Lavoro e Covid: come comportarsi

Lavoro e Covid: come comportarsi

Lavoro e Covid – come comportarsi 

FAQ – Consulenti del lavoro – protocolli anti contagio

segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La recente sentenza del Tribunale di Belluno che si è occupata dell’obbligo o meno della vaccinazione e del rapporto lavorativo sottostante, obbliga ad alcune considerazioni, che la legge non ha ancora risolto.

La fondazione Studio Consulenti del Lavoro, pubblica sul proprio sito un testo interessante, di facile lettura che cerca di rispondere ad alcuni quesiti, pur in attesa di intervento legislativo proprio sul rapporto Lavoro – Covid e vaccinazioni.

Vai alla lettura delle FAQ  http://www.consulentidellavoro.it/files/PDF/2021/FS/Approfondimento_FS_22032021.pdf

Cinzia SilvestriLavoro e Covid: come comportarsi
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Imputato assolto: spese legali rifuse?

Imputato assolto: spese legali rifuse?

Spese legali rifuse all’imputato assolto….

Legge Bilancio n. 178/2020 – vigente dal 1.1.2021

Riflessioni

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 3.1.2021


– Recita il comma 1015 della Legge Bilancio 178/2020:

“.. Nel processo penale, all’imputato assolto, con sentenza divenuta irrevocabile, perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, è riconosciuto il rimborso delle spese legali nel limite massimo di euro 10.500…”.

– Da quando si può beneficiare di tale beneficio?

Pare dire il comma 1022 che tale beneficio è usufruibile per tutti coloro che subiscano sentenza dopo il 1.1.2021 e dunque anche i processi pendenti:

“1022. Le disposizioni dei commi da 1015 a 1021 si applicano nei casi di sentenze di assoluzione divenuteirrevocabili successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

– Esistono dei casi esclusi? Certo e sono elencati nel comma 1018:

“..Il rimborso di cui al comma 1015 non è riconosciuto nei seguenti casi:

  1. assoluzione da uno o più capi di imputazione condanna per altri reati; …. continua lettura articolo  spese processo penale
Cinzia SilvestriImputato assolto: spese legali rifuse?
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Sacchetti di plastica: Produzione, Commercializzazione ed Utilizzo Le novità del quadro normativo

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Si ritiene utile presentare un riepilogo del quadro normativo europeo e nazionale, relativo alla produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica.

Il fine della sintesi proposta è quello di informare il sistema, chiarendo alcuni aspetti particolarmente critici circa le novità che diventeranno operative a partire dal 1 gennaio 2011 (relativamente al divieto alla produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica non biodegradabili così come definiti dalla norma tecnica EN 13432).
La norma europea EN 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432, definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile”:
–         Biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica;
–         Disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva);
–         Bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante).
L’inquinamento dei sacchetti è duplice: c’è il problema dello smaltimento e quello della produzione. Si stima, infatti, che per produrne 200 mila tonnellate vengano bruciate 430  mila tonnellate di petrolio. Le alternative esistono e sono i sacchetti di tela e cotone o i sacchetti di carta riciclata capaci di portare fino a 7 kg di peso ma c’è di più. Sono gli ecoshopper che dovranno essere realizzati in bio plastica ricavata da olio di girasole, amido di mais e da altre materie vegetali e dovranno essere riutilizzabili.
La norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia fornisce presunzione di conformità alla Direttiva Europea 2004/12/CE che modifica la direttiva 94/62/CE 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.
I dettami di tali disposizioni sono stati recepiti dalla “Finanziaria 2007” Legge 27 dicembre 2006 n.296. In particolare si riportano i due commi dell’art.1 specificatamente dedicati a tale tematica:
“1129. Ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agroindustriali nel campo dei biomateriali, è avviato, a partire dall’anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili. 1130. Il programma di cui al comma 1129, definito con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare e con il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, è finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.”
All’art. 23, del Decreto  decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, (nella Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 150 del 1 luglio 2009), coordinato con la legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, recante: «Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini, viene introdotto il comma 21-novies che proroga al 1° gennaio 2011 il termine originariamente previsto al 1° gennaio 2010 che vieta la commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili.
Ciò in quanto non è ancora stato definito il programma (da notificarsi in sede comunitaria)  che dovrà prevedere specifiche misure  da introdurre nell’ordinamento per avviare una graduale dismissione di tali sacchetti.
La confusione intorno alla ipotetica messa al bando, dal 1 gennaio 2010, dei sacchetti in plastica parte dalla Legge Finanziaria 2007 che prevedeva, ai commi 1129 1130, l’avvio di un programma sperimentale volto alla progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci non biodegradabili, nonché il rinvio a due decreti ministeriali, mai pubblicati, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge (quindi, entro il 30 aprile 2007); questi avrebbero dovuto individuare misure “da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci”.
Il Ministero – si legge nella circolare FGP – ha precisato che sono emerse difficoltà a formulare, entro aprile 2007 (data indicata dalla Finanziaria per l’emanazione dei decreti, ndr), il programma sperimentale per la progressiva riduzione dell’immissione in commercio di sacchetti in materiali non biodegradabili. Peraltro, ha dichiarato il Ministero, sono stati valutati gli effetti della norma sull’assetto produttivo, cui hanno fatto seguito valutazioni che hanno indotto a ritenere necessaria la determinazione di un più ampio periodo di transizione rispetto ai tre anni indicati dalla norma.
Nelle intenzioni del legislatore, lo slittamento di un anno dovrebbe, quindi, consentire di adeguare le strutture produttive e distributive alla nuova disciplina considerata “la non semplice definizione sul piano operativo del programma” e per consentire, si legge nella relazione “un impatto morbido sul sistema produttivo e di distribuzione commerciale”.
 

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Sistri: peso a destino

Studio Legale Ambiente


 
 
Alcune considerazioni sul “peso a destino” che la normativa Sistri sembra non avere ancora definito.
 
L’unità di misura prevista nella scheda Sistri è il chilogrammo.
Le aziende che compileranno l’Area Registro Cronologico (RC) in sede di carico dei rifiuti dovranno indicare il peso presunto nel caso in cui non posseggano una pesa; il peso registrato nel caso in cui dispongano di una pesa aziendale.
In fase di accettazione dei rifiuti nell’impianto di destinazione verrà inserito nella scheda Sistri il peso verificato a destino.
Tale registrazione comparirà in tutte le schede di tutti i soggetti presenti nella scheda stessa.
 
Fino a quando non verrà emanata una norma che preveda l’obbligo di una pesatura in fase di produzione e movimentazione del rifiuto, il quantitativo del rifiuto caricato è quello presunto e soltanto all’arrivo all’impianto di destinazione ci sarà la verifica del peso.
Non esiste a tal proposito una soglia di tolleranza tra il peso stimato dal produttore ed il peso a destinazione.
 

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Sicurezza sul lavoro – Coordinatore della sicurezza nei cantieri

Obbligo di nomina anche per cantieri privati
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 7 ottobre scorso, nel procedimento C-224/09 ha dichiarato illegittima l’esenzione dall’obbligo di nomina dei coordinatori in materia di sicurezza nel caso di un cantiere di lavori privati, non soggetti a permesso di costruire e nel quale siano presenti più imprese.

Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo ha censurato l’art. 90, comma 1, del D.lgs. 81/09 in quanto tale disposizione, nel recepire la norma europea, aveva fatto un’eccezione proprio sul coordinatore della sicurezza, escludendo dall’obbligo di nomina i cantieri privati in cui è possibile avviare i lavori con una semplice dichiarazione di inizio attività (Dia).
Secondo i giudici europei l’esonero introdotto dal legislatore interno è in netto contrasto con la direttiva, che non opera  alcuna distinzione tra cantieri pubblici e privati e stabilisce in modo inequivocabile l’esigenza di individuare la figura del coordinatore nei cantieri in cui ci sono più imprese.
Tale obbligo deve essere rispettato a prescindere anche  dal grado di rischio che comportano i lavori effettuati e la designazione deve avvenire all’atto della progettazione dell’opera o comunque prima dell’ esecuzione dei lavori.
Infine la Corte Ue ricorda che la direttiva non crea obblighi nei confronti del singolo cittadino o imprenditore a cui non può essere contestato il mancato rispetto di adempimenti non previsti dalla legge interna.
 

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RAEE e sanzioni: il punto.

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come evidenziato da precedenti comunicazioni è stato pubblicato in G.U: 4 maggio 2010 n. 102, il Dm Ambiente 8 marzo 2010, n. 65 “Regolamento recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonchè dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature”.

Particolare attenzione riviste il quadro sanzionatorio disciplinato dall’articolo 10 del decreto secondo cui i soggetti che effettuano attività di raccolta e di trasporto dei Raee sono assoggettati alle sanzioni relative alle attività di raccolta e trasporto di cui all’articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e alle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari di cui all’articolo 258 del medesimo decreto.
E’ opportuno richiamare il contenuto delle sanzioni citate senza pretesa di completezza ed al solo fine di porre attenzione alla condotta.
L’art. 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”, comma 1 si riferisce a fattispecie tra loro estremamente differenti (raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione), ma che presentano un minimo comune denominatore: tutte, infatti, sono caratterizzate dall’assenza delle autorizzazioni prescritte dalla legge.
L’illecito rappresentato dall’attivita` non autorizzata di gestione di rifiuti costituisce un reato di pericolo presunto, sicche´ la mera assenza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritta dalla legge (natura formale dell’ illecito) fa presumere la messa in pericolo del bene giuridico da proteggere (l’ambiente), attraverso la tutela, seppur indiretta, della funzione amministrativa.
La norma distingue le sanzioni prescritte a seconda che l’attivita` illecita abbia ad oggetto rifiuti non pericolosi o rifiuti pericolosi: in entrambi casi si tratta di contravvenzioni, ma con alcune differenze.
Rifiuti non pericolosi
Nel caso dei rifiuti non pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 3 mesi a 1 anno) oppure in via alternativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000);
Rifiuti pericolosi
Nell’ipotesi di rifiuti pericolosi possono essere comminate
1) la pena dell’arresto (da 6 mesi a 2 anni) –  esattamente il doppio rispetto al caso precedente- ed anche in via cumulativa
2) l’ammenda (da € 2.600 a € 26.000).
La maggiore gravità della sanzione prevista per i rifiuti pericolosi è insita anche e proprio nel cumulo della pena detentiva e pecuniaria.
Omessa osservazione delle prescrizioni della autorizzazione
Ebbene il successivo comma 4 richiama le sanzioni base previste nel comma 1, ma le dimezza qualora, pur in possesso della prescritta autorizzazione, non vengano osservate le prescrizioni nella stessa contenute o anche semplicemente richiamate; e si incorre nelle medesime sanzioni (dimezzate) in caso di carenza dei requisiti o delle condizioni richieste per le iscrizioni (ad es. iscrizione all’albo gestori ambientali) o per le comunicazioni (ad es. autosmaltimento di rifiuti).
Discarica abusiva
Il comma 3 sanziona l’illecito della realizzazione o gestione della c.d. «discarica abusiva», ovvero della discarica posta in essere in assenza dell’autorizzazione prescritta dalla legge.
Un accenno è utile alla differenza tra «discarica abusiva» e “abbandono/deposito incontrollato di rifiuti”. La giurisprudenza richiedeva anche la presenza del requisito della trasformazione, sia pur tendenziale, del sito degradato dalla presenza dei rifiuti: ad oggi, pero` , si tratta di una condizione ormai superata, posizione peraltro confermata in numerose pronunce, sicche´ i caratteri che permettono di identificare la discarica rispetto al mero abbandono di rifiuti sono i seguenti:

  • accumulo ripetuto di rifiuti;
  • stesso luogo;
  • tendenziale carattere di definitivita` .

Miscelazione
Posto poi che l’art. 187 del D.Lgs. n. 152/2006 pone il divieto di miscelazione di rifiuti e contemporaneamente ammetta la sua deroga in presenza di determinate condizioni, l’art. 256, comma 5 prevede che:«chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attivita` non consentite di miscelazione di rifiuti, e` punito con la pena di cui al comma 1, lettera b)».Fatta salva l’applicazione di questa specifica sanzione, l’art. 187, comma 3 prevede che chiunque violi il divieto di miscelazione sia altresı` tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, sempre che cio` sia tecnicamente ed economicamente possibile.
L’art. 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” disciplina le sanzioni relative agli adempimenti documentali.
L’art. 258 comma 1 richiama l’art. 189 comma 3 con  duplice scopo: individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e ricordare l’obbligo di effettuare la comunicazione annuale sancito in quella sede. Le condotte sanzionate dall’art. 258 comma 1 sono di due tipi:
1) la mancanza della comunicazione e
2) l’effettuazione di tale comunicazione in modo incompleto o inesatto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.600  a € 15.500 .
In caso di ritardo nella presentazione della comunicazione, la giurisprudenza ritiene che cio` integri la violazione in oggetto come se si trattasse dell’omissione della comunicazione, sempre che questo ritardo sfori il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ex Legge n. 70/1994.
Diversamente l’art. 258, comma 1 prevede la riduzione della sanzione amministrativa pecuniaria da € 26  a € 160 .
Comunicazione incompleta o inesatta
Il comma 5 introduce il diverso caso della comunicazione che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte: qualora, pero` , dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 Euro a 1.550 Euro.
In tema di registri di carico e scarico, l’art. 258, comma 2 richiama l’art. 190 comma 1 con duplice scopo:
1) individuare i soggetti che possono commettere questo illecito e
2) ricordare l’obbligo di tenere il registro di carico e scarico rifiuti sancito in quella sede.
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 2 sono di due tipi:
1) la mancata tenuta del registro e
2) la sua tenuta in modo incompleto sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal € 2.600  a € 15.500 .
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa pecuniaria e` aumentata da 15.500 Euro a 93.000 Euro e si aggiunge la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da 1 mese a 1 anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore. Il comma 3 precisa che i suddetti importi sanzionatori sono ridotti (del 60% per i rifiuti non pericolosi – da 1.040 Euro a 6.200 Euro; dell’85% ca. per i rifiuti pericolosi – da 2.070 E a 12.400 E) qualora le violazioni di cui al comma 2 avvengano in imprese che occupano un numero di lavoratori inferiore a 15 dipendenti (il capoverso successivo illustra i criteri per il calcolo di tale numero).Infine, il comma 5 introduce il diverso caso del registro che contiene indicazioni formalmente incomplete o inesatte.Qualora dall’esame del MUD, dei registri e dei formulari si possano ricostruire le informazioni mancanti, si applica al soggetto responsabile di tale illecito la sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 € a 1.550 €. Si tenga presente che il comma 5 equipara la sanzione anche alla ipotesi di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190 comma 1 D.Lgs. n. 152/2006.
Formulario
Per quanto riguarda il Formulario l’art. 258, comma 4 richiama direttamente l’art. 193 allo scopo di ricordare l’obbligo sancito in quella sede di accompagnare ogni trasporto di rifiuti con il formulario di identificazione (non c’e`, peraltro, una precisa individuazione dei soggetti obbligati, in quanto si tratta di un obbligo generale, le cui uniche due eccezioni sono individuate dall’art. 193, comma 4 relativamente al soggetto gestore del servizio pubblico e ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore in modo occasionale e saltuario che non eccedano la quantita` di 30 Kg o 30 l).
Le condotte sanzionate dall’art. 258, comma 4 sono di due tipi:
1) il mancato utilizzo del formulario durante il trasporto ed
2) il suo utilizzo con l’indicazione di dati incompleti o inesatti sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal 1.600 € a 9.300 €.
Falso
Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi si applica, invece, la sanzione penale di cui all’art. 483 cod. penale (falsita` ideologica commessa dal privato in atto pubblico – fino a 2 anni di reclusione).La dottrina si e` interrogata se il rinvio operato dall’art. 258 D.Lgs. n. 152/ 2006 all’art 483 cod. pen. riguardi solo la pena o l’intera fattispecie, perche´ in questo secondo caso, trattandosi di un delitto, si pone il problema di dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo (il dolo) richiesto dalla fattispecie. Si ritiene che il rinvio operato all’art. 483 c.p. sia solo riferibile alla pena (quoad poenam), in quanto piu` aderente al dettato della norma.
Peraltro, proprio perche´ la ratio del formulario risiede nel permettere la tracciabilita` dei rifiuti trasportati, il Legislatore estende la sopraccitata sanzione penale anche al diverso caso del certificato di analisi dei rifiuti: infatti, la pena di cui all’art. 483 cod. pen. si applica anche a chi, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sugli stessi (natura, composizione, caratteristiche fisico-chimiche), nonche´ a chi utilizza un certificato falso durante il trasporto.In altre parole, non solo le condotte sanzionate penalmente sono due, ovvero quella di predisposizione di un certificato di analisi con false indicazioni (e questo e` un reato che prescinde dall’attivita` di trasporto) e quella di uso di un certificato falso, ma le stesse sono riferibili (e quindi la pena e` ugualmente applicabile) sia ai rifiuti non pericolosi, sia ai rifiuti pericolosi, in quanto l’art. 258, comma 4, cpv 3, non fa alcun cenno alle caratteristiche del rifiuto.
 

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Tabella di confronto modifiche art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006

art. 59 D.Lgs. n. 152/1999come riformato dal D.Lgs. n. 258/2000 art. 137 comma 5 Dlgs. 152/2006 ss.m. Art. 137 comma 5come approvato  dalla Camera 2.2.2010
5. Chiunque, 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, supera i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 ovvero i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’autorità competente a norma degli articoli 33, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A dell’allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni .
Chiunque, 
 
nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.  Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila
Chiunque in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto,nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o. nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto,oppure i limti più restrittivi fissati dalle regioni  o dalle province autonome o all’Autorità competente a norma dell’articolo 107 comma 1 
è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila Euro a trentamila Euro Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila

 

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