Appalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

 Appalti, Acque e responsabilità amministrativa Società ex Dlgs. 231/2001
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostante pericolose ( tab. 5 e 3/A allegato 5) senza autorizzazione (art. 137 comma 2); la violazione tabellare (tab. 3/A) ex art. 137 comma 5 ); la violazione del divieto di scarico sul suolo (art. 103) e sottosuolo e acque sotteranee (art. 104) …
comportano sanzioni gravi per colui che commette il reato; sanzioni che si riflettono anche sulla Società che viene colpita ex Dlgs. 231/2001 non solo da pesanti saznzioni ma anche da misure interdittive che si riflettono di conseguenza anche sulla possibilità di accedere alle gare.
E’ utile ricordare dunque che il Dlgs. 163/2006 ss.m. all’art. 38 comma 1 lett. m) esclude la possibilità di partecipare alle gare pubbliche le società colpite da sanzione interdittiva di “divieto di contrarre con la P.A.”.
Recita invero la lettera m) dell’art. 38:
“..nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 ….”
L’art. 9 comma 2 del Dlgs. 231/2001 precisa invero che “… Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il Dlgs. 121/2011, con vigenza dall’agosto del 2011, ha introdotto i reati ambientali come reati presupposto.
La lettura del combinato disposto di cui agli artt. 137 Dlgs. 152/2006, art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001, art. 38 comma 1 lett. m) Dlgs. 163/2001 porta a concludere la Società che veda il proprio dipendente/dirigente o altro subire con condanna il processo penale per i reati di cui ai commi 2,5,11 Dlgs. 152/2006 potrebbe trovarsi interdetta la strada di ammissione ai pubblici appalti qualora intervenga inderdizione a contrarre con la P.A..
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote

 

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Acque: violazione tabellare

Acque: fermo dell’impianto e campionamento
Sentenza Tar Napoli 13 febbraio 2012, n. 746 – Violazioni tabellari e accertamento.
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
La sentenza ha il pregio di precisare e porre limite agli accertamenti finalizzati alla contestazione di violazioni tabellari degli scarichi.
La Corte collega il “diritto” alla “realtà” operativa degli impianti di depurazione.
L’accertamento,che rileva violazione di limiti tabellari, deve essere considerato alla luce della operatività del sistema di depurazione; sistema mai perfetto, soggetto a variabili spesso imponderabili.
Ecco, dunque, che l’accertamento eseguito subito dopo un periodo di fermo dell’impianto  non concreta, necessariamente, sanzione per la violazione tabellare.
Emerge il concetto che il campionamento deve essere “rappresentativo” della normale gestione dell’impianto e dunque qualsiasi accadimento fisiologico o tecnico, purchè proprio della vita dell’impianto, mina la  attendibilità  del campionamento stesso.
In particolare la sentenza ha anche il pregio, ormai raro, di avere chiarezza espositiva che permette la semplice parafrasi:
 
Ordinanza sindacale: divieto
Con ricorso una societa’ esercente nel proprio stabilimento  attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, impugnava, l’ordinanza con il quale il Comune  in base al rapporto di prova per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale  recante, divieto di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti.
 
La societa’ rappresentava:
— di essere munita dell’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano,
— nella giornata del campionamento, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ ARPAC in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;
— in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl proponeva al sindaco di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;
—il Sindaco, con ordinanza, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;
— la società, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;
—   in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la  Srl si conformava al divieto di scarico
—   al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso,
—   l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.
 
In questo quadro di riferimento la Corte accoglie il ricorso della società rilevando:
 
La Corte “… in relazione ai due sopralluoghi effettuati, ….. ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura…”
La società nel corso del processo produceva perizia “…..da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti) che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.
La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo ……..sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.
 
Seguiva istruttoria e l’articolazione delle difese e si giungeva alla conclusione che “ ….
le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.
Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006…”
Ed ancora la Corte precisa ”…..Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime….”
 

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Acque industriali: DPR n. 227/2011

DPR n. 227/2011 – Acque industriali (2)
Semplificazione / RINNOVO AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Studio Legale Ambiente ha già pubblicato in questo sito breve commento all’art. 4 DPR n. 227/2011 in materia di Rumore (inquinamento acustico).
 
Utile concentrare l’attenzione sulle disposizioni del Regolamento (art. 3) che si occupano di Acque e della forma semplificata di rinnovo della autorizzazione.
Giova ribadire che le semplificazioni contenute nel DPR sono indirizzate solo alle micro/piccole/medie imprese (PMI).
 
ESCLUSIONI
Il Regolamento offre, invero, modalità “semplificata” di rinnovo della autorizzazione ma precisa la esclusione e dunque la non applicazione:
1) “per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’art. 108 Dlgs. 152/2006” (cfr. comma 2 art. 3 DPR)
2) se si sono verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa (art. 3 comma 1)
3) se si tratta di acque reflue urbane
TERMINE DI 6 MESI
L’art. 124 comma comma 8 prevede che il rinnovo della autorizzazione debba essere richiesto 1 anno prima della scadenza.
Il DPR art. 3 prevede invece il termine di 6 mesi .
La lettura dell’art. 3 sembra indicare che
–       in caso di acque reflue industriali (e non quelle urbane)
–       se non ci sono modifiche sostanziali rispetto alla precedente autorizzazione
–       il termine per chiedere il rinnovo è di 6 mesi anziché 1 anno.
 
La modifica del termine a mezzo di Regolamento lascia perplessi stante anche la importanza delle conseguenze alla omissione.
In merito alla forza del Regolamento, con riferimento al problema della gerarchia delle fonti, si riporta il testo dell’articolo 17, comma 2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’  di Governo e ordinamento della Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri… : « 2. – Con decreto  del  Presidente  della  Repubblica, ….sono  emanati   i  regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione,  per le  quali   le   leggi   della   Repubblica,   autorizzando l’esercizio  della  potesta’  regolamentare  del   Governo, determinano le norme generali regolatrici della  materia  e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti,  con  effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.».
 
ISTANZA/DICHIARAZIONE – responsablità
Ai fini della autorizzazione il titolare dello scarico presenta all’autorità competente istanza corredata da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 che attesti che sono rimaste immutate:
 
a) le caratteristiche quali e quantitative dello scarico (volume, massa, sostanze caricate ecc..)
b) le caratteristiche del ciclo produttivo
c) tipologia e quantità di sostanze impiegate nel ciclo produttivo
d) impianti aziendali di trattamento
e) localizzazione dello scarico
 
La semplificazione si attua, dunque, come per il rumore, spostando la responsabilità in capo al dichiarante tramite dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviato esclusivamente per via telematica (come specificato dall’art. 5 DPR 227/2011).
Le falsità in atti e le dichiarazioni mendaci sono soggette a responsabilità penale come indicato all’art. 76 del DPR 445/2000 (al quale si giunge solo dopo il percorso che parte dall’art. 3 DR 227/2011 – art. 47  e poi 48 e poi 76 DPR 445/2000).
Forse le norme di semplificazione che rimandano alle dichiarazioni in sostituzione all’atto di notorietà dovrebbero richiamare espressamente le conseguenze e le responsbilità che conseguono a dichiarazioni mendaci ,come recita l’art. 76 DPR 445/2000 (richiamato dall’art. 48).
Utile ricordare il testo dell’art. 47 fonte di responsabilità:

Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà
1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.
2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva
L’art. 48 precisa che
” Le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono.
2. Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
L’ art. 76 precisa che: 
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’ articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

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Scarico acque reflue industriali: L. n. 36/2010 in vigore dal 27.3.2010

A cura dell’avv. Cinzia Silvestri



È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2010 la Legge 25.02.2010, n. 36, con la quale il Legislatore ha modificato il comma quinto dell’art. 137 D. Lgs 152/2006.Il 27.03.2010 entrerà in vigore la nuova disciplina. Il Legislatore dunque riporta alla corretta interpretazione l’art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 che prevede la sanzione penale SOLO in relazione allo stabellamento delle sostanze di cui alla tabella 5 allegato 5 della parte terza.

Tabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006
art. 59 D.Lgs. n. 152/1999come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m. Art. 137 comma 5L. 36/2010 de. 25.2.2010
5. Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivifissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5,
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni .
Chiunque, 
 
 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1,   in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
 
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila
Chiunque
in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure i limti più restrittivi fissati dalle regioni  o dalle province autonome o all’Autorità competente a norma dell’articolo 107 comma 1
 
 
 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila Euro a trentamila Euro
Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila

Si precisa dunque:
1) sanzione penale solo per le sostanze di cui alla tabella 5 dell’Allegato 5 della parte terza del d. lgs 152/2006:
2) la sanzione viene comminata :

  • scarico di acque reflue industriali: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 3 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente;
  • scarico sul suolo: sanzione per il superamento delle soglie stabilite nella tabella 4 dell’Allegato 5 d. lgs 152/2006, ovvero i limiti più restrittivi eventualmente stabiliti dalla Regione, Provincia, o Autorità competente.

 

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