Odori – Focus art. 272-bis d.lgs. 152/2006

Odori – Focus art. 272-bis d.lgs. 152/2006

Emissioni odorigene (2)

Odori. Art. 272 – bis Dlgs. 152/2006

Cass. penale n. 20204/2021

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 2.6.2021


La sentenza della Cassazione penale 20204/2021 affronta il tema delle emissioni odorigene e offre disamina dell’art. 272-bis Dlgs. 152/2006; disposizione introdotta dal D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, art. 1, comma 1, lett. f).

Leggi anche su questo sito “emissioni odorigene – focus 1”

La Cassazione, al fine di affrontare altre questioni, riassume ai punti 7,8,9 della sentenza l’evoluzione normativa in punto odorigeno, indica le sanzioni, richiama la collocazione sistematica degli articoli e i limiti di applicazione .

La sentenza è chiara e si offre lettura di stralcio della sentenza.

Odori – focus normativo – 272-bis Dlgs. 152/2006

Il punto 7 della sentenza della Cassazione ricorda  i pochi punti presenti nel Dlgs. 152/2006 che richiamano espressamente gli odori:

  • l’art. 177, comma 4, lett. b) laddove specifica che la gestione dei rifiuti deve avvenire, tra l’altro, “senza causare inconvenienti da rumori o odori” e
  • negli artt. 237-septies e 237-octies in materia di impianti di incenerimento e co-incenerimento.

Ricorda la Corte il DPR 203/1988, normativa di riferimento in materia di “aria” e richiama quale strumento utile a contenere le emissioni odorigene le leggi regionali.

L’art. 272-bis, s’innesta in questo panorama povero e stabilisce: …Continua lettura articolo – 272bis 2

Cinzia SilvestriOdori – Focus art. 272-bis d.lgs. 152/2006
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MUD 2015: Linee Guida per la compilazione

MUD 2015; Linee guida per la compilazione 
segnalazione cura Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


Unioncamere ha trasmesso alle Associazioni imprenditoriali un documento che sintetizza le principali novità della dichiarazione Mud 2015 e le corrette modalità di compilazione dei campi delle varie schede.
In particolare per quanto riguarda la “Messa in riserva” e il “deposito preliminare” viene specificato che il rigo R13 va utilizzato esclusivamente per indicare:
a) la quantità complessiva di rifiuto che il dichiarante, nell’anno di riferimento, ha ricevuto e messo in riserva nell’unità locale per poi avviarla a operazioni di recupero in altri impianti,
b) la quantità complessiva di rifiuto che il dichiarante, nell’anno di riferimento, ha ricevuto e sottoposto, nel proprio impianto, a un’attività di recupero di materia classificata esclusivamente con R13.
Al contrario, la quantità di rifiuto che il dichiarante, nel corso dell’anno, ha avviato, presso il proprio impianto, prima a R13 e poi ad altre attività di recupero (da R1 a R12) dovrà essere inserita solo in corrispondenza dell’effettiva attività di recupero effettivamente svolta (da R1 a R12) e non nel rigo R13.
Il rigo D15 va utilizzato esclusivamente per indicare la quantità complessiva di rifiuto che il dichiarante, nell’anno di riferimento, ha ricevuto e messo in deposito preliminare presso il proprio impianto per poi avviarla ad operazioni di smaltimento in altri impianti.
Al contrario la quantità di rifiuto che il dichiarante, nel corso dell’anno, ha avviato, presso il proprio impianto, prima a D15 e poi ad altre attività di smaltimento (da D1 a D14) dovrà essere inserita solo in corrispondenza dell’effettiva attività di smaltimento effettivamente svolta (da D1 a D14) e non nel rigo D15.
In sostanza in R13 andrà solo indicato il quantitativo che il gestore ha ricevuto, messo in riserva/deposito preliminare ; non quello che il gestore ha ricevuto, preso in carico con R13 o D15 e poi recuperato/smaltito con altre voci.
Sulla comunicazione RAEE vengono fornite istruzioni che specificano come la scheda CR debba essere presentata dai gestori dei centri di raccolta organizzati da produttori o da sistemi collettivi (articolo 12 c.1 lettera b).
La scheda NON deve essere presentata con riferimento a:

  • Centri di raccolta istituiti dai Comuni nell’ambito della raccolta separata di RAEE. I Comuni infatti dichiarano i RAEE raccolti all’interno della Comunicazione Rifiuti Urbani.
  • Luoghi di deposito preliminare alla raccolta dei RAEE effettuato dai distributori presso i locali del proprio punto vendita o altro luogo di raggruppamento, per i quali non vi è obbligo di comunicazione MUD ai sensi dell’articolo 9 del DM 8 marzo 2010 n. 65.
  • Impianti di trattamento autorizzati alla gestione di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche che ricevono i RAEE e svolgono su di essi attività di recupero e smaltimento: tali impianti devono presentare la scheda TRA.

Si allega il testo integrale del documento MUD2015_modifiche_schede_istruzioni
 

adminMUD 2015: Linee Guida per la compilazione
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Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane

Corte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane
A cura di avv. Cinzia Silvestri
SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione) 19 luglio 2012
«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Articoli 3, 4 e 10 – Rete fognaria – Trattamento secondario o equivalente – Impianti di trattamento – Campioni rappresentativi» / causa C565/10,
LA Corte ricorda gli obblighi comunitari allo Stato italiano che risulta inadempiente e viene condannato alle spese.
La Corte prende in considerazione la situazione di molti agglomerati ( principalmente al sud) ma anche in Liguria, Veneto (Vicenza),Trieste (ed altri) non in regola con gli adempimenti imposti dalla direttiva 91/271/CEE.
Tra le righe della sentenza emergono riferimenti utili anche per quegli agglomerati non nominati dalla sentenza; riferimenti dimenticati anche dalle nostre amministrazioni.
Di particolare interesse e’ l’inciso delle Corte ai doveri di progettazione e costruzione di impianti che tengano conto dei diversi flussi turistici estivi e delle maggiori portate conseguenti; nonché il rilievo al numero dei campionamenti annuo, alle variazioni climatiche ecc…
CONTESTO NORMATIVO
La Corte definisce prima il Contesto normativo utile ad inquadrare la contestazione:
“…..2        A termini dell’articolo 1, primo comma, della direttiva 91/271, quest’ultima concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Ai sensi del secondo comma del citato articolo 1, tale direttiva ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue.
3        L’articolo 3 della direttiva 91/271 dispone quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,
–        entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000
(…)
Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.
2.      Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono soddisfare i requisiti pertinenti dell’allegato I, sezione A. (…)».
4        L’articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue:
«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:
–        al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15 000 a.e.
(…)
3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B. (…)
4.      Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all’impianto di trattamento nel corso dell’anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti».
5        Ai sensi dell’articolo 10 della citata direttiva:
«Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tenere conto delle variazioni stagionali di carico».
6        L’allegato I della direttiva 91/271, intitolato «Requisiti relativi alle acque reflue urbane», prevede, alla sezione A, le prescrizioni che devono essere seguite per le reti fognarie e, alla sezione B, quelle applicabili agli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti. Tra queste ultime figura quella in base alla quale la progettazione o la modifica di detti impianti va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti. Per quanto riguarda gli impianti di trattamento la cui dimensione corrisponde a un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10 000 e 49 999, la sezione D del suddetto allegato I fissa a 12 il numero minimo annuo di campioni da raccogliere ad intervalli regolari nel corso dell’anno.
GIUDIZIO DELLA CORTE
1) La Corte condanna l’Italia per non aver adempiuto agli obblighi di collettamento fognario entro il termine imposto dalla comunità europea ovvero il 31 dicembre 2000 ovvero in violazione dell’ art. 3 Direttiva 91/271.
“…. Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 3 della direttiva 91/271…
21      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, primo trattino, della direttiva 91/271, gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 avrebbero dovuto essere provvisti di reti fognarie per le loro acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2000…..
….24      Orbene, come riconosciuto dalla stessa Repubblica italiana, occorre rilevare che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli agglomerati di ………non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane.
25      Relativamente agli agglomerati di…….., i lavori diretti a dotare detti agglomerati di reti fognarie per le loro acque reflue urbane non erano ultimati.
26      Dalle medesime indicazioni risulta altresì che, ……la raccolta di tutte le acque reflue urbane degli agglomerati di……non era garantita……
30      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati di……….), aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3 della citata direttiva.
TRATTAMENTO SECONDARIO
La corte condanna l’Italia per la violazione  dell’ 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271 che prevede che, negli agglomerati con oltre 15 000 a.e., la totalità delle acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie devono, prima dello scarico, essere sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, al più tardi entro il 31 dicembre 2000.
prosegue la sentenza:
“…32      Inoltre, a termini del citato articolo 4, paragrafo 3, tale trattamento secondario o tale trattamento equivalente deve essere garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti dell’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
33      Si deve osservare che la Repubblica italiana non contesta che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, l’obbligo di sottoporre le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era rispettato negli agglomerati di …..
34      Per quanto attiene agli agglomerati di…….), è sufficiente constatare che, dal momento che tali agglomerati non erano provvisti di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle loro acque reflue urbane, l’obbligo di sottoporre tutti gli scarichi ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271, non era dunque a fortiori adempiuto (sentenze del 25 ottobre 2007, Commissione/Grecia, C440/06, punto 25, e del 7 maggio 2009, Commissione/Portogallo, C530/07, punto 55).
35      Inoltre, dalle indicazioni fornite dalla Repubblica italiana risulta che, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, gli impianti di trattamento degli agglomerati di ……i quali, conformemente all’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva 91/271, sono diretti ad assicurare il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie e a garantire che gli scarichi da essi provenienti soddisfino i requisiti di cui alla sezione B dell’allegato I della medesima direttiva, non erano in funzione.
Numero di campioni annuo
Di particolare interesse la statuizione della corte in merito al numero dei campioni annuo . Campionamento precisato dal legislatore comunitario ed anche italiano e costantemente disatteso anche dalle nostre amministrazioni. L’omissione del campionamento annuo comporta la impossibilita di valutare la conformità del campionamento.
“….36      Con riguardo all’agglomerato di Campobasso 1 (Molise), occorre ricordare che, se è vero che la Commissione, nella memoria di replica, ha ritenuto che non fosse più necessario chiedere la dichiarazione dell’inadempimento dell’articolo 3 della direttiva 91/271, essa ha tuttavia mantenuto il suo addebito relativo a una violazione dell’articolo 4 della medesima direttiva, asserendo che, stando al controricorso della Repubblica italiana e agli allegati allo stesso, il numero annuo di campioni prelevati non corrispondeva al minimo previsto all’allegato I, sezione D, della citata direttiva.
37      Orbene, poiché la Repubblica italiana ha prodotto,….., il numero minimo di campioni che devono essere prelevati ad intervalli regolari nel corso dell’anno, conformemente al suddetto allegato I, sezione D, non occorre dichiarare l’inadempimento dell’articolo 4 della direttiva 91/271 con riguardo al suddetto agglomerato.
38      Per contro, gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Casarano (Puglia) non possono essere ritenuti conformi al citato articolo 4 a causa dell’insufficiente numero di campioni prelevati. Infatti, la Repubblica italiana non ha fornito alcun campione per il 2009 e il 2010. Inoltre, come precisato da tale Stato membro nel controricorso, l’impianto in parola è entrato in esercizio in una data posteriore a quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato.
39      Lo stesso dicasi per gli scarichi provenienti dall’impianto di trattamento dell’agglomerato di Menfi (Sicilia), poiché la Repubblica italiana non ha prodotto campioni relativi a tali scarichi per il 2009.
40      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che, negli agglomerati…….. aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 e che scaricano in acque recipienti non considerate «aree sensibili» ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della citata direttiva.
PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE
Sull’addebito relativo a una violazione dell’articolo 10 della direttiva 91/271
…41      Si deve ricordare che l’articolo 10 della direttiva 91/271 prevede che la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 debbano essere condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.
42      Ne consegue che il rispetto dell’obbligo sancito dal citato articolo 10 presuppone in particolare che siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 4 della direttiva 91/271.
43      Pertanto, il suddetto obbligo non può considerarsi assolto negli agglomerati in cui il trattamento secondario o il trattamento equivalente della totalità delle acque urbane che confluiscono nelle reti fognarie non è garantito mediante impianti di trattamento i cui scarichi soddisfino i requisiti di cui all’allegato I, sezione B, della direttiva 91/271.
44      Ciò considerato, si deve dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 47 della direttiva 91/271 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

adminCorte di Giustizia Europea/Trattamento Acque reflue urbane
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Impianti fotovoltaici: linee guida 2012

Impianti fotovoltaici / linee guida 2012
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Si invita alla lettura della Guida 2012 per gli impianti fotovoltaici.
Si riporta quanto precisato sul sito del Governo : “Il Ministero dell’interno ha predisposto un aggiornamento della guida per l’installazione degli impianti fotovoltaici nelle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, che recepisce i contenuti del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, tenendo conto delle varie problematiche emerse in sede periferica a seguito delle installazioni di impianti fotovoltaici.
La Guida 2012, on line sul sito dei Vigili del fuoco, fornisce informazioni riguardo a requisiti tecnici, documentazione, verifiche ed in generale riguardo alle procedure da rispettare.
L’installazione di un impianto fotovoltaico a servizio di un’attività soggetta ai controlli di prevenzione incendi, potendo comportare un aggravio del preesistente livello di rischio di incendio, deve necessariamente rispondere agli adempimenti previsti dal D.P.R. n.151/2011.”
Si legga anche articolo su questo sito FOTOVOLTAICO E INCENDI del 22/12/2011

adminImpianti fotovoltaici: linee guida 2012
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Impianti fotovoltaici e DL n. 1/2012

Impianti Fotovoltaici – DL n. 1/2012 art. 65
Focus: Impianti fotovoltaici in ambito agricolo
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Molte le novità contenute nel DL n. 1/2012 al quale si rimanda per la lettura completa (il testo è pubblicato su questo sito con precedente news).
Di interesse alcune novità sul dibattuto tema degli impianti fotovoltaici su terre agricole; tema affrontato dall’art. 65 del DL n. 1/2012.
Incentivi statali esclusi
L’articolo esclude – dalla data di entrata in vigore del presente decreto (25.1.2012) – gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, dall’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
Progetti ed esercizio/vigenza DL
Il comma 2 fa salvi i progetti  che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Impianti su serre
Il comma 3 equipara in termini di incentivo gli impianti fotovoltaici costruiti su serre a quelli su edifici a condizione che le serre presentino un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.
Limite 1MW
Viene inoltre prevista l’abrogazione dei commi 4, 5 e 6 dell’art. 10 del D.Lgs n. 28, ossia del limite di 1 MW imposto agli impianti a terra sui terreni agricoli.
In particolare:
“Art. 65         Impianti fotovoltaici in ambito agricolo   
  1. Dalla data di entrata in vigore del presente  decreto,  per  gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati  a  terra  in  aree agricole, non e’ consentito l’accesso agli incentivi statali  di  cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
  2. Il comma 1 non si applica agli impianti solari fotovoltaici  con moduli collocati a terra in aree agricole  che  hanno  conseguito  il titolo abilitativo entro la data di entrata in  vigore  del  presente decreto  o  per  i  quali  sia  stata  presentata  richiesta  per  il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno  dalla  data  di entrata in  vigore  del  presente  decreto.  Detti  impianti  debbono comunque rispettare le condizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.
  3. Agli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre cosi’ come definite  dall’articolo  20,  comma  5  del  decreto ministeriale 6 agosto 2010, si applica la tariffa  prevista  per  gli impianti fotovoltaici realizzati su edifici. Al fine di garantire  la coltivazione sottostante, le serre  –  a  seguito  dell’intervento  – devono presentare un  rapporto  tra  la  proiezione  al  suolo  della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.
  4. I commi 4, 5 e 6 dell’articolo  10  del  decreto  legislativo  3 marzo  2011,  n.  28  sono  abrogati,  fatto  salvo  quanto  disposto dall’ultimo periodo del comma 2.”
 

adminImpianti fotovoltaici e DL n. 1/2012
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Energia: LRV del 18.3.2011 n. 7

Fotovoltaico e area agricola.
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Attesa la pubblicazione della LRV che pone limite alla realizzazione di impianti non solo fotovoltaici in area agricola .
Il riferimento all’area agricola è riferibile solo agli impianti fotovoltaici.
Il legislatore regionale peraltro fa salve le autorizzazioni già depositate e limita le nuove solo fino al 31.12.2011.
Per pochi mesi, ed in attesa di provvedimenti ulteriori, “non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti
1) fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp,
2) di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché
3) di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.”
 
In particolare:
 

Art. 4 – Disposizioni transitorie in materia di impianti fotovoltaici a terra e di impianti di produzione alimentati da biomassa e a biogas e bioliquidi e oneri istruttori in attuazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

1. Nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8 bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 “Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, e della approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico regionale di cui all’articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 2000, n. 25 “Norme per la pianificazione energetica regionale, l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”, relativo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a 1.000kWe.
2. Sono comunque fatte salve le istanze di autorizzazione di impianti fotovoltaici presentate alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La Giunta regionale è altresì autorizzata ad effettuare gli studi e le analisi per la verifica del potenziale di sviluppo sostenibile della produzione di energia da fonti rinnovabili ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 e dell’individuazione delle aree e dei siti non idonei all’installazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili di cui al comma 10 dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”.
4. In applicazione di quanto previsto dal punto 9.1. dell’Allegato “Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi” del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”, la Giunta regionale è autorizzata ad applicare oneri istruttori al fine di coprire le spese istruttorie di cui al paragrafo 14 del predetto allegato del decreto ministeriale, inerenti l’avvio e lo svolgimento del procedimento unico per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
5. Gli oneri di cui al comma 4 sono a carico del proponente e sono rapportati al valore degli interventi in misura pari allo 0,025 per cento dell’investimento.
6. Le entrate derivanti dalla riscossione degli oneri istruttori di cui al comma 5, quantificate in euro 88.000,00, sono introitate nell’upb E0039 “Prestazione di servizi” del bilancio di previsione 2011.


 

adminEnergia: LRV del 18.3.2011 n. 7
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Terreni agricoli ed energia

Firmato dal presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato firmato dal Presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili ed ora si attende solo la imminente pubblicazione (Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva D.Lgs recante “Attuazione della Direttiva 2009/28/CE del parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”).
 
Rispetto alla versione approvata in via preliminare il 30 novembre 2010  il testo presenta numerosi cambiamenti.
 
Viene confermata la soglia di 5 MegaWatt che distingue i due sistemi incentivanti validi per gli impianti rinnovabili che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012:
–       < 5 MW sistema d’incentivazione del feed in tariff (incentivo sull’energia prodotta);
–       > 5 MW previsione di aste al ribasso gestite dalla società GSE S.p.A.
 
Le modalità per l’attuazione dei due nuovi sistemi d’incentivazione restano affidate a un decreto ministeriale che però dovrà essere adottato non più entro 12 mesi ma entro 6 mesi.
 
Tra le modifiche più rilevanti introdotte si evidenzia la disposizione contenuta al comma 9-bis dell’articolo 23 che prevede un limite temporale all’attuale sistema d’incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici, di cui al D.M. 6 agosto 2010.
 
Nel dettaglio, viene previsto che il regime introdotto dal D.M. 6 agosto 2010 (sistema entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2011) sarà ancora valido solo per gli impianti solari fotovoltaici per i quali l’allacciamento alla rete elettrica avverrà entro il 31 maggio 2011.
 
Un ulteriore decreto ministeriale, da emanare entro il 30 aprile 2011, disciplinerà l’incentivazione degli impianti allacciati alla rete dopo il 31 maggio 2011 sulla base di scaglioni annuali di potenza massima incentivabile e prevedendo la possibilità di differenziare le tariffe sulla base della classificazione urbanistica del lotto da incentivare.
 
Sempre in materia di fotovoltaico, viene rivista la disciplina degli impianti costruiti su terreni agricoli[1]. L’art. 10 comma comma 4, dispone infatti che, dalla data di entrata in vigore del provvedimento, nelle aree agricole saranno agevolati solo gli impianti a terra fino a 1 MW e “nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario”, gli impianti dovranno essere collocati a una distanza non inferiore ai 2 km. Inoltre per potere usufruire delle agevolazioni non deve essere destinato “all’installazione degli impianti più del 10% della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente”. Tali limitazioni, tuttavia, non si applicano ai terreni abbandonati da almeno cinque anni.
 
Un’ulteriore novità riguarda il sistema incentivante dei certificati verdi per il quale, viene prevista una riduzione del 22% (non più del 30%) del prezzo di ritiro dei CV in eccesso per gli anni dal 2011 al 2015.
 
Infine si evidenzia che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, saranno definiti con decreto ministeriale gli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento dei target.
 
 
 
 
 
 


[1] Art. 10
(Requisiti e specifiche tecniche)  1. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili accedono agli incentivi statali a condizione che rispettino i requisiti e le specifiche tecniche di cui all’allegato 2. Sono fatte salve le diverse decorrenze indicate nel medesimo allegato 2.  Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente con frequenza almeno biennale, UNI e CEI trasmettono al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una rassegna della vigente normativa tecnica europea, tra cui i marchi di qualità ecologica, le etichette energetiche e gli altri sistemi di riferimento tecnico creati da organismi europei di normalizzazione, applicabili ai componenti, agli impianti e ai sistemi che utilizzano fonti rinnovabili. La rassegna include informazioni sulle norme tecniche in elaborazione. 3. Sulla base della documentazione di cui al comma 2, l’allegato 2 è periodicamente aggiornato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La decorrenza dell’efficacia del decreto è stabilita tenendo conto dei tempi necessari all’adeguamento alle norme tecniche con riguardo alle diverse taglie di impianto e non può essere fissata prima di un anno dalla sua pubblicazione. 4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli incentivi statali è consentito a condizione che, in aggiunta ai requisiti previsti dall’allegato 2: a) la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MW e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.

 

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AIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010

A cura di avv. Cinzia Silvestri


In BUR n. 93 del 14.12.2010 la Regione del Veneto ha pubblicato la DGRV 2794 del 23.11.2010 contenente indicazioni sui controlli preventiviche la Provincia deve svolgere prima del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, coadiuvata dall’ARPAV ex art. 5 bis commi 7 e 8 LR 14.4.1985, n. 33 e s.m.i.
 
La DGRV risponde alla necessità di stabilire procedure e criteri uniformi al fine di permettere il controllo preventivo.
Importante la distinzione relativa alla fase della approvazione del progetto e alla autorizzazione provvisoria all’esercizio e la successiva fase della autorizzazione definitiva
Trattasi di una verifica pressoché documentale, dato anche il disposto dell’art. 25  L.R. 3/2000 e ss.m.i.[1], che permette la realizzazione dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio immediatamente dopo l’approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero e ciò fino al rilascio o al diniego dell’autorizzazione definitiva all’esercizio (art. 25 comma 2 L.R. 3/00).
La Legge Regionale 3/00 impone però anche il successivo positivo collaudo funzionale dell’impianto con la precisazione che le opere relative agli impianti di stoccaggio e le discariche devono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto medesimo, ancorché provvisorio.
 
Sussistono, quindi, due fasi tra loro distinte:
1)     da un lato la deliberazione della Giunta volta ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica, il parere di compatibilità ambientale, la Vinca e l’AIA;
2)     dall’altro l’esercizio definitivo dell’impianto, che segue il provvedimento a firma del Segretario regionale all’Ambiente.
 
Quanto all’esercizio provvisorio[2], la Giunta ha così deliberato:
1)    il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto e funge da AIA provvisoria in attesa del provvedimento definitivo se il privato dimostra alla Regione, alla Provincia ed all’ARPAV di aver prestato le garanzie finanziarie di cui all’art. 208 comma 11 lett. g) TUA e deposita la documentazione successiva al controllo effettuato dopo l’attivazione del PMC ed eventualmente gli esiti delle verifiche operate dall’ARPAV laddove rilevanti;
2)    salvi i casi in cui il rilascio dell’AIA sia contestuale al procedimento che legittima la realizzazione dell’intervento, previo favorevole giudizio di compatibilità ambientale, l’esercizio ordinario dell’impianto è subordinato ad uno specifico atto autorizzativo rilasciato previa analisi della documentazione di cui al punto 1 ed in base agli esiti dei controlli preventivi espletati dalla Provincia con l’ausilio dell’ARPAV (che dovranno essere inviati all’Autorità competente entro 60 gg dal ricevimento del collaudo funzionale degli impianti7discariche di gestione dei rifiuti).
3)    L’AIA provvisoria rimane efficace fino al rilascio dell’AIA definitiva.
4)    Fatti salvi gli impianti già in possesso di AIA all’esercizio ordinario, le procedure sopra indicate si applicano anche agli impianti di trattamento di rifiuti, agli stoccaggi di rifiuti ed alle discariche già in possesso del provvedimento AIA ma non ancora abilitate all’esercizio ordinario i cui provvedimenti autorizzativi rilasciati, ove difformi, devono intendersi modificati dalla DGRV 2794/2010.
5)    Tali procedure si applicano altresì agli impianti già in  possesso di AIA all’esercizio ordinario, che nel frattempo abbiano già conseguito il giudizio di compatibilità ambientale favorevole e per le quali risulti altresì favorevole il parere al rilascio dell’AIA alla realizzazione.
 


[1] Art. 25 – Realizzazione dell’impianto, esercizio provvisorio e collaudo funzionale.
1. Gli impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, di cui all’articolo 22, sono soggetti a collaudo funzionale.
2. Il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto ed al suo esercizio provvisorio fino al rilascio o diniego dell’autorizzazione all’esercizio prevista dall’articolo 26.
3. L’avvio dell’impianto, e l’esercizio provvisorio dello stesso, è preceduto dall’invio al Presidente della provincia da parte del proponente di una comunicazione, recante in allegato una dichiarazione scritta del direttore dei lavori attestante l’ultimazione delle opere in conformità al progetto approvato, dalla quale risulti:
a) la data di avvio dell’impianto;
b) il nominativo del tecnico responsabile della gestione dell’impianto stesso.
4. Alla comunicazione di cui al comma 3 deve essere allegata la documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 26, comma 9.
5. Entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio dell’impianto, salvo proroga accordata su motivata istanza dell’interessato, deve essere presentato al Presidente della provincia, in allegato alla richiesta di autorizzazione all’esercizio, il certificato di collaudo funzionale.
6. In deroga a quanto previsto ai commi 3 e 5, le opere relative agli impianti di stoccaggio, anche annessi ad attività di recupero o smaltimento, e le discariche debbono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto e del suo esercizio provvisorio. Il relativo certificato di collaudo è trasmesso unitamente alla dichiarazione di ultimazione delle opere di cui al comma 3 del presente articolo.
7. Il provvedimento di approvazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, diversi da quelli di cui al comma 6, può comunque prevedere, per alcune componenti, che il collaudo funzionale preceda l’avvio dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio.
8. In sede di collaudo devono, tra l’altro, essere attestati, in funzione anche della tipologia di impianto:
a) la conformità dell’impianto realizzato con il progetto a suo tempo approvato;
b) la funzionalità dei sistemi di stoccaggio e dei processi di smaltimento o di recupero in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti da smaltire o da recuperare;
c) la funzionalità dei sistemi di allarme e di sicurezza;
d) l’idoneità delle singole opere civili ed elettromeccaniche dell’impianto a conseguire i rispettivi risultati funzionali;
e) il regolare funzionamento dell’impianto nel suo complesso a regime di minima e di massima potenzialità;
f) l’idoneità dell’impianto a garantire il rispetto dei limiti di legge ovvero di quelli prescritti come condizione nel provvedimento di approvazione;
g) l’esecuzione di campionamenti ed analisi sui rifiuti da smaltire o da recuperare, sui rifiuti prodotti, sui materiali recuperati, sulle emissioni e sugli scarichi, con specificazione dei valori, misurati all’atto del prelievo, delle variabili e dei parametri operativi
9. Per le discariche deve essere effettuato un ulteriore collaudo funzionale, successivo alla chiusura dell’impianto, finalizzato ad attestare l’avvenuta ultimazione e la funzionalità delle opere previste nel progetto approvato per la ricomposizione finale dell’area
 
[2] Il testo della DGRV 2794/2010 è reperibile in www.regione.veneto.it

 

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Energia (1): Direttiva 2009/28/CE sulle fonti rinnovabili

Approvazione preliminare schema di decreto
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il Consiglio dei Ministri del 30 novembre 2010 ha approvato in via preliminare uno schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE relativa alla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

Il provvedimento recepisce all’articolo 3 gli obiettivi imposti a livello europeo al nostro Paese  consistenti nel raggiungimento al 2020 di una quota del:
–   17% di energia da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo di energia in quell’anno;
–        10 % di energia da fonti rinnovabili impiegate nel settore dei trasporti rispetto al consumo totale del settore[1] al 2020.
Considerata la complessità del provvedimento si riporta di seguito un’analisi sintetica differenziata per macro tematiche.
REGIMI DI SOSTEGNO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI (art. 22)
Il provvedimento prevede l’entrata in vigore – a partire dal 1° gennaio 2013 – di nuovi sistemi incentivanti per sostenere la produzione di energiaelettrica da fonte rinnovabile differenziati a secondo delle dimensioni e della tipologia di impianto:
Þ    sistema della tariffa incentivante (feed-in premium) per gli impianti di potenza inferiore a 5 MegaWatt elettrici compresi quelli alimentati da biogas, biomasse, bioliquidi sostenibili e centrali ibride di qualsiasi potenza (art. 22 comma 3);
Þ    incentivo su base d’asta al ribasso per l’gli impianti con potenza superiore a 5 MegaWatt elettrici.
Lo schema di provvedimento riporta i criteri applicativi generali rimandando alla stesura, entro un anno dall’approvazione del presente provvedimento, di un apposito decreto ministeriale per la definizione dei valori degli incentivi, dei rispettivi aggiornamenti, delle procedure e delle modalità di transizione dal vecchio al nuovo meccanismo incentivante. I nuovi criteri incentivanti varranno per gli impianti che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012.
Al riguardo si riporta un approfondimento sulle previsioni legislative contenute nel provvedimento volte a disciplinare il passaggio dai meccanismi vigenti a quelli previsti dallo schema di recepimento della Direttiva europea in riferimento ai certificati verdi e alla tariffa omnicomprensiva.
Certificati Verdi
Viene gradualmente reso inefficace il sistema dei certificati verdi. Tale sistema si regge infatti sull’obbligo in capo ai produttori e importatori da fonte non rinnovabili di immettere energia pulita in rete o di acquistare i relativi diritti da produttori da fonti rinnovabili. L’obbligo, commisurato percentualmente all’energia immessa, viene ridotto gradualmente per il periodo 2013-2014 per poi annullarsi al 2015. Lo schema di D.Lgs prevede comunque il ritiro da parte del GSE di tutti i certificati emessi nel periodo 2011-2015 che risulteranno in eccesso sul mercato. Il prezzo di ritiro dei predetti certificati sarà però ridotto ad un valore del 70% rispetto a quello attualmente previsto dall’articolo 2, comma 148 della L. 244/2007.
Tariffa fissa Omnicomprensiva
Il sistema incentivante della tariffa fissa omnicomprensiva introdotto dall’articolo 2 comma 145 della L. 244/2007 resta in vigore – con le tariffe stabilite dalla Tabella 3 della stessa legge – per tutti gli impianti che entreranno in esercizio entro il 31 dicembre 2012. Tali tariffe sono riconosciute in ogni caso per un periodo di 15 anni. 


[1] Benzina, diesel, biocarburanti, elettricità

 

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