Piano Tutela Acque – Veneto – modifiche

Piano Tutela Acque – Veneto – modifiche

PTA Veneto – modifiche – nuove zone vulnerabili

Piano Tutela Acque – Veneto DCR 107/2009

segnalazione a cura Studio legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 14.9.2021


Il Piano Tutela acque è stato ancora modificato dalla DGRV 1170/2021 pubblicata in BUR il 3.9.2021.

la DGRV contiene, come d’uso, l’elenco delle modifiche e chiarimenti intervenuti a far data dall’approvazione del PTA 107/2009.

Scrive la DGRV che “…a seguito della lettera di messa in mora complementare da parte della Commissione Europea, …, relativa alla procedura d’infrazione n. 2018/2249, ed acquisita al prot. 541120 del 21/12/2020, con cui il Ministero ha presentato alcune criticità che permangono nella Regione Veneto in merito alla designazione delle zone vulnerabili, la Regione Veneto ha risposto con nota prot. 101283 del 03/03/2021 precisando che da un lato alcune delle richieste del Ministero risultano già soddisfatte, dall’altro che per la richiesta relativa alla designazione di una nuova zona vulnerabile influente sulla stazione di monitoraggio delle acque superficiali n. 175, la Regione avrebbe provveduto alla designazione sottoponendo la stessa all’iter previsto dalla normativa regionale vigente. A fronte di una nuova nota del MITE, prot. 58290 del 31/05/2021, risulta necessario ed urgente provvedere alla designazione della nuova zona vulnerabile da nitrati sopracitata….”

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Cinzia SilvestriPiano Tutela Acque – Veneto – modifiche
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DL n. 2/2012 e materiali da riporto

 DL Ambiente 2/2012 (25.1.2012): conversione in Legge
Materiali da riporto: modifiche
 
a cura di avvocato Cinzia Silvestri
 
Si attende la conversione in Legge – e la imminente pubblicazione – dei Decreti Legge:
1)    DL n. 1/2012 (Liberalizzazioni)
2)    DL n. 2/2012 (Ambiente)
 
Già si è evidenziato che i due decreti legge dialogano e pongono legame tra i materiali da riporto (DL. 2/2012) e le terre e rocce da scavo (art. 49 DL 1/2012).
Ed invero il nuovo testo semplificato precisa che i materiali da riporto sono “materiali eterogenei,utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e statigrafiche al terreno in situ all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei.
Tali materiali però sono disciplinati “dal decreto di cui all’art. 49 del decreto – legge 24.1.2012 n. 1, “; decreto legge 1/2012 di cui si attende imminente pubblicazione e che rinviava a futuro Decreto (ipoteticamente da emanarsi entro maggio 2012) “ le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Decreto futuro che sancisce inoltre la definitiva abrogazione dell’art. 186 Dlgs. 152/2006.
Materiali da riporto e terre e rocce da scavo sembrano dunque destinati ad  essere qualificati come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184bis Dlgs. 152/2006 sulla base delle condizioni previste nel futuro Decreto.
 
Si indica di seguito tabella di raffronto delle modifiche intervenute in sede di conversione del DL 2/2012.
Poco rimane dell’art. 3 DL 2/2012 vigente.
 

Art. 3 DL 2/2012 vigente dal 25.1.2012 Art. 3 DDL Senato 4999 Testo approvato: conversione in Legge del DL 2/2012
Materiali di riporto (Interpretazione autentica dell’articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disposizioni in materia di matrici materiali di riporto e ulteriori disposizioni in materia di rifiuti).
   1.  Considerata   la   necessita’   di   favorire,   nel   rispetto dell’ambiente, la ripresa del  processo  di  infrastrutturazione  del Paese,
ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei  suoli contaminati, i riferimenti al  «suolo»  contenuti  all’articolo  185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, si intendono come riferiti  anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del predetto decreto legislativo.
 
 
1. Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo.
 
2. All’articolo 39, comma 4, del  decreto  legislativo  3  dicembre 2010, n. 205, dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «Con  il medesimo decreto sono stabilite le condizioni alle quali  le  matrici materiali di riporto, di cui all’articolo 185, comma 4,  del  decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.  152,  e  successive  modificazioni, possono essere considerati sottoprodotti.». “2. Ai fini dell’applicazione dei commi da 1 a 4, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei utilizzati in passato per la realizzazione di
 
 
 
riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei, quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione e materiali terrosi”.
 
2.Ai fini dell’applicazione del presente articolo , per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all’art. 49 del decreto – legge 24.1.2012 n. 1, utilizzati per la realizzazione diriempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e statigrafiche al terreno in situ all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei
  3. Nel caso in cui il decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge
24 gennaio 2012, n. 1, non sia emanato entro il termine di novanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
 
Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 del presente articolo,
 
 
 
 
le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono considerate sottoprodotti qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.
 
  “4. All’articolo 240, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dopo la parola: “suolo” sono inserite le seguenti: “, materiali di riporto”.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

adminDL n. 2/2012 e materiali da riporto
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Sistri e reati

SISTRI E REATI: responsabilità delle Società
Dlgs. 231/2001 art. 25 undecies co. 2 lett. g).
art. 260 bis Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo Studio Legale Ambiente continua lo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001[1] per i reati di cui al Dlgs. 152/2006 in vigore dal 16.8.2011; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 Art. 260 bis Dlgs. 152/2006 (novità).
L’articolo 260 bis è stato introdotto nel nostro ordinamento dal  Dlgs. 205/2010  (vigente al 25.12.2010) assieme alle altre sanzioni relative al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) .
E’ tuttavia nota la vicenda normativa che ha coinvolto proprio l’art. 260 bis che, assieme a tutto il sistema Sistri, veniva abrogato dall’articolo 6, comma 2, lettera d) del Dl 13 agosto 2011, n. 138; per poi rivivere con la legge di conversione del  14 settembre 2011, n. 148; legge che ha posto nel nulla il decreto abrogativo.
Ebbene circa un mese prima della abrogazione a mano del Governo (DL 13.8.2011 n. 138) il Parlamento aveva riformato proprio ed anche l’articolo 260 bis (Dlgs. 121/2011 del 7.7.2011). introducendo i commi 9bis e 9ter.
L’entrata in vigore delle modifiche (17.8.2011) successiva alla abrogazione segnava una battuta di arresto dell’intera normativa.
La legge di conversione del 14.9.2011 n. 148 riporta in luce anche il testo modificato dell’art. 260 bis.
Le modifiche intervenute sull’art. 260 bis hanno introdotto solo i commi 9 bis e 9 ter. Sono modifiche che non prevedono nuovi comportamenti sanzionabili bensì benefici e riduzioni di pena.
 Reati ex art. 260 bis e Dlgs. 231/2001
Nel caso di reati e dunque di comportamenti ritenuti gravi dal legislatore e che vengono puniti con pena che incide sulla libertà personale quale la reclusione
1)    nessun trattamento premiale di riduzione della pena
2)    previsione di responsabilità amministrativa della società ex Dlgs. 231/2001 ex art. 25 undecies.
Lo schema è il seguente:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Società
ex Dlgs. 231/2001
Sanzioni interdittive
art. 260 bis comma 6
Certificato analisi rifiuti falso
 
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 secondo periodo
Trasporto senza copia cartacea sistri rifiuti pericolosi
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 terzo periodo
Trasporto uso certificato fase indicazioni
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 8 primo periodo
Trasposrto con scheda cartacea sistri alterata
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.)
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis
Comma 8 secondo periodo
Trasporto scheda sistri alterata rifiuti pericolosi
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.) con aumento fino ad 1/3
Da  200 a 300 quote Non prevista

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 



[1] IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela   penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
adminSistri e reati
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Acque: dal 4.1.2011 riformata parte terza Dlgs. n. 152/2006

Focus: art. 74 comma 2 Dlgs . n. 152/2006
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Il CdM con Dlgs. del 10 dicembre 2010 n. 219 (pubblicato in G.Uff. Del 20 dicembre 2010) ha dato attuazione alla direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e della direttiva 2009/90/CE che sabilisce specifiche tecniche per l’analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque.
La parte terza viene dunque modificata in alcune sue parti e nell’allegato I.
Le modifiche di particolare rilevanza anche applicativa si rinvengono agli articoli 74 e 78 della parte terza.
Si declina di seguito breve schema delle modifiche apportate all’art. 74 al fine di segnalare alcune corpose novità.

Articolo 74 comma 2 Dlgs. 152/2006 come modificato dal
Dlgs. n. 219/2010
 
Art. 74 comma 2 lett.z) Dlgs. n. 152/2006: sostituita z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo statochimico richiesto per conseguire, entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell’elenco di priorità di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza;’
 
Art. 74 comma 2 Dlgs. n. 152/2006: inserite lett. uu-bis; uu-ter; uu-quater; uu-quinquies uu-bis) limite di rivelabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l’analita;
uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilità a una concentrazione dell’analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura piu’ basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;
uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell’esame di proprietà nominali.’;

 

adminAcque: dal 4.1.2011 riformata parte terza Dlgs. n. 152/2006
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Correttivi al Codice Ambientale

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 24/06/2010, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, il Decreto Legislativo recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell’articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.
Tale provvedimento riguarda in particolare le Parti I (disposizioni comuni), seconda (Via/Vas/Ippc) e quinta (Aria) del Dlgs 152/2006, cd. “Codice ambientale”.
Con riferimento alle modifiche apportate alla Parte Prima del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
Definizione di Ambiente e Sviluppo sostenibile
All’articolo 1-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 viene inserita la definizione di ambiente e vengono introdotti espressamente i quattro principi comunitari dell’azione ambientale al fine di fornire un’indicazione circa le attività che conseguono alla loro adozione.All’articolo 3-ter del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152  viene introdotta una formulazione del principio di sviluppo sostenibile più completa e coerente attraverso anche il riferimento al principio della solidarietà intergenerazionale.
Con riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
All’articolo 4 (Finalità) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, le modifiche introdotte sono state rese necessarie primariamente per consentire, con il richiamo alla c.d. direttiva IPPC, di introdurre nel d.lgs. n. 152/2006 anche la disciplina in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA), oggi contenuta nel d.lgs. n. 59/2005.  All’articolo 5 (Definizioni) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si è ritenuto di introdurre modificazioni, dal momento che l’inserimento del d.lgs. n. 59/2005 comporta l’uso in questa parte del decreto di definizioni (es. “emissioni”, “valori limite di emissione” etc.) che potrebbero creare confusione rispetto ad altre analoghe contenute in altre parti del Codice. Viene introdotta una nuova definizione di VIA, che, conformemente alle ormai pacifiche acquisizioni dottrinali e giurisprudenziali, si specifica trattarsi di un “procedimento” dotato di autonomia.  Sono state, inoltre, scisse le ipotesi di VAS da quelle di VIA in relazione alla necessità o meno di svolgere la procedura di valutazione di incidenza (VINCA) disciplinata dal DPR n. 357/1997. Con la nuova formulazione, a differenza di quanto poteva emergere dalla precedente formulazione, la VINCA non risulta essere e obbligatoria sempre, ma unicamente nei casi in cui i piani o i progetti possano produrre effetti, anche indiretti, sui siti dal medesimo DPR tutelati. In aggiunta, considerata l’importanza della fase di monitoraggio per rendere realmente effettive le valutazioni rese in sede di VAS, è stata introdotta una continua verifica dell’attuazione del piano o del programma.  Viene espressamente prevista l’esperibilità del ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione di cui all’art. 21-bis della legge n. 1034/1971. Infine, si propone la correzione della parte della disposizione che si riferisce alle “consultazioni”, in quanto l’uso del termine è suscettibile di ingenerare confusione rispetto alla fase della consultazione propriamente detta, che è quella disciplinata dal successivo art. 24. Con l’introduzione del Titolo III bis – L’autorizzazione integrata ambientale – al decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, è stata introdotta la normativa in materia di AIA nel corpo del decreto legislativo n. 152/2006, prevedendo l’abrogazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, comunque, determinando la piena e continua operatività delle disposizioni trasposte nel nuovo provvedimento normativo.
Con specifico riferimento al contenuto delle modifiche apportate dal presente decreto alla Parte Quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si rappresenta quanto segue.
La proposta più importante, ai fini dell’operatività dell’intero quadro normativo della vigente parte quinta, é rappresentata dalla previsione di una distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento. Tale distinzione, presente in termini molto ambigui nel previgente d.p.r. n. 203 del 1988 e non riportata nel vigente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, é infatti indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione. Al riguardo, il decreto definisce con precisione l’impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile in cui sono presenti uno o più impianti o attività (articolo 268, comma 1, lettere h) ed l)). Si mantiene, con riferimento agli stabilimenti, la già esistente ripartizione in “nuovi”, “anteriori al 2006” ed “anteriori al 1988”. Altre novità si prevedono per gli articoli inerenti l’autorizzazione alle emissioni. In particolare, lo schema di decreto introduce una serie di modifiche volte a garantire, al contempo, una semplificazione dell’azione amministrativa ed un efficace controllo degli impianti sul territorio.Il proposto schema di decreto introduce altresì importanti precisazioni circa i valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti (articolo 271 del d.lgs. n. 152 del 2006).Più circoscritto é l’intervento che lo schema di decreto propone in materia di impianti termici civili (titolo II della parte quinta). In particolare, si precisa che la disciplina speciale del titolo II si applica soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore (articolo 282 del d.lgs. n. 152 del 2006). Ciò in quanto gli impianti termici civili dotati di una maggiore potenza termica non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole.
 

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