Sicurezza: infortunio sul lavoro e responsabilità direttore

Corte di Cassazione Sentenza 3 febbraio 2011, n. 4106
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Precisare le responsabilità in caso di infortunio sul lavoro non è semplice tanto più in aziende di grandi dimensioni.
La sentenza in esame evidenzia proprio questa difficoltà laddove la corretta valutazione della responsabilità ha dovuto attraversare tre gradi di giudizio.
Merito della sentenza è la valutazione della posizione sostanziale di ogni figura rispetto agli obblighi di prevenzione.
Laddove esista figura destinata al controllo e direzione di un certo settore, anche nella gestione dei lavoratori e del lavoro , pur non essendo RSPP , esiste un obbligo diretto a provvedere alla sicurezza laddove, si intende, esista, quantomeno, un budget di intervento, un certo potere decisionale.
La sentenza elude la questione della delega aziendale e ne prescinde in quanto ritiene che esista un obbligo diretto, e non delegato dal datore di lavoro.
Laddove, infatti, al fine della sicurezza dei lavoratori l’intervento anche economico (come l’acquisto di una scaletta) rientri nel budget del direttore assegnato alla filiale questi è tenuto, per proprio dovere e nell’ambito dei suioi poteri, ad intervenire a tutela della sicurezza.
La responsabilità non può dunque essere imputata al datore di lavoro, in quanto tale, solo perchè non è stata provata la esistenza di una delega o perchè non era stato nominato RSPP.
La sentenza della Cassazione, dunque, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità ed onera invece il direttore di filiale per non essere intervenuto all’acquisto della scaletta nell’ambito del suo potere di spesa e decisionale.
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In particolare:
Veniva condannato con sentenza del Tribunale alla pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni colpose in seguito ad infortunio sul lavoro in quanto responsabile di avere omesso, in qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta, “…di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate, in particolare una scala pedana di dimensione e conformazione tali da realizzare un posto di lavoro stabile e sicuro per eseguire le attività inerenti la manutenzione della pressa a iniezione, sita nello stabilimento della sopra indicata impresa.”
In particolare descrive la sentenza del Tribunale : “…Il lavoratore addetto alla pressa nello stabilimento della ditta, nell’ispezionare l’interno della tramoggia, annessa alla pressa a iniezione, in mancanza di supporto adeguato, perdeva l’equilibrio e, nel tentativo di proteggersi, si agganciava al bordo tagliente della tramoggia con la mano destra, riportando ferita lacero contusa al terzo dito della mano destra con lesioni tendinee al flessore profondo con prognosi di 81 giorni ed invalidità permanente pari al 3%….”.
Veniva proprosto appello alla Corte di Trieste che però confermava la sentenza del Tribunale.
Seguiva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione.
Affermava il ricorrente di essere legale rappresentante di una società che opera in sette stabilimenti dislocati in due regioni (Friuli Venezia Giulia e Veneto), che occupa oltre 600 dipendenti e che ha un fatturato annuo di circa 140 milioni di euro e che nello stabilimento nel quale si è verificato l’infortunio c’era un direttore, il quale aveva poteri ed autonomia di spesa almeno fino a 5000 euro, senza alcuna necessità di preventiva autorizzazione, il quale per delega disponeva le manutenzioni necessarie. Nella fattispecie il ruolo di “datore di lavoro” era soltanto del ricorrente (che è già stato condannato), nè il ricorrente poteva condividere l’assunto della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata necessaria la prova rigorosa ed esaustiva dell’esistenza di una delega anche non scritta, in quanto tale asserzione poteva riferirsi solo all’insussistenza di una valida delega di tipo generale per coprire ogni tipo di deficienza nelle attrezzature messe a disposizione del lavoratore.
Non poteva invece ritenersi necessaria la prova rigorosa della delega per affermare la responsabilità esclusiva del direttore di stabilimento per tutti quegli infortuni che dipendevano o da carenze nelle modalità operative o da inidoneità di attrezzature alle quali egli doveva e poteva porre rimedio in quanto la spesa necessaria rientrava nei limiti della sua autonomia, come appunto nel caso che ci occupa.
La Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del ricorrente (datore di lavoro) principalmente sulla base dei seguenti argomenti:

  1. il mancato accertamento dell’esistenza di una delega scritta e dell’esistenza di una delega ancorchè non scritta;
  2. la mancata nomina di un responsabile della sicurezza;
  3. la circostanza che il direttore dello stabilimento non poteva essere considerato “datore di lavoro”, dal momento che aveva un potere di spesa limitato solo alle situazioni di emergenza, come poteva desumersi dalle affermazioni del teste (.

Dalla istruttoria processuale risultava altresì che il direttore aveva poteri legati all’emergenza, ed anche il potere di far fronte alle spese di modesta entità, avendo a tale scopo una disponibilità di cassa di circa 1000,00 euro ; l’intervento sulla scala messa a disposizione del lavoratore comportava peraltro una spesa di circa 500,00 euro; spesa dunque che poteva rientrare nella disponibilità del direttore.
Secondo la Cassazione invece non risulta pertanto necessaria la prova rigorosa della sussistenza di una delega al direttore dello stabilimento.
Il Dlgs n. 626 del 1994, articolo 2, lettera b), 1 periodo, così come modificato dal Dlgs n. 242 del 1996, considera datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore”comunque “il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita dalla lettera i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa”.
Con l’avverbio “comunque” il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale.
Conclude la Cassazione: “ ….Quindi, ……nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l’effettivo potere di organizzazione dell’azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest’ultimo che dovranno attribuirsi le connesseresponsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, pertanto, (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 49819 del 5 dicembre 2003) il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale. E evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
Pertanto, nella fattispecie di cui è processo, il direttore dello stabilimento , rientrando l’intervento sulla scala nel suo potere di spesa e nell’autonomia di cui disponeva, era autonomamente onerato a titolo originario e non già per delega del legale rappresentante della Spa”.
 

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Focus Sicurezza: RSPP

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 
E’ utile a volte richiamare alla memoria ciò che ci sembra già di conoscere.
 
Il «responsabile del servizio di prevenzione e protezione» è la persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali indicati dall’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
L’ «addetto al servizio di prevenzione e protezione» è invece la persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32, facente parte del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.



Servizio di prevenzione e protezione

Servizio di prevenzione e protezione (art. 31)
 
commi 1 e 2 riprendono sostanzialmente le previsioni già presenti nel D.Lgs 626/94 e, in particolare, i requisiti degli addetti e del responsabile del SPP introdotti con il D.Lgs n. 195/2003, con la novità rappresentata dalla possibilità che il Servizio esterno può ora essere costituito anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici. Inoltre, relativamente all’ipotesi di costituzione di un SPP interno,  non viene ripetuto l’inciso “da lui dipendenti”,  contenuto nell’art. 8, comma 2, del  D.Lgs 626/94, con la conseguenza che le persone designate per l’espletamento dei compiti di addetto o responsabile del servizio  non devono essere necessariamente lavoratori subordinati. L’obbligo di consultazione del RLS, nel caso previsto dal comma 4 in cui si debba ricorrere a persone o servizi esterni in assenza, all’interno, di persone in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 32, è ora inserito nell’art. 50, comma 1, lett. c). Non trova conferma e risulta pertanto venuto meno, per il  datore di lavoro, l’obbligo, in precedenza previsto dall’art 8, comma 11, del D.Lgs 626/94, di comunicare al servizio ispezione del lavoro e alle unità sanitarie locali il nominativo del RSPP. Nel comma 6 – relativo alle ipotesi (in precedenza disciplinate dall’art. 8, comma 5) in cui è obbligatoria l’istituzione del SPP all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva – il termine “dipendenti” risulta sostituito dal termine “lavoratori”, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della dimensione aziendale menzionata nei punti e), f) e g), vanno computati anche i soggetti occupati con rapporto diverso dal lavoro subordinato. Il successivo comma 7 dispone che, nelle ipotesi  di cui al precedente comma 6, il Responsabile del SPP deve essere interno. Ne discende che, stante la previsione del precedente comma 4, ove l’azienda non disponga al proprio interno di un soggetto in possesso di capacità adeguate, se ne dovrà dotare, integrando il proprio organico. Vista la definizione ampia di lavoratore, è da ritenere che l’impresa possa ricorrere ad una qualsiasi forma contrattuale. Infine, trova conferma nel comma 8 la possibilità di istituire un unico SPP nelle aziende con più unità produttive e nei casi di gruppi di imprese.

Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni (art. 32)

Il comma 2 introduce requisiti ulteriori per il responsabile del SPP e richiama i contenuti indicati dall’accordo Stato-regioni del 26 gennaio 2006, attuativo del comma 2 dell’art. 8 bis del  D.Lgs 626/94. Da notare i riferimenti a specifici corsi di formazione in materia di protezione dei rischi di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all’art. 2. Quest’ultima previsione consegue allo specifico inserimento, tra i rischi da valutare, di quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. Il comma 3 fa espressamente salva la previsione dell’art. 3 del D.Lgs n. 195/2003 relativo alla abilitazione alle  funzioni di responsabile o addetto di coloro che, pur essendo privi del titolo di studio richiesto, dimostrino di aver svolto le stesse funzioni, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003. L’esercizio della funzione di RSPP viene tuttavia condizionato alla previa frequenza di uno dei corsi previsti dall’accordo Stato regioni richiamato al comma 2. Il comma 7 dispone la registrazione dello svolgimento delle attività di formazione da parte dei componenti del servizio interno, nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 276/2003. Si tratta di una disposizione innovativa, finalizzata a dare evidenza, nel curriculum professionale e formativo del lavoratore, della frequenza dei corsi in materia di protezione e prevenzione.
 
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 34)
 
Il  comma 1 conferma la possibilità che, nelle ipotesi previste nell’allegato 2 , il datore di lavoro possa svolgere, insieme ai compiti propri del SPP, di prevenzione incendi e di evacuazione, anche le funzioni di primo soccorso. Il comma 2 pone a carico del datore di lavoro che intende svolgere personalmente le funzioni indicate nel comma 1, l’obbligo di  frequentare appositi corsi di formazione di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore. Per il contenuto della formazione si fa rinvio ad un accordo della Conferenza Stato-regioni che dovrà intervenire entro un anno dall’entrata in vigore del TU. Durante tale periodo, conserva validità la formazione conseguita attraverso la frequenza dei corsi, ai sensi dell’articolo 3 del DM 16 gennaio 1997. La stessa disposizione non conferma e deve, pertanto, ritenersi venuto meno l’obbligo per il datore di lavoro interessato  di provvedere alle comunicazioni, in precedenza previste dall’art. 10, comma 2, del D.Lgs 626/94, nei confronti dell’organo di vigilanza.   Infine, il comma 3 pone a carico dello stesso datore di lavoro interessato un nuovo obbligo di frequenza di corsi di aggiornamento. Si tratta di una previsione di portata generale riferibile  anche ai datori di lavoro che hanno frequentato i corsi previsti dal DM 16 gennaio 1997, nonché a quelli che, sia pure fino al 31 dicembre 1996, erano esonerati a norma dell’art. 95 del  D.Lgs 626/94.
 
Con il decreto 106 viene introdotto un comma aggiuntivo che prevede nelle aziende o unità produttive sino a 5 lavoratori la possibilità per il datore di lavoro di svolgere direttamente i compiti di primo soccorso e prevenzione incendi anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia affidato l’incarico di RSPP a persone interne o a servizi esterni, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
 
Il tal caso il datore di lavoro dovrà frequentare gli specifici corsi di formazione di pronto soccorso e prevenzione incendi.
 

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Sicurezza: il rischio elettivo esclude la responsabilità del datore di lavoro

Note a Cass. Lavoro n. 10734/2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Una guardia giurata si allontanava dal proprio posto di lavoro, seppur rimanendo nei pressi, per parlare con un collega al quale accidentalmente cadeva l’arma da fuoco a terra e lo feriva ad un braccio.
La guardia giurata conveniva in giudizio la società datrice di lavoro per vederla condannare al risarcimento dei danni per un infortunio accaduto in occasione del lavoro prestato.
La guardia giurata percorreva i due gradi di giudizio in quanto la domanda veniva rigettata atteso che i giudici escludevano che l’infortunio fosse connesso all’attività lavorativa. La guardia proponeva ricorso per cassazione.
 
La sentenza della Cassazione conferma i due gradi di giudizio e precisa: “Non era dunque ravvisabile né una causa, né una occasione di lavoro, dal momento che la condotta posta in essere… si era concretizzata nel fatto che, per ragioni del tutto estranee al servizio aveva lasciato la propria postazione di lavoro, soffermandosi a discutere con altra guardia giurata, determinando così il venir meno di qual vincolo di occasione lavorativa, che costituisce condizione imprescindibile per la responsabilità datoriale, si da configurare un rischio elettivo…”
 
Il rischio elettivo, consiste in una deviazione dalla attività lavorativa, volontaria, tesa a finalità personali e non riconducibili alla mansione resa e dalle normali modalità lavorative; il rischio elettivo esclude il nesso con l’attività lavorativa.
Il datore non è responsabile dell’infortunio al dipendente che si sia allontanato dalla propria postazione di lavoro.
La Cassazione cita altra sentenza come precedente ovvero la Cass. 4.7.2007 n. 15047 secondo cui “…in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, aggiungendo al riguardo che tale genere di rischio – in grado di incidere, escludendola, sull’occasione di lavoro – si connota per il simultaneo concorso di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive, della direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali ed infine, della mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa)..”.


 

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Sicurezza: lesioni personali colpose ex art. 590 co. 1,2 c.p.

Note a Cassazione penale n. 19555/2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri

Prevale la responsabilità del datore di lavoro anche se l’infortunio sia causato per colpa del lavoratore. 
Nel caso in esame un operaio, esperto, per evitare che uno dei pezzi allineato alla macchina rettificatrice cadesse, appoggiava la mano sinistra sulla lama della macchina rettificatrice, procurandosi delle lesioni.Il responsabile della gestione aziendale, nonché componente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa, veniva condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di lesioni personali colpose (art. 590, commi 1, 2 e 3, c.p.): il dirigente non aveva né adeguato la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche predisponendo idonee misure di protezione nè richiesto ai propri dipendenti l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
In particolare precisa la sentenza: “….il cui funzionamento non aveva provveduto ad arrestare allorché aveva allungato la stessa mano nel tentativo di fermare la caduta a terra di uno dei pezzi che aveva allineato sulla macchina. L’infortunio si era verificato in (omissis), per la colpa generica in cui versava l’imputato nonché per la colpa specifica, avendo questi omesso di adeguare la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche sopravvenute nei tempo, con idonee protezioni e con i presidi tecnici (essendo la stessa dotata unicamente di una cuffia) a tutela della sicurezza e della incolumità dei lavoratori dipendenti ed avendo altresì omesso di richiedere agli stessi l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza; ciò quindi in violazione dell’art. 2087 cod. civ. e dell’art. 35, commi 1 e 72 D.l.vo n. 626 dei 1994….”
L’omesso controllo del datore di lavoro e la macchina obsoleta determinano la sua responsbailità: “…Il fatto che alla produzione dell’evento avesse concorso la parte offesa, con condotta imprudente, per aver fatto verosimilmente eccessivo affidamento sulla pregressa esperienza e sulla reiterazione delle stesse operazioni, ovviamente non solo non vale ad escludere la responsabilità dell’imputato, in veste di datore di lavoro, ma tantomeno potrebbe condurre ad “escludere” la sussistenza dell’aggravante – contestata – del fatto commesso con violazione della disciplina antinfortunistica ed in particolare dell’art. 35, comma 1 D.l.vo n. 626 del 1994, come legittimamente ritenuto dalla Corte distrettuale. Era invero rimasto accertato, come rimarcato dalla sentenza impugnata, che l’infortunio si era verificato perché la macchina rettificatrice – già obsoleta all’epoca dei fatto – non era stata adeguata, per omissione del P., agli specifici congegni di sicurezza, individuati dai progredire della tecnica (ovvero gli “scudi di sicurezza” come precisato dal tecnico dell’A.S.L.) tali da bloccarne il funzionamento in difetto di espresso consenso all’apertura, elettricamente azionabile dall’operatore.



 

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RIFIUTI: SOTTOPRODOTTI -VINACCE ESAUSTE

Tribunale penale di Asti Ordinanza  13 gennaio 2011

A cura di avvocato Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
 
La vicenda trattata dal Tribunale presenta interesse laddove affronta la questione relativa a ciò che è rifiuto e a ciò che non lo è; affronta la questione relativa dunque al “sottoprodotto”.
 
La L. n. 205/2008 art. 2bis[1], che si riporta, aveva escluso le vinacce esauste dal novero dei rifiuti laddove esistenti alcune caratteristiche e si badi finalizzata, tale esclusione, al recupero energetico.
La legge 205/2008 invero richiama l’allegato della parte V  relativa alle “caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo”.
 
 
Ebbene il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Asti ha sollevato questione di legittimità costituzionale con ordinanza 13.1.2011 in relazione alle vinacce esauste la cui disciplina, dettata dall’art. 2 bis della L. 30.12.2008 n. 205, contrasterebbe con la Direttiva sui rifiuti 2006/12/CE.
 
Certo il Giudice richiama normativa nazionale (L. 205/2008) e comunitaria (Direttiva 2006/12) che ad oggi deve essere letta alla luce della L. 205/2010 di riforma della parte IV del codice ambientale e dunque degli articoli come riformati di cui art. 183 ss e in particolare dell’art. 184 bis nonché della Direttiva 2008/98/CE.
 
Ciò nonostante il ragionamento del Giudice presenta una sua attualità laddove richiama un principio importante: la natura di sottoprodotto deve essere sempre verificata.
 
L’incidente di costituzionalità trae origine dalla richiesta del Pubblico Ministero che, nella formulazione del capo di imputazione del titolare di una distilleria, aveva richiesto anche la condanna ai sensi dell’art. 256 comma 1 lett. a) in relazione all’art. 214 D. Lgs. 152/2006 dato il recupero energetico dei rifiuti prodotti dalla attività di distillazione costituiti da vinacce esauste in assenza di iscrizione nel registro provinciale delle imprese di recupero rifiuti non pericolosi.
Ebbene, il Tribunale prendeva atto che  le vinacce costituivano, infatti, sottoprodotti ai sensi dell’art. 2 bis L. 205/2008, non rientrando più tra i rifiuti derivati dall’industria agroalimentare ai sensi del DM 5.2.1998 ( cfr. all.1 sub1 punto 11.7 e all. 2 suball.1).
In quanto non rifiuti, l’uso improprio delle vinacce non costituisce reato ai sensi dell’art. 256 D. Lgs. 152/2006.
 
Il PM tuttavia rilevava che la L. 205/2008 stabilisce una presunzione assoluta, non permettendo di verificare nel concreto l’impiego effettivo delle vinacce e ciò sarebbe contrario alla ratio della Direttiva 2006/12/CE, che fa leva, invece, anche su elementi estrinseci e sui comportamenti dei soggetti produttori ed utilizzatori, non limitandosi alla sola natura del materiale (es: sfruttamento economico, rendita, operazioni di recupero).
così operando la normativa del 2008 ha creato un’ingiustificata riduzione della sfera di operatività della direttiva sui rifiuti che l’Italia è invece obbligata a trasporre mediante apposite norme interne” (ordinanza GIP)
 
Il Giudice nazionale non può disapplicare la disposizione italiana contrastante, preferendo la direttiva comunitaria, e dunque, qualora la ritenga in conflitto con la disciplina europea, unico rimedio, è investire la Corte Costituzionale della questione (sentenza Corte Costituzionale 25.1.2010, n. 28).
Sulla scorta delle argomentazioni del PM il GIP del Tribunale di Asti ha ritenuto non manifestamente infondata e rilevante la questione e ha adito la Consulta perché l’art.2bis L. 205/2008  viola l’art. 11 e 117 comma 1 Cost.
La Corte costituzionale dunque è chiamata a statuire sulla legittimità della L. 205/2008 laddove precisa la natura di sottoprodotto delle vinacce esauste.
Si rimane in attesa della pronuncia del Giudice delle leggi.


[1] “Art. 2bis.
Disposizioni in materia di biomasse combustibili relative alla vinaccia esausta ed al biogas nei processi di distillazione
 
1. Le vinacce vergini nonche’ le vinacce esauste ed i loro componenti, bucce, vinaccioli e raspi, derivanti dai processi di vinificazione e di distillazione, che subiscono esclusivamente trattamenti di tipo meccanico fisico, compreso il lavaggio con acqua o l’essiccazione, destinati alla combustione nel medesimo ciclo produttivo sono da considerare sottoprodotti soggetti alla disciplina di cui alla sezione 4 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. E’ sottoprodotto della distillazione anche il biogas derivante da processi anaerobici di depurazione delle borlande della distillazione destinato alla combustione nel medesimo ciclo produttivo, ai sensi della sezione 6 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del citato decreto legislativo n. 152 del 2006».

 

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Sistri: TAR Lazio n. 3962/2011

Contratto di appalto “software”

A cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Alcune società informatiche avevano impugnato, con ricorso al TAR Lazio, il contratto di appalto con cui il Ministero ha affidato la fornitura del programma software nonché delle apparecchiature hardware e dei dispositivi USB e della  black box, che verranno utilizzati nel sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nonché del relativo servizio di gestione e assistenza tecnica.
Le società chiedevano l’annullamento del contratto in quanto affidato in carenza di quasivoglia procedura selettiva ad evidenza pubblica.
 
La sentenza del TAR poteva portare conseguenze importanti sull’intera procedura di attuazione del Sistri.
Ebbene le parti (ministero e società informatiche) hanno preferito evitare la decisione del TAR e con opportuna transazione hanno posto fine alla questione e dunque al contenzioso.
Il TAR, dunque, a fronte della transazione intervenuta tra le parti ha dichiarato che è venuto meno per le partil’interesse alla impugnazione e dunque dichiarato improcedibile il gravame.
 
Dunque, il Sistri procede la via dell’attuazione, senza più ostacoli, e con l’aggiudicataria inziale.
 

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Acque – Regione veneto: FITOSANITARI

DGRV n. 425/2011
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
La Regione veneto con il Piano di Tutela delle Acque (PTA) ha individuato le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari:
 
“Art. 14 – Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
1. Quale prima designazione, le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari coincidono con le zone vulnerabili di alta pianura – zona di ricarica degli acquiferi – di cui al comma 1 lettera c) dell’articolo 13.
2. La Giunta regionale predispone programmi di controllo per garantire il rispetto delle
limitazioni o esclusioni d’impiego dei prodotti fitosanitari.
3. La Giunta regionale può rivedere e aggiornare la designazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.”
 
 
La delibera precisa che con il PTA, ovvero con l’art. 14 sopra citato, la Regione ha provveduto ad individuare le aree divulnerabilità intrinseca sulle quali operare i necessari approfondimenti al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica.
 
La delibera precisa, dunque, il concetto di “vulnerabilità specifica” che porta alla individuazione delle zone nell’ambito delle quali devono essere adottate le misure di tutela e limitazioni o esclusioni di impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili ai prodotti fitosanitari.
 
Ebbene, al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica,  la Giunta della Regione Veneto ha deliberato, con DGRV  n. 425 del 12.4.2011 in BUR 32 del 3.5.2011,  di aver dato atto all’art. 93 D. Lgs. 152/06 con l’individuazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari di cui all’art. 14 NTA del Piano di Tutela delle Acque (DCRV 107/2009) e che con successivo provvedimento approverà il programma di massima per individuare modalità, limiti e restrizioni dell’impiego di fitosanitari nel territorio.
 
Con DGRV 2070 del 3.8.2010 era stato costituito un Gruppo di lavoro di tecnici ed esperti per l’individuazione delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impianti dell’utilizzo di prodotti fitosanitari.
 
Il lavoro era però stato sospeso perché la Commissione Consultiva Nazionale  aveva stabilito che i fitosanitari non si dovessero impiegare “su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80% e, comunque, nelle aree vulnerabili identificate ai sensi dell’art. 93 del D. Lgs 152/2006”: la Commissione, dunque, poneva un divieto assoluto di impiego di fitosanitari nelle aree riconosciute vulnerabili, a differenza del monito cautelare imposto dalla Direttiva 2003/82/CE.
 
Il Ministero della Salute, con nota del 4.3.2011 ha chiarito, in risposta alla nota del Presidente della Giunta del Veneto del 18.2.2011 prot. 83180, che le Regioni, “utilizzando le informazioni disponibili sulle caratteristiche del proprio territorio, con riferimento specifico alla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, alla capacità di attenuazione del suolo e alle proprietà chemiodinamiche dei prodotti stessi” sono le uniche tenute ad individuare le zone sensibili.
Continua il Dicastero precisando che “Tali informazioni dovrebbero consentire di pianificare l’impiego dei prodotti a livello locale e precisare, rispetto all’indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni di impiego”.


 

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Sistri: Testo Unico?

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 aprile 2011  il DM 18 febbraio 2001 n. 5[1]2
 
A CURA DI AVV. CINZIA SILVESTRI E DOTT. DARIO GIARDI
 
Il provvedimento riunifica in un solo testo tutti i cinque decreti finora emanati sul Sistri che, dal prossimo 11 maggio (data di entrata in vigore del cosidetto “Testo Unico”), cesseranno di produrre effetti.
Resteranno salve, tuttavia, le proroghe intervenute per:
o   l’avvio operativo del sistema fissato al 1 giugno 2011;
o   la trasmissione dei dati di quanto prodotto e smaltito o recuperato nel 2010  e nel 2011 (da effettuarsi rispettivamente entro il 30 aprile ed il 31 dicembre 2011).
 
Il Dm non incide nella sostanza sul Quadro esistente relativo al nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti. Vengono, tuttavia, introdotte importanti modifiche che è opportuno evidenziare:
 

  • VERSAMENTO CONTRIBUTO
  • viene DIFFERITO dal 31 gennaio al 30 aprile il temine entro il quale è possibile versare il contributo annuo. Si tratta di un vero e proprio mutamento della disciplina di base. Infatti, il 30 aprile rappresenterà il nuovo termine per i versamenti da effettuare anche in futuro. Per il 2011 è evidente il disallineamento temporale tra il pagamento entro il 30 aprile e l’entrata in vigore del Dm (11 maggio). Tale disallineamento non genererà però conseguenze dato che il quadro sanzionatorio entrerà in vigore a partire dal 1 giugno 2011;

 

  • TRASPORTATORI IN CONTO TERZI
  • è prevista la possibilità per i trasportatori in conto terzi (articolo 212, comma 5, Dlgs 152/2006) di dotarsi del dispositivo Usb (la chiavetta) relativo alla sola sede legale oppure, in alternativa, di un’ulteriore chiavetta per ciascuna unità locale. In questo secondo caso, il contributo va versato per ogni unità locale dotata di chiavetta. Resta fermo l’obbligo di pagare il contributo annuale e di dotarsi di una chiavetta per ogni veicolo a motore adibito al trasporto di rifiuti;

 

  • MICRORACCOLTA
  • viene confermata – per la microraccolta ed estesa alle attività di raccolta dei rifiuti prodotti da attività di manutenzione (purché i rifiuti siano trasportati direttamente all’impianto di recupero o smaltimento da parte del soggetto che ha effettuato la manutenzione) – la possibilità per il trasportatore che intende movimentare rifiuti pericolosi di non dover accedere necessariamente almeno due ore prima al sistema per la compilazione della scheda Sistri Area movimentazione. L’importante è che tale scheda venga compilata prima della movimentazione medesima;

 

  • TRASPORTO MARITTIMO
  • per il trasporto marittimo dei rifiuti è previsto che l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto, possano delegare gli adempimenti Sistri al raccomandatario marittimo di cui alla legge 135/77. In tal caso, il raccomandatario consegna al comandante della nave la copia compilata della scheda Sistri – Area movimentazione. All’arrivo, il comandante consegna la copia della scheda al raccomandatario rappresentante l’armatore o il noleggiatore presso il porto di destino;

 

  • RIFIUTI PERICOLOSI
  • per i produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa è prevista la possibilità di adempiere all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie della scheda Sistri Area movimentazione, relative ai rifiuti prodotti.

Restano soggetti al registro di carico e scarico i produttori di rifiuti non pericolosi non obbligati ad iscriversi al Sistri.
 
 
Si informa, inoltre, che sul sito www.sistri.it nella Sezione “Manuali e Guide”, è disponibile l’edizione aggiornata del Manuale Operativo 2.4 del 26 aprile u.s. (Allegato IV), in cui è stata aggiunta la procedura per la gestione degli autoveicoli fuori uso (ELV) e chiarimenti circa le modalità per allineare il registro cronologico alle giacenze reali prima del 1 giugno 2011.
 
 
 
 


[1] E’ stato pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 107 della Gazzetta Ufficiale n.95 del 26 aprile 2011, il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 febbraio 2011 n. 52 “Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” . CFR. www.sistri.it

 

adminSistri: Testo Unico?
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AATO – REGIONE VENETO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati



La L. 26.2.2011, n. 10, di conversione del D.L. 225/2010 aveva posticipato al 31.3.2011 la soppressione delle AATO, affidando alla potestà legislativa regionale la riallocazione delle funzioni da esse svolte.

In ottemperanza alla L. 26/2011 la Regione Veneto aveva disposto un elenco di Commissari regionali cui sarebbero stati attribuiti i poteri ed i compiti fino ad oggi esercitati dalle AATO: tale elenco era contenuto nell’allegato A della DGRV 343 del 29.3.2011.
Tale delibera, però, non è mai stata pubblicata nel BUR ed anzi è stata sospesa dalla DGRV n. 421 del 12.4.2011 in BUR n. 31 del 29.4.2011.
Nelle more, infatti, con DPCM 25.3.2011 “ulteriore proroga dei termini relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”, in G.U. n. 74 del 31.3.2011, la soppressione delle AATO è stata differita al 31.12.2011.
Sulla scorta di tale slittamento la Regione Veneto ha deciso di “sospendere …l’efficacia della DGR n. 343 del 29.3.2011 sino al 31 dicembre 2011 e contestualmente di disporne la non pubblicazione sul BUR sino alla medesima data” (punto 1 deliberazione DGR 421/2011).
Si precisa che il DPCM non è fonte legislativa primaria e come tale non può modificare quanto disposto con legge…


 

adminAATO – REGIONE VENETO
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Sistri: ancora proroga?

DDL n. 2412 Senato e circolare Min. Amb. 3.3.2011
 
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
 
Non è un caso che in prossimità della operatività piena del sistema Sistri al 1 giugno 2011 qualcuno ricordi il progetto di legge DDL 2412 presentato al Senato il 27.10.2010, assegnato alle Camere il 11.11.2010 e da allora … dimenticato.
 
Il disegno di legge chiede l’operatività del Sistri “non può essere antecedente al 1 gennaio 2012…”.
 
Vero è che il Governo ed il Ministero dell’ambiente si esprimono diversamente .
 
Utile la lettura dell’ultimo comunicato Sistri del Ministro Prestigiacono datato 8.3.2011.
Utile la lettura della Circolare del Ministero ambiente del 3.3.2011 che riepiloga gli adempimenti a carico dei soggetti interessati (entrambi i documenti sono pubblicati in www.sistri.it) .
Tutto sembrerebbe pronto per la concreta operatività al 1 giugno 2011.
 
Vero è che ormai siamo abituati a subire/ottenere proroga non attraverso strumento legislativo (DDL 2412) ma a mezzo di strumenti governativi emanati all’ultimo momento e forse oltre …. l’ultimo momento.
 
Merita comunque lettura la Circolare del Ministero dell’ambiente che si riporta di seguito, rimandando comunque al sitowww.sistri.it, con l’unica precisazione che si tratta pur sempre di “circolare” ovvero stumento non legislativo finalizzato ad indicare linee di comportamento o semplificazioni o riassunti con mero intento di fornire chiarezza e destinato per lo più ad enti .
 
 

 
 

Circolare del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 03 marzo 2011

Rifiuti: modifiche agli obblighi di comunicazione annuale
Circolare recante indicazioni operative relative all’assolvimento degli obblighi di comunicazione annuale di cui alla legge 70/94, al Dpcm 27/04/2010 e all’art.12 del Dm 17/12/2009, come modificato con Dm 22/12/2010
A seguito dell’introduzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI, è venuta meno, per i soggetti tenuti ad aderire al SISTRI, la necessità di comunicazione, ai sensi della legge 70/94, dei dati relativi ai rifiuti prodotti, gestiti e movimentati già inseriti nel sistema informatico. In particolare, con il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, che, modificando il decreto legislativo n. 152/2006, ha introdotto, tra l’altro, l’articolo 264-bis, sono state abrogate, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, le norme concernenti le parti del modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) di cui al DPCM 27 aprile 2010 riguardanti i produttori di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano il trasporto di rifiuti speciali, nonché i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti e gli intermediari e commercianti di rifiuti senza detenzione, ora tenuti ad iscriversi al SISTRI.
Tuttavia, nelle more della piena entrata a regime (a decorrere dal 1 giugno 2011) del SISTRI quale unico strumento per la registrazione e la tracciabilità dei rifiuti, il DM 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI, ha previsto, a carico dei soli produttori iniziali di rifiuti e delle imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti a presentare il MUD, l’obbligo di comunicare al SISTRI determinate informazioni.
I trasportatori di rifiuti e coloro che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione non sono tenuti, pertanto, a porre in essere alcun adempimento di comunicazione a decorrere dall’anno 2010.
Le informazioni relative all’anno 2010 devono essere comunicate, secondo le modalità di seguito illustrate, entro il 30 aprile 2011, mentre le informazioni relative al periodo 1.1.2011-31.5.2011 dovranno essere comunicate entro il 31 dicembre 2011.
Stante il disposto dell’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009, come modificato con DM 22 dicembre 2010, le informazioni da comunicare sono riferite anche al periodo cosiddetto del “doppio binario”, nel quale è stato mantenuto anche l’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006. Alla luce di ciò, tutti i soggetti sopra indicati dovranno presentare la comunicazione SISTRI per tutto il 2010 e per il periodo dal 1° gennaio al 31 maggio 2011.
I soggetti che operano nel settore dei veicoli a fine vita devono invece presentare, entro il 30 aprile 2011, il MUD relativo al 2010, dal momento che l’abrogazione del relativo capitolo 2 del DPCM 27 aprile 2010, disposta al comma 1, lettera b) del citato articolo 264 bis, spiega effetto a partire dalla dichiarazione relativa al 2011. Pertanto, i predetti soggetti presenteranno il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010 per la dichiarazione 2010, mentre per il periodo dell’anno 2011 antecedente l’entrata a regime del SISTRI (1° gennaio- 31 maggio) dovranno presentare la dichiarazione SISTRI di cui all’articolo 12 del DM 17 dicembre 2009. In considerazione della limitatezza dell’arco temporale di riferimento e della non ripetibilità dell’adempimento della dichiarazione SISTRI, che riguarda unicamente il 2010 e parte del 2011, si ritiene opportuno agevolare i soggetti tenuti al suo espletamento utilizzando, nelle parti pertinenti, la medesima modulistica che era riportata nel DPCM 27 aprile 2010.
La presentazione della dichiarazione SISTRI potrà dunque avvenire con le seguenti modalità alternative, a scelta dell’interessato:

  • Compilando in via telematica gli appositi modelli, che saranno pubblicati sul portale www.sistri.it, oppure
  • Compilando e trasmettendo alla Camera di commercio territorialmente competente, previo pagamento del diritto di segreteria e con le modalità utilizzate per la presentazione del MUD di cui alla legge n.70/94, le schede del Capitolo 1 – Rifiuti del DPCM 27 aprile 2010 relative alla specifica attività svolta.

Le Camere di commercio provvederanno ad inoltrare le informazioni raccolte al SISTRI e all’ISPRA, deputato all’elaborazione dei dati nell’ambito del Catasto dei rifiuti.
Stante il sopra richiamato disposto normativo, rimangono tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010:

  • ll Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e i sistemi di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo, riconosciuti ai sensi del comma 5 del citato articolo 221;
  • I comuni o loro consorzi e le comunità montane, ai sensi dell’art.189, comma 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato con d.lgs. n. 205/2010. Tuttavia, ai sensi dello stesso articolo 189, commi 4 e 5, a decorrere dall’entrata a regime del SISTRI (1° giugno 2011) i comuni della regione Campania, tenuti ad aderire al SISTRI, e i comuni che aderiranno su base volontaria al SISTRI, non saranno più tenuti a presentare il MUD di cui al DPCM 27 aprile 2010, salvo quanto disposto per le informazioni relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 3, lettera d);
  • I soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo. Si riepiloga di seguito quanto sopra rappresentato riguardo agli adempimenti cui sono tenuti i diversi soggetti.

 

SOGGETTI TENUTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MUD SULLA BASE DELLA PREVIGENTE NORMATIVA ADEMPIMENTO PERIODO DI RIFERIMENTO
Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti Nessuna
dichiarazione
A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010
Commercianti e intermediari di rifiuti senza detenzione Nessuna
dichiarazione
A decorrere dalla dichiarazione relativa al 2010
Imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati Nessuna
dichiarazione
 
Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 del d.lgs. n. 152/2006 e sistemi riconosciuti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c) del medesimo decreto legislativo Dichiarazione
MUD
 
Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi tranne imprenditori agricoli con volume annuo di affari non superiore a 8000 euro Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Soggetti che effettuano la raccolta, il trasporto, il trattamento ed il recupero dei veicoli fuori uso di cui all’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209. Dichiarazione
MUD
Dichiarazione MUD (Capitolo 2- Veicoli fuori uso) per il 2010. Dichiarazione SISTRI relativa al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Soggetti di cui all’articolo 13, commi 6 e 7, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, iscritti al Registro Nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo Dichiarazione
MUD
Dichiarazione MUD (Capitolo 3 – apparecchiature elettriche ed elettroniche e rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) per il 2010
Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) del d.lgs n. 152/2006 con più di 10 dipendenti Dichiarazione
SISTRI
Dichiarazione relativa al 2010 e al periodo 1° gennaio-31 maggio 2011
Comuni o loro consorzi e comunità montane Dichiarazione
MUD
 
Comuni della regione Campania e comuni che aderiscono volontariamente al SISTRI Dichiarazione
MUD
A decorrere dal secondo semestre 2011 le informazioni da rendere sono solo quelle relative ai costi di cui all’articolo 189, comma 5, lettera d) del d.lgs n. 152/2006

 

 

adminSistri: ancora proroga?
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Reati ambientali – Responsabilità delle imprese

(Dlgs. n. 231/01)
Approvato schema di Decreto Legislativo che estende la responsabilità delle  imprese ai reati ambientali.

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 7 aprile 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, schema di Dlgs che estende la responsabilità amministrativa delle imprese (prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231) agli illeciti commessi in violazione delle norme a protezione dell’ambiente.
 
Il provvedimento recepisce la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, nonchè la direttiva 2009/123/CE, che modifica la direttiva 2005/35/CE, relativa all’inquinamento provocato dalle navi.
 
Si ricorda che la previsione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive alle società per la commissione di reati ambientali ; e ciò a prescindere dalla responsabilità effettiva della pesrona fisica che ha causato il reato. Il legame tra persona fisica e persona giuridica resta delicato.
 
NUOVI REATI
Si ipotizza la formulazione di nuovi reati in misura molto ridotta rispetto alle precedenti proposte.
In particolare vengono introdotte due nuove fattispecie di reato nel codice penale:
1)   art. 727bis c.p.: sanziona la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede, fuori dai casi consentiti, esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette
2)   art. 733 bis (danneggiamento di habitat) sanziona chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto.
 
Viene esteso, inoltre, il campo di applicazione del decreto 231/2001 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche” che ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto di responsabilità dell’impresa per reati commessi da propri dipendenti. Inizialmente circoscritto agli illeciti commessi nei rapporti tra aziende ed amministrazione pubblica, il provvedimento è stato poi esteso successivamente ai reati societari, finanziari e di sicurezza sul lavoro fino a ricomprendere, con lo schema di Dlgs in oggetto, i reati ambientali.
 
Il provvedimento, che passerà ora all’esame del parlamento, conferma il sistema sanzionatorio articolato in misure pecuniarie per quote modulari lasciando al giudice la possibilità di valutare la reale gravità della condotta (ogni quota va da un minimo di 258 euro a un massimo di 1549 euro).
 
PARTE II – AIA
Anche la violazione dell’art. 29 – quattordecies il legislatore prevede la responsabilità dell’ente con la sanzione pecuniaria fino a 250 quote.
 
PARTE IV RIFIUTI
Per quanto riguarda in particolare la Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicanoall’ente le sanzioni pecuniarie per i reati di cui:
–      articolo 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”,
–      articolo 257 “Bonifica dei siti”,
–      articolo 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari”,
–      articolo 259 “Traffico illecito di rifiuti”,
–      articolo 260 “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”
–      articolo 260-bis “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti – Sistri”.
 
SANZIONI INTERDITTIVE
A completare l’intero panorama ci sono le sanzioni interdittive che si affiancano alle quote stabilendo misure possibili, in via preventiva, che possono arrivare sino al commissariamento dell’ente, alla sospensione della sua attività oppure al divieto di pubblicità ed alla revoca delle autorizzazioni o licenze. L’interdizione può essere definitiva se l’ente o una sua unità organizzativa vengono stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
 
L’introduzione della responsabilità da reato delle persone giuridiche anche per i reati ambientali
porrà alle imprese (quelle che valuteranno il rischio rappresentato dalla possibile realizzazione, durante la propria attività imprenditoriale, di uno dei reati introdotti dal decreto legislativo) l’onere di implementazione del proprio modello organizzativo, che dovrà essere idoneo alla prevenzione dell’evento vietato. Il modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, può essere inteso come il complesso delle regole interne dell’ente previste per lo svolgimento delle attività “sensibili” (nelle quali sia astrattamente ravvisabile un rischio reato) e per le funzioni di organizzazione e controllo specificatamente previste da quest’ultima normativa (costituzione e funzionamento dell’organismo di vigilanza, e quant’altro previsto negli artt. 6 e 7, D.Lgs. n. 231/2001).
 
Si ricorda che:

  • sul piano normativo, è la qualità del modello che viene ad assumere un aspetto rilevante; infatti, l’esonero di responsabilità per le persone giuridiche è espressamente collegato alla previa «adozione ed efficace attuazione» di modelli organizzativi idonei a evitare reati della specie di quello verificatosi;
  • sul piano contenutistico, è prioritaria, in ordine razionale, l’esigenza di individuare i profili di rischio reato attraverso un’attività di risk assessment.

 

adminReati ambientali – Responsabilità delle imprese
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Rumore: LRV n. 7 del 18.3.2011

Legge Finanziaria 2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
E’ stata pubblicata la legge finanziaria della Regione del 2011 che modifica la LRV n. 21/99 all’art. 7 e art. 8.
Il Comune può autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione con riferimento alle attività indicate nel comma 1 e dunque non più genericamente ad ogni attività.
L’intervento appare più restrittivo.
Ed inoltre per l’esercizio di tali attività in deroga è necessaria la previsione di impatto acustico.
L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli non sono più vietati? E’ pensabile che tali attività rientrino nel comma 1 dell’art. 7.
 

Art. 7 – Emissioni sonore da attività temporanee.

Art. 7 – Modifiche alla legge regionale 10 maggio 1999, n. 21“Norme in materia di inquinamento acustico” e disposizioni per il rilancio delle attività economiche connesse al Distretto veneto della giostra.
Il Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,
 
 
 
 
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.
 
 
 
 
ll Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,“per lo svolgimento di attività temporanee o di manifestazioni in luogo pubblico o aperte al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo, ovvero mobile”.
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.

     
  1 bis. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il titolare, gestore od organizzatore presenta, prima dell’inizio dell’attività o della manifestazione, apposita domanda scritta e motivata al comune, corredata, ove espressamente previsto, da una relazione di previsione di impatto acustico.”.
2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
3. L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli sono vietati su tutto il territorio regionale. abrogato.
4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00. 6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00.
7. Deroga agli orari e ai divieti di cui al presente articolo può essere prevista nei regolamenti comunali. 7. Il comune può disciplinare le modalità e i criteri di rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1 mediante regolamento comunale.”.
8. Ulteriori deroghe agli orari e ai divieti di cui al presente articolo possono essere autorizzate dal comune su richiesta scritta e motivata del soggetto interessato.
 
abrogato.

 

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AIA: Direttiva 2010/75/UE

Focus “Modifica sostanziale”  e Gestore
 
A cura di avvocato Cinzia Silvestri
in occasione di convegno[1] AIA tenutosi a Padova il 7.4.2011


 
 
La normativa AIA trova collocazione nel codice ambientale (Dlgs. n. 152/2006) dal 25.8.2010 grazie al Dlgs. n. 128/2010 che ha provveduto a inserire gli articoli 29 bis e ss. nella parte II del Codice.
Il Dlgs. n. 59/05 è stato espressamente abrogato ma rivive con integrazioni e modifiche nel testo del Codice ambientale.
 
Vero è che questa collocazione normativa, dettata dalla esigenza di armonizzare VIA-Vas-AIA, subirà a breve ulteriore integrazione dalla nuova Direttiva 2010/75/UE.
La direttiva 2010/75/UE è testo corposo e complesso che riunisce, con intento di chiarire e coordinare, ben 7 direttive tra le quali anche la Direttiva 2008/1/CE (direttiva AIA, definita di mera codificazione, che ha dato impulso al Dlgs. 128/2010 e recepita nel Dlgs. 152/2006).
 
E’ utile, dunque, fornire qualche indicazione sulla evoluzione subita da alcune definizioni contenute nell’ art. 2 del Dlgs. 59/2005 alla luce anche della direttiva 2010/75/UE che segna il passo futuro. La direttiva 2010/75/UE riporta nel testo delle definizioni sotto commentate l’oggetto esteso della sua applicazione anche
a) impianto di combustione,
b)  impianto di incenerimento dei rifiuti ;
c) impianto di coincenerimento dei rifiuti.
 
MODIFICA SOSTANZIALE
Pare d’obbligo soffermarsi sulla definizione di “modifica sostanziale” che impone il procedimento AIA; ma anche sulla definizione di “Gestore” che individua il soggetto tenuto agli adempimenti, pagamenti, ed anche soggetto alle sanzioni di cui all’art. 29 quattordecies Dlgs. 152/2006.
 
La modifica sostanziale comporta la necessità della procedura di AIA (ex art. 6 comma 13,14,15 Dlgs. 152/2006).
La nuova formulazione ha il pregio di estendere l’oggetto della modifica sostanziale non solo all’impianto ma anche al progetto e opera; inoltre precisa il contenuto della modifica sostanziale (presente anche nel testo della Direttiva 2010/75) ponendo l’accento alla variazione delle:
a) caratteristiche;
b) funzionamento;
c) potenziamento.
Si nota che compare nel testo anche la parola “infrastruttura” che va a completare l’oggetto della modifica sostanziale.
Espunto il riferimento al PARERE MOTIVATO dell’autorità competente per acquisire il termine più sfumato e meno impegnativo “secondo l’autorità competente”.
La modifica sostanziale acquisisce rilevanza laddove produce effetti negativi e significativi si badi solo SULL’AMBIENTE; il testo ha espunto il riferimento agli esseri umani .
L’inciso è importante invece con riferimento alla lettura della Direttiva 2010/75/UE  che  richiama espressamente non solo l’ambiente MA ANCHE LA SALUTE UMANA.
Tali riferimenti ricadranno sulla normativa futura in tema di AIA quanto il nostro legislatore sarà chiamato (entro il gennaio 2014) a recepire la Direttiva 2010/75/UE
 
 

Dlgs. 59/05 art. 2 Dlgs. 152/2006 art. 5 
Vigente dal 25/8/2010
Direttiva 2010/75/UE
n) modifica sostanziale: una modifica dell’impiantoche, 
 
 
 
 
 
 
 
secondo un parere motivato dell’autorità competente,potrebbe avere effetti negativi e significativi per gliesseri umani o per l’ambiente.
 
 
 
 
In particolare,
 
 
per ciascuna attività per la quale l’allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: 
la variazione delle caratteristiche o delfunzionamento ovvero un potenziamentodell’impianto, dell’opera o dell’infrastruttura o del progetto che,
secondo l’autorità competente,
producano effetti negativi e significativi sull’ambiente.
 
 
 
 
 
In particolare, con riferimento alla disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale, per ciascuna attività per la quale l’allegato VIII indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;”;
9) “modifica sostanziale“, una modifica delle 
 
caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento di un’installazione o di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti che
 
 
 
potrebbe avere effetti negativi e significativi per lasalute umana o per l’ambiente;

 
 
GESTORE
Utile avere chiarezza della evoluzione della definizione del Gestore; soggetto di particolare importanza ma di non facile individuazione soprattutto nelle strutture complesse. Il Gestore, come verrà approfondito in separato articolo, risponde delle sanzioni ovvero degli illeciti amministrativi di cui all’art. 29 quattordecies commi 4,5,6 Dlgs. 152/2006.
Si precisa che la “detenzione” non coincide con l’istituto giuridico civilistico che impone il rapporto tra possesso/detenzione ma è una forma lata che richiama qualsiasi rapporto materiale con la cosa/impianto.
Di fatto nella formulazione odierna quando il legislatore si riferisce al Gestore intende:
1)   colui che detiene
2)   colui che gestisce
3)   colui che ha un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto stesso.
Tale ultima definizione richiama alla memoria la delega di responsabilità ma non deve essere confusa con questo istituto in quanto si pone su piano giuridico diverso.
In realtà il legislatore allarga le maglie della responsabilità e del soggetto responsabile attribuendo specifica competenza a colui che economicamente può intervenire sull’impianto.
Certamente colui che ha questo potere deve essere anche soggetto di particolare rilevanza in seno alla Società ma non necessariamente un soggetto delegato.
L’inciso è presente anche nella Direttiva 2010/75/UE.
 
 

Dlgs. 59/05 art. 2 Dlgs. 152/2006 art. 5 
Vigente dal 25/8/2010
Direttiva 2010/75/UE
p) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce l’impianto;
r-bis) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce l’impianto oppure che
 
 
dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dell’impianto stesso;”.
5) “gestore”, qualsiasi persona fisica o giuridica che 
detiene o
gestisce, nella sua totalità o in parte, l’installazione o l’impianto di combustione, l’impianto di incenerimento dei rifiuti o l’impianto di coincenerimento dei rifiuti oppure, se previsto dalla normativa nazionale,dispone di un potere economico determinante sull’esercizio tecnico dei medesimi;

 


[1] Le diapositive del convegno saranno pubblicate sul sito www.studiolegaleambiente.it

 

adminAIA: Direttiva 2010/75/UE
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Iscrizioni Produttori entro 30.6.2011

Circolare Albo Nazionale Gestori Ambientali
Iscrizioni ai sensi dell’ articolo 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06[1]

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

 

 
Il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali ha diramato la circolare 15 marzo 2011 n.432 che fornisce indicazioni circa l’iscrizione dei
1)   produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché
2)   le iscrizioni dei produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedente trenta chilogrammi o trenta litri al giorno.
 
In particolare, secondo quanto previsto dall’ articolo 212, comma 8, del D. Lgs. 152/06, come modificato dal D. Lgs. 205/10, tali iscrizioni devono essere rinnovate ogni 10 anni. Viene specificato, inoltre, che le iscrizioni effettuate entro il 14 aprile 2008 devono essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore del D.Lgs 205/10.
 
Al fine di disciplinare la procedura relativa all’aggiornamento delle suddette iscrizioni, è stato predisposto un apposito modello di domanda contenuto nell’allegato “A” alla circolare.
 
Considerato l’elevato numero di iscrizioni oggetto di aggiornamento e i termini previsti per l’espletamento delle relative procedure (entro il 25 dicembre 2011), le domande dovranno essere presentate entro il 30 giugno 2011.
 
Infine, il Comitato nazionale, in ordine ai termini di decorrenza dei dieci anni di durata delle iscrizioni all’Albo, effettuate alla data di entrata in vigore del D.Lgs 205/10, ha specificato quanto segue:

  • per le iscrizioni effettuate entro il 14 aprile 2008, ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, il suddetto termine deve intendersi riferito alla data della delibera di aggiornamento dell’iscrizione;
  • per le iscrizioni effettuate successivamente alle modifiche apportate dal D.Lgs 4/08, il termine deve intendersi riferito alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n.205/2010.

 
Per completezza d’informazione si ritiene utile allegare il testo integrale della circolare.
 

Allegato n. 432 del 15 marzo 2011

[1] 8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990:
a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti;
b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;
c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo;
d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406.
L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

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Terreni agricoli ed energia

Firmato dal presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato firmato dal Presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili ed ora si attende solo la imminente pubblicazione (Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva D.Lgs recante “Attuazione della Direttiva 2009/28/CE del parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”).
 
Rispetto alla versione approvata in via preliminare il 30 novembre 2010  il testo presenta numerosi cambiamenti.
 
Viene confermata la soglia di 5 MegaWatt che distingue i due sistemi incentivanti validi per gli impianti rinnovabili che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012:
–       < 5 MW sistema d’incentivazione del feed in tariff (incentivo sull’energia prodotta);
–       > 5 MW previsione di aste al ribasso gestite dalla società GSE S.p.A.
 
Le modalità per l’attuazione dei due nuovi sistemi d’incentivazione restano affidate a un decreto ministeriale che però dovrà essere adottato non più entro 12 mesi ma entro 6 mesi.
 
Tra le modifiche più rilevanti introdotte si evidenzia la disposizione contenuta al comma 9-bis dell’articolo 23 che prevede un limite temporale all’attuale sistema d’incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici, di cui al D.M. 6 agosto 2010.
 
Nel dettaglio, viene previsto che il regime introdotto dal D.M. 6 agosto 2010 (sistema entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2011) sarà ancora valido solo per gli impianti solari fotovoltaici per i quali l’allacciamento alla rete elettrica avverrà entro il 31 maggio 2011.
 
Un ulteriore decreto ministeriale, da emanare entro il 30 aprile 2011, disciplinerà l’incentivazione degli impianti allacciati alla rete dopo il 31 maggio 2011 sulla base di scaglioni annuali di potenza massima incentivabile e prevedendo la possibilità di differenziare le tariffe sulla base della classificazione urbanistica del lotto da incentivare.
 
Sempre in materia di fotovoltaico, viene rivista la disciplina degli impianti costruiti su terreni agricoli[1]. L’art. 10 comma comma 4, dispone infatti che, dalla data di entrata in vigore del provvedimento, nelle aree agricole saranno agevolati solo gli impianti a terra fino a 1 MW e “nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario”, gli impianti dovranno essere collocati a una distanza non inferiore ai 2 km. Inoltre per potere usufruire delle agevolazioni non deve essere destinato “all’installazione degli impianti più del 10% della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente”. Tali limitazioni, tuttavia, non si applicano ai terreni abbandonati da almeno cinque anni.
 
Un’ulteriore novità riguarda il sistema incentivante dei certificati verdi per il quale, viene prevista una riduzione del 22% (non più del 30%) del prezzo di ritiro dei CV in eccesso per gli anni dal 2011 al 2015.
 
Infine si evidenzia che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, saranno definiti con decreto ministeriale gli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento dei target.
 
 
 
 
 
 


[1] Art. 10
(Requisiti e specifiche tecniche)  1. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili accedono agli incentivi statali a condizione che rispettino i requisiti e le specifiche tecniche di cui all’allegato 2. Sono fatte salve le diverse decorrenze indicate nel medesimo allegato 2.  Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente con frequenza almeno biennale, UNI e CEI trasmettono al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una rassegna della vigente normativa tecnica europea, tra cui i marchi di qualità ecologica, le etichette energetiche e gli altri sistemi di riferimento tecnico creati da organismi europei di normalizzazione, applicabili ai componenti, agli impianti e ai sistemi che utilizzano fonti rinnovabili. La rassegna include informazioni sulle norme tecniche in elaborazione. 3. Sulla base della documentazione di cui al comma 2, l’allegato 2 è periodicamente aggiornato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La decorrenza dell’efficacia del decreto è stabilita tenendo conto dei tempi necessari all’adeguamento alle norme tecniche con riguardo alle diverse taglie di impianto e non può essere fissata prima di un anno dalla sua pubblicazione. 4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli incentivi statali è consentito a condizione che, in aggiunta ai requisiti previsti dall’allegato 2: a) la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MW e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.

 

adminTerreni agricoli ed energia
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INQUINAMENTO ACUSTICO – LRV n. 21/99

Finanziaria 2011 – Regione Veneto[1]


A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
La Prima Commissione Permanente della Regione Veneto sottopone al vaglio del Consiglio i progetti di Legge 134 e 135 relativi alla Legge finanziaria regionale per l’esercizio del 2011.
La legge finanziaria non è ancora approvata e si attendono ancora emendamenti.
Circola voce ed alcuni siti già parlano dell’ emendamento alla Legge Finanziaria Regionale per l’anno 2011, che sembrerebbe vietare l’installazione di impianti fotovoltaici di certe dimensioni su terreno agricolo e fino al dicembre 2011: l’emendamento, però, non è ancora stato oggetto di discussione ed al momento non è stato pubblicato né esposto nel Progetto di Legge.
 
 
Il progetto di legge invece si occupa, per esteso, della LRV n. 21/99.
L’art. 7 del progetto di legge 134laddove approvato, modificherà gli artt. 7 e 8 della LRV n.  21/99 in materia di inquinamento acustico:
–       la Regione del Veneto abilita i titolari e i gestori di attività temporanee o che intendano organizzare manifestazionispettacoli di carattere temporaneo o mobile a chiedere il rilascio di apposite concessioni in deroga dei limiti acustici imposti dalla disciplina statale.
–       i comuni sono tenuti a valutare l’impatto acustico che tali eventi avranno sul territorio.
–       abrogato il divieto di utilizzo di fuochi d’artificio.
 
Si offre dunque una prima lettura con riserva di emendare e di precisare le modifiche in seguito alla definitiva approvazione della legge regionale.
 

ART. 7 LEGGE 21/99
Emissioni sonore da attività temporanee
 
ART. 7 MODIFICATO
1. il Comune può, ai sensi dell’articolo 6 comma 1 lettera h) della legge 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,
 
 
 
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del Comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga
 
1. il Comune può, ai sensi dell’articolo 6 comma 1 lettera h) della legge 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione per lo svolgimento di attività temporanee o di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli di carattere temporaneo ovvero mobile, qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del Comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga
  1 bis. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il titolare, gestore od organizzatore presenta, prima dell’inizio dell’attività o della manifestazione, apposita domanda scritta e motivata al Comune, corredata, ove espressamente previsto, da una relazione di previsione di impatto acustico.
2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
3.L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli sono vietati su tutto il territorio regionale. 3. abrogato.
4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività 5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività
6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00. 6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00.
7. Deroghe agli orari e ai divieti di cui al presente articolo può essere prevista nei regolamenti comunali. 7. il Comune può disciplinare le modalità e i criteri di rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1 mediante regolamento comunale.
8. Ulteriori deroghe agli orari e ai divieti di cui al presente articolo possono essere autorizzate dal comune su richiesta scritta e motivata del soggetto interessato 8. abrogato

 

ART. 8 LEGGE 21/99
CONTROLLO E SANZIONI AMM.VE
 
ART. 8 MODIFICATO
1. Per le funzioni tecniche di controllo di propria competenza i comuni e le province si avvalgono dell’ARPAV
 
1. Per le funzioni tecniche di controllo di propria competenza i comuni e le province si avvalgono dell’ARPAV
2. L’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 10 della L. 447/1995 e di quelle previste dalla presente legge, spettano al comune territorialmente competente. Nelle ipotesi in cui la violazione delle prescrizioni attinenti al contenimento dell’inquinamento acustico, producano effetti dannosi in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni ed il comune nel cui territorio è ubicata la sorgente sonora di inquinamento non provveda all’applicazione delle relative sanzioni amministrative, queste vengono applicate dalla provincia territorialmente competente.
 
2. L’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 10 della L. 447/1995 e di quelle previste dalla presente legge, spettano al comune territorialmente competente. Nelle ipotesi in cui la violazione delle prescrizioni attinenti al contenimento dell’inquinamento acustico, producano effetti dannosi in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni ed il comune nel cui territorio è ubicata la sorgente sonora di inquinamento non provveda all’applicazione delle relative sanzioni amministrative, queste vengono applicate dalla provincia territorialmente competente.
 
3. Oltre a quelle previste dall’art. 10 della L. 447/1995  sono stabilite le seguenti sanzioni amministrative:
a) chiunque violi le disposizioni riguardanti l’esercizio delle attività svolte all’aperto o temporanee di cui all’art. 7 è punito con la sanzioni amministrativa del pagamento di una somma da lire 200.000a lire 1.000.000;
b) alla stessa pena soggiace chiunque violi le prescrizioni relative alle autorizzazioni in deroga di cui all’art. 7 comma 7;
c) chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile, supera i limiti fissati dal Comune a tutela delle zone particolarmente sensibili di cui all’art. 2 comma 2 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 2.000.000.
3. Oltre a quelle previste dall’art. 10 della L. 447/1995  sono stabilite le seguenti sanzioni amministrative:
a) chiunque violi le disposizioni riguardanti l’esercizio delle attività svolte all’aperto o temporanee di cui all’art. 7 è punito con la sanzioni amministrativa del pagamento di una somma da euro 125,00 a euro 550,00;
b) alla stessa pena soggiace chiunque violi le prescrizioni relative alle autorizzazioni in deroga di cui all’art. 7 comma 7;
c) chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile, supera i limiti fissati dal Comune a tutela delle zone particolarmente sensibili di cui all’art. 2 comma 2 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 550,00 a euro 1.100.00.

 
 


[1] Il testo del progetto di legge è pubblicato sul sito della Regione veneto www.regione.veneto.it

 

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FANGHI: rifiuti e reato di deposito incontrollato

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
La Corte di Cassazione ,con sentenza resa all’udienza del 12.1.2011, n. 28, ha precisato la portata dell’art. 127 D. Lgs. 152/2006[1] e la disciplina applicabile ai fanghi .
Si precisa che l’art. 127 (modificato dal Dlgs. 4/08) non è stato novellato dal correttivo alla parte III del D. Lgs. 152/06 .
 
La Suprema Corte era stata adita dal Sindaco di un Comune, indagato ex art. 256 comma 2 D. Lgs. 152/2006 (deposito incontrollato di rifiuti) perché la Procura aveva accertato la presenza di cumuli di fanghi essiccati di vegetazione spontanea all’interno dell’impianto di depurazione di acque reflue comunale .
 
L’impianto era stato oggetto di sequestro preventivo, contro il quale il Sindaco aveva presentato prima istanza di riesame e, stante il rigetto della stessa, aveva poi adito la Corte.
 
Il sindaco si difendeva allegando di essere provvisto della autorizzazione per lo smaltimento e lo scarico delle acque reflue, procedimento che di fatto “inglobava lo stoccaggio dei fanghi, che non erano altro che il prodotto della prima fase di smaltimento”.
 
Ebbene con sentenza n. 28/2011 la Cassazione accoglie il ricorso e dichiara la “carenza assoluta e radicale della motivazione dell’ordinanza” resa dal Tribunale di Riesame, che aveva rigettato l’opposizione del Sindaco. Il Tribunale invero riteneva sussistere il reato di deposito incontrollato dalla mera presenza dei fanghi; presenza di per sé bastevole, a detta del Tribunale, a dimostrare il fumus del reato contestato (cioè la fondata probabilità dei presupposti per una condanna).
 
I Giudici della Suprema Corte ritengono, invece, non sufficiente per integrare il reato di deposito incontrollato la mera presenza dei fanghi; richiedono  effettiva indagine in relazione alla natura ed alla provenienza dei fanghi, in quanto “i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione”.
Continua la Cassazione evidenziando che il Tribunale di riesame non ha accertato se i fanghi ritrovati nelle vasche annesse ai depuratori fossero proprio quelli esitati al termine del processo di trattamento della acque reflue


[1] Art. 127 D. Lgs. 152/2006 Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
 
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato (1).
2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

 

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Sanzioni RCS e FIR (art. 258): quando entrano in vigore?

A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
L’art. 258, come riformato dal Dlgs. 205/2010, indica le sanzioni applicabili nelle ipotesi e per i soggetti che non hanno aderito al Sistri.
Il legislatore tiene conto, dunque, della operatività del Sistri e di preoccupa di applicare diverso regime a coloro che sono iscritti al Sistri e a coloro che non lo sono.
Si noti che il primo comma dell’art. 258 è applicabile – a certi soggetti individuati dal legislatore a mezzo di richiami non di facile lettura – a coloro che possono aderire su base volontaria ma… non abbiano aderito.
L’articolo presuppone l’operatività del Sistri ad oggi differita al 1/6/2011.
Sulla vigenza di tale nuovo articolo 258 si discute.
Il differimento al 1/6/2011 è sancito dall’art. 39 comma 1 Dlgs. 205/2010 (in combinato disposto con il DMA 22/12/2010) espressamenteper le sanzioni di cui alla normativa Sistri.
Il binomio espresso “sanzioni/Sistri” permette di dubitare che il differimento della applicazione possa includere anche l’art. 258.
Alcuni autorevoli autori sostengono invero che l’art. 39 citato ha abrogato il vecchio 258 (ante riforma) dal 25/12/2010 (entrata in vigore della riforma della parte IV del Codice Ambiente); ed il nuovo 258 non può essere operativo in quanto presuppone l’applicabilità del sistema/Sistri; sistema appunto differito al 1/6/2011. Ne deriva un vero e proprio buco normativo.
Vero è che tale interpretazione, più che giustificata dalla lettura della norma, che porta però a conclusioni gravi, forse, può essere ricondotta ad una lettura meno traumatica.
L’art. 258 prevede sanzioni senz’altro non riconducibili al Sistri, o meglio a coloro obbligati al Sistri, ma è indubbio che il suo legame al Sistri è evidente e lo presuppone. Tale subordinazione logica impone di comprendere nella indicazione di cui all’art. 39 Dlgs. 205/2010 ovvero nella sanzione anche l’art. 258. Ne consegue l’effetto – meno traumatico e più rispondente se non al dettato letterale al buon senso – di differire l’applicabilità del nuovo articolo 258 al 1/6/2010 lasciando ancora in vita il vecchio art. 258.
L’art. 258 nella nuova formulazione desta dunque qualche dubbio interpretativo sulla sua applicabilità e si attende intervento del legislatore sul punto al fine di chiarirne il significato.






Art. 258.
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
 
Art.258 ante riforma Dlgs. 205/2010
 
Art. 258 post riforma Dlgs. 205/2010
“1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.” 1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. (1)
“2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore.” 2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. (2)
“3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi.
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione.”
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro.
 
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (3)
 
 
“4. Chiunque
 
 
 
effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.”
4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed
effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi,
nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. (4)
 
“5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonchè nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190, comma 1, o del formulario di cui all’art. 193.” 5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193 da parte dei soggetti obbligati. (5)
5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)

 

adminSanzioni RCS e FIR (art. 258): quando entrano in vigore?
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AIA: Sanzioni – art. 29 decies Codice Ambientale

A cura di avv. Cinzia Silvestri



Il Dlgs. n. 128 del 26/6/2010 entrato in vigore il 26/8/2010 ha modificato la parte seconda del Codice ambientale (Dlgs. 152/2006).
 
E’ utile richiamare l’esistenza di norma specifica e spesso dimenticata che sanziona la inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie in materia di AIA.
La sanzione è espressamente richiamata anche nella recente DGRV 2795/2010 commentata su questo sito.
 
L’art. 29 decies[1] del Codice ambientale Disciplina le attività che il gestore deve compiere, in particolare è tenuto ad attività di comunicazione ed informazione alle autorità competenti al controllo.
 
Il gestore è soggetto al controllo (ISPRA o ARPAV) sui punti indicati al comma 3:
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.
 
L’attività di controllo permette anche ispezioni straordinarie sull’impianto (comma 4); il gestore deve permettere “qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto” (comma 5) – la disposizione è in linea con l’obbligo di permettere ogni controllo e di rendersi disponibili all’accesso già indicato nel Codice ambientale.

L’articolo 29 decies prevede specifiche sanzioni in caso di inosservanza delle autorizzazioni o di esercizio in assenza di autorizzazioni:
Il comma 9 si limita ad imporre “sanzioni” tipicamente amministrative:
9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente

Il comma 10 si occupa invece e solo della inosservanza della autorizzazione ed in presenza di situazioni di pericolo o di danno alla salute:
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265
 
Il riferimento al RD del 1934 in materia di sanità pubblica allude e si sostanzia nel potere di ordinanza sindacale e di intervento attribuito al Sindaco.
 
 
 
 


[1] Articolo 29-decies
Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale
1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all’autorità competente.
2. A far data dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all’autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell’autorizzazione stessa. L’autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 3.
3. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o le agenzie Regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore:
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.
4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l’autorità competente, nell’ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.
5. Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l’assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto.
6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all’autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.
7. Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell’applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all’autorità competente.
8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell’autorità competente, devono essere messi adisposizione del pubblico, tramite l’ufficio individuato all’articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente.
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
11. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie Regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all’articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

 

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AIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010

A cura di avv. Cinzia Silvestri


In BUR n. 93 del 14.12.2010 la Regione del Veneto ha pubblicato la DGRV 2794 del 23.11.2010 contenente indicazioni sui controlli preventiviche la Provincia deve svolgere prima del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, coadiuvata dall’ARPAV ex art. 5 bis commi 7 e 8 LR 14.4.1985, n. 33 e s.m.i.
 
La DGRV risponde alla necessità di stabilire procedure e criteri uniformi al fine di permettere il controllo preventivo.
Importante la distinzione relativa alla fase della approvazione del progetto e alla autorizzazione provvisoria all’esercizio e la successiva fase della autorizzazione definitiva
Trattasi di una verifica pressoché documentale, dato anche il disposto dell’art. 25  L.R. 3/2000 e ss.m.i.[1], che permette la realizzazione dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio immediatamente dopo l’approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero e ciò fino al rilascio o al diniego dell’autorizzazione definitiva all’esercizio (art. 25 comma 2 L.R. 3/00).
La Legge Regionale 3/00 impone però anche il successivo positivo collaudo funzionale dell’impianto con la precisazione che le opere relative agli impianti di stoccaggio e le discariche devono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto medesimo, ancorché provvisorio.
 
Sussistono, quindi, due fasi tra loro distinte:
1)     da un lato la deliberazione della Giunta volta ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica, il parere di compatibilità ambientale, la Vinca e l’AIA;
2)     dall’altro l’esercizio definitivo dell’impianto, che segue il provvedimento a firma del Segretario regionale all’Ambiente.
 
Quanto all’esercizio provvisorio[2], la Giunta ha così deliberato:
1)    il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto e funge da AIA provvisoria in attesa del provvedimento definitivo se il privato dimostra alla Regione, alla Provincia ed all’ARPAV di aver prestato le garanzie finanziarie di cui all’art. 208 comma 11 lett. g) TUA e deposita la documentazione successiva al controllo effettuato dopo l’attivazione del PMC ed eventualmente gli esiti delle verifiche operate dall’ARPAV laddove rilevanti;
2)    salvi i casi in cui il rilascio dell’AIA sia contestuale al procedimento che legittima la realizzazione dell’intervento, previo favorevole giudizio di compatibilità ambientale, l’esercizio ordinario dell’impianto è subordinato ad uno specifico atto autorizzativo rilasciato previa analisi della documentazione di cui al punto 1 ed in base agli esiti dei controlli preventivi espletati dalla Provincia con l’ausilio dell’ARPAV (che dovranno essere inviati all’Autorità competente entro 60 gg dal ricevimento del collaudo funzionale degli impianti7discariche di gestione dei rifiuti).
3)    L’AIA provvisoria rimane efficace fino al rilascio dell’AIA definitiva.
4)    Fatti salvi gli impianti già in possesso di AIA all’esercizio ordinario, le procedure sopra indicate si applicano anche agli impianti di trattamento di rifiuti, agli stoccaggi di rifiuti ed alle discariche già in possesso del provvedimento AIA ma non ancora abilitate all’esercizio ordinario i cui provvedimenti autorizzativi rilasciati, ove difformi, devono intendersi modificati dalla DGRV 2794/2010.
5)    Tali procedure si applicano altresì agli impianti già in  possesso di AIA all’esercizio ordinario, che nel frattempo abbiano già conseguito il giudizio di compatibilità ambientale favorevole e per le quali risulti altresì favorevole il parere al rilascio dell’AIA alla realizzazione.
 


[1] Art. 25 – Realizzazione dell’impianto, esercizio provvisorio e collaudo funzionale.
1. Gli impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, di cui all’articolo 22, sono soggetti a collaudo funzionale.
2. Il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto ed al suo esercizio provvisorio fino al rilascio o diniego dell’autorizzazione all’esercizio prevista dall’articolo 26.
3. L’avvio dell’impianto, e l’esercizio provvisorio dello stesso, è preceduto dall’invio al Presidente della provincia da parte del proponente di una comunicazione, recante in allegato una dichiarazione scritta del direttore dei lavori attestante l’ultimazione delle opere in conformità al progetto approvato, dalla quale risulti:
a) la data di avvio dell’impianto;
b) il nominativo del tecnico responsabile della gestione dell’impianto stesso.
4. Alla comunicazione di cui al comma 3 deve essere allegata la documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 26, comma 9.
5. Entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio dell’impianto, salvo proroga accordata su motivata istanza dell’interessato, deve essere presentato al Presidente della provincia, in allegato alla richiesta di autorizzazione all’esercizio, il certificato di collaudo funzionale.
6. In deroga a quanto previsto ai commi 3 e 5, le opere relative agli impianti di stoccaggio, anche annessi ad attività di recupero o smaltimento, e le discariche debbono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto e del suo esercizio provvisorio. Il relativo certificato di collaudo è trasmesso unitamente alla dichiarazione di ultimazione delle opere di cui al comma 3 del presente articolo.
7. Il provvedimento di approvazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, diversi da quelli di cui al comma 6, può comunque prevedere, per alcune componenti, che il collaudo funzionale preceda l’avvio dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio.
8. In sede di collaudo devono, tra l’altro, essere attestati, in funzione anche della tipologia di impianto:
a) la conformità dell’impianto realizzato con il progetto a suo tempo approvato;
b) la funzionalità dei sistemi di stoccaggio e dei processi di smaltimento o di recupero in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti da smaltire o da recuperare;
c) la funzionalità dei sistemi di allarme e di sicurezza;
d) l’idoneità delle singole opere civili ed elettromeccaniche dell’impianto a conseguire i rispettivi risultati funzionali;
e) il regolare funzionamento dell’impianto nel suo complesso a regime di minima e di massima potenzialità;
f) l’idoneità dell’impianto a garantire il rispetto dei limiti di legge ovvero di quelli prescritti come condizione nel provvedimento di approvazione;
g) l’esecuzione di campionamenti ed analisi sui rifiuti da smaltire o da recuperare, sui rifiuti prodotti, sui materiali recuperati, sulle emissioni e sugli scarichi, con specificazione dei valori, misurati all’atto del prelievo, delle variabili e dei parametri operativi
9. Per le discariche deve essere effettuato un ulteriore collaudo funzionale, successivo alla chiusura dell’impianto, finalizzato ad attestare l’avvenuta ultimazione e la funzionalità delle opere previste nel progetto approvato per la ricomposizione finale dell’area
 
[2] Il testo della DGRV 2794/2010 è reperibile in www.regione.veneto.it

 

adminAIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010
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DOVE SI CONSERVANO I REGISTRI DI CARICO E SCARICO?

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati



A decorrere dal 25.12.2010 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 205 del 3.12.2010 (in S.o. n. 269 alla G.U: 10.12.2010, n. 288) che ha riscritto la parte  IV del Testo Unico Ambientale, in recepimento della Direttiva 2008/98 CE sui rifiuti.
 
L’articolo 190 nella nuova formulazione dialoga con la normativa Sistri e destina l’obbligo di tenere i registri di carico e scarico a coloro che non hanno aderito al Sistri. Ed invero la normativa Sistri espressamente richiamata dal nuovo correttivo ha la finalità proprio di sostituire il cartaceo col sistema informatico proprio del Sistri.
Le annotazioni devono avvenire sempre entro 10 giorni dalla produzione.

Con decreto del DM 22/12/2010 il Ministero ha prorogato il termine di operatività del Sistri (ex art. 12/ comma 2 DM 17/12/2009) al 31/5/2011 e dunque prorogato anche l’obbligo per i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 del medesimo decreto di adempiere fino al 31/5/2011 anche agli obblighi previsti agli articoli 190 e 193 del Dlgs. 152/2006.

Art.  190 Dlgs. 152/2006 (1)
in vigore fino al 24.12.2010
Articolo così modificato dal Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4
Art.  190 Dlgs. 152/2006
in vigore dal  24.12.2010
sostituito dall’articolo 16 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205
1. I soggetti di cui all’art. 189, comma 3 hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. I soggetti che producono rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere e), d) e g), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate:

a) per i produttori, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo:

b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione del trasporto;

c) per i commercianti, gli intermediari e i consorzi, almeno entro dieci giorni lavorativi dalla effettuazione della transazione relativa;

d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento, entro due giorni lavorativi dalla presa in carico 1. I soggetti di cui all’art. 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderitosu base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico sui cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dello scarico medesimo.
2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attivita’ di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere:
a) l’origine, la quantita’, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti;

b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato;

c) il metodo di trattamento impiegato.

.
3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano atività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede dei commercianti e degli intermediari, i registri integrati con i formulari di cui all’art. 193 relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservasti a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. 2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzioneo, nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all’art. 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati percinque anni dalla data dell’ultima registrazione
4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro societa’ di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
 
3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o societa’ di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi.
 
5. Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all’autorita’ di controllo che ne faccia richiesta. 4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all’autorita’ di controllo qualora ne faccia richiesta
6. I registri sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalita’ fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.
 5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalita’ fissate dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.
 
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico e’ quella di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 7.
 
6-bis. Per le attivita’ di gestione dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e di vendita, secondo le procedure e le modalita’ fissate dall’art. 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni ed integrazioni.  
7. La disciplina di carattere nazionale relativa al presente art. e’ definita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 9, e di cui alla circolare del Ministro dell’ambiente del 4 agosto 1998. 7. Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: in litri la congiunzione: e e’ sostituita dalla disgiunzione: o.
 
8. Sono esonerati dall’obbligo di cui al comma 1 le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e e), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni e fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative. 8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a) relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi.
9. Nell’Allegato 6.C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” e’ sostituita dalla disgiunzione: “o”. 9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registrazione del carico e dello scarico puo’ essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per ciascun codice dell’elenco dei rifiuti.

 
Dalla lettura dell’art. 190 emerge che:

SOGGETTI
dal 25.12.2010 sono tenuti a dotarsi e a compilare il registro di carico scarico SOLO:
1. soggetti di cui all’art. 188-bis che non hanno aderito su base volontaria al SISTRI (art. 190 comma 1)
2. i produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o impresa (art. 190 comma 8).
In ogni caso sono esenti dal registro di carico e scarico i soggetti abilitati allo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto rifiuti in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro  commercio (art. 266 comma 5).
 
 
Le disposizioni transitorie e finali di cui agli artt. 265 e 266 nuovo TUA nulla dicono in proposito, limitandosi a far salve “le vigenti norme regolamentari e tecniche” in attesa dell’emanazione di nuovi Decreti Ministeriali disciplinanti le modalità di raccolta e smaltimento dei rifiuti (art. 265 comma 1).
 
A nulla vale l’art. 39 D. Lgs. 205/2010, il quale stabilisce una disciplina transitoria solo in relazione alle sanzioni applicabili a chi non ottempera al dovere di iscrizione al SISTRI…..iscrizione che peraltro elimina l’obbligo di tenere i registri di carico e scarico.
 
Quanto al DM 12.2010 si precisa che tale provvedimento ha soltanto l’effetto di prorogare il termine di cui all’art. 12 comma 2  del DM 17.12.2009 e di permettere il deposito del MUD 2010 entro il 30.4.2011 e del MUD 2011 entro il 31.12.2011….nulla però statuisce in riferimento sui soggetti tenuti al MUD e al registro di carico scarico.
Il Decreto Ministeriale, poi, è fonte secondaria non avente forza di legge e, quindi, prevalgono in ogni caso le disposizioni di cui al D. Lgs. 205/2010.
 
LUOGO
Il registro di carico scarico deve essere tenuto presso l’impianto di produzione oppure nel sito di produzione laddove la prima soluzione risultasse eccessivamente onerosa.
Il TUA non definisce l’impianto né il sito di produzione, ma solo il produttore del rifiuto, che è quel “soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti” (art. 183 comma 1 lettera f).
I Decreti Ministeriali sul SISTRI utilizzano il termine unità locale.
 
TEMPO
L’art. 190 comma 2 riporta un refuso di stampa, contenuto anche nel D. Lgs. 205/2010, laddove il predicato sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione è privo di soggetto.

 

adminDOVE SI CONSERVANO I REGISTRI DI CARICO E SCARICO?
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AATO – Disciplina transitoria della Regione veneto

Servizio integrato rifiuti


A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati




La Regione del Veneto ha pubblicato in BUR n. 98 del 31.12.2010 due Delibere della Giunta sulla disciplina transitoria delle AATO : DGR n. 2793 del 23.11.2010 e DGR di precisazione n. 3151 del 14.12.2010.
 
Le delibere non tengono conto della intervenuta proroga di vita delle AATO al 31.3.2011 ; tuttavia mantengono importanza proprio per la prossima cessazione di attività delle ATO.
 
Le Delibere integrano la lacuna normativa lasciata dalla legge statale, che ha stabilito la soppressione delle AATO, ma senza prevedere alcun periodo di transizione.
Si ricorda che:
– con Legge Finanziaria 2008 la Regione era chiamata a stabilire gli ambiti ottimali (art. 2 comma 38 L. 24.12.2007, n. 244),
– gli ATO, ai sensi dell’art. 23 bis D.L. 112/2008, convertito con L.133/2008, sono servizi pubblici di rilevanza economica e quindi la scelta del gestore e l’affidamento del servizio devono essere decisi a mezzo di procedura ad evidenza pubblica.
– con L 42/2010 di conversione del D.L. 2/2010 è stato introdotto il comma 186 bis all’art. 2 della Legge Finanziaria 2010, con cui sono state soppresse le AATO.
 
Evidente la necessità di una disciplina transitoria e di coniugare le singole disposizioni normative citate, decise dalla Regione Veneto con DRG 2793/2010 e precisate con DRG 3151/2010.
 
In particolare la Giunta con la Delibera n. 2793 del 23.11.2010  richiede che le Amministrazioni che svolgono  funzioni in materia digestione dei rifiuti urbani si attengano alle indicate linee guida in attesa della emanazione della Legge Regionale di individuazione dei soggetti che sostituiranno le AATO:
 
a.           gli affidamenti effettuati dalle AATO (o dai superstiti Enti responsabili di bacino) tra il 14.12.2010 e l’ 1.1.2011, nonché quelli anteriori la legge regionale di sostituzione AATO, devono rispettare la disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ed avere una durata compatibile con gli interessi legittimi dei nuovi soggetti che verranno individuati con legge regionale ed, in ogni caso, non superiore a tre anni.
b.          I rapporti regolanti i servizi pubblici a rilevanza economica delle  AATO in scadenza prima dell’1.1.2011, possono essereragionevolmente prorogati per un periodo non superiore a due anni dalla loro scadenza, solo qualora la modalità di affidamento del servizio sia conforme alle disposizioni della nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e la prorogabilità sia espressamente prevista dal contratto in essere e l’affidamento sia stato effettuato in conformità  alla normativa allora vigente.
 

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Acque: dal 4.1.2011 riformata parte terza Dlgs. n. 152/2006

Focus: art. 74 comma 2 Dlgs . n. 152/2006
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Il CdM con Dlgs. del 10 dicembre 2010 n. 219 (pubblicato in G.Uff. Del 20 dicembre 2010) ha dato attuazione alla direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e della direttiva 2009/90/CE che sabilisce specifiche tecniche per l’analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque.
La parte terza viene dunque modificata in alcune sue parti e nell’allegato I.
Le modifiche di particolare rilevanza anche applicativa si rinvengono agli articoli 74 e 78 della parte terza.
Si declina di seguito breve schema delle modifiche apportate all’art. 74 al fine di segnalare alcune corpose novità.

Articolo 74 comma 2 Dlgs. 152/2006 come modificato dal
Dlgs. n. 219/2010
 
Art. 74 comma 2 lett.z) Dlgs. n. 152/2006: sostituita z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo statochimico richiesto per conseguire, entro il 22 dicembre 2015, gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell’elenco di priorità di cui alla tabella 1/A della lettera A.2.6 dell’allegato 1 alla parte terza;’
 
Art. 74 comma 2 Dlgs. n. 152/2006: inserite lett. uu-bis; uu-ter; uu-quater; uu-quinquies uu-bis) limite di rivelabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l’analita;
uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilità a una concentrazione dell’analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura piu’ basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;
uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell’esame di proprietà nominali.’;

 

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Proroga Sistri e MUD

a cura di avv. Cinzia Silvestri


 

 
Con Decreto del Ministero dell’ambiente del 22 dicembre 2010 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2010 n. 302 ed in vigore dallo stesso 28 dicembre è stata attuata la proroga Sistri anticipata e promessa.
L’articolo 12 comma 2 del DMA 17 dicembre 2009 prevedeva l’obbligo per i soggetti di cui agli articoli 1,2 del Decreto di adempiere entro il 31 dicembre 2010 anche agli obblighi previsti dagli articoli 190 e 193 del Dlgs. n. 152/2006 (registri carico scarico e formulari cartacei).
Il Ministero ritiene opportuno prorogare il termine del 31 dicembre 2010 “al fine di consentire ai soggetti tenuti di acquisire maggiore familiarità con il Sistri evitando soluzione di continuità nel controllo della tracciabilità dei rifiuti”
 
 

Ed ancora il DMA del 22 dicembre 2010 proroga il termine per la presentazione MUD relativo all’anno 2010 al .
L’articolo 12 comma 1 DM Sistri prevedeva che entro il 31 dicembre 2010 i produttori iniziali di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti al MUD comunichino al Sistri compilando apposita scheda le infirmazioni indicate relative al periodo 2010 precedente l’operatività Sistri sulla base dei dati inseriri nel registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 del Dlgs. N 152/2006
 
 

Mud relativo anno 2010 30/04/10
Mud relativo anno 2011 31/12/11
Adempimento anche obblighi ex articoli 190 e 193 (registri carico e scarico e formulari) 31/05/11

 
 
 
 

Articolo 12 Disposizioni transitorie

1. Entro il 30 aprile 2011, con riferimento alle informazioni relative all’anno 2010, ed entro il 31 dicembre 2011, con riferimento alle informazioni relative all’anno 2011, i produttori iniziali di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, comunicano al Sistri compilando l’apposita scheda le seguenti informazioni, (..) sulla base dei dati inseriti nel registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:
a) il quantitativo totale di rifiuti annotati in carico sul registro, suddiviso per codice Cer;
b) per ciascun codice Cer, il quantitativo totale annotato in scarico sul registro, con le relative destinazioni;
c) per le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, le operazioni di gestione dei rifiuti effettuate;
d) per ciascun codice Cer, il quantitativo totale che risulta in giacenza.
2. Al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema Sistri, per un mese successivo all’operatività del Sistri come individuata agli articoli 1 e 2 i soggetti di cui ai medesimi articoli rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.16 17
3. Il presente decreto è trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione e pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
4. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

 

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