Bonifica e responsabilità: il concetto di più probabile che non..

Bonifica e responsabilità: il concetto di più probabile che non..

Bonifica e responsabilità: il concetto di “più probabile che non”.
Alla ricerca del “colpevole”
TAR Lombardia Brescia n. 766/2018
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Bonifica e responsabilità: il concetto di “più probabile che non”.

E’ interessante il percorso del TAR nell’individuare la responsabilità del proprietario che crede di essere incolpevole ma in realtà non lo è.
La questione attiene all’onere di bonifica in capo da una Società non solo sul proprio terreno di proprietà e dunque sul sito in cui svolgeva la propria attività industriale ma anche lungo le “sponde del Mincio” ossia in zona perimetrale e limitrofa al sito ed esterna. La Società si oppone a questa residuale bonifica adducendo di non esserne responsabile e portando in giudizio elementi che pongono dubbio sulla riconoscibilità dell’evento alla sua attività.
Il TAR espone il lungo decalogo che conferma la responsabilità solo di colui che ha inquinato (chi inquina paga) e conclude però che la Società è la “responsabile” anche dell’inquinamento dell’area limitrofa (non di sua proprietà) applicando il principio civilistico del “più probabile che non” . Secondo il TAR gli elementi di causa riconducevano la responsabilità alla Società con alta probabilità. Continua il TAR adducendo che la prova a discarico– ovvero che l’inquinamento dell’area esterna non era riferibile alla società bensì ad altri soggetti – era a carico della società, tenuta anche ad indicare nome e cognomedella terza inquinatrice. Il TAR dunque impone l’onere  alla amministrazione di ricercare il  “colpevole”, a carico della Società stessa .
In particolare: continua lettura articolo TAR 766 – Bonifica e responsabilità: il concetto di “più probabile che non”. 

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SOCIETA’ PARTECIPATE  o IN HOUSE – RESPONSABILITA’

SOCIETA’ PARTECIPATE  o IN HOUSE – RESPONSABILITA’

SOCIETA’ PARTECIPATE  o IN HOUSE – RESPONSABILITA’

Quando si configura il danno “erariale”?

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 5.11.2022


SOCIETA’ PARTECIPATE  o IN HOUSE – RESPONSABILITA’

La Cassazione civile conferma la distinzione tra società partecipate pubbliche e società in house providing.

L’analisi prende spunto dalla difficoltà di individuare la giurisdizione tra il giudice ordinario e il giudice contabile nell’ambito di responsabilità contabile di amministratori della società.

Il caso riguarda una società in Ambito Territoriale ottimale (ATO) per la gestione del Servizio Idrico integrato di una Regione, che aveva adito la Corte dei Conti per azione di responsabilità erariale di alcuni amministratori.

La Corte dei Conti dichiara il proprio difetto di giurisdizione contabile ritenendo che la Società non era qualificabile quale società in house mancando il requisito del “controllo analogo”.

Scrive la Cassazione: A proposito, allora, del controllo analogo, “quel che rileva è che l’ente pubblico partecipante abbia statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica. L’espressione “controllo” non allude perciò, in questo caso, all’influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è di regola in grado di esercitare sull’assemblea della società e, di riflesso, sulla scelta degli organi sociali; si tratta, invece, di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure un socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale (si vedano, in tal senso, le chiare indicazioni di Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n.1, e della conforme giurisprudenza amministrativa che ne è seguita)”. …

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Comune e potere di controllo – responsabilità

Comune e potere di controllo – responsabilità

Comune e potere di controllo – responsabilità

Cassazione civ. ord. n. 10188/2022

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La decisione della Cassazione consente di estendere la responsabilità ex art. 2051 c.c. (cose in custodia) del Comune a tutti i beni sui quali il Comune esercita un effettivo potere di controllo a prescindere dalla proprietà. Principio che può essere applicato anche in materia ambientale.

Il Caso

Il caso vede il Comune condannato al risarcimento del danno subito da veicolo che, lungo la strada Provinciale, urtava contro un ostacolo posto al centro della carreggiata. Il Comune si difendeva ritenendo non essere il soggetto responsabile ed indicando la provincia quale proprietaria del tratto stradale. Il Giudice di pace e poi il Tribunale in appello invece riconoscevano la responsabilità del Comune in quanto titolare di un potere di controllo sul suo territorio.

La decisione.

La Cassazione avvalla e riconosce tale potere di controllo e tuttavia rimanda al Tribunale per verificare la esistenza stessa di tale potere . In particolare la cassazione afferma:

“Il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art.2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva (Cass. 30775/2017). Ebbene nel caso di specie il giudice d’Appello ha mal applicato tali principi perché non ha verificato se effettivamente il Comune, che non era il proprietario della strada, aveva realmente il potere di esercitare un qualsivoglia controllo o di eliminare le situazioni di pericolo che siano in sorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa…”

Cass. civ. ord. n. 10188.2022

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Responsabile smaltimento? chi effettua l’operazione…

Responsabile smaltimento? chi effettua l’operazione…

Responsabile dello smaltimento? Chi effettua l’operazione…

PNRR – art. 188 comma 5 D.lgs. 152/2006

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 23.10.2021


Continua la breve analisi delle novità introdotte dal PNRR al Codice ambientale.

L’art. 188 comma 5, che aveva già subito modifiche dal D.lgs. 116/2020, viene ancora modificato, in particolare:

1) Nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni intermedie di smaltimento…: a differenza della formulazione precedente dell’art. 188, l’art. 35 del PNRR inserisce la precisazione relative alle operazioni da intendersi quelle intermedie di smaltimento.

2) Quali sono le operazioni intermedie di smaltimento? Continua l’articolo andando a riprendere le operazioni indicate nel comma pregresso:

“… quali il raggruppamento, il ricondizionamento e il deposito preliminare di cui ai punti D13, D14, D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, …

3) Prosegue il nuovo comma 5 dell’art. 188, innovando rispetto al pregresso in quanto precisa che: “…la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti è attribuita al soggetto che effettua dette operazioni…”. Il soggetto che effettua le operazioni ..

continua lettura articolo e schema comparato art. 188 d.lgs. 152/2006 –  PNRR 188

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Acquistare sito inquinato: quali conseguenze?

Acquistare sito inquinato: quali conseguenze?

Sito inquinato e responsabilità dell’acquirente incolpevole.

Onere reale e privilegio immobiliare – art. 253 Dlgs. 152/2006

Consiglio di Stato n. 4248/2020

A cura Studio Legale Ambiente


Acquistare un bene inquinato: quali rischi ?

L’acquisto di un bene inquinato espone a conseguenze.

 Il Consiglio di Stato n. 4248/2020  riassume le conseguenze che il proprietario incolpevole può subire.

E’ ormai consolidato il meccanismo giuridico che esclude da responsabilità il proprietario incolpevoleovvero colui che non ha causato l’inquinamento.

Il proprietario incolpevole non è tenuto a provvedere alla bonifica del sito, né può essere destinatario di ordinanze che obbligano a eseguire attività di bonifica. Il legislatore prevede che la P.A. debba, in questo caso, attivare serie indagini al fine di trovare il “colpevole”. Può anche accadere che il responsabile sia individuato ma non provveda. Comunque...Continua lettura articolo

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Abbandono rifiuti: risponde il dipendente della Società?

Abbandono rifiuti: risponde il dipendente della Società?
Cass. pen. 28492/2018
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il dipendente di una Società con mansioni di autista abbandonava in modo incontrollato su una strada di pubblico transito rifiuti speciali non pericolosi .
Il Tribunale condanna ai sensi dell’art. 256 co. 1 lett. 1 e comma 2 Dlgs. 152/2006 non solo il dipendente autore dell’abbandono ma anche il legale rappresentante dell’impresa attribuendogli un concorsonella condotta.
Il legale rappresentante impugna la sentenza di condanna che “fonda la colpevolezza dell’imputata sull’art. 40 c.p. secondo il quale non impedire un reato che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo, senza nulla aggiungere…”
 
La Cassazione precisa che ….continua lettura articolo Cass. pen. 28492/2018 dipendente abbandono rifiuti

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Acque: responsabilità del legale rappresentante

Acque: responsabilità e scarichi industriali
Cassazione pen. 46152/2016
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il legale rappresentante di una società veniva imputato ai sensi dell’art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006: Chiunque in relazione alle sostanze indicate in tabella 5 dell’allegato 5 alla parte 3 …nell’effettuazione di uno scaricodi acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 …è punito con l’arrestino a 2 anni e con ammenda da € 3000 a 30mila…”.
La sentenza precisa bene l’ambito di responsabilità del legale rappresentante che assume posizione di garanzia in quanto soggetto dotato di poteri di spesa e di intervento.
“La Corte …sotto il profilo oggettivo, ha rilevato che il titolare di un insediamento produttivo ha un obbligo di diligenza particolarmente intenso ed ampio, che si concreta nell’onere di predisporre ogni misura preventiva, tecnica ed organizzativa atta a scongiurare l’evenienza di uno scarico extra tabellare ovvero nell’onere di adottare tutti gli accorgimenti operativi consentiti dalla migliore tecnica disponibile al fine di evitare tale evento, analizzando diffusamente la condotta tenuta nel tempo dall’imputato e rilevandone la non corrispondenza ad un siffatto obbligo di diligenza…”.
La posizione di garanzia del legale rappresentante e la sua responsabilità che si declina nei termini sopra riferiti non è priva di prova liberatoria; è certo onere del “garante” provare la propria diligenza (che nel caso di specie sembra non provata”.
Si badi che la responsabilità invece di altri soggetti, che non abbiano posizione di garanzia, si pone sul piano dell’inadempimento di specifiche mansioni laddove causali all’evento.

adminAcque: responsabilità del legale rappresentante
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Violazione norme ambientali: esclusione dall'appalto (2)

Violazione norme ambientali: esclusione dall’appalto
Cause di esclusione – art. 30 comma 3 e art. 80 Dlgs. 50/2016 (in riforma al Dlgs. 163/2006 art. 38)
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’art. 80 Dlgs. 50/2016 al comma 5 disciplina altri casi di esclusione dalla partecipazione all’appalto.
In particolare il comma 5 precisa:

  1. Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora:
    a) la stazione appaltante possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3 del presente codice;

1) La prima parte della lettera a) era già prevista nell’art. 38 … continua lettura articolo ambiente e appalti 

adminViolazione norme ambientali: esclusione dall'appalto (2)
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Sicurezza: responsabilità dei lavoratori

Sicurezza: responsabilità dei lavoratori
Obbligo di collaborazione/Comportamento esorbitante o abnorme/Cass. pen. 8883/2016
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Cassazione penale con la sentenza n. 8883/2016 ribadisce alcuni punti di arrivo della evoluzione giurisprudenziale in materia di sicurezza.
OBBLIGO COLLABORATIVO DEI LAVORATORI
La Corte precisa “…come il sistema della normativa antinfortunistica, si sia lentamente trasformato da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro che, in quanto soggetto garante era investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, anche imponendosi contro la loro volontà), ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori.
Tale principio, normativamente affermato dal continua lettura articolo  Cass. pen. 8883.2016

adminSicurezza: responsabilità dei lavoratori
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Gestione abusiva rifiuti: condotta occasionale e responsabilità

Gestione abusiva rifiuti: art. 256 Dlgs. 152/2006
Cass. pen. 8195/2016 – condotta occasionale e responsabilità
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri e Nadia Tosello


La Sentenza della Cassazione penale precisa, con interpretazione restrittiva, la responsabilità e l’ambito di applicazione dell’art. 256 Dlgs. 152/2006.
Nel caso esaminato veniva imputato del reato di cui all’art. 256, comma 1, lettera a) del D. Lgs. n. 152/2006 un soggetto che, in assenza di iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, raccoglieva, trasportava e rivendeva in due occasioni rottami metallici ad un’impresa del settore in quantitativi ben superiori continua lettura articolo cass. penale 

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Illeciti ambientali dei dipendenti: responsabilità

Responsabilità del titolare impresa per fatti dei dipendenti per reati ambientali
Cass. Pen., n. 49591/2015
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


L’individuazione del responsabile nel caso di illeciti ambientali non è sempre agevole.
La sentenza della Cassazione penale n. 49591/2015 affronta il caso relativo alla contestazione dell’art. 256 Dlgs. 152/2006 in capo al titolare d’impresa per la gestione senza autorizzazione di attività di cava, recupero dei materiali di cava e successivo riempimento della stessa.
All’atto dell’accertamento della Polizia giudiziaria venivano trovati sul luogo proprio i dipendenti della società che avevano materialmente commesso il fatto. Tuttavia veniva imputato il legale rappresentante della società.
La Corte ribadiva infatti il principio già espresso con la sentenza n. 27853/2015 (su questo sito) che continua lettura articolo Cass. n. 49591.2015

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Sicurezza: RSPP aziendale "interno".

RSPP deve essere un dipendente dell’azienda?
Interpello del 4 novembre 2014 n. 24 Ministero Lavoro
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La Commissione ministeriale ha chiarito, su quesito posto da Confcommercio,  che l’RSPP, nei casi di cui all’art. 31 comma 6 TUSL, non deve necessariamente  essere un dipendente dell’azienda ma deve , qualora professionista esterno, essere inserito all’interno della organizzazione aziendale prestando la sua attività con una presenza adeguata all’incarico ricevuto.
Secondo la Commissione l’art. 31 comma 1 TUSL – come modificato dal Decreto del Fare del 2013 – introduce il criterio della “priorità” dell’incarico “interno ” all’azienda.
RSPP dunque è preferibilmente un dipendente ma può essere anche un professionista esterno purché inserito nella organizzazione aziendale e assicuri una presenza fattiva in azienda. L’incarico a soggetti esterni è destinato a decrescere.
Vero è che la lettura dell’art. 31 TUSL sembra propendere più per la nomina interna dell’RSPP anziché esterna.
Si pensi che la valutazione dell’RSPP quale soggetto comunque partecipe della organizzazione aziendale, anche se esterno, rende di conseguenza necessaria la sua indicazione nell’organigramma; prima della modifica legislativa del 2013 spesso l’RSPP, qualora incaricato esterno, non veniva neppure indicato nell’ organigramma.
Leggi Interpello 
 

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Il committente/appaltante è produttore rifiuti?

 Il committente/appaltante è produttore rifiuti?: Cassazione pen. n. 5916/2015
A cura Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Chi è il produttore dei rifiuti? Il committente/appaltante è produttore rifiuti?
Il committente appaltante ritiene di essere escluso dalla nozione di produttore di rifiuti in quanto una certa giurisprudenza ha posto l’accento sul produttore materiale escludendone dunque la responsabilità in capo all’appaltante/committente.
Ma i confini tra le due figure e le relative responsabilità sono deboli.
Leggi articolo su Cass. n. 5916.15

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Responsabilità dei Magistrati: è Legge

Responsabilità dei Magistrati
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente


 
Non ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge sulla Responsabilità dei Magistrati (Leggi testo approvato ed in attesa di pubblicazione 
La lettura della Legge così concisa, parca di parole, misurata  …. “una manciata di articoli”, insomma, desta la dovuta perplessità, il dovuto dubbio di una riforma apparente. Ma qualcosa si muove…..
La Legge precisa ciò che sembra ovvio:
Costituisce colpa grave (del magistrato)
la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea,
il travisamento del fatto o delle prove, ovvero
l’affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o
la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero
l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

adminResponsabilità dei Magistrati: è Legge
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Committente e appaltatore: responsabilità per danni contro terzi

Committente e Appaltatore: responsabilità esclusiva per danni contro terzi
Cass. pen. 20557 del 30.9.2014
a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Un condomino convenne in giudizio il Condominio, l’amministratore dello stesso in proprio quale Direttore lavori, nonchè la società esecutrice dei lavori, chiedendo “..che fossero condannati al risarcimento dei danni patiti, nell’unità immobiliare di sua proprietà, a causa della cattiva esecuzione di opere di bonifica e di impermeabilizzazione del tetto del Palazzo; lamentò, in particolare, che, a seguito della fortissima pioggia caduta erano stati gravemente danneggiati i preziosi manoscritti e le filze costituenti l’archivio storico della biblioteca…”
Il Tribunale condannò l… continua lettura articolo “Committente danni

adminCommittente e appaltatore: responsabilità per danni contro terzi
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Regione e abbandono rifiuti: responsabilità

La Regione risponde dell’illecito abbandono rifiuti da parte di terzi (2)
Consiglio di Stato n. 3786/2014
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza n. 3786/2014 del Consiglio di Stato ribadisce quanto già espresso dalla sentenza del CDS n. 2977/2014 (già evidenziata in questo sito).
Anche nel caso in questione si tratta di ordinanza Sindacale ex art. 192 Dlgs. 152/2006 diretta, questa volta, alla Regione Campania per far rimuovere e smaltire i rifiuti (vera discarica abusiva) accumulati al disotto della strada regionale sopraelevata, area di proprieta Regionale.
Il CDS evidenzia ancora la maggiore responsabilità degli enti pubblici al rispetto della normativa ambientale e al dovere di attivazione e cura del bene pubblico che non trova esimente neppure nella difficoltà economica della Regione e nella impossibilità di affrontare misure adeguate.
La sentenza del Consiglio di Stato verifica….continua lettura articolo Regione 192 Dlgs. 152.2006 

adminRegione e abbandono rifiuti: responsabilità
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Committente e Direttore Lavori: responsabilità reati ambientali

Committente e Direttore Lavori: responsabilità reati ambientali 
Cass. Pen. 37547/2013 – art. 256 Dlgs. n. 152/2006
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La sentenza della Cassazione ribadisce che
1)    nessuna responsabilità può essere attribuita solo in forza della carica ricoperta
2)    la responsabilità omissiva ex art. 40 co. 2 c.p. (obbligo di impedire il fatto) può essere contestata solo se esiste una posizione di garanzia intesa quale espresso obbligo (contratto, legge ecc…) che impone il dovere di attivarsi per impedire l’evento.
Nel caso in esame la Cassazione esclude in capo al Committente ed al Direttore dei lavori l’obbligo di impedire reati ambientali laddove nessuna norma, legge, contratto prevede tale obbligo.


II Tribunale condannava ai sensi dell’art. 256 comma 2 Dlgs. 152/2006, in concorso tra loro,
“..il primo quale committente di lavori edili per la realizzazione di un fabbricato,
il secondo quale titolare della ditta esecutrice dei lavori, ….. continua lettura articolo 

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Sindaco: responsabilità' urbanistica?

Sindaco: dovere di vigilanza urbanistica?
Cass. penale n. 36571/2011
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza ha il merito di segnare il confine tra la culpa in vigilando ed il comportamento omissivo in concorso.
Al Sindaco veniva contestato di aver omesso di impedire l’esecuzione di interventi modificativi dello stato dei luoghi connessi con le attività di coltivazione della cava.
Ebbene, quando la condotta si sostanzia nell’omesso impedimento la contestazione ricade nella culpa in vigilando che deve trovare precisa indicazione e previsione nella legge.
Ne caso in esame il Dlgs. 267/2000 art. 107 comma 3 non impone al Sindaco alcun obbligo di vigilanza edilizia e paesaggistico ambientale.
Il Sindaco dunque veniva liberato dall’imputazione in quanto non aveva commesso il fatto.
Così si esprime la sentenza :
“….Il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, comma 3, lett. g), dispone testualmente che sono attribuiti ai dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonchè i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale”. Se ne deve desumere l’insussistenza in capo al sindaco di un generale dovere di vigilanza sulle attività che incidano sull’assetto urbanistico e paesaggistico del territorio.
Il Tribunale – pur apparentemente recependo tale interpretazione della disposizione in questione – afferma che all’imputato “non risulta essere stata contestata la sola culpa in vigilando, ma anche l’aver tenuto condotte omissive, che avrebbero concorso alla commissione, con gli altri, del reato oggetto del procedimento”.
Dalla lettura dell’imputazione emerge, però, che l’unica condotta contestata all’imputato è quella di avere consentito, “omettendo di impedirlo, che venissero eseguiti (…) interventi modificativi dello stato dei luoghi connessi con le attività di coltivazione di cava”.
Tale condotta è interamente riconducibile alla culpa in vigilando di cui sopra e non è, perciò, penalmente ascrivibile all’imputato, non sussistendo in capo a questo – in base al D.Lgs. n. 267 del 2000, richiamato art. 107, comma 3, lett. g), – un generale obbligo di vigilanza.
4. – Occorre pertanto procedere all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè l’imputato non ha commesso il fatto….”*
*Sentenza tratta da Leggiditalia

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Legale rappresentante: responsabilità ambientale

Delegato ambientale: Cassazione penale n. 2409/2012
A cura di Cinzia Silvestri
La sentenza della Cassazione conferma la responsabilità, in concorso, dell’ amministratore unico della società e del procuratore speciale e responsabile in materia ambientale della società per aver effettuato depositi incontrollati di rifiuti non pericolosi ( ai sensi dell’ art. 256 comma 2 Dlgs. n. 152/2006).
La sentenza accerta,nel fatto, l’ esistenza concreta della condotta di concorso.
Non attribuisce responsabilità sulla base della esistenza mera della qualità o carica ricoperta!
Il ” delegato ambientale”, in forza della delega attribuita, risponde dell ‘ illecito.
Qualche dubbio invece di responsabilità sulla posizione del legale rappresentante o amministratore unico che si difendeva in giudizio rappresentando la delega conferita.
Vero e’ che la Cassazione, premessa la validità della delega conferita, ha verificato la conoscenza in capo al legale rappresentante del deposito dei rifiuti non pericolosi da tempo ” senza che fosse predisposto un idoneo programma di smaltimento di rifiuti …non aveva posto in essere alcun intervento operativo ed efficace onde porre termine alla situazione illecita creata….”.
Il legale rappresentante risponde solo in quanto ha concretamente omesso, essendone a conoscenza, di attuare il comportamento idoneo a porre termine alla condotta illecita.
Questo caso non esenta da responsabilità il legale rappresentante solo previo accertamento della concreta ed attiva/omissiva responsabilità.

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Direttore lavori: obbligo di vigilanza ambientale?

Direttore dei lavori: obbligo di vigilanza “ambientale”?
Cassazione penale n. 44457/2009
A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri
Sempre più spesso accade che la responsabilità in materia ambientale venga attribuita per il solo fatto di rivestire una certa mansione, carica, ruolo; e ciò a prescindere dalla individuazione delle precise responsabilità.
L’obbligo di vigilanza deve essere previsto da una norma di legge, da un contratto…
Se l’obbligo di vigilanza non trova fondamento non si può imputare ad un soggetto la responsabilità solo in quanto riveste la qualifica, ad esempio, di “Direttore dei lavori di cantiere” (o di legale rappresentante, dipendente, o altra mansione).
La responsbailità ambientale dovrà trovare prova nelle regole del processo penale e dunque andrà verificata la effettiva partecipazione del “direttore dei lavori” all’illecito, il concreto apporto causale all’evento, la partecipazione diretta, nel caso di specie, al deposito del materiale.
****
Ebbene.
Il Tribunale dell’ Aquila condannava il titolare della ditta ed il direttore dei lavori di cantiere, ciascuno per il reato di cui all’art. 184, 192, 256 comma 1 lett. a) per avere, a seguito della costruzione del capannone, “…illecitamente abbandonato ovvero depositato in modo incontrollato materiale di rifiuto non pericoloso (inerti da demolizione, materiali plastici e materiali metallici) nell’area del cantiere.
Il Tribunale riteneva responsabile proprio il DIRETTORE DEI LAVORI – nella sua qualità – quale soggetto che organizzava e dirigeva il lavoro del cantiere.
Il direttore dei lavori proponeva ricorso per cassazione rilevando che :
1) non veniva contestato il concorso nell’illecito assieme al titolare dlla ditta
2) veniva contestata una condotta autonoma per la sua qualità di direttore lavori.
3) nessuna norma nella specifica disciplina dei reati ambientali attribuisce particolari responsabilità a carico del direttore dei lavori di un cantiere eletto a sito abusivo di discarica.
4) Inesistenza di obbligo di vigilanza o di denuncia a carico del Direttore lavori
Il direttore dei lavori rilevava che il DPR 380/2001 art. 29 comma 1 individua i compiti e le responsabilità a lui dedicate.
Cita la Cassazione “…..Al di fuori delle espresse previsioni dell’art.29 cit. il direttore dei lavori non ha alcun obbligo di vigilanza in relazione a quanto accade nel cantiere in cui viene realizzata l’opera. In particolare, la normativa in materia di rifiuti non attribuisce specifiche responsabilità al direttore dei lavori.
E’ indiscutibile, quindi, che in relazione a tale normativa si applichino le regole ordinarie in tema di responsabilità per le contravvenzioni (come nel caso di specie) e di concorso nel reato.
Il Tribunale aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per il deposito incontrollato proprio e solo per la sua “qualità di direttore dei lavori, quindi soggetto che organizzava e dirigeva il lavoro del cantiere tra cui appunto la fase del trasporto in loco e successiva utilizzazione del materiale di risulta”.
Prosegue la Corte: “ La responsabilità viene fatta discendere, pertanto, dalla mera qualità di direttore dei lavori, senza tener conto che il direttore dei lavori ….non aveva alcun obbligo di vigilanza e di denuncia in relazione alla violazione della normativa sui rifiuti.
Continua la Corte: “…Il Tribunale avrebbe….. dovuto accertare se dagli atti emergesse una condotta dell’imputato rivelatrice di una partecipazione diretta al deposito del materiale, oppure la sua presenza attiva durante la fase di abbandono, ovvero ancora la consapevole partecipazione al reimpiego ed utilizzazione del materiale di risulta.

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Responsabilità della società solo se esiste vantaggio

Responsabilità della Societa’ solo se esiste vantaggio
Ipotesi di omesso modello organizzativo
Vantaggio e interesse ex art. 5 Dlgs. 231/2001 – Sentenza GUP Tolmezzo
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il caso:
A fronte di un guasto all’impianto elettrico un dipendente, con mansioni di tecnico conduttore, seppure a conoscenza della fallita procedura di messa fuori servizio della linea da 20KV interveniva, con porta del quadro elettrico aperta, nel tentativo di rimuovere gli elementi del quadro Apierre, allentando con chiave fissa quattro bulloni che vincolavano il coperchio del quadro.
A seguito di tale apertura un secondo dipendente “entrava” con il capo nell’armadio contenente il quadro e vi rimaneva folgorato.
Il reato ascritto alla società:
Il Pubblico Ministero chiedeva il rinvio a giudizio anche della società per responsabilità amministrativa da reato dipendente ex artt. 5, 6 e 25 septies co.2 D.Lgs. 231/2001 “perché traeva interesse o vantaggio dal delitto p.e.p. dagli artt. 40, 113 e 589 c.p., commesso in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro da (omissis) agendo questi in veste di datore di lavoro/dirigente della (omissis), responsabile dell’impianto in forza di procura speciale …avendo la società omesso di adottare ed efficacemente attivare un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire il reato sopra specificato per difetto di adeguate misure di interdizione all’accesso alla cabina elettrica di cui sopra in presenza di condizioni di pericolo per l’incolumità del personale ivi operante……beneficiando di cd. risparmio di spesa”.
Il Giudice dell’Udienza Preliminare GUP di Tolmezzo 18/12 depositata il 3.2.2012 pronunciava sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. perché “il fatto non sussiste” nei confronti della societa’ imputata ex artt. 5 e 6 D.Lgs. 231/2001 perché:
– non sussiste interesse / vantaggio dal reato dipendente;
– l’ assenza di modello organizzativo non costituisce di per sé reato.
Il ragionamento del GUP:
La responsabilità dell’ente sussiste, ex art. 5 D.Lgs. 231/2001, solo in caso di
– vantaggio o
– interesse
dell’ente tratto dal reato commesso dal dipendente o dal soggetto che riveste una posizione apicale all’interno dello stesso.
Nel caso di specie il Giudice ha ravvisato l’impossibilità di individuare il vantaggio o l’interesse in capo all’agente nel reato di lesioni gravissime, da cui è derivata la morte del dipendente.
Da qui la necessità di una lettura interpretativa del D.Lgs. 231/2001 per poter applicare l’art. 5 D.Lgs 231/01 che altrimenti rimarrebbe inoperativo per i reati colposi di evento.
Afferma il GUP di Tolmezzo, riprendendo una giurisprudenza recente interrogatasi sul medesimo problema, che l’interesse/vantaggio ex art. 5 vadano ricercati non nell’evento (lesione – morte del dipendente), bensì nella condotta che viola le disposizioni a tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro (GUP Cagliari 4.7.2011, GUP Novara 26.10.2010, GUP Pinerolo 23.9.2010, Trib. Trani, sez. Molfetta 11.1.2010).
Il vantaggio, infatti, è dato dal risparmio dei costi connessi alla formazione e all’adozione di misure atte a prevenire gli infortuni, oppure nell’omissione di misure per accelerare la produzione e la prestazione aziendale.
Non è quindi sufficiente una semplice imperizia, né la sottovalutazione dei rischi, ma violazioni frutto di esplicite deliberazioni volitive finalisticamente orientate a soddisfare un interesse dell’ente, che il Giudice deve accertare …e il PM provare.
Essendo tale la ratio del D.Lgs. 231/2001, l’assenza del modello organizzativo non costituisce di per se’ motivo di responsabilità, che va invece ricercata nel concreto.
Né tale omissione è ipotesi di reato.
Nel caso di specie era stato accertato che esistevano procedure di sicurezza e sistemi produttivi, non funzionanti per mancata lubrificazione dei meccanismi.
La società, dunque, aveva adottato i sistemi di sicurezza necessari, il cui mancato funzionamento va addebitato non all’ente bensì al personale a ciò incaricato.
Manca quindi il vantaggio dell’ente ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231/01 poiché la società aveva adottato le misure preventive e di sicurezza.
L’infortunio è stato causato da negligenza e dunque solo le persone fisiche che hanno agito con colpa andranno soggette a pena (per omessa manutenzione nel caso di dipendente, ovvero per omessa vigilanza nel caso del rappresentante legale).

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Rifiuti: responsabilità dirigente comunale ( e non solo)

Rifiuti: responsabilita’ dirigente Comunale (e non solo)
Cassazione penale Sentenza 12 aprile 2012, n. 13927
Art. 256 Dlgs. 152/2006

A cura avv. Cinzia Silvestri
Il caso:
Il Tribunale di Lecce condannava alla pena di 2 mila euro di ammenda per il reato di cui agli articoli 110 e 81 C.p., e Dlgs 152/2006, articolo 256, comma 1, lett. a), perché,
A) in qualità di dirigente del Comune di Lecce, in concorso con
B) il titolare dell’impresa Srl “, autorizzata alla raccolta ed al trasporto di rifiuti, e
C) direttore di cantiere dell’impresa (assolti invece con la formula “perché il fatto non costituisce reato”)
in relazione al deposito senza autorizzazione di masse di alghe marine (rifiuti organici) su terreno di proprietà del Comune di Lecce dove erano state depositate circa 4000 me di alghe prelevate dalla darsena e due aree agricole dove erano state depositate alghe per circa 220 me di alghe prelevate dal porticciolo di proprietà di privati .
Il Dirigente dell’ ufficio patrimonio comunale (imputato) impugnava la sentenza.
Il dirigente si difendeva adducendo, di aver agito sotto l’egida di ordinanza contingibile ed urgente emanata dal Sindaco e anche di non essere responsabile per il solo fatto di essere il dirigente dell’ ufficio patrimonio comunale; ed anzi che il soggetto tenuto all’adempimento era il dirigente del settore ambiente, munito dei poteri per la gestione dei rifiuti.
La sentenza accoglie proprio questo punto.
La Corte precisa alcuni punti utili non solo per il dirigente pubblico ma anche per i privati o societa’.
Spesso infatti si assiste a procedimenti penali o amministrativi incardinati nei confronti di soggetti estranei all’ illecito e coinvolti solo perche’ rivestono uno certa qualifica. La sentenza richiama il concetto della riferibilita’ della responsabilità quale presupposto stesso per attribuire anche la colpa. La consapevolezza si pone su piano diverso!

Ebbene la Corte “….ha affermato il principio secondo il quale “l’amministratore o il legale rappresentante di un ente non può essere automaticamente ritenuto responsabile, a causa della carica ricoperta, di tutte le infrazioni penali verificatesi nella gestione dell’ente“, quando nell’ambito dell’ente “l’attività funzionale sia stata preventivamente suddivisa in settori, rami o servizi, e che a ciascuno di essi siano in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la gestione completa degli affari di quel servizio”.
In particolare in tema di rifiuti, è stato precisato che, “anche a seguito dell’entrata in vigore dell’ordinamento degli enti locali (Dlgs 267 del 2000, e successive integrazioni), che ha conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse, permane in capo al sindaco sia il compito di programmazione dell’attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia il potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti; sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate.
2. Orbene, nella vicenda in esame, il giudice di merito ha dato atto che
l’ufficio competente a gestire il progetto relativo all’utilizzazione delle alghe (posidonea oceanica) era quello del settore ambiente ed ufficio unico dei rifiuti. .
…. l’imputato, preposto al settore patrimonio e strategie territoriali del Comune di Lecce, aveva dato esecuzione all’ordinanza del Sindaco,…emessa nella sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza, con la quale si disponeva la rimozione del materiale che ostruiva la darsena “per ripristinare la sicurezza e la navigabilità”.
Il giudice di merito ha erroneamente ritenuto neutra la portata di tale ordinanza rispetto all’operato dell’ imputato….”
“……Di certo sembra che l’ordinanza sindacale non avesse conferito espressamente all’imputato poteri rientranti nelle funzioni del dirigente del Settore ambiente.
Sul punto la sentenza non ha …chiarito gli esatti profili della posizione di garanzia …..base della responsabilità dell’imputato, chiamato a rispondere di deposito abusivo di rifiuti per non avere richiesto le autorizzazioni quanto al deposito delle alghe, atteso che la gestione dei rifiuti, come anche del progetto di utilizzare le alghe per contrastare i fenomeni erosivi delle spiagge, risultava invece direttamente riferibile alla competenza del Settore ambientale del Comune e del suo dirigente…”.
3. “Quindi la sentenza risulta ….carente anche quanto alla ricostruzione della
A) sussistenza del profilo soggettivo di responsabilità, in quanto se è vero che il reato ascritto può essere commesso anche a titolo di colpa, la non riferibilità all’imputato delle funzioni in materia ambientale ed il fatto che lo stesso avesse coinvolto il dirigente del Settore ambientale ……per i contatti con la Provincia in riferimento alla problematica delle alghe, devono indurre ad una rivalutazione del giudizio espresso dal giudice di prime cure, che si è limitato ad ancorare la responsabilità colposa alla mera consapevolezza che l’imputato aveva di operare in materia di rifiuti….”
B).”…nessun rimprovero può essere posto a carico del dirigente del Settore patrimonio se allo stesso non siano stati conferiti i compiti specifici relativi alle procedure in materia di rifiuti, posto che il Tribunale ha dato atto che lo stesso, nel corso dell’esecuzione dell’ordinanza del Sindaco, ebbe a svolgere tale attività anche coordinandosi con il dirigente del Settore ambiente competente (questo sì munito dei relativi poteri).
È stato infatti precisato che “i dirigenti comunali possono essere titolari di posizioni di garanzia nello svolgimento dei compiti di gestione amministrativa a loro devoluti, residuando in capo al Sindaco unicamente poteri di sorveglianza e controllo…..
 

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Responsabilita' magistratura

Responsabilità della magistratura
Segnalazione a cura Avv. Cinzia Silvestri
L’ attenzione alla responsabilità della magistratura e’ sollecitata dalle Comunità Europee.
In particolare:
Corte giustizia CE  Sez. III del 24 novembre 2011
Numero: causa C-379/10
Collegio: Pres. Lenaerts  Rel. Danwitz 
MASSIMA
DANNI – Risarcimento del danno – Danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie – Disciplina nazionale che limita la responsabilità civile dei giudici ai soli casi di dolo o colpa grave – Obblighi incombenti sull’Italia in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri – Violazione – Sussistenza.
La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati:
escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo;
limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave.

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Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012

(1) Silenzio della P.A.? nuovi rimedi dal DL n. 5/2012
Art.1 DL n. 5/2012 (semplificazioni e sviluppo) e art. 2 L. 241/1990 (conclusione procedimento)
a cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Il Dl n. 5/2012 all’art. 1 modifica e sostituisce i commi 8 e 9 dell’art. 2  L. 241/1990 ed aggiunge i commi da 9bis a 9-quinquies.
L’articolo 2 della L. 241/1990 ha subito già dal 2005 numerosi interventi legislativi di modifica (L. n. 15/2005, 80/2005, 69/2009, Dlgs. 104/2010).
 
Con tecnica “legislativa” ormai in uso, il Governo chiude l’art. 1 del Decreto Legge n. 5/2012 con il comma 2 che prevede la non applicazione dell’art. 2 L. 241/1990 in quanto normati da leggi speciali a:
1) procedimenti tributari
2) procedimenti in materia di giochi pubblici
Dunque il comune lettore (cittadino) non troverà tale esclusione nell’art. 2 della Legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) a completamento della disciplina e per chiarezza espositiva; ma dovrà conoscere il comma 2 dell’art. 1 del DL n. 5/2012!
 
Giova sempre ribadire che si tratta, ancora, di DL soggetto a Legge di conversione e dunque il testo può essere modificato.
 
Conclusione del procedimento: L. n. 241/1990 art. 2
L’art. 2 della L. 241/1990 impone alla amministrazione:
1)             obbligo di concludere il procedimento con provvedimento espresso
2)             termine di 30 giorni, ove non espressamente specificato
I commi da 1 a 7 precisano e articolano diversi tempi di conclusione a seconda del procedimento.
 
SILENZIO DELLA PA
Per tutti coloro che operano con la PA è noto come il silenzio della PA sia un vero e proprio problema, sempre giustificato o giustificabile, e che il processo amministrativo in sede giudiziaria (TAR) che si apre per ottenere la “risposta” dovuta, onera sempre il cittadino di costi e tempi tali da defaticare l’azione stessa.
Forse questo è l’intento.
Il Governo sembra voler operare un controllo :
a)             a posteriori e sceglie la Corte dei conti quale controllore. Ed invero il ritardo/inadempimento crea costi anche alla amministrazione.
b)             Preventivo: attuando un meccanismo di sostituzione alla inerzia e di responsabilità per coloro che tardano alla emissione del provvedimento finale.
 
CORTE DEI CONTI
IL GOVERNO dunque prevede, modificando il comma 8 dell’art. 2 L. 241/1990 che “Le  sentenze passate in giudicato che accolgono il  ricorso  proposto  avverso il silenzio inadempimento  dell’amministrazione sono  trasmesse,  in  via telematica, alla Corte dei conti.
 
RESPONSABILITA’
Non più solo la MANCATA emanazione del provvedimento costituisce elemento di Valutazione di responsabilità ma anche la TARDIVA emanazione dello stesso permette la valutazione anche disciplinare.
Il Governo allarga le maglie dei soggetti responsabili e richiama ipotesi di responsabilità disciplinare; passa dalla “valutazione della responsabilità dirigenziale” a:
“…La mancata o tardiva emanazione del  provvedimento  nei  termini costituisce elemento di valutazione
1)   della  performance  individuale, nonche’
2)    di responsabilita’  disciplinare  e  amministrativo-contabile
del dirigente e del funzionario inadempiente.
 
POTERE SOSTITUTIVO IN CASO DI INERZIA
Il cittadino dunque dovrà trovare all’interno della amministrazione il soggetto a cui fare riferimento in caso di inerzia del soggetto preposto al procedimento disatteso.
L’organo di  governo  individua,  nell’ambito  delle  figure
apicali dell’amministrazione, il soggetto cui  attribuire  il  potere
sostitutivo in caso di inerzia. Nell’ipotesi di omessa individuazione
il potere sostitutivo si considera attribuito al 
1)   dirigente  generale o, in mancanza,
2)   al dirigente preposto all’ufficio o  in  mancanza 
3)    al funzionario di piu’ elevato livello presente nell’amministrazione.
 
Termine di conclusione
Il dirigente individuato in sostituzione dovrà concludere il procedimento entro 15 giorni o altro dimezzato termine (con riferimento a quello richiesto dalla legge).

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