Repressione corruzione e illegalità nella P.A. – Corso

Repressione della Corruzione e dell’ illegalità nella P.A.
Corso “Anticorruzione” – Venezia
Docenza tenuta da avv. Cinzia Silvestri


 
Le diapositive pubblicate sono accessibili solo dai partecipanti al corso di formazione previsto dalla L. n. 190/2012 (legge anticorruzione)  tramite password.
Il corso tenuto preso  sede di Ente inVenezia ha avuto il seguente oggetto:
Repressione della Corruzione e dell’illegalità della PA – 13 novembre e 3 dicembre 2014 (6 ore):  accedi alle diapositive del corso – Corruzione 
Trasparenza, incompatibilità e inconferibilità per la repressione della corruzione e illegalità nella PA – 27 novembre e 10 dicembre 2014 (6 ore): accedi alle diapositive del corso – trasparenza 

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AIA e sanzioni

AIA e sanzioni: art. 29 quattuordecies e art. 256 Dlgs. 152/2006
Cassazione penale n. 16756/2013
a cura di Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza offre utile riflessione sul rapporto esistente tra vari illeciti ovvero il rapporto tra il reato di cui all’art. 256 Dlgs. 152/2006 e le sanzioni previste dall’art. 29 quattordecies del Dlgs. 15272006 in materia si AIA.
E ciò anche alla luce delle modifiche intervenute agli artt. 29bis ss. ex Dlgs. 46/2014
Il Tribunale Teramo condannava  il Responsabile tecnico di un Consorzio ed il Presidente del Consiglio di amministrazione per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 perchè  non osservava le prescrizioni tecniche contenute nel provvedimento di autorizzazione all’esercizio della discarica Consortile , al fine di evitare rischi di inquinamento, in particolare, le acque superficiali nell’area di discarica non erano state contenute, il percolato non veniva adeguatamente captato e smaltito, con conseguente sversamento dello stesso nel terreno adiacente e sul Fosso .
L’impitato tra le varie contestazioni adduceva l’  “…erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 in quanto il reato contestato doveva essere quello di cui al D.Lgs. n. 59 del 2005, art. 16 ratione temporis, che punisce l’inosservanza delle prescrizioni dell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale), con la pena dell’ammenda da 5.000 a 26.000, in quanto la discarica in oggetto rientra nella disciplina del D.Lgs. n. 152, art. 208 in quanto riceve più di 10 tonnellate al giorno;
La Cassazione risponde alla eccezione e con riferimento ancora al Dlgs. 59/2005 art. 16 comma 2 e precisa, rigettando l’eccezione che: “… risulta non fondato, atteso che la fattispecie indicata dal ricorrente, vigente ratione temporis, risulta residuale rispetto all’applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 in virtù dell’apposizione della clausola di riserva (del D.Lgs n. 59 del 2005, art. 16, comma 2 oggi abrogato, recita ® Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 Euro a 26.000 Euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità competente).
la cassazione evidenzia anche che l’applicazione della ammenda ai sensi dell’art. 16 citato non ha in concreto effetti favorevoli per l’imputato:”… infatti, a fronte della fattispecie incriminatrice richiesta in applicazione dal ricorrente, la quale prevede una pena dell’ammenda da 5.000 a 26.000 Euro, la disposizione applicata in concreto dal giudice di merito, in relazione alla riconosciuta attenuante della lieve entità del fatto, disciplinata al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 (che consente una riduzione alla metà rispetto alla fattispecie), ha permesso al giudice di determinare la pena base in 3.000 Euro di ammenda, ridotte per effetto della diminuente a 1.500 e poi ulteriormente ridotta alla pena finale come comminata, per effetto delle circostanze attenuanti generiche.
 

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Rifiuto o non rifiuto?

Ricambi di auto usate  e traffico illecito di rifiuti ex art. 259 Dlgs. 152/2006
Cass. pen. Sez. III, Sent., 16-09-2014, n. 37847
a cura di Cinzia Silvestri e Margherita Pepe – Studio Legale Ambiente


 
La Polizia giudiziaria in occasione del controllo di un container destinato all’esportazione in Egitto sequestrava 10 tonnellate di ricambi auto di due tipologie:
a) ricambi attinenti alla sicurezza del veicolo;
b) ricambi non attinenti alla sicurezza dei veicolo.
Il sequestro veniva convalidato dal giudice solo per i ricambi attinenti alla sicurezza del veicolo, sul rilievo che i ricambi auto non attinenti alla sicurezza del veicolo possono essere oggetto di commercio ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2003 in attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, mentre le parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso sono cedibili solo agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, contenente disposizioni in materia di sicurezza della circolazione stradale e dell’attività di autoriparazione. E non essendo la società in questione iscritta alle imprese esercenti attività di autoriparazione, era stato confermato il loro sequestro.
I reati ipotizzati:
traffico illecito di rifiuti (art. 259 del DLgs 152/2006[1)) per aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad effettuare una spedizione transfrontaliera di rifiuti non pericolosi dichiarati alla Dogana come “motori usati e loro parti”;
– falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 del codice penale[2]) per aver falsamente dichiarato, nella bolletta doganale emessa dalla Dogana di, che si trattava di “motori usati e loro parti”.
 
DECISIONE
Al fine di dirimere la questione è necessario inquadrare in che modo ciò che è rifiuto può cessare la sua qualifica ed essere per ciò sottratto alla disciplina sui rifiuti.
I veicoli fuori uso e i prodotti del loro smantellamento sono rifiuti ai sensi della voce “16 01” dell’allegato D alla parte quarta del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, richiamato dall’art. 184, comma 5 del medesimo DLgs, che classifica i rifiuti.
Secondo l’art. 184-ter del medesimo decreto, però, un rifiuto cessa di essere tale quando viene sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Inoltre l’art. 184-ter comma 4 richiama espressamente anche il DLgs 209/2003 relativo ai veicoli fuori uso.
Ne consegue che le parti di autoveicoli recuperate a seguito di messa in sicurezza, da parte di soggetto autorizzato e con il concorso delle condizioni di cui all’art. 184-ter, cessano di essere rifiuti.
Il fatto che le parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso possono essere cedute solo agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione non incide sulle condizioni previste per la cessazione della qualifica di rifiuto e la limitata commerciabilità delle parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso non esclude che possa esistere un mercato o una domanda per tali oggetti.
Non è possibile quindi concludere sulla persistente natura di rifiuto delle parti di autoveicolo attinenti alla sicurezza della veicolo recuperate e messe in commercio solo sulla base della limitata commerciabilità, che non è legata alla tipologia di rifiuto recuperato, ma esclusivamente a questioni di sicurezza.
Le parti attinenti alla sicurezza del veicolo, infatti, sono quei componenti “il cui funzionamento errato provoca direttamente una perdita di controllo dell’autoveicolo o qualsiasi altro grave rischio per gli occupanti o eventuali terzi coinvolti” o quei componenti “il cui mancato funzionamento non è avvertibile dal conducente con un anticipo sufficiente a permettere di arrestare la marcia dei veicolo od a consentire manovre tali da eliminare le possibilità di rischio” Questo spiega perchè tali parti di ricambio possono essere cedute solo alle imprese esercenti attività di autoriparazione.
Ne consegue che, al fine di accertare la effettiva sussistenza del reato per il quale si procede, non rileva se le parti oggetto di spedizione attengano o meno alla sicurezza del veicolo, ma se sia, piuttosto, cessata o meno la qualifica di “rifiuto”.
Il giudice ha quindi annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato al Tribunale per riesaminarla.
 
[1] ART. 259 traffico illecito di rifiuti
1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell’Allegato II del citato regolamento in violazione dell’articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso è punito con la pena dell’ammenda da millecinquecentocinquanta euro a ventiseimila euro e con l’arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi.
2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
[2] Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

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Committente e appaltatore: responsabilità per danni contro terzi

Committente e Appaltatore: responsabilità esclusiva per danni contro terzi
Cass. pen. 20557 del 30.9.2014
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Un condomino convenne in giudizio il Condominio, l’amministratore dello stesso in proprio quale Direttore lavori, nonchè la società esecutrice dei lavori, chiedendo “..che fossero condannati al risarcimento dei danni patiti, nell’unità immobiliare di sua proprietà, a causa della cattiva esecuzione di opere di bonifica e di impermeabilizzazione del tetto del Palazzo; lamentò, in particolare, che, a seguito della fortissima pioggia caduta erano stati gravemente danneggiati i preziosi manoscritti e le filze costituenti l’archivio storico della biblioteca…”
Il Tribunale condannò l… continua lettura articolo “Committente danni

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Committente e Direttore Lavori: responsabilità reati ambientali

Committente e Direttore Lavori: responsabilità reati ambientali 
Cass. Pen. 37547/2013 – art. 256 Dlgs. n. 152/2006
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza della Cassazione ribadisce che
1)    nessuna responsabilità può essere attribuita solo in forza della carica ricoperta
2)    la responsabilità omissiva ex art. 40 co. 2 c.p. (obbligo di impedire il fatto) può essere contestata solo se esiste una posizione di garanzia intesa quale espresso obbligo (contratto, legge ecc…) che impone il dovere di attivarsi per impedire l’evento.
Nel caso in esame la Cassazione esclude in capo al Committente ed al Direttore dei lavori l’obbligo di impedire reati ambientali laddove nessuna norma, legge, contratto prevede tale obbligo.


II Tribunale condannava ai sensi dell’art. 256 comma 2 Dlgs. 152/2006, in concorso tra loro,
“..il primo quale committente di lavori edili per la realizzazione di un fabbricato,
il secondo quale titolare della ditta esecutrice dei lavori, ….. continua lettura articolo 

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Sicurezza: Committente e responsabilità di informazione

Sicurezza: Committente e responsabilità di informazione
Cass. pen.  n. 23670/13

Segnalazione a cura di  Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri 


Spesso la posizione di Committente induce le aziende alla errata convinzione di essere escluse da responsabilità. La sentenza citata coinvolge nella responsabilità per omicidio colposo anche il committente.

Il caso.
Un operaio della ditta appaltatrice …continua lettura articolo Committente Cass 23670.13

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Rifiuti e appalti: Responsabilità

Rifiuti e Appalti: Responsabilità
Cass. penale n. 13025/2014 – reato associativo e art. 260 Dlgs. 152/2006

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza  precisa il rapporto tra appaltatore e appaltante nella gestione dei rifiuti. In particolare:

 Il caso ed il reato contestato art. 260 Dlgs. 152/2006


La sentenza offre precisa individuazione del reato di traffico illecito di rifiuti organizzato in concorso tra società appaltante e appaltatrice.
L’indagato (società appaltatrice) era stato “….gravemente indiziato di essersi associato con altri, allo scopo di commettere delitti concernenti il traffico illecito organizzato di rifiuti speciali, anche pericolosi, mediante una serie indeterminata di trasporti e sversamenti,   ….continua la lettura dell’articolo  Rifiuti e appalti
 

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Sicurezza: Dirigente senza budget

Sicurezza: “Dirigente” senza budget
Cassazione penale n. 6370/2014

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri 


 

La Corte di Cassazione, con sentenza 6370 dell’11 febbraio 2014, ha chiarito la posizione del soggetto che, sebbene qualificato come dirigente, non abbia poteri decisionali e di spesa ovvero di budget o fondi finanziari ai quali attingere, in relazione alle responsabilità scaturenti dalla sua posizione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.. Tali soggetti pur avendo la qualifica di dirigente e occupando posizione di vertice non sono equiparabili al datore di lavoro e dunque non sono imputabili le relative responsabilità continua lettura articolo Dirigente senza budget

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Dlgs. 231/2001: differenza tra concussione e Induzione indebita

Dlgs. 231/2001 – Concussione e Induzione indebita
 Quale differenza tra i due reati? Risponde la Cassazione penale Sez. Unite 12224/2014
 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


I reati di concussione e induzione indebita sono sanzionati dal Dlgs. 231/2001 con particolare gravità (da 300 quote a 800 e sanzioni interdittive) (vedi anche articolo su questo sito)
Tali reati possono essere utilmente commessi anche in materia ambientale attesa la trasversalità degli istituti tant’è che il Piano Nazionale Anticorruzione prevede l’estensione o comunque la considerazione di questi reati anche in tutti i settori (Ambiente, Sicurezza ecc..).
Di fatto l’introduzione del reato di Induzione amplia il novero dei comportamenti perseguibili in quanto coglie l’aspetto psicologico della induzione facilmente riscontrabile nella nostra quotidianità e forse meno percepibile come reato nella coscienza di molti. (continua lettura dlel’articolo concussione e induzione..)

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Ambiente, Dlgs. 231/2001 e Corruzione

Ambiente, Dlgs. 231/2001 e Corruzione
 Cosa cambia per le Pubbliche Amministrazioni e non solo (PNA)
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il modello relativo alla responsabilità amministrativa declinato all’art. 25[1] Dlgs. 231/2001 ha subìto, con la Legge190/2012, modifica ed integrazione.
La L. 190/2012 ha aggiunto tra i reati presupposto la “induzione indebita a dare o promettere utilità”  e ha revisionato, soprattutto, i reati richiamati nel codice penale (cfr. art. 75 della L. 190/2001).
Le Società che hanno pertanto costruito il modello sui reati di concussione e corruzione hanno aggiornato il Modello 231 alle novità introdotte dalla Legge sulla Corruzione…….. (continua la lettura dell’articolo Corruzione e ambiente ..)

Leggi anche sul sito articolo già pubblicato su PNA e PTCT….


[1] Art. 25 Concussione , induzione indebita a dare o promettere  utilita’  e  corruzione
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 318, 321 e 322, commi 1  e  3,  del  codice  penale,  si  applica  la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, del codice  penale,  si applica all’ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui  agli  articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell’articolo 319-bis quando  dal  fatto l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entita’, 319-ter, comma 2, ((319-quater)) e 321 del codice penale,  si  applica  all’ente  la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all’ente anche quando  tali  delitti  sono  stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.
5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2  e 3, si applicano le sanzioni interdittive  previste  dall’articolo  9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
 
 
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Reati ambientali: novità

REATI AMBIENTALI – NOVITA’
Approvato dalla Camera il Disegno di Legge sui Nuovi Reati ambientali

Segnalazione a cura di  Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri  e Dario Giardi


 

La Camera dei Deputati ha dato impulso alla normativa che introduce rilevanti novità nel codice penale.
La declinazione degli articoli nuovi (artt. 452bis ss. c.p.) è già indicata nel sito del Parlamento di cui si riporta un estratto.
Ciò che si vuole mettere in luce con questa breve informativa è :
1) la collocazione dei nuovi reati ambientali…. (continua lettura articolo3 reati ambientali

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Piano Nazionale Anticorruzione e P.A.

Piano Nazionale Anticorruzione: Le Amministrazioni sono chiamate a realizzare il Piano Triennale Anticorruzione (PTPC)

A cura di Cinzia Silvestri– Studio Legale Ambiente


 

E’ stato approvato il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) che ha lo scopo di segnare alcune linee guida finalizzate alla prevenzione della corruzione.
Il concetto di corruzione, nell’ambito del PNA, ha una accezione ampia, non strettamente giuridica, e vuole colpire tutti i comportamenti in cui si riscontri l’abuso da parte di un soggetto Pubblico ; in particolare dialoga con alcuni blocchi normativi di particolare complessità e rilevanza …..(……..continua lettura articolo PNA e PTPC

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Acque di dilavamento e industriali: non sono assimilabili

Acque di dilavamento e industriali: non sono assimilabili
Cass. pen. Sez III 2867/2014  

A cura di Cinzia Silvestri– Studio Legale Ambiente


 

Il caso:
Sul piazzale asfaltato di uno stabilimento veniva stoccato del materiale (poltiglia, frammenti di carta, fanghiglia.. ). Le acque piovane (meteoriche di dilavamento) trascinavano i materiali stoccati trasformandosi in acque meteoriche contaminate, mescolandosi alle acque piovane e scaricando sul suolo a mezzo dei tombini.
 Ebbene secondo la sentenza poi impugnata …. (continua lettura articolo Acque dilavamento e industriali…)

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Sfalci e potature: combustione

Sfalci e potature: Combustione
Cassazione penale n. 16474/2013
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


 
La Cassazione penale ha affrontato un caso che si presenta oggi di particolare attualità, alla luce del nuovo reato di combustione illecita dei rifiuti (art. 256bis Dlgs. 152/2006).
La sentenza applica l’art. 185 Dlgs. 152/2006 come riformato nel 2010 (Dlgs. 205/2010): norma peraltro più favorevole per il reo e conseguente applicazione dell’art. 2 c.p. .. e la Cassazione  assolve l’imputato.
Continua a leggere l’articolo …256 sfalci potature

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Rifiuti: Combustione illecita è Legge

Rifiuti: Combustione Illecita è Legge

Legge del 6.2.2014 n. 6 di conversione del DL 136/2013 (Terra dei Fuochi)
a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il legislatore con Legge n. 6/2014 vigente dal 9.2.2014 ha convertito il DL 136/2014 (Terra dei fuochi)

L’art. 3 della L. n. 6/2014 ha inserito numerose modifiche ed integrazioni disciplinando al primo comma l’art. 256 bis (modificato) e al comma 2 inserendo la disciplina delle competenza e dei controlli rispetto a tale reato.
Si allega di seguito tabella riassuntiva pubblicata nel ………….continua lettura 256 bis 3

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Prestanome e gestore di fatto: quali responsabilità ambientali?

Amministratore società/prestanome e gestore di fatto: quali responsabilità ?
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


 
La sentenza n. 47110/2013 Cassazione penale richiama principi applicabili anche in tema di responsabilità per reati ambientali[1].
La vicenda considera il caso, non raro, in cui un soggetto assume formalmente la carica di amministratore della società quale mero prestanome.
 Il Tribunale in primo grado assolve il prestanome in quanto risultava provato che .. fosse estraneo alla vita economica dell’impresa societaria, gestita a sua insaputa…”
2. Il Procuratore Generale della Repubblica ricorre censurando la decisione per violazione dell’art. 40 cpv c.p. e art. 2392 c.c.
La corte di cassazione accoglie la tesi della Procura ed afferma che il gestore di fatto è imputabile in concorso con il prestanome (amministratore di diritto) il quale abbia concretamente concorso nel reato.
Il prestanome, pur essendo escluso dalla effettiva gestione della società, è ritenuto responsabile a titolo di dolo eventuale laddove si provi in concreto che lo stesso era a conoscenza dei reati perpetrati e non si sia attivato per impedire l’evento.
Rileva in particolare che l’amministratore di diritto, (prestanome) quale legale rappresentante della società ..è formalmente titolare di una posizione di garanzia, per cui risponde a titolo responsabilità omissiva in ordine alle violazioni della legge (nel caso di specie tributaria)  avendo l’obbligo di impedire l’evento, anche se esiste, come nel caso di specie, un amministratore di fatto, il quale concorre nel reato. “Secondo il PG ricorrente, allorchè l’amministratore di diritto (prestanome), disinteressandosi dai compiti che gli sono imposti dalla legge, consente che altri realizzino condotte delittuose, deve ritenersi responsabile perchè l’inerzia è sinonimo di omissione e questa può essere effetto di negligenza ma anche di dolo. Richiama il principio di diritto secondo cui il prestanome risponde a titolo di dolo eventuale perchè, accettando la carica sociale, assume anche i rischi connessi e rileva che nel caso di specie .. aveva avuto modo di cogliere segnali di allarme sulla regolarità della gestione societaria, come rilevato dalla stessa sentenza impugnata.

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