RIESAME A.I.A. – TAR VENETO N. 124/2020

RIESAME A.I.A. – TAR VENETO N. 124/2020

Autorizzazione Integrata Ambientale: in quali casi può essere riesaminata?

Note a T.A.R. Veneto n. 124/2020

 A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


Il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito A.I.A.) è fenomeno complesso, lungo, costoso scandito da numerose conferenze di servizi che si conclude con un provvedimento dell’amministrazione; ne consegue che deve essere attivato dall’ amministrazione in casi specifici, ben indicati dal legislatore (cfr. art. 29-octies d.lgs. n. 152/2006) e in presenza di presupposti che soddisfano la finalità del riesame. La sentenza è occasione per riflettere su alcune questioni e proporre lettura da un punto di vista diverso.

Premessa

La motivazione che permette all’amministrazione di riesaminare l’Autorizzazione Integrata Ambientale(di seguito A.I.A.)impone alcune riflessioni: la motivazione iniziale offerta dall’amministrazione e poi impugnata nelle sedi giudiziali può subire modifica nel corso processuale? L’amministrazione può indicare motivi diversi da quelli iniziali? Ebbene, la sentenza in commento sembra accogliere ogni motivazione, senza preclusioni, purché intervenuta. Vero è che tale apertura mal si concilia con la finalità propria dell’A.I.A. che invece puntualizza casi specifici di riesame, proprio per la gravosa peculiarità del procedimento. Bisogna trovare l’animadell’Autorizzazione, la sua ragione d’essere e la finalitàdel riesameche pare coincidere con la tensione, l’impegno a conseguire, raggiungere le migliori tecniche disponibili(B.A.T.– BEST AVAILABLE TECHNIQUES). Ogni qualvolta la scienza, la tecnica avanza, è possibile riesaminare l’A.I.A.. Attenzione a non confondere il riesame, che è l’impegnativa revisione dei presupposti dalla quale nasce una nuova autorizzazione, dalle modifiche sostanziali (e non sostanziali) della stessa ovvero procedure più snelle con un impatto meno aggressivo. In questo quadro di riferimento il T.A.R., coglie l’importanza della motivazioneiniziale offerta dall’amministrazione e nel contempo indica altre motivazioni, integra i motivi di riesame anche successivi all’apertura del procedimento, forsedimenticando la finalità del riesame stesso. Il T.A.R. Veneto con sentenza n. 124/2020 precisa dunque i presupposti che permettono all’amministrazione (Regione) il riesame dell’ A.I.A. ex art. 29-octies, comma 4, d.lgs. n. 152/2006 evocando però diverse motivazioni tutte collocate in punti diversi della normativa dedicata: dapprima la lettera d)  – novità normative, poi la lett. c) – sicurezza di esercizio, del comma 4, art. 29-octies; infine il comma 1 – norma generale, sempre dell’art. 29-octies d.lgs. n. 152/2006.  La sentenza permette alcune riflessioni.

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Cinzia SilvestriRIESAME A.I.A. – TAR VENETO N. 124/2020
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CSS-combustibile. Agevolazioni dal PNRR

CSS-combustibile. Agevolazioni dal PNRR

CSS-combustibile. Agevolazioni dal PNRR

PNRR – semplice comunicazione o autorizzazione, alle autorità competenti

A cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri – 30.10.2021– Ripubblicato


CSS-combustibile. Agevolazioni dal PNRR.

PNRR declina nell’art. 35 comma 2,3 (DL 77/2021) due ipotesi riferite all’uso di CSS- combustibile:

  • Se la società è già autorizzata in R1, è possibile la sostituzione di combustibili tradizionali (gas metano, legna ecc.) con CSS-combustibile (non rifiuto) con una semplice comunicazione all’autorità competente (comma 2)
  • Se la società non è già autorizzata in R1, è possibile la sostituzione di combustibili tradizionali (gas metano, legna ecc.) con CSS-combustibile (non rifiuto) con un aggiornamento dell’autorizzazione all’autorità competente da ottenere prima dell’utilizzo (comma 3)

L’agevolazione introdotta dal legislatore è duplice:

Il legislatore dichiara che il passaggio da combustibile tradizionale all’utilizzo di CSS-C non costituisce “modifica sostanziale”  ……

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Modello semplificato AUA

DPCM 8 maggio 2015: adozione modello semplificato AUA
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 
Pubblicato in Gazzetta ufficiale del 30 giugno 2015 il Modello semplificato della Autorizzazione Unica Ambientale
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adminModello semplificato AUA
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A.I.A.: Circolare Ministero Ambiente 17.6.2015

AIA: Nuovi chiarimenti del Ministero Ambiente
Circolare del Ministero Ambiente del 17.6.2015
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


 
Il Ministero Ambiente raccoglie nella circolare del 17 giugno 2015 le perplessità ed i quesiti manifestati da più parti sull”applicazione del Dlgs. 46/2014 che ha riformato l’AIA.
La Circolare si aggiunge a quella del 27.10.2014 (leggi articolo su questo sito)
Molti gli argomenti “chiariti” dalla Circolare: scorie e ceneri, depuratori acque reflue…
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adminA.I.A.: Circolare Ministero Ambiente 17.6.2015
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Nuova A.I.A.: Circolare Regione Lombardia

Circolare Regione Lombardia del 4.8.2014: chiarimenti sulla nuova A.I.A.
segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente – Cinzia Silvestri


La Regione Lombardia ha emanato Circolare, nel tentativo di chiarire alcuni punti oscuri del nuovo testo AIA.
Non sono interpretazioni cogenti ma indicano la problematica che dovrà essere poi chiarita dal Ministero.
Circolare  Regione Lombardia 

adminNuova A.I.A.: Circolare Regione Lombardia
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DPR 59/2013 : Regolamento – autorizzazione Unica Ambientale

Autorizzazione Unica Ambientale : pubblicato il Regolamento DPR 59/2013
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Pubblicato (Gazz. Uff. 29.5.2013) DPR 13 marzo 2013 n. 59 che entrerà in vigore il 13.6.2013
Si riporta l’art. 3 del DPR che fissa a 15 anni la validità della AUA:
 

Salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, i gestori  degli
impianti di cui all'articolo 1 presentano domanda  di  autorizzazione
unica ambientale nel caso in cui siano assoggettati, ai  sensi  della
normativa  vigente,  al  rilascio,  alla  formazione,  al  rinnovo  o
all'aggiornamento di almeno uno dei seguenti titoli abilitativi:
    a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del  titolo  IV
della sezione II della Parte terza del decreto legislativo  3  aprile
2006, n. 152;
    b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n.  152,  per  l'utilizzazione  agronomica
degli effluenti  di  allevamento,  delle  acque  di  vegetazione  dei
frantoi oleari e delle acque reflue  provenienti  dalle  aziende  ivi
previste;
    c)  autorizzazione  alle   emissioni   in   atmosfera   per   gli
stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152;
    d) autorizzazione generale di cui all'articolo  272  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
    e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8,  commi  4  o
comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;
    f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal  processo
di depurazione in agricoltura  di  cui  all'articolo  9  del  decreto
legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;
    g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e
216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  2. Nel rispetto della disciplina comunitaria e nazionale vigente in
materia, le regioni e le province autonome di  Trento  e  di  Bolzano
possono individuare ulteriori  atti  di  comunicazione,  notifica  ed
autorizzazione in materia  ambientale  che  possono  essere  compresi
nell'autorizzazione unica ambientale.
  3. E' fatta comunque salva la facolta' dei gestori  degli  impianti
di non avvalersi dell'autorizzazione unica ambientale nel caso in cui
si tratti di attivita'  soggette  solo  a  comunicazione,  ovvero  ad
autorizzazione di carattere generale, ferma restando la presentazione
della comunicazione o dell'istanza per il tramite del SUAP.
  4. Nei casi in cui si procede alla verifica di cui all'articolo  20
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'autorizzazione unica
ambientale puo' essere richiesta solo dopo che l'autorita' competente
a tale verifica  abbia  valutato  di  non  assoggettare  alla  VIA  i
relativi progetti.
  5. L'autorizzazione unica ambientale contiene  tutti  gli  elementi
previsti dalle normative di settore per le autorizzazioni e gli altri
atti che sostituisce e definisce  le  modalita'  per  lo  svolgimento
delle  attivita'  di   autocontrollo,   ove   previste,   individuate
dall'autorita' competente tenendo conto della dimensione dell'impresa
e del settore di attivita'. In caso di scarichi  contenenti  sostanze
pericolose, di cui all'articolo 108 del decreto legislativo 3  aprile
2006, n. 152, i gestori degli impianti autorizzati devono presentare,
almeno ogni quattro anni,  una  comunicazione  contenente  gli  esiti
delle attivita' di autocontrollo all'autorita' competente,  la  quale
puo'  procedere  all'aggiornamento  delle  condizioni   autorizzative
qualora  dalla  comunicazione  emerga  che  l'inquinamento  provocato
dall'attivita' e dall'impianto e' tale da renderlo  necessario.  Tale
aggiornamento non modifica la durata dell'autorizzazione.
  6. L'autorizzazione di cui al presente articolo ha  durata  pari  a
quindici anni a decorrere dalla data di rilascio. 

Regolamento 

adminDPR 59/2013 : Regolamento – autorizzazione Unica Ambientale
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Conferenza servizi: termine

Conferenza servizi: termine
TAR Torino n. 1291/2012
Autorizzazione unica ex art. 12 Dlgs. 387/2003
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il TAR di Torino affronta questione non pacifica.
La sentenza presenta numerosi spunti di riflessione e precisa anche in merito ai tempi concessi dal legislatore per la adozione del provvedimento finale.
Il Caso deciso dal TAR prende origine dalla richiesta di una società alla Provincia di Alessandria di autorizzazione ex art. 12 D.lgs 387/03 all’installazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da 195 Kwe, alimentato con biocombustibili forestali e agricoli.
Il procedimento, nel corso del quale si è riunita per tre volte la conferenza dei servizi si è concluso con la determina del 25.11.11.
La determina della Provincia di Alessandria autorizzava l’impianto in questione, subordinando l’assenso:
A) all’espressione del parere definitivo della Soprintendenza per i Beni Archeologici e all’osservanza delle prescrizioni con esso impartite;
B) al rispetto delle indicazioni contenute nel parere favorevole del Comune di Carrosio,
C) all’osservanza di ulteriori prescrizioni tecniche dettagliate in appositi allegati.
La determina veniva impugnata in via principale con varie censure.
Una delle censure, oggetto di questo breve focus, riguarda la:
violazione dei termini massimi di svolgimento della conferenza dei servizi – previsti dall’art. 14 ter L. 241/90 e 14.11 dell’allegato 1 del D.M. 10.09.10 – essendo stati sospesi per tre volte i termini per la presentazione delle integrazioni richieste alle amministrazioni, nonostante le disposizioni citate consentano la richiesta di documentazione o di chiarimenti in un’unica soluzione.
La questione relativa alle lungaggini della conferenza di servizi e’ controversa e non pacifica.
La sentenza sembra un po’ forzare la lettera della norma al fine di giustificare l’azione amministrativa
ponendosi però nel solco di un orientamento già presente nella giurisprudenza e ad oggi non più unitariamente condiviso.
TERMINI
Il TAR disserta sulla doglianza relativa alla tardività e violazione dei termini.
Il TAR osserva invero che “…solo in sede di prima conferenza dei servizi sono state richieste integrazioni alle amministrazioni partecipanti, mentre nelle altre due conferenze i termini del procedimento sono stati sospesi per 60 giorni per consentire ulteriori integrazioni spontanee da parte delle amministrazioni, sulla base delle osservazioni emerse in sede collegiale…”
-Già questo rilievo desta perplessità perché sembra porre differenza tra le integrazioni spontanee e quelle imposte; quasi che le integrazioni spontanee non abbiano valore di sospensione.
Vero e’ che il TAR richiama proprio gli articoli di riferimento ( che sembrano deporre in senso contrario) ovvero “…Sul punto vengono in rilievo
-l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 ( “in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento”), e
-l’art. 14.11 del D.M. 10.09.2010 (“nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame del progetto sulla base degli elementi disponibili”).
TERMINE ACCELERATORIO
Il richiamo normativo però’ non risolve la questione nel senso voluto dal TAR che subito conclude: “….In mancanza delle indispensabili specificazioni da parte della norma in ordine agli effetti ed alle conseguenze dell’inerzia, il Collegio ritiene che si tratti di termini acceleratori, il cui superamento non priva l’ente procedente del potere di adottare il provvedimento finale, bensì abilita il soggetto richiedente a sollecitare, anche giudizialmente, la conclusione del procedimento.
Il TAR dunque torna a quell’orientamento che ritiene non essenziale e non perentorio il termine del procedimento per l’adozione del provvedimento finale in seno alla conferenza dei servizi.
Continua il TAR:
“Nello stesso senso è un precedente di questo Tribunale secondo il quale la norma che impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione “non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime”.
PRINCIPIO DI NON AGGRAVAMENTO DEL PROCEDIMENTO
Di interesse il prosieguo del ragionamento del TAR che apre ad una interpretazione su cui riflettere.
Il TAR dopo avere asserito che la violazione del termine in se’ non comporta la illegittimità del provvedimento in quanto l’amministrazione può utilmente provvedere anche in un secondo momento precisa che semmai:
“… potendo l’illegittimità scaturire unicamente dalla violazione del principio di non aggravamento del procedimento che sottende la disposizione in parola, per cui la violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura” …
La illegittimità discende dalla protrazione ingiustificata della procedura.
Nulla di più discrezionale, dunque.
Il TAR procede a verificare se le ulteriori richieste di documentazione – che sono frutto delle molteplici conferenze di servizi – concretino la ingiustificata protrazione del procedimento e dunque l’ aggravio dello stesso.
Continua il TAR:
“…D’altra parte, l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 tanto prevede al chiaro fine di non aggravare il procedimento, nel rispetto del principio di cui all’art. 1, co. 2, della stessa legge ed in favore del soggetto proponente; nel caso di specie le due integrazioni (successive alla prima conferenza) sono state originate da specifiche richieste delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento, a cui la Provincia ha corrisposto, in tal modo consentendo di approfondire l’esame del progetto e di migliorarne le caratteristiche tecniche….”
E’ palese che questa motivazione – che giustifica l’indiscriminato dilatarsi dei tempi per la conclusione del procedimento a discrezione della amministrazione – e’ facile pretesto, stante la genericità, per ogni amministrazione .
RIPENSAMENTO
Ed invero il TAR sembra accorgersi della debolezza dell’assunto e chiude il proprio ragionamento attribuendo invero ad altra motivazione la cesura della doglianza.
Conclude il TAR:
“…Resta da rilevare che, se la norma in esame è stata predisposta dal Legislatore nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza oggetto di delibazione in seno alla conferenza di servizi – in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima – legittimato a dolersi della sua violazione è unicamente il soggetto promotore del progetto, discendendone che la censura in tal modo spiegata dai ricorrenti, che rivestono il ruolo di parte controinteressata sostanziale, si configura inammissibile per carenza di legittimazione (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 settembre 2009 n. 2292).
La doglianza sulla violazione del termine di conclusione del procedimento dunque non viene accolta solo perché è stata sollevata da soggetto non legittimato ….e non perché adottata nei termini.
Giova anche evidenziare che il TAR richiama la ratio della stessa conferenza dei servizi che stride con quanto precisato dalla stessa sentenza “…in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima…”.
La dissertazione sul termine pare dunque inutile ed anzi foriera di interpretazioni che avvallano la lesione della rapida conclusione del procedimento, come ricordato dallo stesso TAR e come ribadito da altre sentenze.

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Triturazione della plastica: quesito

Triturazione della plastica: Cassazione penale n. 25203/2012
Quesito
a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi
Quesito
Vorrei lavorare, valorizzandolo, del triturato di materie plastiche da sfridi industriali. Mi vengono proposti come materie prime seconde. Sono da considerarsi effettivamente delle MPS – e quindi li posso inserire nel mio processo industriale di valorizzazione di prodotto e commerciale – o debbo possedere l’autorizzazione al trattamento di rifiuti non esercendo attività R3 né attività R13 né essendo utilizzatore diretto?
Risposta
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25203 del 26 giugno 2012, ha precisato che l’attività di triturazione di plastica va qualificata a tutti gli effetti come un’operazione di recupero e che, pertanto, di tale rifiuto il possessore abbia l’obbligo di disfarsi secondo quanto disciplinato dal Dlgs 152/2006 (autorizzazioni, formulario etc…)

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AIA e VIA/biomasse e inceneritore

AIA, VIA e impianti di incenerimento
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 maggio – 17 ottobre 2012, n. 5299
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il Consiglio di Stato precisa i rapporti tra AIA e VIA e soprattutto indica la differenza spesso dimenticata tra impianto di incenerimento e coincenerimento.
La sentenza e’ articolata ma si selezionano alcuni passaggi importanti e significativi:
RAPPORTI TRA VIA e AIA
Spesso si dimentica la finalità delle due procedure previste dal Dlgs. 152/2006; procedure che dialogano tra loro ma mantengono autonomia.
Cita la sentenza: “….In ordine ai rapporti tra valutazione di impatto ambientale e autorizzazione integrata ambientale deve rilevarsi che mentre
-la prima si sostanzia in una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternativi possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero (C.d.S., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2234; 30 settembre 2009, n. 5893; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246), investendo propriamente gli aspetti localizzativi e strutturali di un impianto (e più in generale dell’opera da realizzare),
-la seconda, introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, è atto che sostituisce, con un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano invece precedentemente necessari per far funzionare un impianto industriale inquinante (assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati in gioco) e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto.
PROGETTO: ESATTA QUALIFICAZIONE
La questione discussa in sentenza trae origine dalla qualificazione dell’impianto come centrale di produzione elettrica da alimentare con fonti rinnovabili biomasse oppure impianto di incenerimento.
La sentenza precisa: “….Come si evince dal già menzionato Supplemento al Rapporto Istruttorio, la Società….. ha presentato in data 25 gennaio 2008, quale autorità proponente, la domanda di avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale relativa al progetto di “Ammodernamento tecnologico e interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica di Scarlino da alimentare con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR e CDR-Q)”.
E’ solo rispetto a tale progetto che è stato avviato il relativo procedimento (con relativa pubblicità) ed è rispetto ad esso che, come risulta sempre dal predetto Rapporto, il Comitato d’inchiesta pubblica ha evidenziato (punto 1 e punto 10) che il combustibile da utilizzare previsto nel progetto rendeva l’impianto diverso da quello già esistente, trasformandolo da centrale di energia elettrica in inceneritore: sul punto lo stesso soggetto proponente, già in sede di osservazioni alle valutazioni del Comitato di inchiesta pubblica, ha sostanzialmente ammesso tale situazione, affermando, come riportato testualmente nel Rapporto, che “…la qualifica giuridica dell’impianto (inceneritore/coinceneritore) è irrilevante ai fini della valutazione di impatto ambientale del progetto presentato e non si traduce automaticamente in una omessa valutazione preventiva del progetto derivante dall’impiego dei rifiuti come combustibili.
QUALIFICA IMPIANTO
Continua la sentenza:”…La qualificazione dell’impianto come inceneritore oppure come un coinceneritore rileva esclusivamente in fase di esercizio e, dunque, è una valutazione tipica dell’autorizzazione integrata ambientale, tanto che il D. Lgs. N. 133/2005 impone prescrizioni di esercizio diverse in relazione alle due tipologie di impianti”.
Giova aggiungere che il Rapporto in questione sul punto in esame conclude nel senso che “…considerato che dagli elementi resi disponibili non si evidenzia una prevalenza certa della “funzione principale” dell’impianto nella produzione di energia, si ritiene che detto impianto debba essere qualificato come impianto di incenerimento. La qualificazione è coerente con la documentazione progettuale presentata in sede di VIA che descrive un impianto per il trattamento termico dei rifiuti (CDR). Tale qualificazione fornisce, inoltre, maggiori garanzie di tutela per l’ambiente e per la salute”.
8.2. Sennonché proprio tali conclusioni confermano la correttezza della sentenza impugnata.
Infatti, anche ammesso che nel corso del procedimento il progetto originariamente presentato dalla società Scarlino Energia s.r.l. non sia stato minimamente modificato, non può nondimeno negarsi che esso concerneva (solo) l’ammodernamento tecnologico ed interventi di riqualificazione ambientale ed energetica della centrale elettrica esistente e non già la realizzazione di (o la sua trasformazione in) un inceneritore.
Né è decisiva, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, la circostanza che la centrale elettrica fosse alimentata con fonti rinnovabili (biomasse) e non convenzionali (CDR o CDR-Q) e che in particolare, essendo il CDR ed il CDR – Q un rifiuto, si fosse evidentemente in presenza di un inceneritore.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che la materia dell’incenerimento dei rifiuti è oggetto di una speciale normativa (D. Lgs. 11 maggio 2005, n. 133 “Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, di cui peraltro non vi è traccia di sicura e puntuale osservanza nella fattispecie in esame, non essendo sufficiente a tal fine meri generici riferimenti), dalla quale si evince che costituisce impianto di incenerimento (art. 2, lett. d), “qualsiasi unità o attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico dei rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione” e che costituisce impianto di coincenerimento (art. 2, lett. e) “qualsiasi impianto fisso o mobile, la cui funzione principale consiste nella produzione di energia e di materiali che utilizzano rifiuti come combustibile normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a trattamento termico ai fini dello smaltimento. L’ultimo periodo della citata lett. e) dell’articolo 2 precisa che “Se il coincenerimento avviene in modo che la funzione principale dell’impianto non consista nella produzione di energia o di materiali, bensì nel trattamento termico dei rifiuti, l’impianto è considerato un impianto di incenerimento ai sensi della lettera d)”.
AMMINISTRAZIONE
Pertanto, l’amministrazione, appurata tale divergenza (che non è meramente formale e non rileva soltanto dal punto di vista terminologico), piuttosto che concludere il procedimento di V.I.A., imponendo prescrizioni ai fini del successivo rilascio dell’A.I.A., avrebbe dovuto invitare la società proponente il progetto a precisare e specificare effettivamente il progetto presentato, chiarendo se esso consisteva effettivamente in un ammodernamento di quello procedente oppure in una trasformazione di quello già esistente in inceneritore, ciò non solo ai fini della correttezza della fase di pubblicità, ma anche al fine di valutare la adeguatezza e la completezza del procedimento di V.I.A. (proprio in ragione della diversità dell’impianto).
Si rinvia alla sentenza

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Requisiti autorizzazione: quesito

Quesito*
A cura Studio Legale Ambiente
Segnalazione di Dario Giardi
Ho richiesto alla Provincia per una societa’ che effettua recupero di rottami metallici, autorizzazione alla messa in riserva R13 e recupero R4; ottenute le autorizzazioni, provvederò alla Certificazione ai sensi del Reg. Ue 333/11 in modo tale da poter produrre “Non rifiuti”. L’iter è sempre stato: ottenimento autorizzazioni in Provincia e successiva Certificazione da parte di Ente Terzo.
La Provincia e’ in dubbio e mi oppone che prima di ottenere l’R4 la Ditta deve certificarsi….. ma nessuno ti certifica se prima non hai le autorizzazioni necessarie… ..
Chiedo a Lei quale sia l’iter corretto.
Risposta
L’iter fino ad ora seguito sembra corretto visto che l’articolo 208 del Dlgs 152/2006 individua espressamente, per l’ottenimento dell’ autorizzazione, una serie di condizioni e prescrizioni tra le quali non figura assolutamente il requisito della pre-certificazione. Tale documentazione rimane volontaria e pertanto non ostativa al rilascio dell’autorizzazione
* Le risposte ai quesiti sono indicative ed solo informative.

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Autorizzazione Unica Ambientale: in attesa del Regolamento

Autorizzazione unica ambientale : in attesa del Regolamento
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
Il vocabolario Ambientale si arricchisce di una nuova sigla ovvero A.U.A. , l’ autorizzazione unica ambientale il cui Regolamento dovrebbe avere luce a breve.
Una breve anticipazione e’ già pubblicata su questo sito con riferimento alla L. 35/2011.
In attesa del Regolamento il Governo riassume le novità
.

adminAutorizzazione Unica Ambientale: in attesa del Regolamento
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Appalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001

 Appalti, Acque e responsabilità amministrativa Società ex Dlgs. 231/2001
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostante pericolose ( tab. 5 e 3/A allegato 5) senza autorizzazione (art. 137 comma 2); la violazione tabellare (tab. 3/A) ex art. 137 comma 5 ); la violazione del divieto di scarico sul suolo (art. 103) e sottosuolo e acque sotteranee (art. 104) …
comportano sanzioni gravi per colui che commette il reato; sanzioni che si riflettono anche sulla Società che viene colpita ex Dlgs. 231/2001 non solo da pesanti saznzioni ma anche da misure interdittive che si riflettono di conseguenza anche sulla possibilità di accedere alle gare.
E’ utile ricordare dunque che il Dlgs. 163/2006 ss.m. all’art. 38 comma 1 lett. m) esclude la possibilità di partecipare alle gare pubbliche le società colpite da sanzione interdittiva di “divieto di contrarre con la P.A.”.
Recita invero la lettera m) dell’art. 38:
“..nei cui confronti è stata applicata la sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo dell’8 giugno 2001 n. 231 ….”
L’art. 9 comma 2 del Dlgs. 231/2001 precisa invero che “… Le sanzioni interdittive sono:
a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Il Dlgs. 121/2011, con vigenza dall’agosto del 2011, ha introdotto i reati ambientali come reati presupposto.
La lettura del combinato disposto di cui agli artt. 137 Dlgs. 152/2006, art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001, art. 38 comma 1 lett. m) Dlgs. 163/2001 porta a concludere la Società che veda il proprio dipendente/dirigente o altro subire con condanna il processo penale per i reati di cui ai commi 2,5,11 Dlgs. 152/2006 potrebbe trovarsi interdetta la strada di ammissione ai pubblici appalti qualora intervenga inderdizione a contrarre con la P.A..
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote

 

adminAppalti, Acque, responsabilità Società ex Dlgs. 231/2001
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RIFIUTI: trasporto illecito

RIFIUTI: TRASPORTO ILLECITO
Art. 256 coma 4 Dlgs. 152/2006
Corte di Cassazione – Sentenza 10 maggio 2012, n. 17460
A cura avv. Cinzia Silvestri
La sentenza pone il rilevante dubbio sulla individuazione della mera attività di movimentazione e quella di trasporto in relazione al sito in cui si svolge il deposito temporaneo ed anche con riferimento alle attività svolte sotto l’egida dell’ art. 230.
Pur dovendo fare riferimento al caso specifico trattato -che presenta particolarità – la sentenza suggerisce un ripensamento in concreto delle attività svolte ai fini della corretta applicazione della normativa sui rifiuti.
Il caso:
Veniva disposto il sequestro preventivo di autocarro utilizzato per trasporto di rifiuti speciali (terre, sabbie, sassi, conglomerati cementizi e pezzi di asfalto di varie dimensioni) effettuato senza l’osservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nell’atto abilitativo rilasciato da societa’ proprietaria del veicolo per violazione dell’art. 256 comma 4 Dlgs. 152/2006.
II Tribunale del riesame contesta alla società, regolarmente iscritta all’albo, che il titolo abilitativo “non è esteso al trasporto di rifiuti diversi dalle “terre” ed in esso viene prescritto altresì che il trasporto di queste ultime ……deve essere accompagnato da copia del provvedimento di iscrizione corredata dalla dichiarazione di conformità all’originale resa dal legale rappresentante dell’impresa.
Nella specie, invece, il trasporto effettuato dall’autocarro in sequestro riguardava anche sassi, conglomerati cementizi e pezzi di asfalto di varie dimensioni ed esso non era accompagnato da alcun documento…”.
RIFIUTI DA MANUTENZIONE
Il Tribunale riporta la tesi difensiva volta a inquadrare il trasporto nella attivita’ manutentiva ex art. 266 comma 4 Dlgs. 152/2006.
” Si prospetta in ricorso che l’autocarro sequestrato non stesse effettuando un trasporto di “rifiuti, poiché, ai sensi dell’articolo 266, 4° comma, del Dlgs 152/2006, “I rifiuti provenienti da attività di manutenzione … si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività”.
Il materiale trasportato……avrebbe assunto la qualificazione di “rifiuto” solo dopo avere raggiunto il sito dove sarebbe stato legittimamente scaricato in “deposito temporaneo” in quanto si tratterebbe di area di cui la (societa’) avrebbe ottenuto la disponibilità dalla società …(appaltante)…”
Tale collegamento consentirebbe di considerare anche detta area “luogo di produzione dei rifiuti”, poiché essa sarebbe assimilabile alla sede/domicillo della società che materialmente eseguiva i lavori di manutenzione (la cui sede legale era ….. in Brescia).
Art. 230 Dlgs. 152/2006
Risponde il Collegio che “…più pertinente sarebbe stato il richiamo al primo comma dell’articolo 230 del Dlgs 152/2006, ove viene prevista una eccezione alla regola generale del divieto di creazione del deposito temporaneo in luogo diverso da quello di produzione nelle ipotesi non di manutenzione generica bensì di manutenzione specifica di reti ed infrastrutture…”
CONTESTAZIONE
Vero e’ che non si discute nel caso in esame di deposito temporaneo bensi’ “...
di un trasporto di rifiuti, verso il luogo individuato per il deposito temporaneo, senza l’osservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione; sicché, in relazione alla …… violazione dell’articolo 256, 4° comma, del Dlgs 152/2006, non può certo affermarsi che a quelle prescrizioni non dovesse ottemperarsi quando pure il luogo di deposito temporaneo potesse ritenersi legittimamente individuato.
MOVIMENTAZIONE e TRASPORTO
Il Collegio richiama la distinzione tra l’attività di :
“movimentazione”: non necessita di alcuna autorizzazione
“trasporto” dei rifiuti, : rientra nella “gestione” ai sensi dell’articolo 183, comma 1 — lett. n), oggetto di specifica autorizzazione in quanto tale (con la conseguenza che solo dopo l’inizio del deposito temporaneo comincerebbe la gestione dei rifiuti in senso tecnico e l’obbligo di rispettarne regole e prescrizioni).
GESTIONE
Precisa la Corte che “non può affermarsi la decorrenza della gestione dei rifiuti in senso tecnico solo dopo l’inizio del deposito temporaneo:
a) sia perché nulla è dato sapere circa l’effettiva osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge per considerare legittima detta forma di deposito;
b) sia perché non vi è stata movimentazione all’interno di uno stesso compendio nel luogo reale di produzione dei rifiuti, bensì trasferimento comportante instradamento da tale luogo a quello giuridico di produzione.
In tale situazione il trasporto in sé va considerato già attività di gestione di rifiuti e per “rifiuto”, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi (o abbia l’intenzlone o l’obbIigo di disfarsi), restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo recupero.

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Responsabilità omesso controllo autorizzazione: art. 260 Dlgs. 152/2006

Responsabilità omesso controllo autorizzazioni – art. 260 Dlgs. 152/2006
Corte di Cassazione penale – Sentenza 10 aprile 2012, n. 13363
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Il caso prende origine dalla contestazione dell’art. 53 bis del Dlgs. 22/97. (attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti – articolo inserito con L. 93/2001) che trova corrispondente nell’art. 260 Dlgs. 152/2006
 
L’art. 260 disciplina quelle attività organizzate per il traffico illecito.
Si realizza in genere a mezzo di comportamenti reiterati in violazione alle attività di GESTIONE. Coinvolge tutti i soggetti anche intermediari, commercianti ecc…
 
La sentenza attua il principio della corresponsabilità di cui all’art. 178  e chiarisce la distinzione tra la
1)   mera omissione di controllo della esistenza delle autorizzazioni altrui
2)   la consapevolezza da parte degli imputati dei provvedimenti ablativi o sospensivi delle autorizzazione degli impianti .
 
Ed invero gli imputati agivano nel tempo e reiteratamente con la consapevolezza della mancanza di autorizzazioni ed anche modificando il FIR.
Sulla mera omissione del controllo della esistenza delle autorizzazioni gli imputati si difendevano deducendo che : “..di verificare che il destinatario dei rifiuti sia munito delle prescritte autorizzazioni, in quanto la violazione di tale obbligo non comporta l’automatica applicazione di sanzioni ovvero la perdita automatica dell’iscrizione all’albo medesimo come affermato in sentenza.
Risponde la Corte precisando che : “la violazione dell’obbligo di verifica della regolarità delle autorizzazioni dei destinatari dei rifiuti è comunque produttiva di sanzioni,…”.
La Corte richiama l’art. 178 del Dlgs 152/2006 e l’orientamento che ritiene:
1)    “…la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse,
2)    il cui svolgimento richiede la cooperazione e la responsabilizzazione di tutti i soggetti che se ne occupano…”
 
Continua la Corte: “…Emerge, infatti, dall’esame degli articolo 188, 193 e ss. del Dlgs 152/2006 che tutti i soggetti che intervengono nel circuito della gestione dei rifiuti sono responsabili non solo della regolarità delle operazioni da essi stessi posti in essere, ma anche di quelle dei soggetti che precedono o seguono il loro intervento mediante l’accertamento della conformità dei rifiuti a quanto dichiarato dal produttore o dal trasportatore, sia pure tramite la verifica della regolarità degli appositi formulari, nonché la verifica del possesso delle prescritte autorizzazioni da parte del soggetto al quale i rifiuti sono conferiti per il successivo smaltimento.
È, perciò, evidente che l’inosservanza degli obblighi imposti dalla legge, oltre ad integrare le fattispecie contravvenzionali previste dal testo unico sull’ambiente, può essere valutata quale elemento indiziario dell’elemento psicologico che integra le ipotesi delittuose previste in detta materia….”
Si badi che la Corte precisa: “gli imputati non sono responsabili del mero omesso controllo della esistenza e validità delle autorizzazioni delle quali dovevano essere in possesso i siti di conferimento dei rifiuti, ma avevano la piena consapevolezza che dette autorizzazioni erano inesistenti o scadute di validità, cosi configurandosi gli elementi soggettivo ed oggettivo del reato loro ascritto.
La prova della “consapevolezza” e pertanto dell’agire delittuoso degli imputati viene desunto da prove processuali quali:
1)   intercettazioni telefoniche
2)   operazioni di controllo della polizia giudiziaria, “..che hanno verificato conferimenti di rifiuti all’impianto di Milano avvenuti in modo assolutamente clandestino, del tutto “in nero”.
 

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ATO, conseguenze abrogazione

ATO, conseguenze della abrogazione
Consiglio di Stato n.  2117 del 13.4.2012
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Si segnala la sentenza 2117/2012 pronunciata dal Consiglio di Stato il 13.4.2012.
La sentenza si distingue per l’attenzione a problema attuale ovvero quello delle competenze dell’ATO e delle conseguenze alla Sua abrogazione.
 Il Consiglio di Stato accoglie le doglianze della Società contro la Provincia ribaltando la decisione del TAR Latina che aveva invece accolto le doglianze della Provincia.
 
Scrive il Consiglio di Stato: “Gli a.t.o. – ora soppressi con l’art. 2 co. 186bis della L. 23 novembre 2009 n. 191 – andavano istituiti da parte delle Regioni, sentiti le province ed i comuni interessati, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 – art. 200 co. 2 – ma tale istituzione non era obbligatoria, tanto è che le stesse Regioni potevano adottare modelli alternativi, ove fossero stati compatibili con un adeguato piano regionale dei rifiuti, nel rispetto degli obiettivi strategici fissati dalla normativa statale – art. 200 co. 7.
Il tenore della norma, la larga autonomia riservata alle Regioni rappresentata dalla non stringente obbligatorietà della formazione degli a.t.o. e l’assenza di misure sostitutive straordinarie in caso di inerzia, dimostrano che il termine di sei mesi aveva carattere ordinatorio e che dunque l’istituzione degli a.t.o. rispondeva a ragioni di buona amministrazione e non ad un termine vincolato.
Perciò dalla mancata istituzione di tali figure organizzatorie non poteva che derivare la continuatività delle competenze previste dalla legislazione anteriore, non essendo ipotizzabile la paralisi dell’esercizio dei poteri, tra l’altro in una materia sensibile come quella dei rifiuti”.
 Ebbene.
Oggetto del contendere è l’aggiornamento di AIA ad opera della Regione Lazio ad una società a partecipazione maggioritaria pubblica per la realizzazione di un impianto di trattamento, recupero e valorizzazione di rifiuti non pericolosi.
La Provincia impugnava il provvedimento di rinnovo AIA avanti al TAR, che accoglieva la difesa della P.A.
Il TAR invero riconosceva la mancata applicazione dell’art. 14 quater L. 241/90, poiché la Regione non aveva tenuto conto del dissenso manifestato dalla Amministrazione Provinciale in merito alla localizzazione dell’impianto.
 
La sentenza 2117/2012 vede pienamente vittoriosa la difesa della società di gestione dei rifiuti.
Ed invero il Consiglio di Stato così decide:
1. ATO – competenza ATO.
L’art. 200 co. 2 D.Lgs. 152/06 suggerisce, ma non impone l’istituzione delle ATO, ben potendo la Regione adottare modelli alternativi nel rispetto e in attuazione del piano regionale dei rifiuti: l’istituzione degli A.T.O. rispondeva a ragioni di buona amministrazione e non ad un termine vincolato (art. 200 comma 7 T.U.A.)
 Ne consegue che il termine per l’individuazione degli ambiti ottimali è ordinatorio e il mancato rispetto è privo di conseguenze.
La pianificazione regionale, ex art. 199 T.U.A. compete alle Regioni e non alle Province e dunque a nulla vale il contenuto del piano amministrativo fatto valere dalla Provincia, superato dal successivo piano regionale.
 In assenza di ATO, dunque, permane la vigenza della disciplina anteriore, non essendo ipotizzabile la paralisi dell’esercizio dei poteri, tra l’altro in materia sensibile come quella dei rifiuti.
 Importante inciso è espresso dai Giudici quanto alla incompetenza assoluta della Provincia in materia di affidamento del servizio di gestione rifiuti, in quanto è del tutto palesemente estranea non solo alle attribuzioni della Provincia, ma quest’ultima non è nemmeno titolare di legittimazione che attiene alla tutela della concorrenza degli operatori economici del settore.
 2. VIA – conferenza di servizi
Il capo di sentenza sul punto deve essere letto considerando la vecchia formulazione dell’art. 26 D.Lgs. 152/06:
Il provvedimento di valutazione di impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta, assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o intervento inclusa, nel caso di impianti che ricadono nel campo di applicazione del D.Lgs. 59/2005, l’autorizzazione integrata ambientale”.
Alla luce di tale disciplina il Consiglio di Stato ritiene tardivo il dissenso della Provincia espresso in conferenza di servizi per il rinnovo dell’AIA, in quanto le problematiche inerenti la localizzazione dell’impianto dovevano avanzarsi, semmai, in sede di rilascio di VIA.
L’esito favorevole del procedimento di VIA ha avuto carattere assorbente e ciò valga a tacitare ogni doglianza della Provincia.
 

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Legge n. 35/2012: decreto "semplificazioni"

<h3>DL. 5/2012 convertito in legge n. 35 del 4 aprile 2012
 

Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente

La produzione normativa del Governo/Parlamento è incalzante.

Ultima in ordine di tempo è la conversione in Legge del Decreto Legge n. 5/2012 sulle “semplificazioni” (L. 35 del 4 aprile 2012 pubblicata Gazz. uff. 82 del 6 aprile 2012)

 

A dire il vero la lettura dei testi pare suggerire che il legislatore (o Governo) abbia inteso scrivere dei “canovacci” legislativi sui quali poi integrare, modificare. Sembrano, più che Leggi, dei buoni propositi, dichiarazioni di intenti che rimangono incompiuti e rimandano a futuri Regolamenti, future disposizioni.  L’effetto applicativo è complesso.

Si assiste in molteplici disposizioni all’intento di diminuire il contenzioso colpendo per lo più le tasche dei cittadini e di coloro che producono “contenzioso” (non importa se con ragione e nell’esercizio del loro diritto).

Poco si è fatto invece per ridurre il contenzioso all’origine redigendo NORME CHIARE, SEMPLICI ALLA LETTURA E DI CONCRETA APPLICAZIONE.

Si dimentica che la norma chiara e sottratta alla facile ed arbitraria interpretazione  riduce di per se’ il contenzioso .

Ebbene in questo contesto si segnalano le Leggi che interessano il settore ambiente :

DL. 1/2012 “Liberalizzazioni” convertito in Legge n. 27/2012 e già al vaglio del parlamento per nuove modifiche ed integrazioni

DL .2/2012″ Ambiente” convertito in Legge n. 28/2012

DL. 5/2012 “Semplificazioni” convertito in Legge n. 35/2012

adminLegge n. 35/2012: decreto "semplificazioni"
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L. n. 35/2012 e autorizzazione unica ambientale

Autorizzazione Unica Ambientale
DL 5/2012 art. 23 convertito in legge n. 35 del 4 aprile 2012 (Gazzetta Uff. n. 82 – 6 aprile 2012)

a cura di avv. Cinzia Silvestri

Il Parlamento ha convertito con L. n. 35 del 4 aprile 2012  il DL n. 5/2012 con poche modifiche. Si richiama e si aggiorna articolo già pubblicato su questo sito.

Il Parlamento conferma l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri ampliando le categorie oggetto di semplificazione ovvero

1)    PMI (piccole e medie imprese) e

2)    per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale,

Il Parlamento aggiunge all’art. 23 il comma 2bis : “2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.

Ebbene

1)Autorizzazione integrata ambientale: le novità non incidono sulla AIA disciplinata dagli articoli 29 bis e ss. del Dlgs. N. 152/2006 ” ..Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″

2) i soggetti interessati alla “semplificazione” sono a) le PMI ; b) gli impianti non soggetti alle disposizioni in  materia di AIA

3) Oneri amministrativi: il governo richiama il DL n. 112/2008 art. 25 convertito con L.133/2008 precisando che la semplificazione avviene “anche” con riferimento agli oneri amministrativi …già disciplinati. La lettura del testo del 2008, richiamato dal governo, sorprende per la sua attualità trattandosi di DL che conferma gli stessi scopi e fini di quello attualmente in vigenza. DL del 2008 che intitolava l’ art. 25 “tagli oneri spese” ed e’ stato firmato da Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Brunetta, ecc… ; precisa così il testo in commento: “…anche sulla base dei risultati delle attivita’ di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

3) REGOLAMENTO: dopo le premesse di rito, la Legge non disciplina ma promette futuro regolamento, con DPR, su proposta principalmente del Ministro Clini .

Il richiamo alla Conferenza Unificata evoca, purtroppo, al lettore tempi poco compatibili con l’urgenza. Scrive, dunque, testualmente il Parlamento “Governo e’ autorizzato emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281″

4) FINALITÀ‘: il REGOLAMENTO e’ volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese e impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale.

5) PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Regolamento dovrà seguire il solco tracciato dalla L. 59/1997 che, agli articoli 20 e seguenti, indica alcune linee guida per operare la semplificazione. Il riferimento alla L. 59/1997 vale approfondimento in separato commento; all’ epoca (1997) correttamente il Parlamento (legge) delegava il Governo ad emanare decreti legislativi….

6)PROPOSITI: La legge entra nel merito della sua futura azione indicando i buoni propositi ed evocando quella semplicità auspicata e mai realizzata. Ed invero le parole chiave sono concentrate nella ” sostituzione, unico ente, proporzionalità, dimensione impresa, oneri a carico impresa”. In particolare e testualmente la legge indica:
a) l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione,
notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in
materia ambientale;
b) l’autorizzazione unica ambientale e’ rilasciata da un unico
ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di
proporzionalita’ degli adempimenti amministrativi in relazione alla
dimensione dell’impresa e al settore di attivita’, nonche’
all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovra’
comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

6) TEMPI: quanto tempo per emanare questo Regolamento? 6 mesi dalla data della entrata in vigore del presente DL ovvero entro il 10 agosto 2012?
Si chiude, infine, l’articolo 23 con precisazione:”… e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le
norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono
abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento. “.

adminL. n. 35/2012 e autorizzazione unica ambientale
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Autorizzazione unica ambientale: Schema

Autorizzazione Unica Ambientale
art. 23 L. n. 35 del 4 apile 2012 – DL 5/2012 convertito in legge  (Gazzetta Uff. n. 82 – 6 aprile 2012) 

a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Parlamento ha convertito con L. n. 35 del 4 aprile 2012  il  DL n. 5/2012 con poche modifiche.
Il Parlamento conferma l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri ampliando le categorie oggetto di semplificazione ovvero per le
1)    PMI (piccole e medie imprese) e
2)    per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale,
Il Parlamento aggiunge all’art. 23 il comma 2bis : “2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.

Sezione IV

SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA AMBIENTALE

Articolo 23.

(Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie imprese).

DL. 5/2012 art. 23

Art. 23 L. 35/2012

Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bisdel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI,anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese,in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni: 1. Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI e per gli impianti non soggetti alle citate disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, anche sulla base dei risultati delle attività di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese e degli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni:
a)l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale;
b)l’autorizzazione unica ambientale è rilasciata da un unico ente;
c)il procedimento deve essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.
2. Il regolamento di cui al comma 1 è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento.
 2-bis. La realizzazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici è sottoposta alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.
adminAutorizzazione unica ambientale: Schema
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DL. 5/2012: semplificazioni ambientali

DL n. 5/2012: in attesa di pubblicazione della Legge di conversione
Breve anticipazione delle norme in materia ambientale

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi

La legge di conversione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (cd “Dl Semplificazioni”) è stata approvata definitivamente dalla Camera il 4 aprile 2012, senza apportare modifiche al testo approvato dal senato il 29 marzo 2012.

Il provvedimento entrerà in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Ecco le principali novità, alcune già commentate in questo sito.

Art. 14
(Semplificazione dei controlli sulle imprese)
Con uno o più regolamenti il Governo potrà razionalizzare e semplificare i controlli a cui sono sottoposte le imprese basati su semplicità e proporzionalità (alla effettiva tutela del rischio). I regolamenti saranno destinati, tra l’altro, a sopprimere o ridurre i controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione per la qualità Iso (non più solo Uni En Iso 9001), o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate, da un organismo di certificazione accreditato da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea ai sensi del regolamento 2008/765/Ce, o firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento. Le disposizioni previste da questo articolo non si applicano ai controlli in materia fiscale e neanche a quelle in materia finanziaria e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Inoltre, nell’ambito dei lavori pubblici e privati dell’edilizia, sarà la Pa ad acquisire d’ufficio il documento sulla regolarità contributiva (Durc).

Art. 23
(Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole e medie imprese)
Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (art 3-bis del D.Lgs 152/2006), al fine di semplificare le procedure e ridurre gli oneri per le PMI, il Governo è autorizzato ad emanare un regolamento (entro sei mesi dalla data di entrata in vigore) su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi per le piccole e medie imprese. Viene previsto, in particolare, che l’autorizzazione sostituisca ogni atto di comunicazione, notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in materia ambientale e che venga rilasciata da un unico soggetto. Il procedimento, inoltre, dovrà essere improntato al principio di proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovrà comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese. Con la legge di conversione tale semplificazione viene estesa anche agli impianti non soggetti ad Aia.

Art. 24
(Modifiche alle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

Con la modifica all’art. 10 del D.Lgs 152/06 viene previsto che l’autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata dopo che, ad esito della verifica, l’autorità competente valuti di non assoggettare i progetti a valutazione d’impatto ambientale.

All’articolo 29-decies, comma 1 è aggiunto un periodo che introduce novità in materia di autorizzazione integrata ambientale. Nel caso di impianto localizzato in mare sarà l’Ispra, coordinandosi con il Ministero dello Sviluppo Economico, a procedere ai controlli sul rispetto dell’autorizzazione da parte del gestore.

All’art. 109, commi 2 e 3, del D.Lgs 152/06 viene specificato che l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di escavo dei fondali marini, dei materiali inerti, geologici inorganici e manufatti è individuata nella Regione.

All’articolo 194, comma3, del Dlgs 152/2006 è aggiunto un periodo che introduce norme in materia di trasporto transfrontaliero. Chi effettua trasporto transfrontaliero di rifiuti, fra i quali quelli di imballaggio, dovrà allegare per ogni spedizione una dichiarazione dell’Autorità del paese di destinazione dalla quale risulti che la legislazione di tale Paese in materia non è meno rigorosa di quella comunitaria e che l’operazione di recupero nel Paese di destinazione sia effettuata con modalità equivalenti, dal punto di vista ambientale, a quelle previste dalle norme in materia di rifiuti del Paese di provenienza.

All’art. 216-bis, comma 7, del D.Lgs 152/06 si dispone che, nelle more dell’emanazione del decreto che andrà a definire le norme tecniche per la gestione degli oli usati, le autorità competenti possono autorizzare le operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all’Allegato A. tabella 3 del D.M. 16 maggio 1996 n. 392, fermi restando i limiti stabiliti dalla stessa tabella in relazione al parametro PCB/PCT.

All’articolo 228 del D.Lgs 152/06 viene introdotta una disposizione aggiuntiva che disciplina la determinazione annuale del contributo necessario per coprire l’adempimento da parte dei produttori di pneumatici dei previsti obblighi di gestione e recupero dei quantitativi di pneumatici fuori uso immessi sul mercato e destinati alla vendita sul territorio nazionale.

Viene introdotto un comma aggiuntivo all’articolo 281, con cui viene stabilito che le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di tutela dell’aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera, sono adottate con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare , di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata delle Regioni.

Articolo 28
(Modifiche relative alla movimentazione aziendale dei rifiuti e al deposito temporaneo)

All’articolo 193, comma 9 è aggiunto un comma 9 bis che considera “trasporto di rifiuti” la movimentazione dei rifiuti agricoli finalizzata  al deposito temporaneo ed effettuata sia da una azienda agricola tra i suoi fondi (anche percorrendo la via pubblica) purché tra di loro distanti al massimo 10 km, che da un imprenditore agricolo dai propri fondi al sito della cooperativa agricola di cui è socio.

adminDL. 5/2012: semplificazioni ambientali
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Nuovo Formulario AIA (IPPC)

Formulario Autorizzazione Integrata Ambientale
Decreto MATTM del 15/3/2012 pubbl. Gazz. Uff. 77 del 31/3/2012
Segnalazione da Studio Legale Ambiente
E’ pubblicato il nuovo formulario in materia di AIA.
Il nuovo formularIo sostituisce quello di cui al decreto MATTM del 24/7/2009; e ciò a seguito della decisione delle Comunità Europee 2010/728/UE del 29/11/2010.
Il formulario si pone in attuazione dell’art. 29-terdecies Dlgs. N.152/2006.
La prima comunicazione e’ prevista già al 30 aprile 2012!

adminNuovo Formulario AIA (IPPC)
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Acque industriali: DPR n. 227/2011

DPR n. 227/2011 – Acque industriali (2)
Semplificazione / RINNOVO AUTORIZZAZIONE ALLO SCARICO
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Studio Legale Ambiente ha già pubblicato in questo sito breve commento all’art. 4 DPR n. 227/2011 in materia di Rumore (inquinamento acustico).
 
Utile concentrare l’attenzione sulle disposizioni del Regolamento (art. 3) che si occupano di Acque e della forma semplificata di rinnovo della autorizzazione.
Giova ribadire che le semplificazioni contenute nel DPR sono indirizzate solo alle micro/piccole/medie imprese (PMI).
 
ESCLUSIONI
Il Regolamento offre, invero, modalità “semplificata” di rinnovo della autorizzazione ma precisa la esclusione e dunque la non applicazione:
1) “per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’art. 108 Dlgs. 152/2006” (cfr. comma 2 art. 3 DPR)
2) se si sono verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa (art. 3 comma 1)
3) se si tratta di acque reflue urbane
TERMINE DI 6 MESI
L’art. 124 comma comma 8 prevede che il rinnovo della autorizzazione debba essere richiesto 1 anno prima della scadenza.
Il DPR art. 3 prevede invece il termine di 6 mesi .
La lettura dell’art. 3 sembra indicare che
–       in caso di acque reflue industriali (e non quelle urbane)
–       se non ci sono modifiche sostanziali rispetto alla precedente autorizzazione
–       il termine per chiedere il rinnovo è di 6 mesi anziché 1 anno.
 
La modifica del termine a mezzo di Regolamento lascia perplessi stante anche la importanza delle conseguenze alla omissione.
In merito alla forza del Regolamento, con riferimento al problema della gerarchia delle fonti, si riporta il testo dell’articolo 17, comma 2,  della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’  di Governo e ordinamento della Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri… : « 2. – Con decreto  del  Presidente  della  Repubblica, ….sono  emanati   i  regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione,  per le  quali   le   leggi   della   Repubblica,   autorizzando l’esercizio  della  potesta’  regolamentare  del   Governo, determinano le norme generali regolatrici della  materia  e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti,  con  effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.».
 
ISTANZA/DICHIARAZIONE – responsablità
Ai fini della autorizzazione il titolare dello scarico presenta all’autorità competente istanza corredata da dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 che attesti che sono rimaste immutate:
 
a) le caratteristiche quali e quantitative dello scarico (volume, massa, sostanze caricate ecc..)
b) le caratteristiche del ciclo produttivo
c) tipologia e quantità di sostanze impiegate nel ciclo produttivo
d) impianti aziendali di trattamento
e) localizzazione dello scarico
 
La semplificazione si attua, dunque, come per il rumore, spostando la responsabilità in capo al dichiarante tramite dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà inviato esclusivamente per via telematica (come specificato dall’art. 5 DPR 227/2011).
Le falsità in atti e le dichiarazioni mendaci sono soggette a responsabilità penale come indicato all’art. 76 del DPR 445/2000 (al quale si giunge solo dopo il percorso che parte dall’art. 3 DR 227/2011 – art. 47  e poi 48 e poi 76 DPR 445/2000).
Forse le norme di semplificazione che rimandano alle dichiarazioni in sostituzione all’atto di notorietà dovrebbero richiamare espressamente le conseguenze e le responsbilità che conseguono a dichiarazioni mendaci ,come recita l’art. 76 DPR 445/2000 (richiamato dall’art. 48).
Utile ricordare il testo dell’art. 47 fonte di responsabilità:

Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà
1. L’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’articolo 38.
2. La dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia all’Autorità di Polizia Giudiziaria è presupposto necessario per attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualità personali dell’interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi è comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione sostitutiva
L’art. 48 precisa che
” Le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono.
2. Le singole amministrazioni predispongono i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare. Nei moduli per la presentazione delle dichiarazioni sostitutive le amministrazioni inseriscono il richiamo alle sanzioni penali previste dall’articolo 76, per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate. Il modulo contiene anche l’informativa di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 1996, n. 675.
L’ art. 76 precisa che: 
Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.
2. L’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso.
3. Le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 e le dichiarazioni rese per conto delle persone indicate nell’ articolo 4, comma 2, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale.
4. Se i reati indicati nei commi 1, 2 e 3 sono commessi per ottenere la nomina ad un pubblico ufficio o l’autorizzazione all’esercizio di una professione o arte, il giudice, nei casi più gravi, può applicare l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione e arte.
 

 
 
 
 
 
 
 
 

adminAcque industriali: DPR n. 227/2011
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Autorizzazione unica ambientale?

Autorizzazione Unica Ambientale?
Il Governo rinvia ad agosto 2012
DL n. 5/2012 art. 23
a cura di avv. Cinzia Silvestri
Il Governo ribadisce l’ intento di semplificare e ridurre gli oneri per le PMI (piccole e medie imprese) e promette l’autorizzazione unica, che invoglia le imprese e le nutre di speranza.
Si deve precisare che si tratta di un Decreto Legge soggetto a Legge di conversione e che dunque potrebbe subire nel tempo rilevanti modifiche.
Ebbene il Governo promette e precisa:
1)Autorizzazione integrata ambientale: le novità non incidono sulla AIA disciplinata dagli articoli 29 bis e ss. del Dlgs. N. 152/2006 ” ..Ferme restando le disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale di cui al titolo 3-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152″
2) Oneri amministrativi: il governo richiama il DL n. 112/2008 art. 25 convertito con L.133/2008 precisando che la semplificazione avviene “anche” con riferimento agli oneri amministrativi …già disciplinati. La lettura del testo del 2008, richiamato dal governo, sorprende per la sua attualità trattandosi di DL che conferma gli stessi scopi e fini di quello attualmente in vigenza. DL del 2008 che intitolava l’ art. 25 “tagli oneri spese” ed e’ stato firmato da Napolitano, Berlusconi, Tremonti, Brunetta, ecc… ; precisa così il testo in commento: “…anche sulla base dei risultati delle attivita’di misurazione degli oneri amministrativi di cui all’articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6agosto 2008, n. 133
3) REGOLAMENTO: dopo le premesse di rito, il Governo non disciplina ma promette futuro regolamento, con DPR, su proposta principalmente del Ministro Clini ( pensando che la proposta avvenga nella durata di questo Governo). Il richiamo alla Conferenza Unificata evoca, purtroppo, al lettore tempi poco compatibili con l’urgenza suggerita dal DL. Desta interesse inciso, frutto certo della confusione che ormai regna, in cui il Governo autorizza se stesso alla ….emanazione. Scrive, dunque, testualmente il Governo: “Governo e’ autorizzato emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela territorio e del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281″
4) FINALITÀ‘: il REGOLAMENTO e’ volto a disciplinare l’autorizzazione unica ambientale e a semplificare gli adempimenti amministrativi delle piccole e medie imprese. Il preambolo racchiude, tra le molteplici righe, l’ intento del Governo espresso in poche e chiare parole.
5) PRINCIPI E CRITERI DIRETTIVI: il Regolamento dovrà seguire il solco tracciato dalla L. 59/1997 che, agli articoli 20 e seguenti, indica alcune linee guida per operare la semplificazione. Il riferimento alla L. 59/1997 vale approfondimento in separato commento; all’ epoca (1997) correttamente il Parlamento (legge) delegava il Governo ad emanare decreti legislativi….
6)PROPOSITI: il Governo entra nel merito della sua futura azione indicando i buoni propositi ed evocando quella semplicità auspicata e mai realizzata. Ed invero le parole chiave sono concentrate nella ” sostituzione, unico ente, proporzionalità, dimensione impresa, oneri a carico impresa”. In particolare e testualmente il governo indica:
a) l’autorizzazione sostituisce ogni atto di comunicazione,
notifica ed autorizzazione previsto dalla legislazione vigente in
materia ambientale;
b) l’autorizzazione unica ambientale e’ rilasciata da un unico
ente;
c) il procedimento deve essere improntato al principio di
proporzionalita’ degli adempimenti amministrativi in relazione alla
dimensione dell’impresa e al settore di attivita’, nonche’
all’esigenza di tutela degli interessi pubblici e non dovra’
comportare l’introduzione di maggiori oneri a carico delle imprese.

6) TEMPI: quanto tempo per emanare questo Regolamento? 6 mesi dalla data della entrata in vigore del presente DL ovvero entro il 10 agosto 2012?
Si chiude, infine, l’articolo 23 con precisazione:”… e dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento sono identificate le
norme, anche di legge, regolatrici dei relativi procedimenti che sono
abrogate dalla data di entrata in vigore del medesimo regolamento. “.

adminAutorizzazione unica ambientale?
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Principio di precauzione – TAR FVG

PRINCIPIO DI PRECAUZIONE – TAR FVG n. 560/2011
Cementificio – Aia – autorizzazione – modifiche sostanziali – impugnazione – principio di precauzione
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
PRINCIPIO DI PRECAUZIONE AMBIENTALE
L’ambiente non può dirsi tutelato solo con l’osservanza del principio “chi inquina paga” se non altro perché il ripristino ambientale non sempre è possibile, dovendosi invece impedire il degrado e l’inquinamento agendo ex ante.
Il D. Lgs. 152/06 stabilisce sul punto che l’azione ambientale debba essere “informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente” oltre che al principio chi inquina paga (art. 3 ter D.Lgs. 150/06).
Il Codice ambientale non definisce tali principi, con il pericolo che essi rimangano inapplicati oppure invocati con l’unico fine di addossare responsabilità non ancorate ad effettive disposizioni normative.
Ebbene la sentenza n. 560 pronunciata dal TAR Friuli il 15.12.2011 contribuisce alla interpretazione proprio del principio di precauzione di cui all’art. 3 ter D.Lgs. 152/06, indicando i confini applicativi spesso abusati o mal compresi.
Il ricorrente, tra le eccezioni e domande sollevate, sosteneva appunto la violazione dell’art. 3 ter T.U.A. per carenza di VIA e perché il materiale utilizzato dal cementificio, in quanto pericoloso, avrebbe potuto potenzialmente mettere a repentaglio la sicurezza degli abitanti anche dei comuni limitrofi e dunque doveva essere negato.
Il TAR rigetta tale doglianza, perchè il principio di precauzione non impone di evitare tutte le attività solo perché potenzialmente pericolose, ma impone una preventiva “accurata e calcolata gestione del rischio” anche se, ed anzi soprattutto, laddove “i dati scientifici non ne consentono una preventiva e completa valutazione”.
 Prosegue il Tribunale, affermando che l’osservanza dell’art. 3 ter D. Lgs. 152/06 si accerta verificando l’adozione delle migliori tecniche disponibili e la corretta identificazione del c.d. “livello di esposizione”, cioè la tollerabilità e la concreta possibilità di intervento dei pubblici poteri.
Il Tar impone dunque una previa valutazione non solo del rischio, ma anche delle azioni al fine di fronteggiare il pericolo, nella consapevolezza dei limiti di azione, che vale anche come misura della responsabilità.
Secondo il Tribunale, infatti, la responsabilità giuridica per violazione del principio di precauzione non impone di astenersi dallo svolgere un’attività pericolosa, laddove questa sia autorizzata, ma di adottare “determinate misure di cautela e di studiare e di applicare misure di cautela proporzionate al rischio”.
 Il TAR quindi rigettava il ricorso perché l’AIA era stata rilasciata dopo una “lunga e puntigliosa istruttoria” dalla quale si evinceva la serietà dell’esame del pericolo per la salute e per l’ambiente e la conformità del cementificio alla normativa specifica di riferimento, che “si rivela, allo stato, l’unica possibile attestazione relativa all’accertamento della non pericolosità”.
 
LA SENTENZA
UN COMUNE impugnava il decreto della Regione con cui veniva autorizzata la modifica sostanziale dell’AIA concedendo al Cementificio la richiesta autorizzazione all’utilizzo del combustibile CDR- Q (combustibile da rifiuto di elevata qualità), a parziale sostituzione del pet-coke.
Il Comune declinava il suo interesse nel fatto che il cementificio era collocato a soli 2,5 km di distanza dal proprio centro residenziale. Deduceva in ricorso tra i vari motivi i seguenti motivi:
1)            la mancata o insufficiente adozione, nella valutazione della modifica sostanziale richiesta, delle “migliori tecniche disponibili”,
2)            la scarsa considerazione per i fenomeni di inquinamento significativi derivanti dalla modifica prospettata, nonchè per la problematica relativa alla produzione di rifiuti, per le modalità di utilizzazione dell’energia prodotta, per prevenire gli incidenti e per il ripristino del sito “post impianto”…..
Con un secondo argomento il Comune afferma che nel progetto presentato non sarebbero state fornite motivate indicazioni sulle misure precauzionali collegate:
a) alla presenza di stoccaggi presso l’impianto di produzione; b) all’adozione delle misure atte ad evitare fenomeni di autocombustione, formazione di miscele esplosive e sviluppo di odori;
c) alle caratteristiche dei mezzi di trasporto e alle modalità di trasferimento all’impianto onde evitare spandimenti accidentali del contenuto ed aumenti di pressione interna per la formazione di gas;
d) alle modalità di controllo del rischio dell’autocombustione e dell’esplosione;
e) alle modalità di controllo del rischio di emissioni di odori molesti.
 
Il Tar dopo aver analizzato minuziosamente ogni eccezione anche dal punto di vista istruttorio, conclude diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente e rigetta il ricorso rendendo legittima l’autorizzazione rilasciata dalla Regione.
Il TAR ritiene che ai fini del rilascio della autorizzazione, sono state date le indicazioni necessarie sulle misure precauzionali da adottare e che, sostanzialmente, tutti i profili in contestazione con il secondo motivo di ricorso sono stati analizzati e fatti oggetto di specifica valutazione nelle varie conferenze di servizi .
 
Con un ultimo motivo di censura il Comune asserisce che il provvedimento regionale impugnato si porrebbe in contrasto con il c.d. principio di precauzione di cui all’art. 3 ter, co.3, del D.Lgs.n.152/2006.
Precisa il TAR: “…Anche in questo caso la censura, che parte dall’asserita sussistenza di una serie di presupposti (omessa adozione di un adeguato sistema di monitoraggio e di controllo degli effetti sull’ambiente derivanti dalla combustione di CDR-Q, omesso impiego delle migliori tecniche disponibili, carenza di istruttoria, etc.), dettagliatamente smentiti ai punti che precedono, si rivela palesemente infondata.
Infatti, per la corretta applicazione del principio di precauzione, occorre in pratica che le misure di prevenzione siano adottate in conformità alla migliore tecnica disponibile e che venga esattamente definito il livello di “esposizione”, ossia della misura della tollerabilità dell’inquinamento e del canone di intervento dei pubblici poteri.
In altri termini, il principio di precauzione, non può essere essere invocato come pretesto per fini meramente protezionistici perché invece implica la necessità di una accurata e calcolata gestione del rischio in tutti quei casi in cui i dati scientifici disponibili non ne consentono una preventiva completa valutazione.
Sul piano strettamente giuridico, ciò comporta, in pratica, la necessità di considerare non soltanto i vantaggi, ma anche gli svantaggi dell’adozione di determinate misure di cautela e di studiare ed applicare misure di cautela proporzionate al rischio.
Nel corso del procedimento che ha portato all’adozione dell’atto in questa sede censurato pare al Collegio che entrambe queste valutazioni siano essere state effettuate in modo approfondito, attraverso una lunga e puntigliosa istruttoria, con l’acquisizione di una copiosa documentazione tecnica che dimostra la serietà con cui gli organi competenti hanno proceduto all’esame dei pericoli per la salute e per l’ambiente, giungendo infine alla verifica di una conformità alla normativa specifica di riferimento, che si rivela, allo stato, l’unica possibile attestazione relativa all’accertamento della non pericolosità”.
 
 

adminPrincipio di precauzione – TAR FVG
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