Mestiere rumoroso: art. 659 comma 1 c.p.?

a cura di avv. Cinzia Silvestri
* cfr. articolo pubblicato sul sito www.filodiritto.it per un approfondimento



Non è semplice valutare quando il mestiere rumoroso integra la fattispecie di reato ex art. 659 co. 21 c.p. oppure la differente ipotesi dell’illecito amministrativo ex art. 102 L. 447/95.
Ancora si discute se l’impresa rumorosa possa rispondere ex art. 659 comma 13 c.p..
La Corte, a mezzo di alcune pronunce (Cass. Penale 23866/2009; 2875/2006) ribadisce la depenalizzazione operata dalla L. 447/95 laddove l’impresa violi i limiti di immissione ed emissione di rumore ivi stabiliti; afferma l’applicazione dell’art. 659 comma 2 c.p. solo ove si discuta di violazione di ulteriori e diverse prescrizionidell’autorità; esclude in ogni caso l’estensione e l’applicabilità del comma 1 dell’art. 659 c.p. alle imprese “rumorose”
 
In particolare la CASSAZIONE penale n, 2875 del 21 dicembre 2006 anticipa le riflessioni della Cassazione n. 23866/2009 e risponde alla domanda:
l’azienda “rumorosa” può rispondere ex art. 659 comma 1?
Il caso aveva ad oggetto una falegnameria che non aveva installato barriere fonoassorbenti a ridosso delle pareti e del soffitto.
La Corte precisa che laddove si tratti di azienda che svolge attività rumorosa per la sua produzione deve applicarsi in via esclusiva ed assorbente il comma 2 dell’art. 659 c.p. in quanto: “ …dalla comparazione tra il primo ed il secondo comma dell’articolo in esame si desume …chiaramente che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso costituisce l’oggetto della disposizione di cui al secondo comma, attenuata rispetto a quella di cui al primo comma per il ritenuto necessariocontemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione…”.
Il legislatore dunque ha tenuto già in conto le esigenze della produzione e le esigenze della quiete pubblica ed esprime il bilanciamento degli interesse in gioco a mezzo del comma 2 dell’art. 659 c.p..
Prosegue la Corte indicando che le esigenze di contemperamento sono proprio all’origine della disciplina dettata in materia di contenimento di rumori fastidiosi.
Il secondo comma dell’art. 659 comma 2 c.p. trova applicazione dunque ogni qualvolta si tratti di impresa rumorosa senza poter estendere il comma 1 alla attività rumorosa.
La conclusione (ribadita anche nella sentenza del 2009) è importante: l’art. 659 comma 2 c.p. deve essere applicato ogni qualvolta si discuta sul rumore provocato da azienda “rumorosa”.
 
La falegnameria priva dei pannelli fonoassorbenti ovvero in violazione di prescrizione diverse da quelle relative ali limiti di emissione (altrimenti depenalizzata) potrà dunque rispondere solo ex art. 659 comma 2 c.p..
 

1Art. 659 comma 2 c.p.: Si applica l’ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.
2art. 10 comma 2 L. 447/95: Chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) e f) , fissati in conformità al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera a) , è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000 (1).
3Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
[I]. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro [657660703].

 

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Energia: LRV del 18.3.2011 n. 7

Fotovoltaico e area agricola.
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Attesa la pubblicazione della LRV che pone limite alla realizzazione di impianti non solo fotovoltaici in area agricola .
Il riferimento all’area agricola è riferibile solo agli impianti fotovoltaici.
Il legislatore regionale peraltro fa salve le autorizzazioni già depositate e limita le nuove solo fino al 31.12.2011.
Per pochi mesi, ed in attesa di provvedimenti ulteriori, “non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti
1) fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp,
2) di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché
3) di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.”
 
In particolare:
 

Art. 4 – Disposizioni transitorie in materia di impianti fotovoltaici a terra e di impianti di produzione alimentati da biomassa e a biogas e bioliquidi e oneri istruttori in attuazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

1. Nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8 bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 “Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e della approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico regionale di cui all’articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 2000, n. 25 “Norme per la pianificazione energetica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, relativo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.
2. Sono comunque fatte salve le istanze di autorizzazione di impianti fotovoltaici presentate alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La Giunta regionale è altresì autorizzata ad effettuare gli studi e le analisi per la verifica del potenziale di sviluppo sostenibile della produzione di energia da fonti rinnovabili ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 e dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili di cui al comma 10 dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”.
4. In applicazione di quanto previsto dal punto 9.1. dell’Allegato “Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi” del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, la Giunta regionale è autorizzata ad applicare oneri istruttori al fine di coprire le spese istruttorie di cui al paragrafo 14 del predetto allegato del decreto ministeriale, inerenti l’avvio e lo svolgimento del procedimento unico per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
5. Gli oneri di cui al comma 4 sono a carico del proponente e sono rapportati al valore degli interventi in misura pari allo 0,025 per cento dell’investimento.
6. Le entrate derivanti dalla riscossione degli oneri istruttori di cui al comma 5, quantificate in euro 88.000,00, sono introitate nell’upb E0039 “Prestazione di servizi” del bilancio di previsione 2011.


 

adminEnergia: LRV del 18.3.2011 n. 7
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Sanzioni RCS e FIR (art. 258): quando entrano in vigore?

A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
L’art. 258, come riformato dal Dlgs. 205/2010, indica le sanzioni applicabili nelle ipotesi e per i soggetti che non hanno aderito al Sistri.
Il legislatore tiene conto, dunque, della operatività del Sistri e di preoccupa di applicare diverso regime a coloro che sono iscritti al Sistri e a coloro che non lo sono.
Si noti che il primo comma dell’art. 258 è applicabile – a certi soggetti individuati dal legislatore a mezzo di richiami non di facile lettura – a coloro che possono aderire su base volontaria ma… non abbiano aderito.
L’articolo presuppone l’operatività del Sistri ad oggi differita al 1/6/2011.
Sulla vigenza di tale nuovo articolo 258 si discute.
Il differimento al 1/6/2011 è sancito dall’art. 39 comma 1 Dlgs. 205/2010 (in combinato disposto con il DMA 22/12/2010) espressamenteper le sanzioni di cui alla normativa Sistri.
Il binomio espresso “sanzioni/Sistri” permette di dubitare che il differimento della applicazione possa includere anche l’art. 258.
Alcuni autorevoli autori sostengono invero che l’art. 39 citato ha abrogato il vecchio 258 (ante riforma) dal 25/12/2010 (entrata in vigore della riforma della parte IV del Codice Ambiente); ed il nuovo 258 non può essere operativo in quanto presuppone l’applicabilità del sistema/Sistri; sistema appunto differito al 1/6/2011. Ne deriva un vero e proprio buco normativo.
Vero è che tale interpretazione, più che giustificata dalla lettura della norma, che porta però a conclusioni gravi, forse, può essere ricondotta ad una lettura meno traumatica.
L’art. 258 prevede sanzioni senz’altro non riconducibili al Sistri, o meglio a coloro obbligati al Sistri, ma è indubbio che il suo legame al Sistri è evidente e lo presuppone. Tale subordinazione logica impone di comprendere nella indicazione di cui all’art. 39 Dlgs. 205/2010 ovvero nella sanzione anche l’art. 258. Ne consegue l’effetto – meno traumatico e più rispondente se non al dettato letterale al buon senso – di differire l’applicabilità del nuovo articolo 258 al 1/6/2010 lasciando ancora in vita il vecchio art. 258.
L’art. 258 nella nuova formulazione desta dunque qualche dubbio interpretativo sulla sua applicabilità e si attende intervento del legislatore sul punto al fine di chiarirne il significato.






Art. 258.
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
 
Art.258 ante riforma Dlgs. 205/2010
 
Art. 258 post riforma Dlgs. 205/2010
“1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.” 1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. (1)
“2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore.” 2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. (2)
“3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi.
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione.”
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro.
 
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (3)
 
 
“4. Chiunque
 
 
 
effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.”
4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed
effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi,
nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. (4)
 
“5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonchè nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190, comma 1, o del formulario di cui all’art. 193.” 5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193 da parte dei soggetti obbligati. (5)
5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)

 

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Acque di lavaggio uva/Acque reflue industriali

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
L’acqua di lavaggio dell’uva come l’acqua reflua da mollitura delle olive deve avere autorizzazione allo scarico di acque industriali; in difetto l’attività può essere sanzionata ex art. 137 Dlgs. 152/2006.
 
La Corte di Cassazione assimila i due casi e definisce le acque reflue industriali in tutto ciò che …non costituisce acque reflue domestiche ed assimilate.
 
La Corte applica ancora il pregresso articolo 59 del testo ormai abrogato ma non per questo la decisione ha perduto attualità laddove si riferisce alla questione relativa alla individuazione delle acque industriali.
La sentenza richiama infatti l’art. 74 del Dlgs. n. 152/2006 anziché il previgente art. 2 Dlgs. 152/99.
Vero è che nel tempo la definizione di acqua reflua industriale, nella versione successiva al Dlgs. 4/2008, non ha subito modifiche e dunque può giustificarsi il refuso ed il richiamo di articoli che si sono succeduti nel tempo.
 
Ebbene.
Il gestore di una cantina, sanzionato ex art. 59 D. Lgs. 152/99 (137 D. Lgs. 152/06) “per aver effettuato il lavaggio delle cassette di uva durante la vendemmia e fatto defluire l’acque di lavaggio in un canalone per la raccolta delle acque piovane” senza autorizzazione, promuove gravame avverso la sentenza che attesta la legittimità dell’ordinanza ingiunzione elevata a suo carico,
 
La difesa del ricorrente si basava sulla differenza tra lo scarico di acque ed il lavaggio con acque, poiché solo il primo era il risultato di un ciclo produttivo industriale.
 
Con sentenza n. 2048[1] del 24.01.2011(udienza 15.12.2010), la Cassazione Penale ha però rigettato le doglianze mosse, sostenendo che la sanzione ex art. 59 D. Lgs. 152/99 ricorre “tutte le volte in cui vi sia immissione nella pubblica fognatura di acque reflue non aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche”, confermando l’orientamento già espresso con sentenza n. 35138 del 18.6.2009.
 
Secondo la Corte rientrano nell’art. 74 comma 1 lett. h)[2] D. Lgs. 152/2006 tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue, come definite dalla lettera g)[3] del medesimo articolo di legge (Cass. Pen. n. 12865 del , 5.2.2009).


[1] Sentenza tratta da sito “www.lexambiente.it”
[2] Art. 74 comma 1 lett. h) TUA: “acque reflue industriali“: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attivita’ commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque eflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento
 
[3] Art. 74 comma 1 lett. g) TUA: “acque reflue domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche

 

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Rifiuti: norme abrogate dal 25.12.2010

art. 39 Dlgs. n. 205/2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
L’art. 39 comma 3 del Dlgs. n. 205/2010 precisa le norme che verranno abrogate e dunque espunte dal testo del Codice Ambiente alla parte IV.
 

Articoli abrogati a partire dal 25.12.2010
Art. 181bis Dlgs. n. 152/2006 Materie e sostanze e prodotti secondari: l’articolo aggiunto dall’articolo 2, comma 18-bis, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4. L’abrogazione si giustifica per il nuovo assetto e la completa riscrittura del “sottoprodotto”.
Art. 210 Dlgs. n. 152/2006 Autorizzazioni in ipotesi particolari: articolo che ha subito modifiche e sostituzioni dal Dlgs. 16 gennaio 2008 n. 4
Art. 229 Dlgs. n. 152/2006 Combustibile da rifiuti e da Cdr e cdr q
art. 3 Dlgs. Del 30.4.1998 n. 1731 Smaltimento di rifiuti agricoli
Allegati abrogati dal 25.12.2010
Allegato A Categorie di rifiuti (da Q1 a Q16)
Allegato G Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all’attività che li ha prodotti (I rifiuti possono presentarsi sotto forma di liquido, di solido o di fango) (*)
 
Allegato H Costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell’allegato G.2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell’allegato I:
 

 

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Rifiuti: Novità dal 25.12.2010

Riformulata la parte IV del Dlgs. n. 152/2006
a cura di avv. Cinzia Silvestri


La parte IV del Dlgs. 152/2006 è stata modificata ed integrata dal Dlgs. 3.12.2010 n. 205; decreto di recepimento della Direttiva 2008/98/CE.

Il decreto è stato pubblicato nella GU 10.12.2010 n. 288 ed entrerà in vigore il 25.12.2010.
Molte le novità introdotte e fra tante la previsione delle responsabilità e delle sanzioni in materia di procedura Sistri (ex artt. 188 ss. e 260 bis ss. Dlgs. 152/2006).
Seguiranno sul sito opportune schede di approfondimento.
 

adminRifiuti: Novità dal 25.12.2010
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Comunitaria 2009: “Reati ambientali”

Pubblicazione GU 25.6.2010 (entra in vigore il 10.7.2010)
a cura di avv. Cinzia Silvestri


La L. 4.6.2010 n. 96 è stata pubblicata nella GU del 25.6.2010 ed entrerà in vigore il 10.7.2010.

Questo sito ha già proposto alcune indicazioni sulle novità della Comunitaria.
Si pensi alla nozione di “inerti” (art. 20 L. 96/2010) e all’allegato ivi inserito, quale esempio di rilevante novità.
In questa comunicazione breve, con riserva di precisare, si pone attenzione all’art. 19 L. 96/2010 ovvero alla delega per il recepimento della direttiva 2008/99/CE sulla “tutela penale dell’ambiente”.
L’articolo 19 prevede che entro 9 mesi dalla entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni della Direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente.
In particolare tali decreti legislativi dovranno:
a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8.6.2001 n. 231 ss.m. le fattispecie criminose indicate nelle direttive di cui al comma 1.
In particolare l’art. 3 della Direttiva 2008/99/Ce prevede:“InfrazioniCiascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:
a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (Ce) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;
d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;
f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;
h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;
i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.
b) Il  Governo, dunque, dovrà articolare e prevedere tali ipotesi di reato (già peraltro abbozzate ed enumerate ma mai inserite nel Dlgs. 231/2001 che agli articoli da 24/a 26 ha inserito numerosi articoli bis ad integrazione delle fattispecie) .
Il Governo dovrà (lett. b) prevedere nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati “ambientali” adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie:
1) di confisca;
2) di pubblicazione della sentenza
3) ed eventualmente sanzioni interdittive
nella osservanza dei principi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del Dlgs. 2001/231 e ss.m.
Ebbene ritorna il tentativo di inserimento di nuove fattispecie di reato e soprattutto del coinvolgimento degli Enti nella sanzione; sanzione che non può essere detentiva (solo amministrativa) per il principio noto secondo il quale la responsabilità penale è solo personale (societas delinquere non potest).
 

adminComunitaria 2009: “Reati ambientali”
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Scarico acque reflue industriali: L. n. 36/2010 in vigore dal 27.3.2010

A cura dell’avv. Cinzia Silvestri



È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2010 la Legge 25.02.2010, n. 36, con la quale il Legislatore ha modificato il comma quinto dell’art. 137 D. Lgs 152/2006.Il 27.03.2010 entrerà in vigore la nuova disciplina. Il Legislatore dunque riporta alla corretta interpretazione l’art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 che prevede la sanzione penale SOLO in relazione allo stabellamento delle sostanze di cui alla tabella 5 allegato 5 della parte terza.

Tabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006
art. 59 D.Lgs. n. 152/1999come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m. Art. 137 comma 5L. 36/2010 de. 25.2.2010
5. Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivifissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5,
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni .
Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1,   in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
 
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila
Chiunque
in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure i limti più restrittivi fissati dalle regioni  o dalle province autonome o all’Autorità competente a norma dell’articolo 107 comma 1
 
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila Euro a trentamila Euro
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila

Si precisa dunque:
1) sanzione penale solo per le sostanze di cui alla tabella 5 dell’Allegato 5 della parte terza del d. lgs 152/2006:
2) la sanzione viene comminata :

  • scarico di acque reflue industriali: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 3 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente;
  • scarico sul suolo: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 4 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente.

 

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Rifiuti prodotti da navi e appalti: dichiarazioni non veritiere ed esclusione dalla gara

(TAR Puglia 4.11.2009 n. 2009)
A cura dell’avv. Cinzia Silvestri
Una Società partecipava  alla procedura ristretta indetta dalla Autorità Portuale  a mezzo di lettera di invito per l’affidamento del Servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti da navi e residui del carico nel porto interessato.
Lo schema di concessione prevedeva che il gestore dell’impianto doveva avere la disponibilità di un mezzo nautico in possesso di certificazione che lo abilita alla raccolta ed al trasporto dei rifiuti solidi e liquidi.
Lo schema di offerta economica prevedeva inoltre la dichiarazione della impresa in merito al titolo di possesso (proprietà, leasing ecc …) dei mezzi destinati al servizio.
Ebbene detta Società dichiarava di avere la proprietà di tutti i mezzi utili al servizio e risultava altresì aggiudicataria.
L’Autorità Portuale chiedeva chiarimenti in ordine al titolo di proprietà e la Società precisava di aver disponibilità e non la proprietà del mezzo concesso in usoda parte di ALTRA società.
La Società aggiudicataria veniva dunque esclusa e conseguentemente aggiudicato il servizio alla seconda aggiudicataria.
Si instaurava così il Giudizio tra le parti.
La Società esclusa rilevava che la lettera di invito lasciava spazio a varie scelte contrattuali di utilizzo del mezzo (nave) utile al servizio in quanto chiedeva di precisare il titolo del possesso e dunque non necessariamente la proprietà
Ebbene il Tribunale adito non contesta la possibilità di utilizzare la nave con forme diverse dalla proprietà, come nel caso in esame, ma conferma la esclusione della Società in quanto ha dichiarato falsamente di averne …. la proprietà .
L’attenzione del Tribunale si concentra, dunque e solo, sulla dichiarazione non veritiera e/o inesatta offerta dalla Società che avrebbe dovuto in sede di gara specificare esattamente il titolo del suo possesso indicando semmai che…. l’uso della nave era concesso da altra Società.
Ciò che rileva dunque è la verità delle dichiarazione rese in sede di gara.
 

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Scarichi reflui industriali: sanzione penale SOLO per violazione tabella 5 allegato 5

(DDL 1755 approvato dal Senato in data 19.11.2009) – a cura avv. Cinzia Silvestri


E’ stato approvato (19.11.2009) dal Senato il testo che modifica l’art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m..
La parola ora passa alla Camera.
Di interesse la Relazione tecnica che accompagna i lavori che si esprime giudicando “irrazionali” gli ampliamenti alla applicazione delle sanzioni penali.
La nota tecnica ribadisce la necessità di riportare nell’ambito delle sanzioni amministrative la violazione dei limiti tabellari dell’allegato 5 tabella 3 e 4 e di riservare SOLO ALLA VIOLAZIONE DELLA TABELLA 5 LA SANZIONE PENALE.
Si riporta di seguito la bozza di riforma dell’art. 137 comma 5 pur non definitivo:
DISEGNO DI LEGGE
D’iniziativa del Governo
Testo proposto dalla Commissione
(Modifica dell’articolo 137, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)
1. Il primo periodo del comma 5 dell’articolo 137 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, è sostituito dal seguente:

«Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro».
 

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DISEGNO DI LEGGE: SOLUZIONE AL PROBLEMA APPLICATIVO DELL’art. 137 COMMA 5 D.Lgs. n. 152/2006

A cura di avv. Cinzia Silvestri
27 agosto 2009
Premessa
La poca chiarezza, anche letterale, del legislatore obbliga alla interpretazione della norma ed il contrasto interpretativo di una norma ad opera della Cassazione genera incertezza applicativa ma anche disparità di trattamento della medesima fattispecie.
E’ il caso relativo alla interpretazione dell’art. 137 comma 5 D.Lgs. n. 152/2006 ss.m. che trae origine dal contrasto giurisprudenziale sorto a causa delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 258/2000 all’art. 59 D.Lgs. n. 152/1999.Il problema è capire se la violazione dei limiti tabellari, ad esempio, BOD5 (compreso nella tabella 3 dell’allegato 5 ma non nella tabella 5) sia punibile con sanzione amministrativa (art. 133) o penale (art. 137 comma 5).
Il problema è capire se la violazione dei limiti tabellari quali,“oli minerali persistenti” (n. 12 della tabella 5 che non trova corrispondenza precisa nella tabella 3) costituisca illecito penale (137) o amministrativo (133).
Vero è che recenti sentenze della Cassazione penale[1] che accolgono l’ interpretazione rigorosa e punitiva della norma hanno creato vero e proprio allarme operativo e confusione applicativa tra le amministrazioni ma anche tra gli operatori (gestori, titolari di autorizzazioni, privati ecc…) che vedono le Procure interessarsi di violazioni che fino a ieri erano di competenza delle amministrazioni.
Purtroppo e sempre più spesso il pensiero delle Corti è lontano dalla realtà applicativa e dalle problematiche relative alla gestione degli impianti di depurazione; problematiche che non possono trovare soluzione nella sanzione penale laddove il bene “ acqua” richiede per la sua tutela un intervento legislativo chiaro,  capace e dissuasivo ma anche tempestivo e concreto. La sanzione penale ed il suo lungo percorso processuale genera costi per ogni parte e spesso si affossa proprio nel gioco difensivo e nella particolarità di ogni situazione.Ebbene l’ interpretazione dell’art. 137 co. 5 D.Lgs. n. 152/2006 è esempio di incertezza applicativa che porta però conseguenze macroscopiche ed irragionevoli.
Si auspica l’intervento del legislatore che possa dirimere e chiarire la questione; questione che in realtà avrebbe già soluzione nella corretta lettura della norma e delle sue modifiche.   
Schemi
Prima di indicare le diverse posizioni assunte dalla Corte di Cassazione penale ed il contrasto tra le stesse è utile avere chiarezza delle norme richiamate.

art. 21 comma 3Legge 319/1976 art. 59D.Lgs. n. 152/99 art. 59D.Lgs. n. 152/1999 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5D.Lgs. n. 152/2006
Fatte salve le disposizioni penali di cui al primo e al secondo comma, l’inosservanza dei limiti di accettabilità stabiliti dalle regioni ai sensi dell’art. 14, secondo comma, ove non costituisca reato o circostanza aggravante, è punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni. Per gli scarichi da insediamenti produttivi, in caso di superamento dei limiti di accettabilità delle tabelle allegate alla presente legge e, se recapitano in pubbliche fognature, di quelli fissati ai sensi del n. 2) del primo comma dell’art. 12, si applica la pena dell’ammenda da lire quindici milioni a lire centocinquanta milioni o dell’arresto fino ad un anno (1). 5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale,
 
supera i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5
 
ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome,
 
 
 
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3 A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda a lire dieci milioni a lire duecento milioni.
5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, 
 
 
supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5
 
ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5,
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni (1).
5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, 
 
superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro,

 
E’ evidente che il legislatore, forse nel tentativo di chiarire, ha invece complicato la lettura delle norme offrendo spazio per la odierna confusione applicativa.In particolare: 
D.Lgs. n. 152/1999 art. 59 (prima formulazione)
La prima versione del D.Lgs. n. 152/1999 indicava la sanzione penale nel solo caso di violazione “in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5”. Pertanto colui che versava, ad esempio, cadmio (tabella 5 e 3) oltre i limiti indicati in tabella 3 rispondeva penalmente.Si noti che la collocazione del richiamo allatabella 5 avviene prima della indicazione relativa alle Regioni laddove la parola “ovvero” sembrava avere valore integrativo.Non si rinvengono pronunce della Cassazione che abbiano escluso la riferibilità della tabella 5 ai limiti più restrittivi fissati dalle Regioni in forza del mancato richiamo letterale espresso.
D.Lgs. n. 258/2000 – art. 59
A ben guardare la dizione di cui al D.Lgs. n. 258/2000 mantiene la stessa impostazione previgente ma aggiunge il richiamo anche alla tabella 4 nel caso di scarico sul suolo. La collocazione del riferimento alla tabella 5 posta al termine delle ipotesi previste sembra suggerire, senza particolare sconvolgimento operativo, le tre seguenti ipotesi:  1) violazione tabella 3 con riferimento tabella 5; 2) violazione tabella 4 con riferimento tabella 5; 3) violazione limiti più restrittivi delle Regioni con riferimento tabella 5 .Ebbenecerta giurisprudenza ha inteso attribuire allo spostamento sistematico del riferimento alla tabella 5diversa interpretazione concludendo che la tabella 5 è riferibile solo all’ultimo inciso relativo ai limiti della Regione; ne consegue che ogni violazione delle sostanze di cui alla tabella 3 (non 5) diventa penalmente perseguibile.
D.Lgs. n. 152/2006 art. 137
L’art. 137 mantiene la dizione precedente e si limita a modificare la parola “ovvero” in “oppure” acquisendo chiara valenza disgiuntiva. Ebbene in questo contesto applicativo certa giurisprudenza ha ritenuto che l’inciso “oppure” fosse elemento in grado di allargare l’ambito applicativo della sanzione penale. Tuttavia si segnala che, a parere della scrivente, le tre ipotesi sono tutte alternative in quanto può essere violata, ad esempio, la emissione di cadmio in relazione al parametro indicato nella tabella 3 e 5 (emissione in acque superficiali), oppure il selenio (Tabella 4 e 5) (emissione nel suolo) oppure il limite più restrittivo, ad esempio, del cadmio fissato dalla Regione X .
Art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e art. 133 D.Lgs. n. 152/2006
Le sentenze che sostengono l’applicazione della sanzione penale dimenticano volentieri l’esistenza dell’art. 54 e 133 .

art. 54D.Lgs. n. 152/99 art. 54D.Lgs. n. 152/1999 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 133D.Lgs. n. 152/2006
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico ovvero di una immissione occasionale, 
supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5, 
 
 
ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’art. 28, comma 2,
ovvero quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’art. 34, comma 1,
 
 
 
 
 
 
 
 
 
è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi ovvero immissioni occasionali recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, così come modificato dall’art. 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni.
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scaricosupera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5,
ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 28, comma 2,
ovvero quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 33, comma 1, o dell’articolo 34, comma 1,
è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni (1).
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico
superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
 
 
 
oppurediversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, o dell’articolo 108, comma 1,
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro

 
Ebbene l’ applicazione della sanzione amministrativa è la regola che ammette deroga.Si precisa invero che la disposizione fa riferimento alla violazione dei limiti tabellari dell’intero allegato 5 senza distinguere o precisare le varie tabelle. Tuttavia se si accoglie l’orientamento che predilige l’applicazione della sanzione penale non si comprende quale sia l’applicazione (residuale) della sanzione amministrativa.Se è vero che ogni scarico di acqua reflua industriale (137 comma 5) e urbana (137 comma 6) che viola i limiti di emissione della tabella 3 (si pensi al BOD, COD…) è passibile di sanzione penale non si capisce quale sia l’ambito di applicazione della sanzione amministrativa.Si potrebbe arrivare all’assurdo che la sostanza di cui al n. 18 della tabella 5 (sostanze cancerogene che richiede prova della nocività) non essendo riportata nella tabella 3 è passibile di sanzione, appunto, solo amministrativa a meno che la Regione (o altra autorità) abbia previsto un limite più restrittivo (secondo la interpretazione delle ultime recenti sentenze).
***
Ciò premesso è utile passare in rassegna le diverse interpretazioni della Corte di Cassazione penale al fine di comprendere come si sia giunti a tale grado di incertezza applicativa.
1) Sanzione amministrativa[2]
Le violazioni dei limiti di scarico previsti nell’allegato 5 della parte terza rientrano nell’illecito amministrativo di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e art. 133 del Dlgs n. 152/2006.E’ illecito penale SOLO il superamento di valori limite stabiliti per le sostanze che rientrano nella tabella 5 (18 sostanze) e 3/A del D.Lgs. n. 152/99 e 152/2006.
Cass. Sez. Unite 31.1.2002 n. 3798 (Turrina)
La Cass. Sez. Unite 31.1.2002 n. 3798 è intervenuta a chiarire i termini di applicabilità dell’art. 54 e 59 del D.Lgs. n. 152/1999 come modificato dal D.Lgs. n. 258/2000.La Cassazione si è occupata del passaggio e della successione dalla Legge Merli (art. 21 L.  10.5.1976) alla depenalizzazione operata dal D.Lgs. n. 152/1999 e successive modifiche del D.Lgs. n. 258/2000.L’articolata motivazione (pur occupandosi della disciplina transitoria) ribadisce l’avvenuta depenalizzazione e circoscrive l’ambito del reato (art. 59) allaviolazione dei limiti tabellari indicati nella tabella 5 dell’allegato 5 ovvero delle 18 sostanze inquinanti (cancerogene).Si ricorda che la sentenza aveva ad oggetto il versamento di materiale sedimentale, materiale in sospensione, COD, fosforo totale oli e grassi animali; sostanze il cui versamento oltre i limiti sotto la vigenza della legge Merli costituivano reato e che invece sotto la vigenza del D.Lgs. n. 152/99 ss. m. sono state depenalizzate in quanto sostanze che non rientravano, appunto, nella tabella 5 dell’allegato 5.Pur nella particolarità della sentenza colpisce l’affermazione, ad oggi attuale, della necessità di attuare una “interpretazione in armonia col principio di ragionevolezza del sistema senza ferire i principi di eguaglianza e parità di trattamento”.Ebbene l’intervento delle Sezioni Unite avrebbe dovuto comporre il contrasto sorto in seno alla Corte stessa e tacitare quella giurisprudenza che fonda le proprie decisioni sulla analisi letterale della norma e delle modifiche attuate dal D.Lgs. n. 258/2000 dimenticando, appunto, che l’interpretazione deve tener conto dell’intero sistema e della ratio della norma.
Corte di cassazione penale 18.3.2004 n. 19522
Di interesse la sentenza della Cassazione n. 19522/2004 che precisava: “…il superamento dei limiti di accettabilità è dal D.Lgs. n. 152/1999 come integrato dal D.Lgs. n. 258/2000 assoggettato in via generale (art. 54) a sanzione amministrativa..” (la sentenza affrontava il caso di violazione tabellare dei parametriCOD ed alluminio). Tale inciso è di particolare rilevanza in quanto sancisce la regola della applicazione della sanzione amministrativa e l’ambito residuale della applicazione del reato (art. 59).Prosegue la Cassazione – in armonia di tale impostazione sistematica e nel rispetto della ratio del legislatore che ha voluto colpire con sanzione amministrativa la generalità delle violazione e con reato i casi più gravi di inquinamento  –  nel precisare tale interpretazione proprio alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 258/2000: “…sanziona penalmente il superamento dei valori limite indicati dalla tabella 3 dell’allegato 5 ma solo in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5”… “in altre parole perché sia configurabile il reato di cui all’art. 59 comma 5 …..occorre la simultanea presenza di due condizioni e cioè che siano superati i valori limite fissati nella tabella 5 dell’allegato 5 ovvero che siano superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3° dell’allegato 5…”. La sentenza cita la Cassazione a sezioni unite del 2002 ed altra giurisprudenza rilevante.
Corte di cassazione penale  28.4.2004 n. 25752
La Corte nel valutare l’ambito di applicabilità dell’art. 59 co. 5 D.Lgs. n. 152/1999 modificato dal D.Lgs. n. 258/2000 ripercorre l’iter logico della precedente sentenza (Cass. penale n. 19522/2004) richiamando correttamente la valenza generale dell’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e dunque la punibilità delle violazioni tabellari con sanzione amministrativa e la conseguente applicabilità dell’art. 59 comma 5 nel caso di sole violazione tabellari delle sostanze previste nella tabella 5 allegato 5. La Corte inoltre richiama la sentenza delle sezioni unite del 2002 n. 3798. 
2) Sanzione penale[3]
E’ illecito penale il superamento di tutti i limiti previsti dalla tabella 3 e dalla tabella 4 del D.Lgs. n. 152/1999. E’ illecito penale il superamento dei limiti previsti dalla tabella 5 solo nel caso in cui i limiti siano previsti dalle Regioni o province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’art. 107 comma 1.
Corte di cassazione penale 23.10.2003 n. 1758 (Bonassi)
La sentenza applica la sanzione penale nel caso di superamento dei limiti tabellari posti dallo Stato (tabella 3 e 4), anche per le sostanze diverse dalle 18 indicate nella tabella 5, si badi, per gli scarichi successivi alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 258/2000. Attraverso l’analisi letterale del testo dell’art. 59 comma 5, come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000, la Cassazione ritiene che solo nel caso di limiti più restrittivi di quelli dello Stato fissati dalle Regioni la sanzione penale si applica “in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5”.Secondo questa interpretazione, se la Regione X fissa limite più restrittivo di quello fissato dal legislatore (Cadmio/tabella 3) ad esempio a 0,01 la violazione di tale parametro comporta la sanzione penale … che non è prevista dalla legge dello Stato. Colui che abita in una Regione Y che non ha previsto un limite più restrittivo invece risponderà della sanzione penale solo nel caso di violazione del parametro cadmio nei limiti di legge  (0,02), godendo dunque di trattamento più favorevole.Già questa considerazione appare stridere con la uguaglianza di trattamento.Di interesse appare anche l’affermazione, contenuta nella sentenza, che la sanzione amministrativa di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 è invece riservata alla violazione dei limiti regionali “diversi[4]” da quelli statali. Vero è che la sentenza dimentica completamente l’inciso iniziale dell’art. 54 che precisa: “Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5…”. Pare pleonastico ricordare che l’allegato 5 contiene 5 tabelle (da 1 a 5) e che, dunque, la sanzione amministrativa è applicabile quale regola generale salvo i casi residuali di reato.Tale sentenza, inoltre, dimentica di citare la sentenza della Cassazione a Sezione Unite del 2002 nonchè  la giurisprudenza contraria. 
Corte di cassazione penale 20.02.2004  n. 14801
La sentenza della Corte di Cassazione n. 14801 /2004 non è certo generosa nella motivazione limitandosi a richiamare la sentenza Bonassi (Cass. 1758/2003) senza neppure accennare alla possibilità di una diversa interpretazione. Forse tale fretta descrittiva era dovuta alla prevalente e riconosciuta prescrizione del reato tuttavia la Corte ha precisato laconicamente: ”La fattispecie criminosa di cui all’art. 59 richiamata in ricorso…deve essere configurata, a seguito delle modifiche introdotte dal D. L.vo n. 258/2000, anche nell’ipotesi di superamento dei limiti previsti dal testo unico, afferenti alle sostanze diverse da quelle indicate nella tabella 5 del D. L.vo n. 152/99, di talché anche con riferimento alla fattispecie di cui alla contestazione sussiste piena continuità normativa tra il reato di cui all’art. 3, comma terzo, della L. n. 319/76, contestato al ricorrente, e quello di cui al citato art. 59 del D. L.vo n. 152/99, come modificato dall’art. 23, comma 1 lett. c), del citato D. L.vo n. 258/2000 (cfr. sez. 3^, 29.10.2003 n. 1758, P.G. in proc. Bonassi e Bonfiglio)”.
Corte di cassazione penale 1.10.2008  n. 37279
Il caso affrontato dalla Suprema Corte ha ad oggetto il superamento dei limiti tabellari di BOD e COD; sostanze non comprese nella tabella 5 dell’allegato 5.La sentenza giustifica la natura di reato ex art. 59 comma 5 della violazione dei limiti tabellari di BOD e COD indicati solo nella tabella 3 basando la sua motivazione solo sulla interpretazione letterale dell’art. 59 comma 5 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 (suffragata da una certa giurisprudenza) che ritiene dunque :1)      il reato sussiste per ogni violazione tabellare anche se non riguarda le 18 sostanze indicate nella tabella 52)      la tabella 5 assume invece rilevanza nel caso dei limiti fissati dalle Regioni.. La lettura della sentenza porta in luce alcune carenze di particolare gravità:1)      l’omesso richiamo alla sentenza della Cassazione a sezione unite del 2002;2)      l’omessa indicazione della giurisprudenza contraria limitandosi a richiamare la Cassazione penale del 2005 n. 19254 senza peraltro motivare la differente presa di posizione;3)      il richiamo di alcune sentenze conformi ed in particolare la sentenza Bonassi n. 4806/2003 citandola come giurisprudenzaprevalente (e tale affermazione non può certo essere accolta).4)      L’interpretazione solo letterale senza alcuna valutazione sistematica della norma e della ratio del legislatore; nessun riferimento all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 come norma generale che prevede l’inciso “salvo che il fatto costituisca reato”.
Conclusioni
DISEGNO LEGGE
Sembra che a dirimere la questione intervenga il legislatore che con disegno di legge del 24.7.2009 ha affrontato il problema dell’art. 137 comma 5 riportandolo alla sua naturale interpretazione. Ed invero ildisegno di legge ripristina il richiamo espresso alla sanzione penale solo in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5.L’intervento del legislatore pare necessario per evitare che l’operatore sia in balia della interpretazione giurisprudenziale che ha portato grave scompiglio applicativo e disparità di trattamento.La vicenda interpretativa dell’art. 137 comma 5 purtroppo riguarda molte disposizioni del Dlgs. n. 152/2006 e rende difficoltosa la difesa delle posizioni contestate dovendo ilgiurista confrontarsi con interpretazioni e posizioni poco giustificabili.


[1] Cfr. per tutte Cassazione penale n. 37279/2008.
[2] Cfr. anche conformi Corte di cassazione penale 28.2.2003 n. 9386; Corte di Cassazione penale 6.6.2007 n. 34899
[3] Cfr. conformi Corte di cassazione penale 29.10.2003 n. 48076; Corte di cassazione penale 13.04.2005 n. 19254; Cass. penale 34899 del 2007; Corte di cassazione penale 12.06.2008 n. 1518.
[4] Con ciò suggerendo la possibilità per le Regioni di imporre limiti più restrittivi di quelli imposti dallo Stato (es. cadmio) ma anche limiti diversi ovvero l’indicazioni di sostanze non indicate dallo stato nelle tabelle.

 

adminDISEGNO DI LEGGE: SOLUZIONE AL PROBLEMA APPLICATIVO DELL’art. 137 COMMA 5 D.Lgs. n. 152/2006
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Unitarietà ciclo produttivo

La unitarietà del ciclo produttivo è soddisfatta anche dalla presenza del solo requisito della “utilizzazione preventivamente individuata” al fine di individuare il sottoprodotto. La Corte di cassazione penale del 29.7.2008 n. 31462 applica la nuova definizione di sottoprodotto ex D.Lgs. n. 4/08.
La sentenza è stata commentata dall’avv. Cinzia Silvestri sulla Rivista Ambiente&Sicurezza del sole24ore n. 21/08 pag. 75.
 

adminUnitarietà ciclo produttivo
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