Modello "231": quali responsabilità?

 Modello “231” – Responsabilità dell’Ente /Società: un chiarimento
Nota a sent. Cass. pen. Sez. VI, Sent. del  16-07-2010, n. 27735
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 La sentenza della Cassazione penale n. 27735/2010 precisa la natura della responsabilità della Società.
Con chiarezza espositiva riassume l’orientamento maggioritario e declina i passaggi fondamentali della disciplina.
Si riporta tra “virgolette” il testo della sentenza che esprime i passaggi logici e giuridici che permettono l’attribuzione di responsabilità alla Società, precisando anche in merito all’onere probatorio.
Di interesse il passaggio che riguarda l’adozione del Modello “231”; ovvero del modello organizzativo volto a prevenire la commissione dell’illecito da parte delle persone apicali (e non apicali) della Società.
Qualora l’accusa (PM) provi la commissione dell’illecito della persona fisica (es. dirigente) nell’interesse  (ad esempio) della Società accade che la stessa sia responsabile per non aver adottato tutti quegli accorgimenti necessari ad evitare l’evento e dunque sia colpevole nella sua “dis-organizzazione” e tenuta a rispondere in proprio dell’illecito, a mezzo del pagamento della somma statuita dal Giudice.
La non obbligatorietà/non adozione del Modello “231” si traduce nella:
1)perdita di prova liberatoria;
2) colpa in “organizzazione”.
La Cassazione dribla il dogma della responsabilità oggettiva che… incombe.
In particolare:
1) RESPONSABILITA’ PROPRIA DELLA SOCIETA’
La Cassazione precisa la natura propria della responsabilità che si fonda nel rapporto di immedesimazione organica. Ciò permette che la società risponda di fatto commesso da altro soggetto.
“Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, è qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; nè la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo all’ immedesimazione.
2) TERTIUM GENUS
“Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato “è fatto della società, di cui essa deve rispondere“.
Conclusivamente, in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l’ente risponde per fatto proprio, senza coinvolgere il principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 Cost.).
3) RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
 “Nè il D.Lgs. n. 231 delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva, prevedendo, al contrario, la necessità che sussista la c.d. “colpa di organizzazione” dell’ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo”.
4) ONERE DI PROVA
“Grava sull’Accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.
5) MODELLO 231 – EFFETTO LIBERATORIO
“Militano, inoltre, a favore dell’ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al D.Lgs. n. 231, art. 6, e, specificamente, l’onere per l’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, “che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” (art. 6, lett. a) e che, sulla base di tale presupposto, ricorrono le altre previsioni elencate nelle successive lettere del citato art. 6.
Nessuna inversione dell’onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell’ente, gravando comunque sull’Accusa l’onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al D.Lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell’ente. Quest’ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.

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Responsabilità società e qualità dell'aria

Responsabilità dell’Ente e Dlgs. 231/2001
Aria – art. 279 Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo StudioLegaleAmbiente continua la pubblicazione di brevi aggiornamenti sulla responsabilità della Società in materia di reati ambientali.
Responsabilità operativa già dall’agosto del 2011 e che suggerisce alle aziende di dotarsi di Modello cosidetto “231”.
Modello già conosciuto dalle Società grazie alla normativa sulla sicurezza (Dlgs. 81/2008 art. 30) e che presenta, in materia ambientale, peculiarità tali da non poter coincidere con quello sulla sicurezza.
 ART. 279[1] DLGS. 152/2006 – Aria e riduzione delle emissioni
La parte V del Dlgs. 152/2006 è stata riformata dal Dlgs. 128 del 29.6.2010.
Il comma 2 del Dlgs. 231/2001 art. 25 – undecies si conclude con la lettera h) che menziona la violazione dlel’art. 279 comma 5 che richiama il comma 2 ovvero:
Chi, nell’esercizio di uno stabilimento[2], viola i valori limite di emissione[3] (cfr. anche lett. q) art. 268) o le prescrizioni stabiliti
1)    dall’autorizzazione,
2)    dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto,
3)    dai piani e dai programmi o
4)    dalla normativa di cui all’articolo 271 o
5)    le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo
e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro.
Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.
Ebbene in questi casi, aggiunge il comma 5, si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa.
 
La qualità dell’aria non è definita dalla parte V del Dlgs. 152/2006.
La qualità dell’aria si esprime in maniera diversa dalla emissione in quanto:
1) L’emissione evoca la quantità di sostanza inquinante introdotta in atmosfera, da una certa fonte inquinante e in un determinato arco di tempo; generalmente essa viene espressa in tonnellate/anno.
2) La qualità dell’aria invece si esprime per concentrazione (cfr. anche art. 268 co. 1 lett. s)) ovvero la quantità di sostanza inquinante presente in atmosfera per unità di volume; generalmente espressa in mg/mc e viene utilizzata per esprimere valori di qualità dell’aria.
 
Il riferimento al comma 5 dell’art. 279 sembra dunque limitare la responsabilità dell’Ente solo a quelle ipotesi in cui oltre alla violazione dei limiti di emissione esista anche la violazione di limiti di qualità dell’aria. Si tratta sempre di quantità di sostanza inquinante che rileva però diversamente .
In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione persona giuridica ex Dlgs. 231/2001 Sanzioni interdittive
art. 279 comma 5: violazione emissione e qualità aria
 
Arresto fino a 1 anno
 
 
 
Fino a 250 quote 
 
Non prevista

 
 
 
 
 
 
 



[1] Art. 279

…2. Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione .
….5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa….
 

[2] L’art. 268 coma 1 come modificato dal Dlgs. 128/2010 definisce: “h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o piu’ impianti o sono effettuate una o piu’ attivita’ che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o piu’ attivita’”.
[3] L’art. 268 comma 1 come modificato dal Dlgs 128/2010 definisce: “b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attivita’ di cui all’articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell’ambiente (1);
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