Società, modello 231 …messa alla prova? (2)

Società, modello 231 …messa alla prova? (2)

Modello 231 e messa alla prova della “Società”

Sentenza del GIP di Bologna, Modena e Milano – riflessioni

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 21.12.2020


E’ oggetto di attenzione la particolare figura della messa alla prova (istituto sulla estinzione del reato) e la sua applicazione anche alle Società (articolo su questo sito 10.11.2020 – La Società può compiere lavori socialmente utili?). L’articolo metteva in luce la problematica confusa e le decisioni confliggenti sul tema dei Tribunali di Milano e di Modena. Con ciò ponendo in primo piano il dramma dell’interpretazione che porta disparità di trattamento laddove il legislatore non è chiaro e lascia varchi, “buchi” che permettono decisioni ugualmente sostenibili.  Al dibattito si è aggiunto anche il GIP di Bologna con ordinanza del 10.12.2020 che ha dichiarato inammissibile la richiesta di messa alla prova della società per il reato di induzione indebita.

Si riporta dunque l’articolo già pubblicato ed in calce la posizione del GIP di Bologna che offre motivazioni diverse anche da quelle del GIP di Milano.

messa alla prova e 231*

Cinzia SilvestriSocietà, modello 231 …messa alla prova? (2)
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Caduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231

Caduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231

Caduta dall’alto del lavoratore – Modello 231

Organizzazione societaria “inadeguata”- evento occasionale

Cassazione penale n. 29584/2020

 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 4.12.2020


La sentenza della Cassazione ribadisce i concetti di interesse e vantaggio della Società (art. 5 Dlgs. 231/2001), l’importanza del rispetto delle norme antinfortunistiche e soprattutto sottolinea che la politica aziendale può incrinarsi anche alla presenza di un solo evento anche occasionale.

Il committente di attività edilizia decideva di far realizzare un’opera ad una impresa terza, anziché a quella già designata. La decisione di far eseguire l’opera a terzi veniva presa senza informare i preposti alla sicurezza e pertanto anche derogando all’originario progetto e soprattutto derogando alle procedure di sicurezza già approvate.

Così due operai dell’impresa terza precipitavano dall’impalcatura.

Seguiva processo penale a carico della ditta committente e dell’impresa terza e la Corte di appello confermava le responsabilità della società ex art. 25septies Dlgs. 231/2001.

La verifica della responsabilità si concentra sul vantaggio e interesse che simile operazione ha portato alla società. La decisione della. …

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Cinzia SilvestriCaduta dall’alto del lavoratore – responsabilità e Modello 231
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Sicurezza: delega di funzioni e obbligo di vigilanza

Sicurezza: delega di funzioni/obbligo di vigilanza
Art. 16 Dlgs. 81/2008 e modello 231 – collegamento
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Esiste ancora confusione sulla “delega di funzioni”.
L’art. 16 Dlgs. 81/2008 codifica la delega di funzioni laddove in altri campi del diritto non si trova codificazione dell’istituto (come in materia ambientale).
L’articolo 16 ricorda che la delega di funzioni:
1) può essere espressamente esclusa
2) è ammessa solo con i limiti e le condizioni indicati dall’art. 16, che ricordiamo
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Ricordiamo che la delega non sempre è consentita dalla legge.
La Cassazione penale 10702/2012 si è espressa nel senso che la delega non è consentita a) per la valutazione dei rischi e b) l’elaborazione del documento sulla sicurezza, c) nonché per la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
E sempre la sentenza sopra citata precisa anche il limite dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro che non è tenuto al controllo minuzioso ed operativo delle singole attività conferite ma è tenuto al controllo della correttezza della complessiva gestione del rischio dal parte del delegato.
Il controllo di vigilanza invero deve permettere al datore di lavoro di poter intervenire e supplire alle eventuali omissioni del delegante.
La delega inoltre deve avere adeguata e tempestiva pubblicità (comma 2 art. 16)
• Delega di funzioni e obbligo di vigilanza.
Il datore di lavoro (delegante) mantiene obbligo di vigilare sulle funzioni trasferite (recita il comma 3: “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.”). Il testo è chiaro.
Modello 231 – obbligo di vigilanza.
Di interesse è il collegamento tra l’obbligo di vigilanza che incombe sul datore di lavoro e la possibilità di avere prova liberatoria attraverso la adozione del modello 231.
Conclude il comma 3 dell’art. 16:” L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’ articolo 30, comma 4.
Ed invero l’art. 30 comma 4 prevede che “.. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo
a) sull’attuazione del medesimo modello e
b) sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
Il modello organizzativo previsto dal Dlgs. 231/2001 si impone al datore di lavoro come prova liberatoria del proprio obbligo di vigilanza sulla delega conferita.
Modello che però deve dare prova di assere attuato, revisionato, mantenuto laddove ci siano mutamenti aziendali o accadimenti di infortunio.
• SUBDELEGA: è ammessa?
La delega di funzioni può essere trasmessa solo dal titolare della funzione ovvero dal datore di lavoro.
Ed invero vige il Divieto di subdelega ed il comma 3bis si esprime precisando:” Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate”
Vero è che proprio il comma 3bis (inserito dal Dlgs. 106/2009) prevede che “ il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2.
Dunque alcune funzioni possono essere delegate dal delegato ma solo previa intesa (scritta) del delegante.

adminSicurezza: delega di funzioni e obbligo di vigilanza
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Incentivi INAIL: modelli 231

Comunicato INAIL incentivi
A cura di Studio Legale Ambiente
Studio Legale Ambiente si occupa anche della realizzazione dei modelli 231 in materia ambientale e sicurezza sul lavoro.
Pubblicato in Gazzetta ufficiale del 20.12.2012 il Comunicato INAIL che propone incentivi alle imprese che vogliano migliorare la propria organizzazione in materia di sicurezza e anche aggiornare, predisporre i modelli 231 ….
Si rinvia alla comunicazione che costituisce una buona opportunità per le aziende….
Comunicato INAIL incentivi Dlgs. 81/2008

adminIncentivi INAIL: modelli 231
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Corruzione-nuovo reato Dlgs. 231/2001

Nuovo reato ex Dlgs. 231/2001- Corruzione – responsabilità Società.
Corruzione tra privati (DDL 4434-B) approvato dalla Camera in data 30 ottobre 2012 ed in attesa di pubblicazione. Modifica il testo art. 2635 c.c.
A cura di Studio Legale Ambiente -Cinzia Silvestri

In attesa di pubblicazione e approvato dalla Camera in data 30 ottobre 2012 il testo del disegno Legge sulla ” corruzione”. Il testo riforma anche l’art. 2635 c.c..
L’art. 2635 muta il proprio titolo in ” corruzione tra privati” e viene inserito tra i reati che possono portare a responsabilità anche la società e dunque annovera altro delitto soggetto al Dlgs. 231/2001.
Si offre alla lettura un primo schema con riserva di approfondire in seguito alla pubblicazione del testo legislativo.
S’ intende che i modelli 231 dovranno subire aggiornamento ed integrazione in breve tempo.
Vai allo schema e clicca : Schema corruzione art. 2635 c.c. e Dlgs.231/2001

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Modello "231": quali responsabilità?

 Modello “231” – Responsabilità dell’Ente /Società: un chiarimento
Nota a sent. Cass. pen. Sez. VI, Sent. del  16-07-2010, n. 27735
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 La sentenza della Cassazione penale n. 27735/2010 precisa la natura della responsabilità della Società.
Con chiarezza espositiva riassume l’orientamento maggioritario e declina i passaggi fondamentali della disciplina.
Si riporta tra “virgolette” il testo della sentenza che esprime i passaggi logici e giuridici che permettono l’attribuzione di responsabilità alla Società, precisando anche in merito all’onere probatorio.
Di interesse il passaggio che riguarda l’adozione del Modello “231”; ovvero del modello organizzativo volto a prevenire la commissione dell’illecito da parte delle persone apicali (e non apicali) della Società.
Qualora l’accusa (PM) provi la commissione dell’illecito della persona fisica (es. dirigente) nell’interesse  (ad esempio) della Società accade che la stessa sia responsabile per non aver adottato tutti quegli accorgimenti necessari ad evitare l’evento e dunque sia colpevole nella sua “dis-organizzazione” e tenuta a rispondere in proprio dell’illecito, a mezzo del pagamento della somma statuita dal Giudice.
La non obbligatorietà/non adozione del Modello “231” si traduce nella:
1)perdita di prova liberatoria;
2) colpa in “organizzazione”.
La Cassazione dribla il dogma della responsabilità oggettiva che… incombe.
In particolare:
1) RESPONSABILITA’ PROPRIA DELLA SOCIETA’
La Cassazione precisa la natura propria della responsabilità che si fonda nel rapporto di immedesimazione organica. Ciò permette che la società risponda di fatto commesso da altro soggetto.
“Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, è qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; nè la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo all’ immedesimazione.
2) TERTIUM GENUS
“Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e di responsabilità amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato “è fatto della società, di cui essa deve rispondere“.
Conclusivamente, in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l’ente risponde per fatto proprio, senza coinvolgere il principio costituzionale del divieto di responsabilità penale per fatto altrui (art. 27 Cost.).
3) RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
 “Nè il D.Lgs. n. 231 delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva, prevedendo, al contrario, la necessità che sussista la c.d. “colpa di organizzazione” dell’ente, il non avere cioè predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo”.
4) ONERE DI PROVA
“Grava sull’Accusa l’onere di dimostrare l’esistenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa della societas e che abbia agito nell’interesse di questa; tale accertata responsabilità si estende “per rimbalzo” dall’individuo all’ente collettivo, nel senso che vanno individuati precisi canali che colleghino teleologicamente l’azione dell’uno all’interesse dell’altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.
5) MODELLO 231 – EFFETTO LIBERATORIO
“Militano, inoltre, a favore dell’ente, con effetti liberatori, le previsioni probatorie di segno contrario di cui al D.Lgs. n. 231, art. 6, e, specificamente, l’onere per l’ente di provare, per contrastare gli elementi di accusa a suo carico, “che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” (art. 6, lett. a) e che, sulla base di tale presupposto, ricorrono le altre previsioni elencate nelle successive lettere del citato art. 6.
Nessuna inversione dell’onere della prova è, pertanto, ravvisabile nella disciplina che regola la responsabilità da reato dell’ente, gravando comunque sull’Accusa l’onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui al D.Lgs. n. 231, art. 5, e la carente regolamentazione interna dell’ente. Quest’ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.

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Responsabilità società e qualità dell'aria

Responsabilità dell’Ente e Dlgs. 231/2001
Aria – art. 279 Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo StudioLegaleAmbiente continua la pubblicazione di brevi aggiornamenti sulla responsabilità della Società in materia di reati ambientali.
Responsabilità operativa già dall’agosto del 2011 e che suggerisce alle aziende di dotarsi di Modello cosidetto “231”.
Modello già conosciuto dalle Società grazie alla normativa sulla sicurezza (Dlgs. 81/2008 art. 30) e che presenta, in materia ambientale, peculiarità tali da non poter coincidere con quello sulla sicurezza.
 ART. 279[1] DLGS. 152/2006 – Aria e riduzione delle emissioni
La parte V del Dlgs. 152/2006 è stata riformata dal Dlgs. 128 del 29.6.2010.
Il comma 2 del Dlgs. 231/2001 art. 25 – undecies si conclude con la lettera h) che menziona la violazione dlel’art. 279 comma 5 che richiama il comma 2 ovvero:
Chi, nell’esercizio di uno stabilimento[2], viola i valori limite di emissione[3] (cfr. anche lett. q) art. 268) o le prescrizioni stabiliti
1)    dall’autorizzazione,
2)    dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto,
3)    dai piani e dai programmi o
4)    dalla normativa di cui all’articolo 271 o
5)    le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo
e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro.
Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione.
Ebbene in questi casi, aggiunge il comma 5, si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa.
 
La qualità dell’aria non è definita dalla parte V del Dlgs. 152/2006.
La qualità dell’aria si esprime in maniera diversa dalla emissione in quanto:
1) L’emissione evoca la quantità di sostanza inquinante introdotta in atmosfera, da una certa fonte inquinante e in un determinato arco di tempo; generalmente essa viene espressa in tonnellate/anno.
2) La qualità dell’aria invece si esprime per concentrazione (cfr. anche art. 268 co. 1 lett. s)) ovvero la quantità di sostanza inquinante presente in atmosfera per unità di volume; generalmente espressa in mg/mc e viene utilizzata per esprimere valori di qualità dell’aria.
 
Il riferimento al comma 5 dell’art. 279 sembra dunque limitare la responsabilità dell’Ente solo a quelle ipotesi in cui oltre alla violazione dei limiti di emissione esista anche la violazione di limiti di qualità dell’aria. Si tratta sempre di quantità di sostanza inquinante che rileva però diversamente .
In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione persona giuridica ex Dlgs. 231/2001 Sanzioni interdittive
art. 279 comma 5: violazione emissione e qualità aria
 
Arresto fino a 1 anno
 
 
 
Fino a 250 quote 
 
Non prevista

 
 
 
 
 
 
 



[1] Art. 279

…2. Chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all’articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorita’ competente ai sensi del presente titolo e’ punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 1.032 euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell’autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione .
….5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell’arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa….
 

[2] L’art. 268 coma 1 come modificato dal Dlgs. 128/2010 definisce: “h) stabilimento: il complesso unitario e stabile, che si configura come un complessivo ciclo produttivo, sottoposto al potere decisionale di un unico gestore, in cui sono presenti uno o piu’ impianti o sono effettuate una o piu’ attivita’ che producono emissioni attraverso, per esempio, dispositivi mobili, operazioni manuali, deposizioni e movimentazioni. Si considera stabilimento anche il luogo adibito in modo stabile all’esercizio di una o piu’ attivita’”.
[3] L’art. 268 comma 1 come modificato dal Dlgs 128/2010 definisce: “b) emissione: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attivita’ di cui all’articolo 275, qualsiasi scarico di COV nell’ambiente (1);
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