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola di cui gli stessi  sono  soci,
alle seguenti condizioni: “….”
9-bis.  La  movimentazione dei rifiuti tra fondi appartenenti alla  medesima  azienda  agricola, ancorche’ effettuati percorrendo la pubblica via, non e’  considerata trasporto ai fini del presente decreto qualora risulti comprovato  da elementi oggettivi ed  univoci  che  sia  finalizzata  unicamente  al raggiungimento del luogo di messa a dimora dei  rifiuti  in  deposito temporaneo e la distanza fra  i  fondi  non  sia  superiore  a  dieci chilometri.Non e’ altresi’ considerata trasporto  la  movimentazione dei rifiuti effettuata dall’imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile  dai  propri  fondi  al  sito  che  sia  nella disponibilita’ giuridica della cooperativa agricola di cui e’  socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.».

 
 
 
 
 
 

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