Rimozione rifiuti e responsabilità per la consegna delle chiavi….

Rimozione rifiuti e responsabilità per la consegna delle chiavi….

Ordinanza rimozione rifiuti ex art. 192 Dlgs. 152/2006

Consegna delle chiavi: rilevanza/TAR Lombardia Brescia n. 390/2021

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il TAR Lombardia Brescia n. 390/2021 affronta caso che pone in luce la verifica della colpevolezza anche in capo al proprietario dell’immobile incolpevole che viene però raggiunto da una ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti ex art. 192 Dlgs. 152/2006. La consegna delle chiavi al locatario, ad esempio, può costituire, per certa giurisprudenza, un elemento da indagare per accertare l’effettiva responsabilità in concorso del locatore. La questione, il punto di riflessione, si pone anche nel caso di vendita dell’immobile, anche se non portato a definizione.

Accade spesso, nella pratica, che il venditore anticipi la consegna delle chiavi prima della vendita effettiva; accade, altrettanto spesso, che le chiavi vengano consegnate dalla agenzia immobiliare senza notiziare il proprietario. E’ questo il caso trattato dalla sentenza TAR Lombardia-Brescia n. 390/2021 … continua lettura articolo “rimozione rifiuti e consegna delle chiavi ….”

Cinzia SilvestriRimozione rifiuti e responsabilità per la consegna delle chiavi….
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Sindaco: responsabilità' urbanistica?

Sindaco: dovere di vigilanza urbanistica?
Cass. penale n. 36571/2011
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza ha il merito di segnare il confine tra la culpa in vigilando ed il comportamento omissivo in concorso.
Al Sindaco veniva contestato di aver omesso di impedire l’esecuzione di interventi modificativi dello stato dei luoghi connessi con le attività di coltivazione della cava.
Ebbene, quando la condotta si sostanzia nell’omesso impedimento la contestazione ricade nella culpa in vigilando che deve trovare precisa indicazione e previsione nella legge.
Ne caso in esame il Dlgs. 267/2000 art. 107 comma 3 non impone al Sindaco alcun obbligo di vigilanza edilizia e paesaggistico ambientale.
Il Sindaco dunque veniva liberato dall’imputazione in quanto non aveva commesso il fatto.
Così si esprime la sentenza :
“….Il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, comma 3, lett. g), dispone testualmente che sono attribuiti ai dirigenti “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonchè i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale”. Se ne deve desumere l’insussistenza in capo al sindaco di un generale dovere di vigilanza sulle attività che incidano sull’assetto urbanistico e paesaggistico del territorio.
Il Tribunale – pur apparentemente recependo tale interpretazione della disposizione in questione – afferma che all’imputato “non risulta essere stata contestata la sola culpa in vigilando, ma anche l’aver tenuto condotte omissive, che avrebbero concorso alla commissione, con gli altri, del reato oggetto del procedimento”.
Dalla lettura dell’imputazione emerge, però, che l’unica condotta contestata all’imputato è quella di avere consentito, “omettendo di impedirlo, che venissero eseguiti (…) interventi modificativi dello stato dei luoghi connessi con le attività di coltivazione di cava”.
Tale condotta è interamente riconducibile alla culpa in vigilando di cui sopra e non è, perciò, penalmente ascrivibile all’imputato, non sussistendo in capo a questo – in base al D.Lgs. n. 267 del 2000, richiamato art. 107, comma 3, lett. g), – un generale obbligo di vigilanza.
4. – Occorre pertanto procedere all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè l’imputato non ha commesso il fatto….”*
*Sentenza tratta da Leggiditalia

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Acque: violazione tabellare

Acque: fermo dell’impianto e campionamento
Sentenza Tar Napoli 13 febbraio 2012, n. 746 – Violazioni tabellari e accertamento.
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La sentenza ha il pregio di precisare e porre limite agli accertamenti finalizzati alla contestazione di violazioni tabellari degli scarichi.
La Corte collega il “diritto” alla “realtà” operativa degli impianti di depurazione.
L’accertamento,che rileva violazione di limiti tabellari, deve essere considerato alla luce della operatività del sistema di depurazione; sistema mai perfetto, soggetto a variabili spesso imponderabili.
Ecco, dunque, che l’accertamento eseguito subito dopo un periodo di fermo dell’impianto  non concreta, necessariamente, sanzione per la violazione tabellare.
Emerge il concetto che il campionamento deve essere “rappresentativo” della normale gestione dell’impianto e dunque qualsiasi accadimento fisiologico o tecnico, purchè proprio della vita dell’impianto, mina la  attendibilità  del campionamento stesso.
In particolare la sentenza ha anche il pregio, ormai raro, di avere chiarezza espositiva che permette la semplice parafrasi:
 
Ordinanza sindacale: divieto
Con ricorso una societa’ esercente nel proprio stabilimento  attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, impugnava, l’ordinanza con il quale il Comune  in base al rapporto di prova per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale  recante, divieto di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti.
 
La societa’ rappresentava:
— di essere munita dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano,
— nella giornata del campionamento, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ ARPAC in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;
— in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl proponeva al sindaco di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;
—il Sindaco, con ordinanza, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;
— la società, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;
—   in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la  Srl si conformava al divieto di scarico
—   al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso,
—   l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.
 
In questo quadro di riferimento la Corte accoglie il ricorso della società rilevando:
 
La Corte “… in relazione ai due sopralluoghi effettuati, ….. ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura…”
La società nel corso del processo produceva perizia “…..da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti) che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.
La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo ……..sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.
 
Seguiva istruttoria e l’articolazione delle difese e si giungeva alla conclusione che “ ….
le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.
Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006…”
Ed ancora la Corte precisa ”…..Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime….”
 

adminAcque: violazione tabellare
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