TARES: Tributo Rifiuti e Servizi in vigore dal 1.1.2013 (1)

TARES IN VIGORE DAL 1.1.2013
Tributo comunale Rifiuti e Servizi (1)
Una prima lettura
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente
Ci eravamo dimenticati della “invenzione” …TARES.
L’art. 14 L. 214/2011, più volte riformato nel corso del 2012, è divenuto un testo normativo a se’; lungo e complesso nella lettura, affaticante.
La Legge Stabilità 2013 – al comma (o punto) 387 si occupa dell’art. 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, apportando alcune rilevanti modifiche.
Vigenza TARES
Vengono introdotte disposizioni che disciplinano e regolano l’entrata in vigore del nuovo tributo TARES a partire dal 1 gennaio 2013.
Era previsto inizialmente che il pagamento avvenisse in quattro rate annuali (gennaio, aprile, luglio, ottobre).
Prima rata ad aprile 2013
Con un emendamento il governo ha permesso ai sindaci di variare il numero e la scadenza delle rate, inclusa anche la possibilità di versamento in un’unica soluzione a giugno: nel 2013 la prima rata è comunque spostata d’ufficio ad aprile (cfr. comma 35 dell’art. 14 Legge Stabilità).
In generale
Per definire il costo del servizio di gestione dei rifiuti, e di conseguenza la tariffa, si useranno i parametri attualmente in vigore.
Dovrà infatti essere gestito applicando i criteri per la determinazione della tariffa contenuti nel Dpr 158/1999. Questo decreto attuativo dovrà essere applicato a regime, perché non è più prevista l’emanazione di un nuovo regolamento. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in base agli usi e alle tipologie di attività svolte.
Gli importi della Tares saranno in ogni caso maggiorati rispetto alle vecchie imposte, a causa della destinazione stessa delle entrate finalizzate a finanziare il
servizio di igiene ambientale e altri servizi come
l’illuminazione e la
manutenzione delle strade nei Comuni.
Considerato poi che per la maggior parte degli immobili non esiste ancora la superficie catastale, all’Agenzia era demandato il compito non semplice di stabilire medio tempore una superficie convenzionale in base ai dati in suo possesso.
Tenuto conto delle difficoltà di utilizzare la superficie catastale, viene consentito ai comuni di fare ricorso alle superfici già denunciate per Tarsu e Tia, utilizzando per il calcolo della tassa la superficie calpestabile anche per gli immobili a destinazione ordinaria (classificati nelle categorie A, B e C). Tuttavia, all’80% della superficie catastale gli enti potranno fare ricorso in sede di accertamento. Si passerà alla commisurazione del tributo sulla superficie catastale solo quando verranno allineati i dati degli immobili a destinazione ordinaria e quelli riguardanti la toponomastica e la numerazione civica, interna e esterna, di ciascun comune.
SERVIZI
Interessante è la precisazione del legislatore, modificata dalla Legge stabilità, che giustifica questo tributo imposto “…a copertura dei costi relativi al servizio di
a) gestione dei rifiuti urbani
b) gestione dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento,
svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale .
c) e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Il pagamento del TARES comprende dunque anche alcuni Servizi.
Così risulta la lettura del comma 1 art. 14 come modificato dalla Legge Stabilità.
“1. A decorrere dal 1° gennaio 2013 e’ istituito in tutti i comuni del territorio nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale svolto mediante l’attribuzione di diritti di esclusiva nelle ipotesi di cui al comma 1 dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 settembre 2011, n. 148, e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
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Il Comune può imporre l’Iva?
L’obbligazione è tributaria, lo dice la legge, e dunque non è dovuta l’IVA.
Il Comune è il soggetto destinatario del tributo.
Così recita il comma 2 dell’art. 14 (non modificato dalla Legge Stabilità):
“…2. Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria e’ il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo.”..
Cosa è” suscettibile di produrre rifiuti urbani”?
Precisa il comma 3 dell’art. 14:
3. Il tributo e’ dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Solo ciò che è suscettibile di produrre rifiuti URBANI (non speciali) è soggetto al Tributo. Costituisce dunque presupposto e condizione per l’applicazione. Va da se’ che i Comuni tenderanno ad ampliare con interpretazioni (circolari, regolamenti ecc..) i luoghi “suscettibili di produrre rifiuti”….
Esclusioni
Il comma 4 indica le esclusioni.
E’ bene porre attenzione a questo importante capitolo laddove più di qualche contribuente ha pagato e paga il tributo anche su aree (si pensi al parcheggio) o altri beni sulla base di incauta dichiarazione della parte.
Ebbene l’amministrazione NON può applicare il tributo a
1) luoghi che non sono suscettibili di produrre rifiuti e relativi a :
aree scoperte pertinenziali
aree accessorie a civili abitazioni
aree comuni condominiali non detenute od occupate in via esclusiva
Dunque sorgoro alcuni quesiti:
L’area di parcheggio anche esclusiva, seppur condominiale, è luogo suscettibile di produrre rifiuti?
L’area scoperta e l’area scoperta pertinenziale: quale differenza?
Quali sono le aree accessorie a civili abitazioni?
Recita il comma 4:
“4. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
Vincolo di solidarietà
Qualora ci siano più soggetti che detengono/occupano i beni suscettibili di produrre rifiuti, il legislatore ha previsto il vincolo di solidarietà e dunque tutti sono tenuti al pagamento per l’intero del Tributo (salvo regresso verso gli altri)
Si evidenzia che i luoghi possono essere:
-Locali
– Aree scoperte
– Aree comuni condominiali detenute/occupate a titolo esclusivo
Recita il comma 5:
5. Il tributo e’ dovuto da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui ai commi 3 e 4 con vincolo di solidarieta’ tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse.
Utilizzo non superiore ai 6 mesi
Recita il comma 6:
6. In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno solare, il tributo e’ dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprieta’, usufrutto, uso, abitazione, superficie.
Multiproprietà/centri commerciali
7. Nel caso di locali in multiproprieta’ e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni e’ responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi, gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo.
TRIBUTO/ANNO SOLARE
8. Il tributo e’ corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.

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Tariffa Rifiuti (TIA): obbligo di motivazione

Tariffa Rifiuti (TIA) : la PA deve motivare
Consiglio di Stato n. 539/2012
A cura di Cinzia Silvestri
L’“ampio potere discrezionale dell’ente locale …non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, devono caratterizzare l’azione amministrativa….”
Il Comune deve motivare l’applicazione della tariffa ai massimi consentiti.
Leggi anche articolo “ il cittadino non e’ suddito”
Alcune associazioni di professionisti chiedevano al TAR di Toscana l’annullamento delle delibere del Comune di Prato relative al regolamento per la tariffa Rifiuti.
“.. i ricorrenti sostenevano l’illegittimità della istituzione della tariffa di igiene ambientale per le utenze non domestiche appartenenti alla categoria 11 (uffici, agenzie, studi professionali) nella misura più elevata possibile…… senza alcuna motivazione che giustificassero tale massima imposizione e senza dar minimamente conto dei criteri applicati nell’ambito dei valori minimi e massimi indicati nell’allegato al D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158; ciò senza contare che non solo alcun criterio omogeneo risultava seguito per le varie categorie di contribuenti (per alcune delle quali (nn. 1, 4, 13, 17, 18, 19, 20, 21) erano stati applicati i coefficienti minimi e per altre (n. 11) quelli massimi), per quanto la tariffa, secondo la previsione di cui all’articolo 4, terzo comma, del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, doveva essere differenziata per zone, con riferimento alla destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e qualità dei servizi da fornire.
LA Corte accoglie la doglianza.
Scrive la Corte:”…L’art. 49 del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, nel prevedere l’istituzione della tariffa in questione, stabilisce al comma 4 che essa è composta da
una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e
da una quota rapportata
alle quantità di rifiuti,
al servizio fornito, e
all’entità dei costi di gestione,
in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
Il successivo comma 5 rimette al Ministro dell’ambiente …., l’elaborazione di un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento…”
TARIFFA
La tariffa, prosegue la Corte:”…. deve essere articolata per fasce (comma 6) e costituisce la base per la determinazione della tariffa e per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall’applicazione dello stesso decreto legislativo (comma 7).
Il regolamento per l’elaborazione del metodo normalizzato per la definizione della tariffa di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, approvato col già citato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, dopo aver precisato all’articolo 2 che “la tariffa di riferimento rappresenta l’insieme dei criteri e delle condizioni che devono essere rispettati per la determinazione della tariffa da parte degli enti locali” (comma 1) e ribadito all’articolo 3, comma 1, che “la tariffa è composta da
una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e
da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione”,
all’articolo 4 (“Articolazione della tariffa) prevede che la tariffa è articolata nelle fasce di utenza domestica e non domestica (comma 1), stabilendo che l’ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali (assicurando l’agevolazione per l’utenza domestica di cui all’art. 49, comma 10, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) (comma 2) e aggiungendo che a livello territoriale la tariffa è articolata con riferimento alle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunale ed in particolare alla loro destinazione a livello di pianificazione urbanistica e territoriale, alla densità abitativa, alla frequenza e alla qualità dei servizi da fornire, secondo modalità stabilite dal comune (comma 3).
Ai fini del calcolo della tariffa per le utenze domestiche, in particolare, l’articolo 6 stabilisce, al primo comma, che “Per le comunità, per le attività commerciali, industriali, professionali e per le attività produttive in genere, la parte fissa della tariffa è attribuita alla singola utenza sulla base di un coefficiente relativo alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa e determinato dal comune nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3. dell’allegato 1 al presente decreto”, e, al secondo comma, che “Per l’attribuzione della parte variabile della tariffa gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze. Gli enti locali non ancora organizzati applicano un sistema presuntivo, prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq. ritenuta congrua nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.4. dell’allegato 1.
4.3.2.2. Alla luce del delineato substrato normativo non può ragionevolmente dubitarsi della sussistenza del vizio di motivazione che, come eccepito dagli appellanti, inficia gli atti impugnati.
Invero, ancorché non possa dubitarsi della natura di atto generale del provvedimento istitutivo della tariffa e del relativo regolamento, non può tuttavia negarsi che esso, proprio in quanto costituisce applicazione concreta anche delle disposizioni contenute nel ricordato d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ha un contenuto composito, in parte regolamentare ed in parte provvedimentale, con particolare riferimento a quella parte in cui stabilisce il costo del servizio e la determinazione della tariffa, le modalità di applicazione della tariffa, le agevolazioni e le riduzioni tariffarie, le modalità di riscossione della tariffa, i coefficienti per l’attribuzione della parte fissa e della parte variabile della tariffa.
La determinazione di tali peculiari elementi, che implica, come si ricava dalle richiamate disposizioni, l’individuazione dei costi da coprire, la loro ripartizione tra le categoria di utenza domestica e non domestica, la articolazione della tariffa stessa in ragione delle caratteristiche delle diverse zone del territorio comunali, secondo la loro destinazione urbanistica, è frutto di un ampio potere discrezionale dell’ente locale che non può intuitivamente sfuggire a qualsiasi forma di controllo e non può pertanto essere sottratto all’obbligo della motivazione, se non al costo di rinnegare i principi fondamentali di legalità, imparzialità e buon andamento che, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, devono caratterizzare l’azione amministrativa.
Ma, anche a voler prescindere dalle considerazioni fin qui svolte, un decisivo argomento letterale a conforto della tesi dell’obbligo di motivazione di cui si discute è rintracciabile nelle disposizioni dell’articolo 6 del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, che, disciplinando il calcolo della tariffa per le utenze non domestiche, facoltizza i comuni a determinare la parte fissa della tariffa “…nell’ambito degli intervalli indicati nel punto 4.3. dell’allegato 1 al decreto” (comma 1) e quella variabile prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per metri quadrati “…ritenuta congrua nell’abito degli intervalli indicati al punto 4.4. dell’allegato 1” (comma 2): invero, proprio il potere di scelta nell’ambito di un intervallo, delimitato da un minimo ed un M., imponeva all’ente locale appellato l’obbligo di motivare le ragioni della scelta dei coefficienti massimi, non essendovi del resto alcun elemento (né essendo stato in alcun modo indicato) negli atti impugnati idoneo a rendere manifesto e comprensibile l’iter logico – giuridico seguito dall’amministrazione e dunque le ragioni della scelta.
È appena il caso di evidenziare che a tale vulnus non potrebbe porsi rimedio in occasione dell’emanazione dei singoli atti impositivi e della loro eventuale impugnazione, dal momento che essi, in quanto meramente applicativi, sfuggono essi stessi all’obbligo e particolareggiato obbligo di motivazione (essendo sufficiente per la loro legittimità il rinvio per relationem proprio all’atto istitutivo della tariffa ed al regolamento di applicazione, di contenuto, come si è visto, composito).
In tali sensi la censura di difetto di motivazione deve essere considerata fondata (ed assorbente anche rispetto alla dedotta carenza di istruttoria)

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TARIFFA RIFIUTI: focus

RES/TIA 1 e 2 : “TARIFFA RIFIUTI”/considerazioni

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

La “querelle” tra tariffa rifiuti e IVA rimborsabile è ottimo esempio di come il legislatore italiano, gli Enti, la giurisprudenza intersecano le proprie decisioni creando confusione all’utente finale. La sentenza della Corte di Cassazione del 9.3.2012 n. 3756 ha riaperto la questione e sancito la natura della Tariffa.

La confusione regna e costituisce ottimo terreno fertile per la “interpretazione”.
Utile una breve e non esaustiva rassegna della evoluzione del concetto di Tariffa fino alla futura RES.
Ebbene.
 
L’articolo 238 del Codice Ambientale così apre il suo primo comma:
1. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.
 
Inizialmente l’art. 49 del decreto Ronchi (d.lgs. 22/97) che istituisce la “Tia 1” tariffa d’igiene ambientale prevedeva l’ entrata in vigore graduale, in ragione della percentuale di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti raggiunto con il gettito del 1999. Con l’avvicinarsi delle scadenze graduate, il legislatore di fronte alle difficoltà di imporre una entrata di complessa applicazione, ha provveduto nel corso degli anni successivi a differire l’entrata in vigore della tariffa con le leggi finanziarie di fine anno.
Inoltre lo stesso art. 49 stabiliva che fino al momento dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà di questo prelievo, i Comuni avrebbero potuto applicare la tariffa “Ronchi” in via sperimentale, mediante apposite delibere regolamentari.
La tariffa Ronchi non è mai diventata obbligatoria per i Comuni, date le ripetute proroghe e i provvedimenti che hanno di fatto “congelato” la sua introduzione, per arrivare  alla definitiva abrogazione ad opera della “nuova”  tariffa integrata ambientale (tia2) di cui all’art. 238 del codice ambientale. (d.lgs. 152/2006).
Al comma 11 di tale articolo viene stabilito che sino alla completa attuazione della nuova tariffa, la cui procedura rimanda ad un apposito decreto ministeriale (ancora non emanato dal 2006) e l’adozione di specifiche previsioni regolamentari locali “continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”
 Secondo l’interpretazione più accreditata con l’espressione “discipline regolamentari vigenti” devono intendersi i regolamenti comunali di introduzione e disciplina della tariffa nei propri territori, che alla data di entrata in vigore del codice ambientale erano stati già adottati.
Va detto che i Comuni hanno interpretato con grande libertà il modo di costruzione e applicazione del prelievo  (il c.d. “metodo normalizzato”  fissato dal DPR  158/99) stante la mancanza di criteri riguardanti i limiti di tale sperimentazione e pertanto tra i Comuni va registrata una estrema disomogeneità, ad esempio tra il grado di copertura dei costi, la ripartizione tra quota fissa e quota variabile, la determinazione dei coefficienti di produzione dei rifiuti.
In base a tali considerazioni dal 29 aprile 2006  (data di entrata in vigore del codice ambientale) non è più ammissibile il passaggio alla tariffa Ronchi (tia 1) in virtù del fatto che tale entrata è da ritenersi soppressa. In via transitoria  è “tollerata” la vigenza degli atti deliberativi comunali già assunti.
Con la mancanza di un quadro definito in materia di prelievo sui rifiuti,  le leggi finanziarie  dal 2007 hanno dettato una disciplina di congelamento delle delibere comunali stabilendo che restasse invariato il regime di prelievo adottato per l’anno precedente.
Successivamente il D.L.  30 dicembre 2008 n. 208  (art. 5 comma 2 quater)  ha previsto che  “Ove il regolamento di cui al comma 6 dell’art. 238 del d.lgs. 152/06 non sia adottato dal Ministero dell’Ambiente entro il 30 giugno 2010, i Comuni che intendono adottare la tia possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”.
L’interpretazione corretta di tale disposizione sembra quella di ritenere applicabile, dal 1° luglio 2010  la tia di cui all’art. 238 del codice ambientale, con applicazione del metodo normalizzato di cui al DPR 158/99, nelle more della emanazione del  decreto attuativo  dello stesso art. 238.
Su tale complessa situazione si inserisce l’interpretazione autentica fornita dall’art. 14 comma 33 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78,  il quale stabilisce la natura non tributaria  della tariffa (tia1) e devolve le controversie sorte dopo la sua entrata in vigore (31 maggio 2010)  al giudice ordinario.
Tale norma, nel tentativo di arginare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale  del 24 luglio 2009, che aveva statuito la natura sostanzialmente tributaria  della tariffa Ronchi (l’unica applicata dai Comuni al momento e per la quale era stata versata l’Iva) confonde tuttavia tale tariffa  con quella di cui all’art. 238  del d.lgs. 152/06, cui invece il D.L. fa espresso riferimento.
La Corte costituzionale ha infatti affermato che è “indubitabile la natura tributaria della tia”  analogamente alla tarsu e che entrambi i prelievi sono estranei all’ambito di applicazione della disciplina sull’Iva non trattandosi di corrispettivi per una prestazione contrattuale, ma di un esborso caratterizzato (in entrambi i casi)  dalla doverosità della prestazione, e dalla inesistenza di un rapporto sinallagmatico.
In tale quadro normativo si inserisce la Circolare del Ministero dell’Economia e Finanze che estende anche alla tariffa Ronchi (tia1)  la natura non tributaria che l’interpretazione autentica contenuta nel D.L. 78/10 rivolgeva alla c.d. tia2 (ex art. 238).
La circolare non tiene poi conto della giurisprudenza  formatasi negli anni  secondo cui ai fini della qualificazione di una entrata non sono mai risolutive da sole le espressioni formali utilizzate dal Legislatore o il modo in cui l’entrata è denominata, dovendosi invece accertare la natura del presupposto e i suoi meccanismi interpretativi. Ciò fino ad arrivare alla sentenza della Corte di Cassazione 9 marzo 2012  n. 3756 che afferma che la tia1 (introdotta dall’art. 49 del decreto Ronchi)  è un tributo, analogamente alla tarsu e in quanto tale non è assoggettabile a Iva. Perciò solo e soltanto su tale tributo non trova applicazione l’Iva del 10%.
L’Iva pagata sulla tia 1 rimane rimborsabile solo ai privati o a coloro che non hanno provveduto alla detrazione d’imposta in regime di impresa.
In linea di principio, avendo già recuperato l’Iva assolta sulla tia, le imprese non possono chiedere il rimborso, salvo la parte dell’Iva relativa alla quota di pro-rata di indetraibilità il cui calcolo è abbastanza complesso.
Per richiedere il rimborso bisogna riprendere i bollettini di versamento, riscontrare che si tratti di tariffa ambientale di cui all’art. 49 del d.lgs. 22/1997, che sia stata applicata l’Iva, sommare l’Iva 10% non detratta relativamente alla quota di pro-rata di indetraibilità e inviare la relativa istanza.
Va sottolineato che, aggiunge la Corte di cassazione, dal 1° gennaio 2013 tarsu, Tia1 e Tia 2 sono destinate a scomparire, tutte sostituite dal nuovo Tributo comunale sui rifiuti e sevizi (RES) previsto e disciplinato dall’art. 14  d.l. 6 dicembre  2011 n. 201 (recante misure per la crescita, equità e il consolidamento dei conti pubblici). Tale tributo sarà a carico di chiunque possieda, occupi o detenga  a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Da tale data saranno quindi soppressi tutti i prelievi relativi alle gestione dei rifiuti urbani (sia di natura patrimoniale, sia di natura tributaria).
 Il tributo comprenderà, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (manutenzione, pulizia).
La componente “rifiuti” assomiglierà più alla Tariffa di igiene ambientale (TIA) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) nonostante entrambe risultino abrogate dall’entrata in vigore del Res. La nuova tariffa dovrà essere determinata, infatti, da determinarsi attraverso un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, sarà proporzionata “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte” mentre la componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell’immobile attraverso un’aliquota comunale.
 
Res: rifiuti – Andando nello specifico, la nuova tariffa si comporrà di due aspetti importanti. Uno riguardante i rifiuti che dovranno essere pagati da chiunque possegga, occupa o detiene a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti. Il pagamento della tariffa dovrà avvenire annualmente e sarà proporzionata alla quantità e qualità media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. Nel determinare le tariffe, dovrà tenersi conto sia della quota relativa al costo del servizio, sia di quella rapportata alla quantità di rifiuti relativi al servizio fornito e ai costi di gestione. I Comuni, inoltre, potranno decidere di diminuire la tariffa o anche di prevedere agevolazioni o esenzioni in caso di ridotta produzione di rifiuti e prevedere agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale (ad esempio casi di particolare difficoltà economiche). I comuni più all’avanguardia che hanno realizzato sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti potranno applicare una tariffa «avente natura corrispettiva». Ma questa norma (art.14 undecies inserito dal dlgs correttivo all’interno del decreto legislativo n.23/2011) è stata oggetto di critiche da parte del Ministero dell’Ambiente e potrebbe essere modificata. In un parere (Allegato II) inviato a palazzo Chigi e al Ministero dell’Economia, il Ministero dell’Ambiente ha sollevato dubbi, in particolare, su quale sia l’amministrazione centrale a cui spetterà redigere il regolamento che metterà nero su bianco i criteri per determinare il costo del servizio. In sede comunitaria, fa notare il Ministero, «risulta controverso se il modello della liquidazione esatta dei costi debba essere applicato allo smaltimento dei rifiuti urbani». Una causa su questo punto è tutt’ora pendente davanti alla Corte di giustizia Ue. Inoltre, se il Res si configurasse come tariffa (e dunque come prelievo di natura non tributaria), ci sarebbe più di un dubbio sulla sua conformità con i criteri direttivi della legge delega sul federalismo (n.42/2009) che fa riferimento solo alla razionalizzazione della fiscalità degli enti. Qualora invece la bozza di dlgs tendesse a fare del Res un tributo, emergerebbero «alcuni profili di estrema criticità» con riferimento alla normativa in materia di servizi pubblici locali.
Res: servizi – Nella sua seconda componente, relativa ai servizi, il Res avrà come presupposto l’occupazione, a qualsiasi titolo (quindi non solo proprietà ma anche locazione, uso, usufrutto ecc.) di immobili ad uso abitativo (classificati alle categorie catastali da A1 a A9) da parte di soggetti anagraficamente residenti nel territorio del comune. Questa quota della nuova “service tax” sarà dovuta da tutte le persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio del comune che occupano fabbricati. La base imponibile del Res, limitatamente alla componente relativa ai servizi indivisibili, sarà il valore dei fabbricati e delle relative pertinenze determinato moltiplicando per 100 la rendita catastale. A questa cifra si applicherà un’aliquota definita dal consiglio comunale. Anche in questo caso sono previste agevolazioni e riduzioni in base al reddito e al numero di familiari a carico. Per esempio, stando alla prima bozza di decreto, viene stabilita una no tax area per i residenti il cui reddito non superi il primo scaglione dell’Irpef (15 mila euro). Costoro non pagheranno nulla, ma il diritto all’esenzione verrà meno se la somma dei redditi dei soggetti che vivono sotto lo stesso tetto supera tale soglia. Per chi vive in affitto e ha un reddito complessivo a livello di nucleo familiare non superiore al limite previsto per il secondo scaglione Irpef (28 mila euro) il tributo sarà ridotto della metà. Lo stesso dicasi per i proprietari (o titolari di diritto di usufrutto, uso, abitazione o superficie) già assoggettati ad Ici o Imu.
 
Per quanto riguarda gli adempimenti, i contribuenti dovranno presentare la dichiarazione relativa alla «Res» entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di inizio del possesso. La riscossione potrà essere affidata anche all’ente erogatore dell’energia elettrica. E nel caso in cui il contribuente non paghi il tributo per due volte consecutive, l’ente gestore potrà arrivare alla sospensione dell’energia elettrica.

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Tariffa igiene ambientale/IVA: rimborsi?

Tariffa Igiene Ambientale e IVA : a quando i rimborsi?

A cura di avv. Cinzia Silvestri

La Corte di cassazione con sentenza 9.3.2012 n. 3756 ha precisato, come ormai noto, che in tema di tariffa igiene ambientale non è applicabile l’Iva e dunque va rimborsata ai cittadini.

Su questo sito già si è commentata la sentenza che trova illustre precedente già nella sentenza della Corte di cassazione 238/2009.

Vero è che a seguito della sentenza del 2009 il Legislatore era interventuto con DL 78/2010 al fine di evitare il rimborso pregiudizievole …allo Stato.

La giurisprudenza ha emesso pronunce ondivaghe.

Ciò che si nota è che le agenzie di riscossione (nel Veneto Veritas) hanno trattato le sentenze favorevoli come se fossero provvedimenti legislativi e dunque fondanti il loro potere di riscossione, mentre le sentenze a sfavore e che impongono il rimborso divengono immediatamente ….un nulla di fatto.

Le agenzie di riscossione, dunque, attendono che sia lo Stato a dare loro indicazioni o addirittura un parere delle Agenzie delle Entrate o magari attendono probabile DL simile a quello emanato dal DL 78/2010 che ….ricomponga la vicenda ed eviti il rimborso.

Si allega invero comunicato della Veritas pubblicato sul sito che afferma di attendere disposizioni e che comunque non sono loro i destinatari delle domande di rimborso …. senza indicare però il destinatario…

adminTariffa igiene ambientale/IVA: rimborsi?
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Tariffa Igiene Ambientale: Iva rimborsabile

Tariffa Igiene ambientale (TIA1) – Iva rimborsabile

La Cassazione del 9 marzo 2012 n. 3756 nega la natura di corrispettivo:
il tributo non è soggetto all’IVA (imposta sul valore aggiunto).

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
Non capita spesso che il contribuente, che magari da anni evidenziava la illegittimità dell’iva, si veda accogliere le doglianze.
Il contribuente viene investito da strane sigle (TIA1, TIA2, TARSU, RES) che impongono pagamenti, ivati, non ivabili …. non si sa.
Di fatto il contribuente sa che ogni volta che chiede un “rimborso” deve affrontare un percorso ad ostacoli, difficile, punteggiato di strane e late missive di “rimpallo”, spuntano circolari, norme oscure, interpretazioni.. e chissà. Chiunque desiste .
Vero è che la sentenza della Cassazione legittima la richiesta di “rimborso dell’iva” (si ritiene con un pregresso di 10 anni).
Ghiotta occasione per tutti coloro che cercano un po’ di ristoro economico alle continue gabelle.
Si badi, tutto questo, con riferimento a  “Tariffe” (tributi in realtà)  destinate alla sostituzione con la R.E.S. (Tributo Comunale rifiuti e servizi) a partire dal 1.1.2013 (art. 14 DL 201/2011).
 
Ma la strada non può essere così semplice e già si attende qualche intervento legislativo (o governativo), qualche “circolare” che limiti o sopprima la richiesta di rimborso.
In ogni caso il rimborso impone molti distinguo:
Può essere richiesta solo se la tariffa è stata chiesta da Comuni (gestori del Servizio)
Bisogna capire se il Comune ha applicato la TIA2 (Tariffa INTEGRATA ambientale ex art. 238 Dlgs. 152/2006) o al TIA1 (Tariffa IGIENE Ambientale art. 49 Dlgs. 22/97).
Se ha applicato la TIA1 il rimborso può avvenire per le vie brevi.
Se ha applicato la TIA 2 bisogna fare attenzione; qualche intoppo potrebbe esserci (ma c’è speranza).
Non può essere chiesta ai Comuni che hanno applicato la TARSU (l’iva non è applicata).
 
La Cassazione, con la sentenza 3756 del 9 marzo 2012, sancendo la natura di tributo per la Tia1 (articolo 49, del decreto legislativo 22/97) ha, pertanto, negato che possa essere assoggettabile a Iva.
Scrive la Cassazione a conforto  del contribuente: “la questione…. relativa alla… soggezione della Tia1 all’IVA va risolta in coerenza con la pacifica natura tributaria della medesima, con la mancanza di disposizioni legislative che …assoggettano a iva le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e con l’irrilevanza di diverse prassi amministrative …. posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa e non da dette eventuali distorte prassi…”
La sentenza capovolge, ad esempio, le conclusioni della Circolare 3/2010 (dipartimento delle politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze), che aveva ravvisato una sorta di continuità tra Tia1 e Tia2 (articolo 238 del Dlgs 152/06) affermando che anche la Tia1 si sarebbe configurata come un’entrata patrimoniale (pagamento di un servizio) e, in quanto tale, assoggettabile a Iva.
A dire il vero questa ultima prassi rischia di provocare un ritorno negativo laddove la continuità asserita potrebbe e dovrebbe trasmettersi dalla Tia 1 alla TIA2… con conseguente rimborso anche della TIA2…. si vedrà.
Tuttavia la Cassazione ha ritenuto una forzatura logica il principio secondo cui la successione logico-giuridica di due entrate possa generare in automatico l’identità della loro natura. La sentenza ha, pertanto, rilevato che l’identificazione di un prelievo deve avvenire sulla base della complessiva disciplina legislativa e non esiste nessuna previsione che supporti la connotazione patrimoniale della tariffa e dunque l’applicabilità dell’IVA.
 

adminTariffa Igiene Ambientale: Iva rimborsabile
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Rifiuti e Servizi (RES) e Decreto "Salva Italia"

DECRETO “SALVA ITALIA”: RES in vigore dal 1.1.2013
“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici”
 a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
In attesa della pubblicazione del Decreto nominato “Salva Italia” (Decreto Monti) è possibile anticipare il contenuto dell’art. 14 relativo alla anticipata “istituzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi” (Rifiuti E Servizi – RES). Su questo sito (5.11.2011) già era stata anticipata la riforma e la introduzione della RES (articolo TIA e TARSU: abrogazione al 2013? ).
La disposizione fissa al 1° gennaio 2013 l’entrata in vigore del nuovo tributo denominato TRIBUTO COMUNALE RIFIUTI E SERVIZI  (in sigla:RES).
Il tributo comprenderà:
1)    quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti,
2)    quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (cd. servizi indivisibili).
La componente “rifiuti” assomiglierà più alla Tariffa di igiene ambientale (TIA) che alla Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) nonostante entrambe risultino abrogate dall’entrata in vigore del Res.
La nuova tariffa sarà proporzionata “alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotte per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte” sulla base dei criteri stabiliti da un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012.
Si applicano comunque in via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino alla data da cui decorre l’applicazione del regolamento di cui sopra, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 attualmente vigenti.
 
Nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano di regola rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.
La componente “servizi” sarà calcolata in base al valore dell’immobile attraverso un’aliquota comunale rappresentata da una maggiorazione pari a X euro (al momento non ancora definita) per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, aumentare la misura della maggiorazione per un importo massimo da definire, anche graduandola in ragione della tipologia dell’immobile e della zona ove è ubicato.
Andando nello specifico, la nuova tariffa dovrà essere pagata da chiunque possegga, occupi o detenga a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti.
Il pagamento della tariffa dovrà avvenire annualmente e sarà proporzionato alla quantità e qualità media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.
Nel determinare le tariffe, dovrà tenersi conto sia della quota relativa al costo del servizio, sia di quella rapportata alla quantità di rifiuti relativi al servizio fornito e ai costi di gestione.
I Comuni, inoltre, potranno decidere di diminuire la tariffa o anche di prevedere agevolazioni o esenzioni in caso di ridotta produzione di rifiuti e prevedere agevolazioni per situazioni di particolare disagio sociale (ad esempio casi di particolari difficoltà economiche). I comuni più all’avanguardia che hanno realizzato sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti potranno applicare una tariffa avente natura corrispettiva.
 Criticità
A fronte dell’auspicata razionalizzazione e semplificazione del sistema fiscale attuale, viene proposto, in tema di tassazione dei rifiuti, un tributo locale ancor più macchinoso degli attuali modelli di prelievo (Tarsu e Tia). La complessità strutturale della nuova tassa, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2013, appare evidente.
Il tributo comprenderà, oltre alla quota ambientale per lo smaltimento dei rifiuti, anche una quota “servizi” per la sicurezza, l’illuminazione e la gestione delle strade (manutenzione, pulizia).
La componente “rifiuti”, ricalca, sia nei principi che nelle componenti tariffarie, l’impianto già presente nella Tariffa Integrata Ambientale (TIA).
Su tale impianto permangono forti perplessità.
Continua a permanere uno scollamento rispetto al principio comunitario del “chi inquina paga”.
Il presupposto impositivo è tuttora ancorato, infatti, alla mera occupazione dei locali e non all’effettiva produzione dei rifiuti visto che il soggetto passivo continua ad essere individuato come “colui che possiede o detiene locali a qualsiasi uso adibiti”.
Viene così ribadito il concetto che sono le superfici a determinare il rifiuto e non gli individui.
Una presunzione legale, in considerazione della quale tutti i locali in cui vi è una presenza umana sono suscettibili di produrre rifiuti, che appare in netto contrasto con il principio europeo.
Non viene superato, peraltro, il problema relativo alla natura tributaria o tariffaria del prelievo sulla gestione dei rifiuti.
Altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che l’impianto normativo affida, anche in questo caso, l’effettività e l’efficacia del nuovo tributo ad un futuro regolamento, da emanarsi entro il 31 ottobre 2012, che dovrebbe fissare criteri presuntivi e potenziali per l’individuazione delle due componenti facenti parti della “parte rifiuti” del Res: costo del servizio e determinazione della tariffa.
Peraltro proprio su questo aspetto esistono strumenti ed indicatori testati attraverso campagne di pesatura sul territorio capaci di riflettere la reale produzione di rifiuti delle varie categorie economiche piuttosto che la produzione potenziale presunta.
Campagne che hanno evidenziato come sia altamente rischioso strutturare modelli incentrati sulla produzione potenziale di rifiuti visto che le imprese – a parità di quantità e qualità di rifiuti prodotti – potrebbero subire aumenti tariffari medi del 187%, con evidenti distorsioni della concorrenza tra i diversi operatori economici. Tali aumenti non sarebbero, peraltro, la conseguenza di un corrispondente incremento della produzione dei rifiuti ma, più semplicemente, sarebbero causati da una non adeguata determinazione dei coefficienti potenziali di produzione.
Per quanto riguarda la componente “servizi” il legislatore intende garantire la copertura dei costi dei servizi indivisibili attraverso l’istituzione di una nuova imposta fondata sul parametro metri quadrati su cui è basata la tassa sui rifiuti.
Ma è evidente che la mera estensione di superficie non può da sola rappresentare un indice di capacità contributiva conforme all’articolo 53 della costituzione:”Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
L’idea di un unico tributo fondato su due basi imponibili diversificate, su diverse tipologie di contribuenti (proprietari ed inquilini degli immobili assoggettati al tributo), su adempimenti diversi connessi a ciascuna delle due componenti della nuova tassa, sembra contrastare con le aspettative di chiarezza e semplificazione.
 
 

adminRifiuti e Servizi (RES) e Decreto "Salva Italia"
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TARSU E TIA: REGIME TRANSITORIO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come noto il D.Lgs 22/97, nell’introdurre la tariffa d’igiene ambientale (Tia) aveva disposto la soppressione della tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani (Tarsu) a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio che veniva disciplinato dal successivo Regolamento di attuazione n. 158 del 27 aprile 1999.

I termini fissati nel Regolamento sono stati nel tempo oggetto di proroghe da parte del legislatore, dovute anche alla circostanza che i Comuni, per istituire la Tia, avrebbero dovuto provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio relativi alla gestione della stessa e non sempre erano in grado di operare in tal senso.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs 152/06 (c.d. “nuovo codice dell’ambiente”) veniva prevista, all’art. 238, una revisione complessiva del sistema tariffario di gestione dei rifiuti, rinviando ad un apposito regolamento la rideterminazione dei coefficienti di produzione dei rifiuti di cui al citato D.P.R. 158/99.
Il decreto 152 inoltre, nell’abrogare il D.Lgs 22/97 stabiliva, al fine di garantire continuità nel passaggio dalla preesistente normativa alla nuova, che continuassero ad essere applicati i vigenti provvedimenti attuativi sino alla entrata in vigore dei nuovi regolamenti. Il  decreto attuativo cui appunto rinvia l’art. 238, allo stato non è ancora stato emanato e pertanto, in sua attesa, si rendeva indispensabile una proroga espressa del regime transitorio.
Tale proroga può essere rinvenuta nella legge n. 296 del 27 dicembre 2006 che, all’art. 1, comma 184, stabiliva, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di cui al D.Lgs 152/06, l’invarianza del regime di prelievo (Tarsu o Tia) relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune, sino ad arrivare alla copertura dell’intero anno 2009. Di conseguenza si evince che, a partire dal 1° gennaio 2010, essendo venuto meno il regime transitorio assicurato dalle proroghe succedutesi nel corso degli anni, l’istituto della Tarsu debba ritenersi formalmente decaduto.
Va inoltre considerata contestualmente la disposizione introdotta dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, e oggetto di successive proroghe semestrali sino ad arrivare al 30 giugno 2010, che dava facoltà ai Comuni di passare al regime di Tia qualora il Ministero dell’Ambiente, entro le date prefissate, non avesse adottato il Regolamento attuativo di cui all’art. 238. Ciò poteva costituire, di fatto, una prosecuzione del regime di invarianza del prelievo in quanto, sino al 30 giugno, scorso i Comuni avrebbero dovuto attendere il Regolamento per attuare il passaggio alla tariffa.
Non essendo intervenuto più alcun differimento, teoricamente a partire dal 1° luglio 2010 i Comuni possono optare per il regime di prelievo diverso dalla Tarsu, applicando comunque le modalità di determinazione della tariffa fissate dall’ unico Regolamento ad oggi in vigore ossia il D.P.R. 158/99. Di fatto tale transizione risulterebbe puramente virtuale in quanto al 30 giugno sono scaduti anche i termini per modificare i regolamenti tributari locali e, pertanto, l’eventuale passaggio da Tarsu a Tia decorrerebbe a partire dal 2011. D’altronde una introduzione della Tia  dal 1° luglio  2010 non troverebbe solo impedimenti giuridici, ma anche ostacoli operativi, essendo estremamente arduo gestire una stessa annualità con due entrate diverse. In ogni caso si ritiene che per i Comuni che non hanno ancora attuato il passaggio da Tarsu a Tia,  dal 1° gennaio 2011 sussisterebbe l’obbligo e non più la facoltà di introdurre il nuovo istituto, essendo venuto meno per l’anno 2010 il regime transitorio che legittimava la contestuale esistenza delle due forme di prelievo.
Tra l’altro non risulta chiaro a quale normativa i Comuni dovranno fare riferimento e quali i criteri da seguire per la determinazione della tariffa. Andrebbe infatti esclusa la possibilità di applicare l’art. 49 del d.lgs. 22/97 in quanto abrogato dal D.Lgs 152/06. Altrettanto dubbia la possibilità di applicazione dell’ art. 238[1] del “codice ambientale” che istituisce la nuova tariffa, in “stand-by” perché manca il Regolamento statale di attuazione. In aggiunta a questo scenario estremamente complesso, vanno ricordate le recenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno sancito la natura tributaria del prelievo, in quanto non direttamente proporzionale ai rifiuti prodotti dai contribuenti, facendo  così decadere l’Iva dalla Tia e aprendo la strada a possibili richieste di rimborso.   Anche il recente intervento del Governo sulla manovra correttiva, che in una specifica disposizione ha stabilito che la Tia è una tariffa con lo spostamento delle eventuali controversie in sede giudiziaria ordinaria, non ha portato la dovuta chiarezza, in quanto viene fatto riferimento all’art. 238 del d.lgs. 152/06 – che, come visto in precedenza, risulta ancora inapplicato per la mancanza del regolamento attuativo – e non alla Tia del D.Lgs 22/97 attualmente applicata in quei Comuni che l’avevano adottata in via sperimentale.


[1](Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)  Art. 2381. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.5. Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l’integrale copertura dei costi.6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate.7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.9. L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio.10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate (2).(1) Per la deroga alle disposizioni del presente articolo, relativa alla regione Campania, vedi articolo 7 del D.L. 11 maggio 2007, n. 61.(2) Vedi l’articolo 14, comma 33, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

 

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