DISEGNO DI LEGGE: SOLUZIONE AL PROBLEMA APPLICATIVO DELL’art. 137 COMMA 5 D.Lgs. n. 152/2006

A cura di avv. Cinzia Silvestri
27 agosto 2009
Premessa
La poca chiarezza, anche letterale, del legislatore obbliga alla interpretazione della norma ed il contrasto interpretativo di una norma ad opera della Cassazione genera incertezza applicativa ma anche disparità di trattamento della medesima fattispecie.
E’ il caso relativo alla interpretazione dell’art. 137 comma 5 D.Lgs. n. 152/2006 ss.m. che trae origine dal contrasto giurisprudenziale sorto a causa delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 258/2000 all’art. 59 D.Lgs. n. 152/1999.Il problema è capire se la violazione dei limiti tabellari, ad esempio, BOD5 (compreso nella tabella 3 dell’allegato 5 ma non nella tabella 5) sia punibile con sanzione amministrativa (art. 133) o penale (art. 137 comma 5).
Il problema è capire se la violazione dei limiti tabellari quali,“oli minerali persistenti” (n. 12 della tabella 5 che non trova corrispondenza precisa nella tabella 3) costituisca illecito penale (137) o amministrativo (133).
Vero è che recenti sentenze della Cassazione penale[1] che accolgono l’ interpretazione rigorosa e punitiva della norma hanno creato vero e proprio allarme operativo e confusione applicativa tra le amministrazioni ma anche tra gli operatori (gestori, titolari di autorizzazioni, privati ecc…) che vedono le Procure interessarsi di violazioni che fino a ieri erano di competenza delle amministrazioni.
Purtroppo e sempre più spesso il pensiero delle Corti è lontano dalla realtà applicativa e dalle problematiche relative alla gestione degli impianti di depurazione; problematiche che non possono trovare soluzione nella sanzione penale laddove il bene “ acqua” richiede per la sua tutela un intervento legislativo chiaro,  capace e dissuasivo ma anche tempestivo e concreto. La sanzione penale ed il suo lungo percorso processuale genera costi per ogni parte e spesso si affossa proprio nel gioco difensivo e nella particolarità di ogni situazione.Ebbene l’ interpretazione dell’art. 137 co. 5 D.Lgs. n. 152/2006 è esempio di incertezza applicativa che porta però conseguenze macroscopiche ed irragionevoli.
Si auspica l’intervento del legislatore che possa dirimere e chiarire la questione; questione che in realtà avrebbe già soluzione nella corretta lettura della norma e delle sue modifiche.   
Schemi
Prima di indicare le diverse posizioni assunte dalla Corte di Cassazione penale ed il contrasto tra le stesse è utile avere chiarezza delle norme richiamate.

art. 21 comma 3Legge 319/1976 art. 59D.Lgs. n. 152/99 art. 59D.Lgs. n. 152/1999 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5D.Lgs. n. 152/2006
Fatte salve le disposizioni penali di cui al primo e al secondo comma, l’inosservanza dei limiti di accettabilità stabiliti dalle regioni ai sensi dell’art. 14, secondo comma, ove non costituisca reato o circostanza aggravante, è punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire trenta milioni. Per gli scarichi da insediamenti produttivi, in caso di superamento dei limiti di accettabilità delle tabelle allegate alla presente legge e, se recapitano in pubbliche fognature, di quelli fissati ai sensi del n. 2) del primo comma dell’art. 12, si applica la pena dell’ammenda da lire quindici milioni a lire centocinquanta milioni o dell’arresto fino ad un anno (1). 5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, ovvero da una immissione occasionale,
 
supera i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5
 
ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o delle province autonome,
 
 
 
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3 A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda a lire dieci milioni a lire duecento milioni.
5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, 
 
 
supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5
 
ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5,
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni (1).
5. Chiunque, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, 
 
superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro,

 
E’ evidente che il legislatore, forse nel tentativo di chiarire, ha invece complicato la lettura delle norme offrendo spazio per la odierna confusione applicativa.In particolare: 
D.Lgs. n. 152/1999 art. 59 (prima formulazione)
La prima versione del D.Lgs. n. 152/1999 indicava la sanzione penale nel solo caso di violazione “in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5”. Pertanto colui che versava, ad esempio, cadmio (tabella 5 e 3) oltre i limiti indicati in tabella 3 rispondeva penalmente.Si noti che la collocazione del richiamo allatabella 5 avviene prima della indicazione relativa alle Regioni laddove la parola “ovvero” sembrava avere valore integrativo.Non si rinvengono pronunce della Cassazione che abbiano escluso la riferibilità della tabella 5 ai limiti più restrittivi fissati dalle Regioni in forza del mancato richiamo letterale espresso.
D.Lgs. n. 258/2000 – art. 59
A ben guardare la dizione di cui al D.Lgs. n. 258/2000 mantiene la stessa impostazione previgente ma aggiunge il richiamo anche alla tabella 4 nel caso di scarico sul suolo. La collocazione del riferimento alla tabella 5 posta al termine delle ipotesi previste sembra suggerire, senza particolare sconvolgimento operativo, le tre seguenti ipotesi:  1) violazione tabella 3 con riferimento tabella 5; 2) violazione tabella 4 con riferimento tabella 5; 3) violazione limiti più restrittivi delle Regioni con riferimento tabella 5 .Ebbenecerta giurisprudenza ha inteso attribuire allo spostamento sistematico del riferimento alla tabella 5diversa interpretazione concludendo che la tabella 5 è riferibile solo all’ultimo inciso relativo ai limiti della Regione; ne consegue che ogni violazione delle sostanze di cui alla tabella 3 (non 5) diventa penalmente perseguibile.
D.Lgs. n. 152/2006 art. 137
L’art. 137 mantiene la dizione precedente e si limita a modificare la parola “ovvero” in “oppure” acquisendo chiara valenza disgiuntiva. Ebbene in questo contesto applicativo certa giurisprudenza ha ritenuto che l’inciso “oppure” fosse elemento in grado di allargare l’ambito applicativo della sanzione penale. Tuttavia si segnala che, a parere della scrivente, le tre ipotesi sono tutte alternative in quanto può essere violata, ad esempio, la emissione di cadmio in relazione al parametro indicato nella tabella 3 e 5 (emissione in acque superficiali), oppure il selenio (Tabella 4 e 5) (emissione nel suolo) oppure il limite più restrittivo, ad esempio, del cadmio fissato dalla Regione X .
Art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e art. 133 D.Lgs. n. 152/2006
Le sentenze che sostengono l’applicazione della sanzione penale dimenticano volentieri l’esistenza dell’art. 54 e 133 .

art. 54D.Lgs. n. 152/99 art. 54D.Lgs. n. 152/1999 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 133D.Lgs. n. 152/2006
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico ovvero di una immissione occasionale, 
supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5, 
 
 
ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’art. 28, comma 2,
ovvero quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’art. 34, comma 1,
 
 
 
 
 
 
 
 
 
è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi ovvero immissioni occasionali recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, così come modificato dall’art. 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni.
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scaricosupera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5,
ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 28, comma 2,
ovvero quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 33, comma 1, o dell’articolo 34, comma 1,
è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 21 ovvero in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a lire trenta milioni (1).
Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico
superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
 
 
 
 
oppurediversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell’articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall’autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, o dell’articolo 108, comma 1,
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l’inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro

 
Ebbene l’ applicazione della sanzione amministrativa è la regola che ammette deroga.Si precisa invero che la disposizione fa riferimento alla violazione dei limiti tabellari dell’intero allegato 5 senza distinguere o precisare le varie tabelle. Tuttavia se si accoglie l’orientamento che predilige l’applicazione della sanzione penale non si comprende quale sia l’applicazione (residuale) della sanzione amministrativa.Se è vero che ogni scarico di acqua reflua industriale (137 comma 5) e urbana (137 comma 6) che viola i limiti di emissione della tabella 3 (si pensi al BOD, COD…) è passibile di sanzione penale non si capisce quale sia l’ambito di applicazione della sanzione amministrativa.Si potrebbe arrivare all’assurdo che la sostanza di cui al n. 18 della tabella 5 (sostanze cancerogene che richiede prova della nocività) non essendo riportata nella tabella 3 è passibile di sanzione, appunto, solo amministrativa a meno che la Regione (o altra autorità) abbia previsto un limite più restrittivo (secondo la interpretazione delle ultime recenti sentenze).
***
Ciò premesso è utile passare in rassegna le diverse interpretazioni della Corte di Cassazione penale al fine di comprendere come si sia giunti a tale grado di incertezza applicativa.
1) Sanzione amministrativa[2]
Le violazioni dei limiti di scarico previsti nell’allegato 5 della parte terza rientrano nell’illecito amministrativo di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e art. 133 del Dlgs n. 152/2006.E’ illecito penale SOLO il superamento di valori limite stabiliti per le sostanze che rientrano nella tabella 5 (18 sostanze) e 3/A del D.Lgs. n. 152/99 e 152/2006.
Cass. Sez. Unite 31.1.2002 n. 3798 (Turrina)
La Cass. Sez. Unite 31.1.2002 n. 3798 è intervenuta a chiarire i termini di applicabilità dell’art. 54 e 59 del D.Lgs. n. 152/1999 come modificato dal D.Lgs. n. 258/2000.La Cassazione si è occupata del passaggio e della successione dalla Legge Merli (art. 21 L.  10.5.1976) alla depenalizzazione operata dal D.Lgs. n. 152/1999 e successive modifiche del D.Lgs. n. 258/2000.L’articolata motivazione (pur occupandosi della disciplina transitoria) ribadisce l’avvenuta depenalizzazione e circoscrive l’ambito del reato (art. 59) allaviolazione dei limiti tabellari indicati nella tabella 5 dell’allegato 5 ovvero delle 18 sostanze inquinanti (cancerogene).Si ricorda che la sentenza aveva ad oggetto il versamento di materiale sedimentale, materiale in sospensione, COD, fosforo totale oli e grassi animali; sostanze il cui versamento oltre i limiti sotto la vigenza della legge Merli costituivano reato e che invece sotto la vigenza del D.Lgs. n. 152/99 ss. m. sono state depenalizzate in quanto sostanze che non rientravano, appunto, nella tabella 5 dell’allegato 5.Pur nella particolarità della sentenza colpisce l’affermazione, ad oggi attuale, della necessità di attuare una “interpretazione in armonia col principio di ragionevolezza del sistema senza ferire i principi di eguaglianza e parità di trattamento”.Ebbene l’intervento delle Sezioni Unite avrebbe dovuto comporre il contrasto sorto in seno alla Corte stessa e tacitare quella giurisprudenza che fonda le proprie decisioni sulla analisi letterale della norma e delle modifiche attuate dal D.Lgs. n. 258/2000 dimenticando, appunto, che l’interpretazione deve tener conto dell’intero sistema e della ratio della norma.
Corte di cassazione penale 18.3.2004 n. 19522
Di interesse la sentenza della Cassazione n. 19522/2004 che precisava: “…il superamento dei limiti di accettabilità è dal D.Lgs. n. 152/1999 come integrato dal D.Lgs. n. 258/2000 assoggettato in via generale (art. 54) a sanzione amministrativa..” (la sentenza affrontava il caso di violazione tabellare dei parametriCOD ed alluminio). Tale inciso è di particolare rilevanza in quanto sancisce la regola della applicazione della sanzione amministrativa e l’ambito residuale della applicazione del reato (art. 59).Prosegue la Cassazione – in armonia di tale impostazione sistematica e nel rispetto della ratio del legislatore che ha voluto colpire con sanzione amministrativa la generalità delle violazione e con reato i casi più gravi di inquinamento  –  nel precisare tale interpretazione proprio alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 258/2000: “…sanziona penalmente il superamento dei valori limite indicati dalla tabella 3 dell’allegato 5 ma solo in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5”… “in altre parole perché sia configurabile il reato di cui all’art. 59 comma 5 …..occorre la simultanea presenza di due condizioni e cioè che siano superati i valori limite fissati nella tabella 5 dell’allegato 5 ovvero che siano superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3° dell’allegato 5…”. La sentenza cita la Cassazione a sezioni unite del 2002 ed altra giurisprudenza rilevante.
Corte di cassazione penale  28.4.2004 n. 25752
La Corte nel valutare l’ambito di applicabilità dell’art. 59 co. 5 D.Lgs. n. 152/1999 modificato dal D.Lgs. n. 258/2000 ripercorre l’iter logico della precedente sentenza (Cass. penale n. 19522/2004) richiamando correttamente la valenza generale dell’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 e dunque la punibilità delle violazioni tabellari con sanzione amministrativa e la conseguente applicabilità dell’art. 59 comma 5 nel caso di sole violazione tabellari delle sostanze previste nella tabella 5 allegato 5. La Corte inoltre richiama la sentenza delle sezioni unite del 2002 n. 3798. 
2) Sanzione penale[3]
E’ illecito penale il superamento di tutti i limiti previsti dalla tabella 3 e dalla tabella 4 del D.Lgs. n. 152/1999. E’ illecito penale il superamento dei limiti previsti dalla tabella 5 solo nel caso in cui i limiti siano previsti dalle Regioni o province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’art. 107 comma 1.
Corte di cassazione penale 23.10.2003 n. 1758 (Bonassi)
La sentenza applica la sanzione penale nel caso di superamento dei limiti tabellari posti dallo Stato (tabella 3 e 4), anche per le sostanze diverse dalle 18 indicate nella tabella 5, si badi, per gli scarichi successivi alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 258/2000. Attraverso l’analisi letterale del testo dell’art. 59 comma 5, come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000, la Cassazione ritiene che solo nel caso di limiti più restrittivi di quelli dello Stato fissati dalle Regioni la sanzione penale si applica “in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5”.Secondo questa interpretazione, se la Regione X fissa limite più restrittivo di quello fissato dal legislatore (Cadmio/tabella 3) ad esempio a 0,01 la violazione di tale parametro comporta la sanzione penale … che non è prevista dalla legge dello Stato. Colui che abita in una Regione Y che non ha previsto un limite più restrittivo invece risponderà della sanzione penale solo nel caso di violazione del parametro cadmio nei limiti di legge  (0,02), godendo dunque di trattamento più favorevole.Già questa considerazione appare stridere con la uguaglianza di trattamento.Di interesse appare anche l’affermazione, contenuta nella sentenza, che la sanzione amministrativa di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 è invece riservata alla violazione dei limiti regionali “diversi[4]” da quelli statali. Vero è che la sentenza dimentica completamente l’inciso iniziale dell’art. 54 che precisa: “Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell’effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all’allegato 5…”. Pare pleonastico ricordare che l’allegato 5 contiene 5 tabelle (da 1 a 5) e che, dunque, la sanzione amministrativa è applicabile quale regola generale salvo i casi residuali di reato.Tale sentenza, inoltre, dimentica di citare la sentenza della Cassazione a Sezione Unite del 2002 nonchè  la giurisprudenza contraria. 
Corte di cassazione penale 20.02.2004  n. 14801
La sentenza della Corte di Cassazione n. 14801 /2004 non è certo generosa nella motivazione limitandosi a richiamare la sentenza Bonassi (Cass. 1758/2003) senza neppure accennare alla possibilità di una diversa interpretazione. Forse tale fretta descrittiva era dovuta alla prevalente e riconosciuta prescrizione del reato tuttavia la Corte ha precisato laconicamente: ”La fattispecie criminosa di cui all’art. 59 richiamata in ricorso…deve essere configurata, a seguito delle modifiche introdotte dal D. L.vo n. 258/2000, anche nell’ipotesi di superamento dei limiti previsti dal testo unico, afferenti alle sostanze diverse da quelle indicate nella tabella 5 del D. L.vo n. 152/99, di talché anche con riferimento alla fattispecie di cui alla contestazione sussiste piena continuità normativa tra il reato di cui all’art. 3, comma terzo, della L. n. 319/76, contestato al ricorrente, e quello di cui al citato art. 59 del D. L.vo n. 152/99, come modificato dall’art. 23, comma 1 lett. c), del citato D. L.vo n. 258/2000 (cfr. sez. 3^, 29.10.2003 n. 1758, P.G. in proc. Bonassi e Bonfiglio)”.
Corte di cassazione penale 1.10.2008  n. 37279
Il caso affrontato dalla Suprema Corte ha ad oggetto il superamento dei limiti tabellari di BOD e COD; sostanze non comprese nella tabella 5 dell’allegato 5.La sentenza giustifica la natura di reato ex art. 59 comma 5 della violazione dei limiti tabellari di BOD e COD indicati solo nella tabella 3 basando la sua motivazione solo sulla interpretazione letterale dell’art. 59 comma 5 come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 (suffragata da una certa giurisprudenza) che ritiene dunque :1)      il reato sussiste per ogni violazione tabellare anche se non riguarda le 18 sostanze indicate nella tabella 52)      la tabella 5 assume invece rilevanza nel caso dei limiti fissati dalle Regioni.. La lettura della sentenza porta in luce alcune carenze di particolare gravità:1)      l’omesso richiamo alla sentenza della Cassazione a sezione unite del 2002;2)      l’omessa indicazione della giurisprudenza contraria limitandosi a richiamare la Cassazione penale del 2005 n. 19254 senza peraltro motivare la differente presa di posizione;3)      il richiamo di alcune sentenze conformi ed in particolare la sentenza Bonassi n. 4806/2003 citandola come giurisprudenzaprevalente (e tale affermazione non può certo essere accolta).4)      L’interpretazione solo letterale senza alcuna valutazione sistematica della norma e della ratio del legislatore; nessun riferimento all’art. 54 D.Lgs. n. 152/1999 come norma generale che prevede l’inciso “salvo che il fatto costituisca reato”.
Conclusioni
DISEGNO LEGGE
Sembra che a dirimere la questione intervenga il legislatore che con disegno di legge del 24.7.2009 ha affrontato il problema dell’art. 137 comma 5 riportandolo alla sua naturale interpretazione. Ed invero ildisegno di legge ripristina il richiamo espresso alla sanzione penale solo in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5.L’intervento del legislatore pare necessario per evitare che l’operatore sia in balia della interpretazione giurisprudenziale che ha portato grave scompiglio applicativo e disparità di trattamento.La vicenda interpretativa dell’art. 137 comma 5 purtroppo riguarda molte disposizioni del Dlgs. n. 152/2006 e rende difficoltosa la difesa delle posizioni contestate dovendo ilgiurista confrontarsi con interpretazioni e posizioni poco giustificabili.


[1] Cfr. per tutte Cassazione penale n. 37279/2008.
[2] Cfr. anche conformi Corte di cassazione penale 28.2.2003 n. 9386; Corte di Cassazione penale 6.6.2007 n. 34899
[3] Cfr. conformi Corte di cassazione penale 29.10.2003 n. 48076; Corte di cassazione penale 13.04.2005 n. 19254; Cass. penale 34899 del 2007; Corte di cassazione penale 12.06.2008 n. 1518.
[4] Con ciò suggerendo la possibilità per le Regioni di imporre limiti più restrittivi di quelli imposti dallo Stato (es. cadmio) ma anche limiti diversi ovvero l’indicazioni di sostanze non indicate dallo stato nelle tabelle.

 

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