Videoregistrazioni e deposito rifiuti – Cassazione penale n. 2089/2010

Il titolare di una società (A) veniva condannato per abbandono di rifiuti ex art. 256 Dlgs. n. 152/2006 ss.m. in quanto provvedeva al deposito di rifiuti proveniente dalla propria attività (pallet, cellophane ecc..) nell’area antistante alla officina gestita da altra società (B).
La società (B), stante il continuo deposito di materiali avanti alla propria area di proprietà, provvedeva a videoregistrare e monitorare l’area individuando così il responsabile dell’abbandono.
In sede di giudizio penale la società (A) contestava proprio le videoregistrazioni in quanto lesive della privacy e da ritenersi quali “intercettazioni” che dovevano essere autorizzate dlla Autorità Giudiziaria ex art. 266 c.p.p..
La Suprema Corte provvedeva a valutare la differente utilizzabilità processuale delle “prove documentali”, che non necessitano di autorizzazione alcuna da parte della autorità, e delle “intercettazioni” che per loro natura, essendo potenzialmente lesive anche della privacy, devono trovare idonea giustificazione ed autorizzazione dell’autorità
Ebbene la Corte ha affermato che le videoregistrazioni di un’area, anche se di proprietà privata, non recintata , aperta al pubblico passaggio non sono lesive della libertà morale delle persone coinvolte nelle stesse. Le videoregistrazioni, eseguite in tale ambito, non sono da considerarsi “intercettazioni” bensì prove documentali ex art. 234 c.p.p. per le quali non è necessaria alcuna autorizzazione ex art. 266 c.p.p.
La Corte dunque conferma la natura di prova documentale (producibile in giudizio) delle videoriprese effettuate per registrare un reato in luogo pubblico o aperto al pubblico.
Ed invero colui che commette reato in luogo pubblico o aperto al pubblico rinuncia implicitamente alla propria riservatezza.
 

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