SISTRI – Manuale Utente al 30.11.2010 e la procedura per gli adempimenti degli obblighi attraverso le organizzazioni di categoria

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il Ministero dell’Ambiente ha messo a disposizione degli utenti, sul sito www.sistri.it, una nuova versione del manuale operativo (allegato I). Tale aggiornamento tiene conto sia delle novità apportate alla piattaforma applicativa SISTRI sia delle preziose segnalazioni pervenute dagli utenti iscritti.

Tra le principali variazioni segnaliamo l’inserimento di nuove sezioni relative alla prima apertura del registro cronologico, al flusso produttore > gestore senza trasporto, al trasporto intermodale ed all’autospurgo.

Di seguito, una sintesi delle principali novità introdotte dalle nuove sezioni.
Prima apertura del registro cronologico

Qualora il produttore di rifiuti intenda movimentare un rifiuto in giacenza gia registrato sul registro di carico e scarico, ma non ancora caricato sull’area registro cronologico, dovrà:

  • inserire manualmente nel registro cronologico i dati relativi al rifiuto da movimentare;
  • compilare la scheda area movimentazione secondo le procedure previste dal Sistri per la movimentazione di un rifiuto.

Flusso produttore – gestore senza trasporto (recupero/smaltimento da parte del produttore del rifiuto)In numerosi casi, la gestione di un rifiuto avviene senza che ci sia l’intervento di un trasportatore, in quanto ad esempio:

  • il rifiuto viene gestito dallo stesso produttore senza trasporto intermedio;
  • produttore e gestore risiedono all’interno dello stesso perimetro;
  • oppure il rifiuto prodotto viene avviato al gestore tramite sistemi meccanici quali, ad esempio, condotte o nastri trasportatori.

In questi casi la procedura da adottare e la seguente:al momento della produzione del rifiuto il produttore dovrà caricare il rifiuto prodotto sul registro cronologico come produttore, secondo le normali procedure previste dal Sistri.Al momento dell’avvio all’impianto di recupero/smaltimento il produttore dovrà scaricare manualmente il rifiuto.

Trasporto intemodale

Il produttore inserisce tutti i soggetti coinvolti nella filiera del trasporto intermodale nella scheda SISTRI Area Movimentazione, compilando la sezione relativa all’indicazione della tratta intermodale. In tale sezione il produttore deve indicare i soggetti presenti nella movimentazione nell’ordine in cui partecipanoalla filiera di trasporto. (ad esempio: trasportatore su gomma, operatore logistico, impresa ferroviaria, operatore logistico, trasporto su gomma) Si ricorda che per il trasporto ferroviario e marittimo i vettori coinvolti non sono dotati di black box e i dati relativi al percorso saranno comunicati con le modalità di seguito esposte.

Autospurgo

Nel caso degli autospurgo, si applica l’articolo 6, comma 2, del DM 17 dicembre 2009. Secondo tale norma, i produttori (cioè in questo caso i fruitori del servizio di autospurgo) comunicano i propri dati, necessari per la compilazione della Scheda SISTRI – Area Movimentazione, al delegato dell’impresa di autospurgo che compila anche la sezione del produttore, inserendo le informazioni ricevute dal produttore stesso; una copia della scheda, firmata dal produttore, viene consegnata al conducente del mezzo di trasporto. Il gestore dell’impianto di recupero o smaltimento dei rifiuti in tale ipotesi e’ tenuto a stampare e trasmettere al produttore iniziale dei rifiuti stessi la copia della Scheda SISTRI completa, al fine di attestare l’assolvimento della sua responsabilità. Inoltre, vengono previste integrazioni e modifiche riguardo le seguenti sezioni: la scheda SISTRI area registro cronologico, il flusso produttore non iscritto > trasportatore, la verifica analitica e accettazione del rifiuto all’impianto di gestione, i  rifiuti prodotti da cantieri e quelli prodotti in corso di attività di manutenzione. È stata, inoltre, predisposta la Sezione Associazioni di Categoria all’interno della quale è possibile consultare la Procedura per gli adempimenti degli obblighi relativi al SISTRI attraverso le organizzazioni di categoria e le informazioni relative alla modulistica da utilizzare. Così come previsto dall’articolo 7 del Dm 17 dicembre 2009, una volta iscritti al SISTRI, i soggetti possono adempiere agli obblighi tramite delega alle seguenti strutture:

  • associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale e loro articolazioni territoriali,
  • società di servizi di diretta emanazione delle medesime.

La delega, redatta in carta semplice secondo il modulo (allegato II) appositamente predisposto, deve essere firmata dal legale rappresentante del soggetto delegante.La firma può essere autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Importante novità introdotta al riguardo è quella che prevede la possibilità, in alternativa ai metodi sopra enunciati, di presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi di quanto disposto dal DPR 445/2000, con la quale il legale rappresentante attesti di aver attribuito all’associazione imprenditoriale od alla società di servizi di diretta emanazione della stessa l’incarico di adempiere, per proprio conto, agli adempimenti di cui al DM 17 dicembre 2009 e successive modifiche ed integrazioni.
La responsabilità delle informazioni inserite nel SISTRI resta a carico del soggetto delegante il quale è tenuto a conservare il registro cronologico e le schede di movimentazione per almeno 3 anni presso la propria sede o presso l’associazione imprenditoriale delegata o sua società di servizi. Il materiale archiviato va tenuto a disposizione, su supporto informatico o in copia cartacea, dell’autorità di controllo che ne faccia richiesta.
Per espletare gli adempimenti del SISTRI per conto dei soggetti deleganti, le Associazioni imprenditoriali si iscrivono al SISTRI attraverso la compilazione del modulo di iscrizione, in modalità web, o iscrivono, sempre le Associazioni Imprenditoriali, le società di servizi di loro diretta emanazione, nella medesima modalità. In questa seconda ipotesi nella sezione specifica 1.4 del modulo di iscrizione dovrà essere indicata, come persona da contattare, un soggetto dell’Associazione di riferimento.
Per le Associazioni Imprenditoriali o società di servizi di diretta emanazione che già avessero presentato domanda di iscrizione, ai sensi di quanto disposto dal D.M. 17 dicembre 2009, il SISTRI provvede a richiedere le informazioni aggiuntive previste dalla presente procedura.
Il SISTRI, non appena ricevuta dai soggetti la richiesta di iscrizione, trasmette automaticamente al soggetto richiedente il numero di pratica.Una volta acquisito il numero di pratica, i soggetti provvedono al versamento del contributo annuo dovuto per ciascuna unità locale con le modalità indicate nel D.M. 17 dicembre 2009. L’associazione subito dopo provvederà ad inviare al SISTRI l’elenco delle imprese deleganti, con il rispettivo numero di pratica mediante la compilazione dell’apposito modulo  (allegato III).
Il SISTRI, sulla base della documentazione presentata, una volta verificata la correttezza del pagamento effettuato provvede alla configurazione dei dispositivi elettronici USB secondo i dati segnalati.Il SISTRI, entro 15 giorni dalla ricezione della documentazione di cui sopra, comunicherà all’Associazione Imprenditoriale l’avvenuta configurazione delle applicazioni informatiche necessarie all’operatività.
Per ciascuna delle Associazioni imprenditoriali e delle società di servizi iscritte al sistema viene consegnato dal SISTRI direttamente all’Associazione, fino ad un massimo di tre dispositivi USB multiutente.
 

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Stress lavoro correlato

art. 28 comma 1-bis Dlgs. 81/2008[1] . La Commissione consultiva ha approvato le linee guida di valutazione
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi



L’articolo 28, comma 1, del D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81 ha previsto che la valutazione dei rischi debba essere effettuata tenendo conto, tra l’altro, dei rischi da stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004.
In ragione delle difficoltà operative segnalate in ordine all’individuazione delle corrette modalità di attuazione di tale previsione legislativa, in sede di adozione delle disposizioni integrative e correttive al D.Lgs 81/2008, è stato introdotto all’articolo 28 il comma 1-bis, con il quale si è attribuito alla Commissione consultiva[2] il compito di formulare indicazioni  metodologiche in ordine al corretto adempimento dell’obbligo, finalizzate a indirizzare le attività dei datori di lavoro, dei loro consulenti e degli organi di vigilanza[3].
Il documento presenta elementi di forte positività sia per la sua articolazione strutturale, semplice e lineare, sia per i contenuti che appaiono in linea con quanto previsto dalla normativa vigente e, in particolare, dall’accordo interconfederale 9 giugno 2008.
Ebbene la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, al pari di quanto avviene per tutti gli altri rischi, deve essere effettuata:1)  dal datore di lavoro 2) nell’ambito della propria organizzazione e 3) secondo i criteri già delineati dal quadro normativo vigente, nonché:
–     Non tutti i luoghi di lavoro sono necessariamente interessati dallo stress (art. 1, comma 2)
–     Non tutte le manifestazioni di stress sono necessariamente negative (art. 3, comma 2)
–     Lo stress non è una malattia (art. 3, comma 3)
–     Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato (art. 3, comma 4)
–     L’individuazione dello stress può implicare analisi di fattori oggettivi e soggettivi (art. 4, comma, 2)
–     Il compito di stabilire le misure per prevenire, eliminare o ridurre lo stress spetta al datore di lavoro e le misure sono adottate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti (art. 4,comma 5)
–     La gestione dei problemi di stress può essere condotta sulla scorta del generale processo di valutazione dei rischi (art. 5, comma 2)
–     Laddove nel luogo di lavoro non siano presenti professionalità adeguate, possono essere chiamati esperti esterni (art. 6, comma 2)
Le indicazioni ministeriali inoltre, nel ribadire con estrema chiarezza che la valutazione del rischio stress lavoro-correlato è parte integrante della valutazione dei rischi e che deve essere effettuata (come per tutti gli altri fattori di rischio) dal datore di lavoro avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST),  indicano un percorso logico e metodologico inteso a permettere una corretta identificazione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato e, conseguentemente, a consentire al datore di lavoro la pianificazione e la realizzazione di misure di eliminazione o, quando essa non sia possibile, di riduzione al minimo di tale fattore di rischio.
A tale scopo, viene chiarito che le necessarie attività devono essere compiute con riferimento a 1) tutti i lavoratori, compresi dirigenti e preposti. La valutazione, inoltre, deve prendere in esame 2) non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori (per esempio per mansioni o partizioni organizzative) che risultino esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale (potrebbero essere, ad esempio, i turnisti, i dipendenti di un determinato settore oppure chi svolge la medesima mansione, etc).
3) Un ulteriore elemento di rilievo contenuto nelle linee guida riguarda l’interpretazione circa la data di decorrenza della valutazione. Viene infatti previsto che la data del 31 dicembre 2010, di decorrenza dell’obbligo previsto dall’articolo 28, comma 1-bis, del D.Lgs n. 81/2008, debba essere intesa come data di avvio delle attività di valutazione.
4) La programmazione temporale delle suddette  attività di valutazione e l’indicazione del termine finale di espletamento delle stesse devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi.
5) Gli organi di vigilanza, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di propria competenza, terranno conto della decorrenza e della programmazione temporale di cui al precedente periodo.
Si evidenzia, inoltre, che i  datori di lavoro che, alla data della pubblicazione delle indicazioni metodologiche, abbiano già effettuato la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato coerentemente ai contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, come recepito dall’accordo interconfederale del 9 giugno 2008, non debbano ripetere l’indagine ma siano unicamente tenuti all’aggiornamento della medesima nelle ipotesi previste dall’art. 29, comma 3, del D.Lgs n. 81/2008.
La valutazione si articola in due fasi: una necessaria (valutazione preliminare); l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro correlato e le misure di correzione adottate a seguito della stessa, dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci.
A) Valutazione preliminare (necessaria): analisi condizioni oggettive La fase preliminare consiste nella rilevazione, da parte del datore di lavoro, di indicatori oggettivi e verificabili, ove possibile numericamente apprezzabili, appartenenti quanto meno a tre distinte famiglie:
1.   Eventi sentinella quali ad esempio: indici infortunisticiassenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni; segnalazioni del medico competente; specifiche e frequenti lamentale formalizzate da parte dei lavoratori. I predetti eventi sono da valutarsi anche sulla base di parametri omogenei individuati internamente alla azienda (es. andamento nel tempo degli indici infortunistici rilevati in azienda).
2.   Fattori di contenuto del lavoro quali ad esempio: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti.
3.   Fattori di contesto del lavoro quali ad esempio: ruolo nell’ambito dell’organizzazione, autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione (es. incertezza in ordine alle prestazioni richieste). In questa prima fase possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione che consentano una valutazione oggettiva, complessiva e, quando possibile, parametrica dei fattori dei punti che precedono.   In relazione alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto di cui sopra (punti 2 e 3 dell’elenco) occorre sentire i lavoratori e/o i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS/RLST).
Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori. La scelta delle modalità tramite cui sentire i lavoratori è rimessa al datore di lavoro anche in relazione alla metodologia di valutazione adottata.Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio. Diversamente, nel caso in cui si rilevino elementi di rischio da stress lavoro correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive,  si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi (ad esempio, interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi, etc). Ove gli interventi correttivi risultino inefficaci, si procede, nei tempi che la stessa impresa definisce nella pianificazione degli interventi, alla fase di valutazione successiva (c.d. valutazione approfondita).
B) Valutazione approfondita (eventuale): analisi condizioni soggettive
La valutazione approfondita prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori, ad esempio attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semistrutturate, sulle famiglie di fattori/indicatori di cui all’elenco sopra riportato. Tale fase fa riferimento ovviamente ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche.  Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile che tale fase di indagine venga realizzata tramite un campione rappresentativo di lavoratori. Nelle imprese che occupano fino a 5 lavoratori in luogo dei predetti strumenti di valutazione approfondita, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunione) che garantiscano il coinvolgimento dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.


[1] Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi 1….1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cuiall’articolo 6, comma 8, lettera m-quater), e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.
[2] art. 6 comma 8 m-quater): .. elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato.
[3] La Commissione ha costituito un proprio comitato a composizione tripartita il quale, a seguito di ampio confronto tra i propri componenti, ha elaborato un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato per tutti i datori di lavoro pubblici e privati, licenziato dalla Commissione consultiva nella propria riunione del 17 novembre 2010.

 

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Indicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articoli 6, comma 8, lettera m-quater, e 28, comma 1-bis, d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni)

Quadro normativo di riferimento, finalità e struttura del documento
L’articolo 28, comma 1, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, di seguito d.lgs. n. 81/2008, prevede che la valutazione dei rischi debba essere effettuata tenendo conto, tra l’altro, dei rischi da stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004. In ragione delle difficoltà operative ripetutamente segnalate in ordine alla individuazione delle corrette modalità di attuazione di tale previsione legislativa, in sede di adozione delle disposizioni integrative e correttive al citato d.lgs. n. 81/2008, è stato introdotto all’articolo 28 il comma 1-bis, con il quale si è attribuito alla Commissione consultiva il compito di formulare indicazioni metodologiche in ordine al corretto adempimento dell’obbligo, finalizzate a indirizzare le attività dei datori di lavoro, dei loro consulenti e degli organi di vigilanza. Al fine di rispettare, entro il termine del 31 dicembre 2010, la previsione di cui all’articolo 28, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 81/2008, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha costituito un proprio comitato a composizione tripartita il quale, a seguito di ampio confronto tra i propri componenti, ha elaborato il presente documento, licenziato dalla Commissione consultiva nella propria riunione del 17 novembre 2010.   Le indicazioni metodologiche sono state elaborate nei limiti e per le finalità puntualmente individuati dalla Legge tenendo conto della ampia produzione scientifica disponibile sul tema e delle proposte pervenute all’interno alla Commissione consultiva e sono state redatte secondo criteri di semplicità, brevità e comprensibilità.Il documento indica un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato per tutti i datori di lavoro pubblici e privati. 
Definizioni e indicazioni generali
Lo stress lavoro-correlato viene descritto all’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 – così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 – quale  “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro” (art. 3, comma 1). Nell’ambito del lavoro tale squilibrio si può verificare quando il lavoratore non si sente in grado di corrispondere alle richieste lavorative. Tuttavia non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato è quello causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro. La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è parte integrante della valutazione dei rischi e viene effettuata (come per tutti gli altri fattori di rischio) dal datore di lavoro avvalendosi del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) con il coinvolgimento del medico competente, ove nominato, e previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS/RLST).E’, quindi, necessario preliminarmente indicare il percorso metodologico che permetta una corretta identificazione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato, in modo che da tale identificazione discendano la pianificazione e realizzazione di misure di eliminazione o, quando essa non sia possibile, riduzione al minimo di tale fattore di rischio. A tale scopo, va chiarito che le necessarie attività devono essere compiute con riferimento a tutti i lavoratori, compresi dirigenti e preposti. La valutazione prende in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori (per esempio, per mansioni o partizioni organizzative) che risultino esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale (potrebbero essere, ad esempio, i turnisti, i dipendenti di un determinato settore oppure chi svolge la medesima mansione, etc.).
Metodologia La valutazione si articola in due fasi: una necessaria (la valutazione preliminare); l’altra eventuale, da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure di correzione adottate a seguito della stessa, dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci.La valutazione preliminareconsiste nella rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili, ove possibile numericamente apprezzabili, appartenenti quanto meno a tre distinte famiglie:I.                        Eventi sentinella, quali ad esempio: indici infortunistici; assenze per malattia; turnover; procedimenti e sanzioni; segnalazioni del medico competente; specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori. I predetti eventi sono da valutarsi sulla base di parametri omogenei individuati internamente alla azienda (es. andamento nel tempo degli indici infortunistici rilevati in azienda).II.                        Fattori di contenuto del lavoro, quali ad esempio: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti.III.                        Fattori di contesto del lavoro, quali ad esempio: ruolo nell’ambito dell’organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione (es. incertezza in ordine alle prestazioni richieste). In questa prima fase possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione che consentano una valutazione oggettiva, complessiva e, quando possibile, parametrica dei fattori di cui ai punti I, II e III che precedono.  In relazione alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto di cui sopra (punti II e III dell’elenco) occorre sentire i lavoratori e/o il RLS/RLST. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori. La scelta delle modalità tramite cui sentire i lavoratori è rimessa al datore di lavoro, anche in relazione alla metodologia di valutazione adottata. Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione del Rischio (DVR) e a prevedere un piano di monitoraggio.Diversamente, nel caso in cui si rilevino elementi di rischio  da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi (ad esempio, interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi, etc.). Ove gli interventi correttivi risultino inefficaci, si procede, nei tempi che la stessa impresa definisce nella pianificazione degli interventi, alla fase di valutazione successiva (c.d. valutazione approfondita). La valutazione approfondita prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori, ad esempio attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi-strutturate, sulle famiglie di fattori/indicatori di cui all’elenco sopra riportato. Tale fase fa riferimento ovviamente ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile che tale fase di indagine venga realizzata tramite un campione rappresentativo di lavoratori. Nelle imprese che occupano fino a 5 lavoratori, in luogo dei predetti strumenti di valutazione approfondita, il datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunioni)  che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia.
Disposizioni transitorie e finali La data del 31 dicembre 2010, di decorrenza dell’obbligo previsto dall’articolo 28, comma 1-bis, del d.lgs. n. 81/2008, deve essere intesa come data di avvio delle attività di valutazione ai sensi delle presenti indicazioni metodologiche. La programmazione temporale delle suddette  attività di valutazione e l’indicazione del termine finale di espletamento delle stesse devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi. Gli organi di vigilanza, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di propria competenza, terranno conto della decorrenza e della programmazione temporale di cui al precedente periodo.  Allo scopo di verificare l’efficacia della metodologia qui indicata, anche per valutare l’opportunità di integrazioni alla medesima, la Commissione Consultiva provvederà ad elaborare una relazione entro 24 mesi dalla approvazione delle presenti indicazioni metodologiche, a seguito dello svolgimento del monitoraggio sulle attività realizzate. Le modalità di effettuazione di tale monitoraggio saranno definite dalla Commissione Consultiva.I datori di lavoro che, alla data della approvazione delle presenti indicazioni metodologiche, abbiano già effettuato la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato coerentemente ai contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 – così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008 – non debbono ripetere l’indagine ma sono unicamente tenuti all’aggiornamento della medesima nelle ipotesi previste dall’articolo 29, comma 3, del d.lgs. n. 81/2008, secondo quanto indicato nel presente documento.
 

adminIndicazioni della Commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articoli 6, comma 8, lettera m-quater, e 28, comma 1-bis, d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni)
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Sicurezza sul lavoro e Confisca amministrativa

DL 187/2010 : Violazioni gravi o reiterate
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ in vigore il Decreto legge 12 novembre 2010, n. 187, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 2010 (che si riporta di seguito).

Il Decreto integra l’art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) ed estende l’ambito dei poteri attribuiti all’autorità amministrativa in ordine alla determinazione delle sanzioni amministrative accessorie in tema di violazioni sulla sicurezza del lavoro.
L’art. 9 del D.L. 187/2010 prevede che in presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento.
La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa. La norma dispone, quindi, una deroga al principio generale sancito dal primo comma dell’art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689 che invece prevede che l’autorità amministrativa possa applicare le sanzioni amministrative o penali accessorie consistenti nella privazione o sospensione di facoltà e diritti solo previa ordinanza-ingiunzione o sentenza di condanna.
Si ricorda inoltre che è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento, a meno che la cosa appartenga  a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

Art. 20
Sanzioni amministrative accessorie
Art. 9
Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di confisca
1. L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.
2.Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.
3. Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.
4.
All’articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dopo il terzo comma è inserito il seguente: «In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa.».
5.E’ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 
Decreto legge 12 novembre 2010, n. 187
Misure urgenti in materia di sicurezza
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di garantire la sicurezza dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, prevedendo misure idonee a prevenire e reprimere i comportamenti particolarmente pericolosi;
Considerata altresì la straordinaria necessità ed urgenza di adottare mirati interventi per rafforzare l’azione di contrasto alla criminalità organizzata e alla cooperazione internazionale di polizia;
Ritenuta inoltre, la straordinaria necessità ed urgenza di adottare ulteriori misure in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, di sicurezza urbana e per la funzionalità del Ministero dell’interno;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 novembre 2010;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione e l’innovazione;Emana
il seguente decreto-legge:
Capo I
MISURE PER GLI IMPIANTI SPORTIVI
Art. 1
Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive1. Le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 8 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, hanno efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2013.
2. All’articolo 1 del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, dopo il comma 3-quinquies, è aggiunto, in fine, il seguente: «3-sexies. A garanzia della sicurezza, fruibilità ed accessibilità degli impianti sportivi la sanzione di cui al comma 3-quinquies si applica anche alle società sportive che impiegano personale di cui all’articolo 2-ter, in numero inferiore a quello previsto nel piano approvato dal Gruppo operativo sicurezza di cui al decreto attuativo del medesimo articolo 2-ter.».
Art. 2
Disposizioni urgenti per il personale addetto agli impianti sportivi1. All’articolo 2-ter del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Ferme restando le attribuzioni e i compiti dell’autorità di pubblica sicurezza, al personale di cui al comma 1 possono essere affidati, in aggiunta ai compiti previsti in attuazione del medesimo comma, altri servizi, ausiliari dell’attività di polizia, relativi ai controlli nell’ambito dell’impianto sportivo, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di pubbliche potestà o l’impiego operativo di appartenenti alle Forze di polizia.».
2. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le condizioni e le modalità per l’affidamento dei compiti di cui al comma 1, attraverso l’integrazione del decreto del Ministro dell’interno in data 8 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2007, adottato in attuazione dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41. Il decreto è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti che vi provvedono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto può essere egualmente adottato.
3. All’articolo 6-quater, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 339, terzo comma, del codice penale.».
4. Dopo l’articolo 6-quater della legge 13 dicembre 1989, n. 401, è inserito il seguente: «Art. 6-quinquies. – (Lesioni personali gravi o gravissime nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive). 1. Chiunque commette uno dei fatti previsti dall’art. 583-quater del codice penale nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 2-ter del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, purchè riconoscibili e in relazione alle mansioni svolte, è punito con le stesse pene previste dal medesimo articolo 583-quater.».
Capo II
POTENZIAMENTO DELL’ATTIVITA’ DI CONTRASTO ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE DI POLIZIA
Art. 3
Interventi urgenti a sostegno dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2-undecies:
1) al comma 2, dopo la lettera a), è inserita la seguente:
«a-bis) mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, utilizzati dall’Agenzia per finalità economiche, i cui proventi, nei limiti previsti dal comma 2.1, sono destinati ad assicurare il potenziamento della medesima Agenzia;»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2.1. I proventi derivanti dall’utilizzo dei beni di cui al comma 2, lettera a-bis), affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia, per essere versati all’apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’interno al fine di assicurare il potenziamento dell’Agenzia.»;
b) all’articolo 2-sexies, comma 15, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.».
2. Al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, comma 4, dopo la lettera c), è inserita la seguente: «c-bis) richiede all’autorità di vigilanza di cui all’articolo 1, comma 2, l’autorizzazione ad utilizzare i beni immobili di cui all’articolo 2-undecies, comma 2, lettera a-bis), della legge 31 maggio 1965, n. 575, per le finalità ivi indicate;»;
b) all’articolo 7, dopo il comma 3-ter è aggiunto, in fine, il seguente: «3-quater. L’Agenzia può, altresì, disporre, con delibera del Consiglio direttivo, l’estromissione di singoli beni immobili dall’azienda non in liquidazione e il loro trasferimento al patrimonio degli enti territoriali che ne facciano richiesta, qualora si tratti di beni che gli enti territoriali medesimi già utilizzano a qualsiasi titolo per finalità istituzionali. La delibera del Consiglio direttivo è adottata fatti salvi i diritti dei creditori dell’azienda confiscata.».
3. Al fine di garantire il potenziamento dell’attività istituzionale e lo sviluppo organizzativo delle strutture, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per l’economia e le finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, stipula, in deroga all’articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, e nei limiti stabiliti dall’autorizzazione, contratti di lavoro a tempo determinato, anche avvalendosi delle modalità di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. I rapporti di lavoro instaurati non possono avere durata superiore al 31 dicembre 2012. A tali fini all’Agenzia sono assegnati 2 milioni di euro per l’anno 2011 e 4 milioni di euro per l’anno 2012.
4. Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 3, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
5. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4
Integrazione della Commissione centrale consultiva per l’adozione delle misure di sicurezza personale1. All’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le questioni di sicurezza relative a magistrati la Commissione è integrata da un magistrato designato dal Ministro della giustizia.».
Art. 5
Potenziamento della cooperazione internazionale di polizia1. Al fine di potenziare l’azione di contrasto della criminalità organizzata e di tutte le condotte illecite, anche transnazionali ad essa riconducibili, nonchè al fine di incrementare la cooperazione internazionale di polizia, anche in attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea o in esecuzione degli accordi di collaborazione con i Paesi interessati, sono predisposte urgenti linee di indirizzo strategico per rafforzare l’attività del personale delle Forze di polizia dislocato all’estero attraverso la massima valorizzazione del patrimonio informativo disponibile e dello scambio info-operativo. A tale scopo, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza-Direzione centrale della polizia criminale, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Comitato per la programmazione strategica per la cooperazione internazionale di polizia (COPSCIP), presieduto dal vice direttore generale della pubblica sicurezza-direttore centrale della polizia criminale. Per la partecipazione al Comitato non è prevista la corresponsione di compensi o rimborsi spese di alcun genere.
Capo III
DISPOSIZIONI SULLA TRACCIABILITA’ DEI FLUSSI FINANZIARI
Art. 6
Disposizioni interpretative e attuative delle norme dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari1. L’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano ai contratti indicati nello stesso articolo 3 sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge e ai contratti di subappalto e ai subcontratti da essi derivanti.
2. I contratti stipulati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge n. 136 del 2010 ed i contratti di subappalto e i subcontratti da essi derivanti sono adeguati alle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 136 del 2010 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge.
3. L’espressione: «filiera delle imprese» di cui ai commi 1 e 9 dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si intende riferita ai subappalti come definiti dall’articolo 118, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonchè ai subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, del contratto.
4. L’espressione: «anche in via non esclusiva» di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si interpreta nel senso che ogni operazione finanziaria relativa a commesse pubbliche deve essere realizzata tramite uno o più conti correnti bancari o postali, utilizzati anche promiscuamente per più commesse, purchè per ciascuna commessa sia effettuata la comunicazione di cui al comma 7 del medesimo articolo 3 circa il conto o i conti utilizzati, e nel senso che sui medesimi conti possono essere effettuati movimenti finanziari anche estranei alle commesse pubbliche comunicate.
5. L’espressione: «eseguiti anche con strumenti diversi» di cui al comma 3, primo periodo, dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, e l’espressione: «possono essere utilizzati anche strumenti diversi» di cui al comma 3, secondo periodo, dello stesso articolo 3, si interpretano nel senso che è consentita l’adozione di strumenti di pagamento differenti dal bonifico bancario o postale, purchè siano idonei ad assicurare la piena tracciabilità della transazione finanziaria.
Art. 7
Modifiche alla legge 13 agosto 2010, n. 136, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari1. Alla legge 13 agosto 2010, n. 136, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3,
1) al comma 1 le parole: «bonifico bancario o postale.» sono sostituite dalle seguenti: «bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. I pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonchè quelli destinati alla provvista di immobilizzazioni tecniche sono eseguiti tramite conto corrente dedicato di cui al comma 1, anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale purchè idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni per l’intero importo dovuto, anche se questo non è riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1.»;
3) al comma 4 le parole: «bonifico bancario o postale.» sono sostituite dalle seguenti: «bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.»;
4) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti di cui al comma 1, il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture su richiesta della stazione appaltante e, ove obbligatorio ai sensi dell’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, il codice unico di progetto (CUP).»;
5) il comma 6 è abrogato;
6) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. I soggetti di cui al comma 1 comunicano alla stazione appaltante o all’amministrazione concedente gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1 entro sette giorni dalla loro accensione o, nel caso di conti correnti già esistenti, dalla loro prima utilizzazione in operazioni finanziarie relative ad una commessa pubblica, nonchè, nello stesso termine, le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi. Gli stessi soggetti provvedono, altresì, a comunicare ogni modifica relativa ai dati trasmessi.»;
7) il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. La stazione appaltante, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1, inserisce, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale essi assumono gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla presente legge. L’appaltatore, il subappaltatore o il subcontraente che ha notizia dell’inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità finanziaria di cui al presente articolo ne dà immediata comunicazione alla stazione appaltante e alla prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia ove ha sede la stazione appaltante o l’amministrazione concedente.»;
8) dopo il comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente:
«9-bis. Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero degli altri strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni determina la risoluzione di diritto del contratto.».
b) all’articolo 6,
1) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«In deroga a quanto previsto dall’articolo 17, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, le sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui ai precedenti commi sono applicate dal prefetto della provincia ove ha sede la stazione appaltante o l’amministrazione concedente e, in deroga a quanto previsto dall’articolo 22, primo comma, della citata legge n. 689 del 1981, l’opposizione è proposta davanti al giudice del luogo ove ha sede l’autorità che ha applicato la sanzione.»
2) dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:
«5-bis. L’autorità giudiziaria, fatte salve le esigenze investigative, comunica al prefetto territorialmente competente i fatti di cui è venuta a conoscenza che determinano violazione degli obblighi di tracciabilità previsti dall’articolo 3.».
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA URBANA
Art. 8
Attuazione delle ordinanze dei sindaci
1. All’articolo 54 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. Al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi del presente articolo, il prefetto dispone le misure ritenute necessarie per il concorso delle Forze di polizia.
Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può altresì disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonchè per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.».
Art. 9
Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di confisca1. All’articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dopo il terzo comma è inserito il seguente: «In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa.».
Capo V
DISPOSIZIONI PER LA FUNZIONALITA’ DEL MINISTERO DELL’INTERNO
Art. 10
Disposizioni per assicurare le gestioni commissariali straordinarie nei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa e altri incarichi speciali1. All’articolo 12 del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Per l’espletamento degli incarichi di gestione commissariale straordinaria, nonchè per specifici incarichi connessi a particolari esigenze di servizio o a situazioni di emergenza, i viceprefetti ed i viceprefetti aggiunti, entro l’aliquota del 3 per cento nella dotazione organica, sono collocati in posizione di disponibilità per un periodo non superiore al triennio, prorogabile con provvedimento motivato per un periodo non superiore ad un anno. I viceprefetti e i viceprefetti aggiunti sono collocati in posizione di disponibilità con decreto del Ministro dell’interno su proposta del Capo del Dipartimento delle Politiche del Personale dell’Amministrazione Civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie del Ministero dell’interno. I funzionari collocati in posizione di disponibilità non occupano posto nella qualifica cui appartengono. Nella qualifica iniziale della carriera prefettizia sono resi indisponibili un numero di posti per ciascun funzionario collocato in disponibilità equivalenti dal punto di vista finanziario. Con il procedimento negoziale di cui al Capo II può essere stabilito il trattamento economico accessorio spettante ai funzionari in disponibilità, in relazione alle funzioni esercitate.».
Art. 11
Entrata in vigore1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 12 novembre 2010NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Maroni, Ministro dell’interno
Alfano, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro dell’economia e delle finanze
Matteoli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Romani, Ministro dello sviluppo economico
Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazioneVisto, il Guardasigilli: Alfano
 

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SISTRI – SANZIONI

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
È al vaglio del Consiglio dei Ministri lo schema di Decreto Legislativo che andrà a revisionare la parte IV del TUA (Dlgs. 152/2006) a fronte del recepimento della direttiva Comunitaria 2008/98; e ciò a seguito delle prescrizioni ed i pareri formulati dalle Camere sullo schema del testo normativo presentato dal Governo.
Non è buona regola commentare o anticipare modifiche di testi legislativi non ancora definitivi poiché l’iter di approvazione può riservare modifiche radicali che pongono nel nulla ogni commento.Tuttavia nel caso di specie il Dlgs. di recepimento, sebbene ancora modificabile, si distingue per la riscrittura completa dell’art. 32 ovvero dell’art. 260 bis del Dlgs. 152/2006 sul “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti).
La normativa, infatti, sopperisce alla lacuna del DM SISTRI e successivi correttivi che non hanno stabilito alcuna sanzione per l’inosservanza delle condotte e degli obblighi prescritti in tema di tracciabilità dei rifiuti.
DISCIPLINA TRANSITORIA (art. 34)
Anche l’articolo 34 dello Schema di DLgs. di recepimento è stato “sostituito”.
Recita l’art. 34 comma 1 che le sanzioni stabilite dal Decreto Legislativo sui Rifiuti saranno applicabili solo a partire dall’ 1.01.2011 (giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 12 DM SISTRI come novellato dall’ultimo correttivo – DM 28.9.2010) (art. 34 comma 1).
Sul punto si attende già proroga. È previsto un periodo di applicazione del sistema del controllo della tracciabilità dei rifiuti: l’art. 34 comma 2 prescrive, fermo l’obbligo di iscrizione e di pagamento del relativo contributo  – iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 30.6.2011: sanzione del 5% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo;- iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 31.12.02010: sanzione del 50% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo- fino al 31.12.2011 sono esclusi dall’obbligo di iscrizione al SISTRI gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario[1] (art.34 comma 7-bis)
Art. 32 (art. 260 bis Dlgs. 152/2006)
Salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria e quanto alle sanzioni per fatti diversi alla mancata iscrizione e/o pagamento contributo, le sanzioni articolate dallo Schema in commento saranno le seguenti (se emanato il Decreto Legislativo):

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTINON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Omessa iscrizione nei termini (comma 1) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omesso pagamento del contributo (comma 1-bis) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omessa compilazione del registro cronologico o la scheda sistri – area movimentazione nei termini e forme previste (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti[2]: –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti – da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[3] (comma 3)
Informazioni incomplete, inesatte, alterazione fraudolenta di un dispositivo tecnologico, accessorio al SISTRI, ovvero chi ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti- da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[4] (comma 3)
Indicazioni incomplete o inesatte MA non pregiudicanti la tracciabilità dei rifiuti (comma 2) da € 260 a € 1.550 da € 520 a € 3.100 (comma 3)
Ulteriori obblighi imposti dal SISTRI (valenza residuale) (comma 4) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Certificato di analisi rifiuti con false indicazioni su: natura rifiuto, composizione e caratteristiche chimico-fisiche (comma 5) Art. 483 c.p.[5] Art. 483 c.p.
Inserimento di certificato falso nei dati da fornire ai fini SISTRI Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.

TRASPORTATORE
Il Decreto Legislativo Rifiuti stabilisce altresì peculiari sanzioni a carico del trasportatore:

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTI NON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Trasporto senza la copia cartacea della scheda sistri-movimentazione e, ove necessario, il certificato analitico di identificazione del rifiuto (comma 6) da € 1.600 a € 9.300 Art. 483 c.p.
Utilizzo di certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto (comma 6) Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.
Trasporto accompagnato da copia cartacea della scheda sistri-area movimentazione  fraudolentemente  alterata (comma 7) Combinato disposto artt. 477[6] e 482[7] c.p. Combinato disposto artt. 477 e 482 c.p. MA la pena è aumentata fino ad un terzo.
Se le condotte sopra indicate non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti (comma 8) da € 260 a € 1.550 da € 260 a € 1.550

SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE
Si auspica una rilettura di TUTTO il testo normativo alla luce degli emendamenti del Parlamento, perché sussistono incongruenze a scapito del principio di legalità e di certezza del diritto.
Il comma 1 dell’art. 260 ter fa riferimento a violazioni di cui al comma 9 dell’art. 260 bis, che però è STATO espunto dalla revisione operata dalle Camere.Verosimile che si tratti di un mero errore materiale dovuto al mancato coordinamento, ma si spera in una correzione prima dell’emanazione del decreto legislativo.
Alla luce di quanto sopra indicato si riportano di seguito le sanzioni amministrative accessorie agli illeciti descritti:

VIOLAZIONE SANZIONE ACCESSORIA
Comma 1 art. 260 bis (comma 3) Fermo amministrativo per 12 mesi del mezzo utilizzato dal trasportatore. La revoca del fermo NON può essere disposta laddove sia accertata la mancata iscrizione e il versamento del relativo contributo.
Commi 8 e 9 (da leggersi quali commi 7 e 8 ??) (comma 1) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p.[8] o art. 8 bis[9] L.689/1981.
Trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi (comma 4) Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p.[10] SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.
Art. 256 comma 1 D. Lgs. 152/2006 (comma 5) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p. o art. 8 bis L.689/1981. Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p. SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.

[1] ai sensi dell’art. 34 comma 7 bis sono considerati occasionali e saltuari: a) i trasporti di rifiuti pericolosi ad una piattaforma di conferimento, effettuati complessivamente per non più di 4 volte l’anno per quantitativi non eccedenti i 30 kg / L al giorno e, comunque, i 100 kg/L all’anno; b) i conferimenti, anche in un’unica soluzione, di rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per quantitativi non eccedenti i 100 kg/L l’anno.
[2]Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (art. 32 comma 1 D.Lgs: nuovo art. 260 bis comma 2 D. Lgs. 152/2006)
[3] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[4] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[5] Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico: Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
[6] Art. 477. Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative:Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
[7] Art. 482. Falsità materiale commessa dal privato: Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
[8] Art. 99. Recidiva. Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà.
Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l’aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
[9] Art. 8-bis Reiterazione delle violazioni: Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.
[10] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.
[11] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 

adminSISTRI – SANZIONI
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ATO e servizi pubblici: abrogazioni

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


E’ in vigore dal 27.10.2010 il Decreto del Presidente della Repubblica 7.9.2010, n. 168, attuativo dell’art. 23-bis D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008 (G.U. 239 del 12.10.2010).

Il DPR n. 168/2010 si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica e, quanto al servizio idrico integrato, il decreto ribadisce la proprietà demaniale degli impianti, l’autonomia della gestione del soggetto gestore e la spettanza esclusiva delle risorse alle istituzioni pubbliche del governo (art. 1 comma 2).
Il regolamento incide sulle misure previste in tema di liberalizzazione imponendo agli enti locali di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali limitando l’attribuzione di diritti di esclusiva ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità… (cfr. art. 2 DPR 168/2010).
Il regolamento incide anche nelle norme applicabili in via generale per l’affidamento del servizio (art. 3) .
L’art. 12 del DPR 168/2010 conclude abrogando alcune disposizioni anche del Testo Unico Ambientale, e del Testo Unico sugli Enti Locali, in particolare:
– art. 12 comma 1 lettera a): abrogazione degli artt. 113 commi 5, 5-bis, 6, 7 ,8, 9 (tranne il primo periodo), 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater D. Lgs. 18.8.2000, n. 267.
– art. 12 comma 1 lettera b): parziale abrogazione art. 150 comma 1 D. Lgs 152/2006: 1. L‘Autorita’ d’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del principio di unitarieta’ della gestione per ciascun ambito ( delibera la forma di gestione fra quelle di cui all’art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.Si ricorda che il legislatore ha soppresso le Autorità d’Ambito con L. 42/2010 che entrerà in vigore il 27.3.2011.
– art. 12 comma 1 lettera c): abroga parzialmente l’art. 202 comma 1 D. Lgs. 152/2006:1. L‘Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ( mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.)L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.
 

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Produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica

Dal 1 gennaio2011 scatta il divieto alla commercializzazione

 
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


A partire dal 1 gennaio 2011 sarà vietata la commercializzazione e l’utilizzo dei sacchetti non biodegradabili.
La proroga (che spostava l’originario termine fissato al 1 gennaio 2010 entro il quale recepire le disposizioni comunitarie) prevista nella passata Finanziaria scade, infatti, il 31 dicembre 2010.
Nell’intenzione del legislatore tale divieto contribuirà a ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, a rafforzare la protezione ambientale, a sostenere le filiere agro-industriali nel campo dei biomateriali nonché a raggiungere gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.
Il Ministero dell’Ambiente ha recentemente aperto un tavolo di lavoro con le categorie della distribuzione direttamente coinvolte. In tale sede il Ministero ha precisato che sono emerse difficoltà a formulare congiuntamente al Ministero dello Sviluppo Economico quanto era previsto nellaLegge Finanziaria 2007: l’avvio di un programma sperimentale volto alla progressiva riduzione della commercializzazione dei sacchetti, nonché il rinvio ai due decreti ministeriali, mai pubblicati, che avrebbero dovuto individuare misure da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto.
A fronte di questa impossibilità e carenza normativa, il Ministero ha confermato la disponibilità, ferma restando la data del 1 gennaio 2011, a presentare un provvedimento che preveda una sorta di “doppio regime” che consenta, cioè, di “smaltire le scorte” ancora in carico alla distribuzione specialmente quella piccola.
Non si conoscono ancora i contenuti precisi di tale provvedimento. Il Ministero ha, inoltre, presentato la campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta ai cittadini che intenderebbe portare avanti insieme alle principali categorie distributive. La campagna dovrebbe essere lanciata prima della fine dell’anno sui principali mass media e sarà incentrata sul concetto di riutilizzo.
Data la rilevanza e l’impatto che avrà tale normativa è importante richiamare alcuni aspetti già evidenziati in precedenti comunicazioni. In primo luogo va sottolineato che il recepimento del dettato comunitario è avvenuto all’interno della legge finanziaria 2007 come puro atto di indirizzo al quale avrebbe dovuto far seguito un regolamento attuativo che però non è stato mai emanato.
Significa che non sono state previste multe o sanzioni per chi non si adeguerà. Saranno eventualmente i Comuni, con loro specifiche ordinanze, a prevedere la possibilità e l’entità di multe amministrative. Il divieto alla produzione, commercializzazione ed utilizzo riguarda i sacchetti in plasticanon biodegradabili così come definiti dalla norma tecnica EN 13432.
Tale norma “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432, definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile”:
1)  biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica;
2)  disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva);
3) bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante).
È importante, inoltre, ricordare, che la norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia fornisce presunzione di conformità alla Direttiva Europea 2004/12/CE che modifica la direttiva 94/62/CE 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.
 

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Sicurezza sul lavoro – Coordinatore della sicurezza nei cantieri

Obbligo di nomina anche per cantieri privati
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 7 ottobre scorso, nel procedimento C-224/09 ha dichiarato illegittima l’esenzione dall’obbligo di nomina dei coordinatori in materia di sicurezza nel caso di un cantiere di lavori privati, non soggetti a permesso di costruire e nel quale siano presenti più imprese.

Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo ha censurato l’art. 90, comma 1, del D.lgs. 81/09 in quanto tale disposizione, nel recepire la norma europea, aveva fatto un’eccezione proprio sul coordinatore della sicurezza, escludendo dall’obbligo di nomina i cantieri privati in cui è possibile avviare i lavori con una semplice dichiarazione di inizio attività (Dia).
Secondo i giudici europei l’esonero introdotto dal legislatore interno è in netto contrasto con la direttiva, che non opera  alcuna distinzione tra cantieri pubblici e privati e stabilisce in modo inequivocabile l’esigenza di individuare la figura del coordinatore nei cantieri in cui ci sono più imprese.
Tale obbligo deve essere rispettato a prescindere anche  dal grado di rischio che comportano i lavori effettuati e la designazione deve avvenire all’atto della progettazione dell’opera o comunque prima dell’ esecuzione dei lavori.
Infine la Corte Ue ricorda che la direttiva non crea obblighi nei confronti del singolo cittadino o imprenditore a cui non può essere contestato il mancato rispetto di adempimenti non previsti dalla legge interna.
 

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SCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990

Segnalazione certificata di inizio attività
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Il processo di riforma della Legge sulla semplificazione amministrativa non si è ancora concluso: il 6 ottobre 2010 è entrata in vigore la L. 1.10.2010, n. 163 (G.U. 233 del 5.10.2010), con la quale il Legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 19 L. 241/1990 con il comma 4-bis

Di seguito la riforma introdotta con gli artt. 1-quinques L. 163/2010.
Il comma 5 dell’art. 19 offre esempio di confusione legislativa .
Ed invero il comma 5 veniva abrogato per intero dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104.
Qualche giorno dopo veniva nuovamente inserito il comma 5 dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis (in vigore dal 31.7.2010): Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo  unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva  del giudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato  nei  termini  di  legge,  puo’ riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
Ebbene, il legislatore forse dimentico della L. n. 122/2010, ha inserito il comma 4-bis con la L. 163/2010 del 1.10.2010 che sembra replicare il comma 5 prima parte…

POST L. n. 69/2009
ART. 19 Dichiarazione di inizio attività
POST D.Lgs. 2.7.2010 N. 104 e L. 30.7.2010 n. 122
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
L. n. 163 del 1.10.2010 (in vigore dal 6.10.2010)
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale ilcui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge  o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione      degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva,permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di  attivita’ imprenditoriale, commerciale o artigianale il  cui rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia,  all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di attivita’imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui  rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia, all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali  attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
2. L’attività oggetto della dichiarazione può essereiniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazioneall’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti,nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E` fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della  segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia  possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte della amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3,  all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3, all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente.
4-BIS” Il presente articolo non si applica alle attivita’ economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58″. (inserito L. 163/2010 in vigore dal 6.10.2010)
5.
 
 
 
Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis 5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis
6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni 6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni

 

adminSCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990
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Sistri: chiarimenti

Nota esplicativa del Ministero dell’Ambiente a corredo del DM 28 settembre 2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 230 del 1-10-2010, il decreto 28 settembre 2010 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in vigore dal giorno stesso della pubblicazione, che introduce due proroghe di termini alle disposizioni del D.M. 17 dicembre 2009, in tema di controllo e tracciabilità dei rifiuti.

A corredo del decreto, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha pubblicato, sul sito internet  www.sistri.it, una nota esplicativa che prende in esame gli aspetti principali delle nuove disposizioni. È importante sottolineare che, allo stato attuale, tale nota, pur se pubblicata su un sito a valenza istituzionale, non rappresenta una interpretazione giuridicamente rilevante poiché non è stata emanata attraverso un atto protocollare (come ad esempio una circolare ministeriale).
Nella nota, in particolare, viene evidenziato che il provvedimento:

  • conferma la data di operatività del SISTRI, stabilita per il 1° ottobre 2010;
  • proroga al 30 novembre 2010 il termine per la consegna dei dispositivi USB e black box agli aventi titolo;
  • proroga al 31 dicembre 2010 il termine previsto dall’art. 12, comma 2, del DM 17 dicembre 2009, ossia il periodo nel quale, oltre agli adempimenti SISTRI, dovranno essere osservati gli obblighi di tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario.

Il quadro derivante dalle predette disposizioni è quindi il seguente:
a) utilizzo dei dispositivi elettronici
Gli iscritti al SISTRI che, alla data di avvio dell’operatività dello stesso, fissata per il 1° ottobre 2010, sono in possesso dei dispositivi elettronici, utilizzano i medesimi dispositivi a decorrere da tale data. Per quanto riguarda la compilazione del Registro cronologico, gli utenti inseriranno “in carico” le informazioni relative ai rifiuti prodotti/trasportati/gestiti a decorrere dal primo ottobre.
Lo “scarico” di rifiuti caricati nel Registro di cui all’articolo 190 del d.lgs. n. 152/2006 nel periodo antecedente all’operatività del SISTRI potrà, sino al 31 dicembre 2010, essere riportato solo in tale Registro. Tuttavia, entro tale data, i soggetti tenuti dovranno “caricare” nel Registro cronologico i dati relativi a tutti i rifiuti “in giacenza” nel Registro di cui all’articolo 190.
Dal momento che non tutti gli iscritti sono, alla data del 1° ottobre, dotati dei dispositivi, fino al 30 novembre 2010 potrebbe verificarsi che non tutti i soggetti interessati dalla movimentazione di un rifiuto siano in condizione di compilare il Registro cronologico e la scheda SISTRI- AREA MOVIMENTAZIONE.
In tale ipotesi, al fine di garantire il necessario flusso di informazioni al sistema, si applicherà quanto previsto all’articolo 6, comma 4, del DM 17 dicembre 2009 per i casi di indisponibilità temporanea dei dispositivi.
Si sottolinea l’estrema rilevanza che l’utilizzo immediato e costante dei dispositivi riveste al fine di acquisire la dovuta padronanza nell’impiego del nuovo sistema e, al tempo stesso, testarne la funzionalità, anche al fine di consentire di apportare le migliorie o modifiche la cui necessità dovesse evidenziarsi a seguito dell’effettivo e capillare utilizzo del sistema stesso.
b) soggetti iscritti al SISTRI che alla data del 1° ottobre 2010 non sono in possesso dei dispositivi elettronici
I soggetti iscritti al SISTRI ai quali, alla data del 1° ottobre 2010, non sono stati ancora consegnati i dispositivi, continuano a compilare unicamente il registro di carico e scarico e il formulario di identificazione dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006.Dal momento della consegna dei dispositivi, tali soggetti utilizzeranno altresì i dispositivi medesimi secondo quanto sopra riportato. Si evidenzia l’estrema utilità dell’utilizzo immediato dei dispositivi, una volta che gli stessi siano disponibili, al fine di poter usufruire della possibilità di prendere dimestichezza con il nuovo sistema in questa prima fase di avvio dell’operatività.
c) regime sanzionatorio applicabile sino al 31 dicembre 2010
L’articolo 12, comma 2, del DM 17 dicembre 2009 consente ai soggetti tenuti ad aderire al SISTRI di usufruire di una fase di applicazione dello stesso, ora prorogata sino al 31 dicembre 2010, finalizzata alla verifica della piena funzionalità del SISTRI e anche ad acquisire la necessaria padronanza nell’utilizzo dei dispositivi medesimi. Il medesimo articolo specifica infatti che, al fine di garantire che non vi sia soluzione di continuità per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi di legge relativi alla tracciabilità dei rifiuti in tale fase di prima applicazione del SISTRI, i soggetti iscritti al SISTRI rimangono tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del d.lgs. n. 152/2006.
Pertanto, fino al 31 dicembre 2010, solo la compilazione del registro di carico e scarico e del formulario di cui alla citata normativa garantisce l’adempimento degli obblighi di legge, e, a giudizio del Ministero, solo la violazione delle disposizioni dei predetti articoli darà luogo alla comminazione delle specifiche sanzioni previste dal decreto legislativo 152 del 2006. In realtà, come già evidenziato nella precedente comunicazione, si omette di evidenziare, nel provvedimento ministeriale, come le sanzioni siano contenute nello schema di decreto di recepimento della direttiva quadro sui rifiuti, attualmente al parere delle Commissioni parlamentari che debbono esprimersi entro il 24 ottobre p.v..
E’ pertanto evidente che il consideranda del decreto non avrà alcun valore giuridico qualora il decreto di recepimento dovesse entrare in vigore prima della fine del corrente anno.
 

adminSistri: chiarimenti
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Proroga Sistri

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la proroga della fase sperimentale e della fase distributiva dei dispositivi
a cura di avv.Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato pubblicato sulla G.U. del 1 ottobre 2010, il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in vigore dal giorno stesso della pubblicazione, che introduce due importanti e distinte proroghe alle disposizioni del dm 17 dicembre 2009.
Ferma restando la data di operatività del sistema per tutti i soggetti (1 ottobre 2010), come individuata agli articoli 1, commi 1 e 4, e 2 del DM 17 dicembre 2009 e successive modifiche e integrazioni, vengono differiti due termini specifici:

  • quello relativo alla distribuzione dei dispositivi USB ed installazione delle black box, di cui all’allegato IA, punto 5, del Dm 17 dicembre 2009,prorogato al 30 novembre p.v.;
  • e quello per la fase sperimentale “cd. fase test”, prevista dall’articolo 12, comma 2, del Dm 17 dicembre 2009, che sposta al 31 dicembre p.v. il termine fino al quale le imprese regolarmente iscritte al Sistri, rimarranno tenute anche agli adempimenti di cui agli articoli 190 (registro di carico e scarico) e 193 (formulario) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Particolare importanza riveste quest’ultimo aspetto. In sostanza durante la “fase test” il Sistri verrà utilizzato insieme a registri e formulari, cioè ai tradizionali adempimenti ambientali che dal “cd. Decreto Ronchi” regolano la produzione e gestione dei rifiuti. Tale fase si allunga così da uno a tre mesi per tutti i soggetti, cioè sia per chi al 1 ottobre 2010 sarà in possesso dei dispositivi sia per chi, invece, a quella data non li avrà ricevuti o sarà impossibilitato ad usarli per malfunzionamenti. La tenuta congiunta delle “tradizionali” scritture ambientali e del sistema telematico Sistri, nasce dalla necessità di non interrompere il sistema di tracciabilità dei rifiuti.
Questa, infatti, in una filiera “chiusa” come quella dei rifiuti, può essere garantita solo se tutti e tre i soggetti coinvolti (produttore, trasportatore e destinatario) sono messi nelle condizioni di operare con i dispositivi elettronici. I molti problemi connessi alle difficoltà di distribuzione di tali dispositivi e la imprescindibile necessità degli addetti delle singole imprese di familiarizzare con il sistema, hanno reso necessario ampliare da uno a tre mesi il periodo sperimentale, teso ad assicurare la piena funzionalità del Sistri.
Per maggiore chiarezza circa la nuova tempistica delineata dalle nuove disposizioni, si riporta la tabella seguente:

SCHEDA: LA NUOVA TEMPISTICA DOPO LO SLITTAMENTO DEI TERMINI

1 ottobre 2010 Da questa data il  Sistri è operativo; pertanto chi è in possesso dei dispositivi elettronici, deve iniziare ad usarli
30 novembre 2010 Il termine entro il quale completare le procedure di ritiro dei dispositivi elettronici viene prorogato dal 12 settembre al 30 novembre 2010 (alleato IA, punto 5, Dm 17 dicembre 2009)
31 dicembre 2010 Il termine fino al quale continuare a tenere i registri di carico e scarico ed i formulari, unitamente al Sistri, viene prorogato dal 1 novembre al 31 dicembre 2010, per verificare la piena funzionalità del sistema.

 
Relativamente al quadro sanzionatorio, nel nuovo decreto, tra i consideranda, si afferma un importante concetto: nel periodo sperimentale, che terminerà per tutti il 31 dicembre 2010 le fattispecie sanzionabili restano esclusivamente quelle relative alla violazione degli obblighi relativi a registri e formulari (articoli 190 e 193 del Dlgs 152/29006).
In realtà, attualmente, non c’è alcun riscontro di tale affermazione all’interno delle disposizioni relative al nuovo quadro sanzionatorio delineato dallo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98.
È legittimo dunque il dubbio sul valore giuridico di tale premessa al momento del recepimento della direttiva rifiuti. Ed invero tale previsione sanzionatoria dovrebbe essere trasferita all’interno delle disposizioni dello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva quadro; schema che sta ultimando il suo iter (ora è all’esame delle competenti commissioni parlamentari) e che a breve, verrà varato definitivamente.


 

adminProroga Sistri
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Sicurezza sul lavoro – Identificazione degli addetti nei cantieri

Integrazioni alla tessera di riconoscimento

 
 

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La legge del 13 agosto 2010 n. 136 sul “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo  in materia di normativa antimafia“ (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  del 23 agosto 2010 n. 196), ha modificato gli articoli 18 e 21 del D.Lgs 81/08 (cd. Testo Unico sulla sicurezza) prevedendo che la tessera di riconoscimento venga integrata con nuove informazioni.

In particolare, per quanto riguarda l’identificazione degli addetti nei cantieri, l’articolo 5 della legge 136/10 prevede che, nello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il lavoratore dovrà essere munito di una tessera di riconoscimento che, oltre ad essere corredata  di fotografia, con l’indicazione delle generalità del lavoratore e del nome del datore di lavoro (come richiedeva  l’art. 18 comma 1 lett. u) del Testo Unico), contenga anche la data di assunzione e, nel caso di subappalto, la relativa autorizzazione.
Il medesimo articolo prevede che anche la tessera di riconoscimento di cui devono essere dotati i lavoratori autonomi,  ferme restando le indicazioni relative alle generalità degli stessi  e all’apposizione di fotografia (art. 21 comma 1  lett.c), debba essere integrata con l’indicazione del committente dei lavori. Resta inalterato il regime sanzionatorio disciplinante la violazione delle disposizioni sopra richiamate.
Nello specifico, l’articolo 55 comma 5  lett. i) del D.Lgs 81/08  prevede, nei confronti del datore di lavoro, la sanzione  amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun lavoratore non munito di tessera di riconoscimento, mentre l’art. 60 comma 1 lett. b) del medesimo provvedimento dispone per il lavoratore autonomo sprovvisto di tessera una sanzione  amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro.

 
 

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Aria: novità dal 30.9.2010 (Dlgs. n. 155/2010)

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


È stato pubblicato sulla Gu del 15 agosto il Dlgs 13 agosto 2010, n. 155, recante recepimento della direttiva comunitaria sulla qualità dell’aria (2008/50/CE), che disciplina l’intera materia della valutazione e gestione della qualità dell’aria nei paesi Ue.

Il Dlgs 155/2010 reca il nuovo quadro normativo unitario in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, cioè “l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro”.
Dal 30 settembre 2010 le molteplici normative che si occupavano dell’aria saranno abrogate assieme ai provvedimenti ministeriali attuativi quali: Dlgs 351/1999 (qualità dell’aria);  Dlgs 183/2004 (ozono); il Dlgs 152/2007 (arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e idrocarburi policiclici aromatici); Dpr 203/1988 (impianti industriali, già soppresso in realtà dal Dlgs 152/2006 con alcune eccezioni transitorie, fatte comunque salve dal Dlgs 155/2010).
Il provvedimento, si precisa, interviene a fissare i valori e gli obiettivi di qualità dell’aria da raggiungere o da perseguire per biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, particolato PM10, particolato PM2.5 e l’ozono.
Due gli obiettivi che vengono raggiunti:
1) razionalizzare le attività di valutazione e di gestione della qualità dell’aria, secondo canoni di efficienza, efficacia ed economicità;
2) responsabilizzare tutti i soggetti interessati all’attuazione delle nuove disposizioni sulla base di un preciso riparto delle competenze.
E’ prevista, inoltre, la possibilità di ricorrere a misure nazionali qualora da un’apposita istruttoria risulti che tutte le possibili misure individuabili dalle regioni nei piani di qualità dell’aria non siano risolutive, in quanto i superamenti sono causati in modo decisivo da sorgenti di emissione su cui le regioni non hanno competenza amministrativa e legislativa. In tal caso si procede all’adozione di misure di carattere nazionale sulla base dei lavori di un comitato da istituire presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il recepimento della Direttiva UE si affianca alla recente modifica del codice ambiente varata dall’esecutivo il 24 giugno.  “Si realizza in questo modo – afferma il MinAmbiente – la prima parte dell’azione di contrasto dell’inquinamento atmosferico, che sarà a breve completata dal Governo italiano con il Piano anti-smog”.
Il nuovo decreto prevede la “zonizzazione”, ossia la suddivisione del territorio nazionale – soggetta al controllo del ministero dell’Ambiente – in spazi uniformi all’interno di ciascuna regione, fondata su elementi come la densità emissiva, le caratteristiche orografiche, quelle meteo-climatiche o il grado di urbanizzazione del territorio.
Viene prevista inoltre una valutazione della qualità dell’aria basata, sempre in ciascuna regione, su un programma nel quale devono essere definiti la rete di misurazione ufficiale, le misure indicative e le simulazioni. L’intera rete deve essere poi soggetta alla gestione o almeno al controllo pubblico assicurata dalle regioni o su delega dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. Le attività di pianificazione, volte a garantire il raggiungimento dei valori limite (concentrazioni atmosferiche fissate in base alle conoscenze scientifiche per evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana e sull’ambiente) o i valori obiettivo (una sorta di media annua) sulla qualità dell’aria,dovranno fare riferimento alle “sorgenti di emissione” intervenendo con misure in modo “mirato”, senza cioè l’obbligo di estendersi all’intero territorio della zona o di limitarsi a quest’ultimo.
Sarà possibile tuttavia adottare misure di risanamento nazionali qualora tutte le misure individuabili nei piani regionali non possano assicurare il raggiungimento dei valori previsti.
 

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Aria e zonizzazione (DLGS. n. 155/2010)

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


Lo Stato italiano ha recepito la Direttiva comunitaria 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europacon il D. Lgs 13.08.2010, n. 155, pubblicato in: G.U. n. 216 del 15 settembre 2010, Suppl. Ordinario n. 217.

Il decreto entrerà in vigore il 30.09.2010 e da quel momento Regioni e Province autonome dovranno valutare il territorio di competenza ai fini della zonizzazione e dell’elaborazione di piani di risanamento per il rispetto dei valori tabellari stabiliti dalla Comunità Europea.
Il decreto abroga altresì il DM 20.5.1991 che stabiliva le linee guida per i piani di risanamento dell’aria da adottarsi da ogni singola Regione e Provincia Autonoma, i quali, laddove esistenti dovranno essere adeguati ai nuovi criteri imposti dalla Direttiva recepita nel termine di quattro mesi  (art.3 co.2  D. Lgs. 155/2010).
Nessun termine viene, invece, stabilito per l’adozione della zonizzazione ed i piani di risanamento di nuova elaborazione Il legislatore statale, inoltre, non stabilisce le modalità con le quali “zonizzare” il territorio, richiedendo soltanto che la stessa sia preceduta dall’individuazione degli agglomerati urbani: sembra sussistere, quindi, una connessione tra le scelte urbanistiche e quelle relative alla qualità dell’aria ben più forte rispetto a quanto statuito, ad esempio, in tema di zonizzazione acustica.
Stante il silenzio legislativo e l’ampia discrezionalità lasciata alle Regioni, non è dato sapere se l’analisi del territorio e la relativa suddivisione in zone, nonché la stesura di eventuali piani verrà svolta autonomamente oppure se saranno coinvolti anche i Comuni e le Province.
A ciò si aggiunga che il D. Lgs 155/2010 non dispone alcuna sanzione in caso di inadempimento ed è ragionevole ritenere che non si assisterà ad una ….corsa alla zonizzazione.Fondato è quindi il pericolo che il Decreto Legislativo non venga attuato, per lo meno non nel breve periodo e, soprattutto, che la zonizzazione rimanga a c.d. macchia di leopardo, vanificando l’intera direttiva: la zonizzazione dell’intero territorio nazionale è il presupposto su cui si organizza l’attività di valutazione della qualità dell’aria ambiente. (Art. 1 co. 4, lett.c).
 

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Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti – SISTRI

Dal 1 ottobre diventa operativo anche se molte sono ancora le criticità
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il Dm 9 luglio 2010 ha disposto che l’operatività del nuovo sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti decorra, per tutti i soggetti obbligati, a far data dal prossimo 1° ottobre 2010.
Tuttavia è previsto un mese di rodaggio dove viene legittimato il doppio regime.
Il Dm 17 dicembre 2009 prevede, infatti, all’articolo 12, comma2, che: al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema Sistri, per un mese successivo all’operatività del Sistri (1 novembre p.v.), i soggetti obbligati all’iscrizione al nuovo sistema, rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 (registro di carico e scarico) e 193 (formulario) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Allo stato attuale, nonostante i termini perentori fissati dal Governo, i livelli di definizione del nuovo processo telematico risultano non completamente avviati sul territorio ed ancora in fase di avanzamento.
Sotto il profilo operativo si sono verificati, infatti, una serie di problemi che ostacolano l’avvio del sistema e che occorre rimuovere per far si che questo processo si sviluppi in coerenza con le esgenze di semplificazione degli adempimenti e di riduzione dei costi a carico delle imprese, specialmente quelle di più ridotte dimensioni.
Da analisi campione effettuate dal sistema camerale risultano, poi, ritardi nella distribuzione della necessaria strumentazione informatica ed elettronica (secondo Unioncamere appena il 54% delle imprese sono in possesso dei dispositivi previsti dalla normativa, nonostante sia stato superato ampiamente il termine del 12 settembre entro il quale si sarebbe dovuta completare la fase distributiva) e nell’adeguamento tecnologico di cui avrebbero bisogno tali dispositivi.
Anche per quanto riguarda la distribuzione avviata dalle sezioni dell’albo nazionale gestori ambientali, risulta che solo un ristretto numero di imprese coinvolte nel trasporto dei rifiuti abbiano istallato i previsti dispositivi Black Box.
È evidente che senza il completamento della fase distributiva, in ogni ambito territoriale e per ogni categoria di utenti  ivi compreso il comparto del trasporto – risulta difficile ipotizzare un ordinato e regolare avvio del sistema.
In data 23 settembre u.s., il Ministero dell’Ambiente  ha ritenuto opportuno convocare una riunione con tutte le Organizzazioni di categoria.
Durante tale incontro la segreteria tecnica ha comunicato di aver sottoposto alla valutazione del Ministro un provvedimento, per quelle imprese non oggettivamente in grado di avvalersi nelle procedure informatiche,  disporrebbe di operare con il vecchio sistema per ulteriori due mesi. È possibile che tale provvedimento trovi corpo nell’ambito di un testo unico sul Sistri di natura meramente compilativa che parrebbe essere stato già trasmesso al Consiglio di Stato o in alternativa attraverso una circolare ministeriale interpretativa in senso estensivo delle disposizioni.
 

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TARSU E TIA: REGIME TRANSITORIO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Come noto il D.Lgs 22/97, nell’introdurre la tariffa d’igiene ambientale (Tia) aveva disposto la soppressione della tassa sullo smaltimento dei rifiuti urbani (Tarsu) a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio che veniva disciplinato dal successivo Regolamento di attuazione n. 158 del 27 aprile 1999.

I termini fissati nel Regolamento sono stati nel tempo oggetto di proroghe da parte del legislatore, dovute anche alla circostanza che i Comuni, per istituire la Tia, avrebbero dovuto provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio relativi alla gestione della stessa e non sempre erano in grado di operare in tal senso.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs 152/06 (c.d. “nuovo codice dell’ambiente”) veniva prevista, all’art. 238, una revisione complessiva del sistema tariffario di gestione dei rifiuti, rinviando ad un apposito regolamento la rideterminazione dei coefficienti di produzione dei rifiuti di cui al citato D.P.R. 158/99.
Il decreto 152 inoltre, nell’abrogare il D.Lgs 22/97 stabiliva, al fine di garantire continuità nel passaggio dalla preesistente normativa alla nuova, che continuassero ad essere applicati i vigenti provvedimenti attuativi sino alla entrata in vigore dei nuovi regolamenti. Il  decreto attuativo cui appunto rinvia l’art. 238, allo stato non è ancora stato emanato e pertanto, in sua attesa, si rendeva indispensabile una proroga espressa del regime transitorio.
Tale proroga può essere rinvenuta nella legge n. 296 del 27 dicembre 2006 che, all’art. 1, comma 184, stabiliva, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di cui al D.Lgs 152/06, l’invarianza del regime di prelievo (Tarsu o Tia) relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato in ciascun comune, sino ad arrivare alla copertura dell’intero anno 2009. Di conseguenza si evince che, a partire dal 1° gennaio 2010, essendo venuto meno il regime transitorio assicurato dalle proroghe succedutesi nel corso degli anni, l’istituto della Tarsu debba ritenersi formalmente decaduto.
Va inoltre considerata contestualmente la disposizione introdotta dalla legge n. 13 del 27 febbraio 2009, e oggetto di successive proroghe semestrali sino ad arrivare al 30 giugno 2010, che dava facoltà ai Comuni di passare al regime di Tia qualora il Ministero dell’Ambiente, entro le date prefissate, non avesse adottato il Regolamento attuativo di cui all’art. 238. Ciò poteva costituire, di fatto, una prosecuzione del regime di invarianza del prelievo in quanto, sino al 30 giugno, scorso i Comuni avrebbero dovuto attendere il Regolamento per attuare il passaggio alla tariffa.
Non essendo intervenuto più alcun differimento, teoricamente a partire dal 1° luglio 2010 i Comuni possono optare per il regime di prelievo diverso dalla Tarsu, applicando comunque le modalità di determinazione della tariffa fissate dall’ unico Regolamento ad oggi in vigore ossia il D.P.R. 158/99. Di fatto tale transizione risulterebbe puramente virtuale in quanto al 30 giugno sono scaduti anche i termini per modificare i regolamenti tributari locali e, pertanto, l’eventuale passaggio da Tarsu a Tia decorrerebbe a partire dal 2011. D’altronde una introduzione della Tia  dal 1° luglio  2010 non troverebbe solo impedimenti giuridici, ma anche ostacoli operativi, essendo estremamente arduo gestire una stessa annualità con due entrate diverse. In ogni caso si ritiene che per i Comuni che non hanno ancora attuato il passaggio da Tarsu a Tia,  dal 1° gennaio 2011 sussisterebbe l’obbligo e non più la facoltà di introdurre il nuovo istituto, essendo venuto meno per l’anno 2010 il regime transitorio che legittimava la contestuale esistenza delle due forme di prelievo.
Tra l’altro non risulta chiaro a quale normativa i Comuni dovranno fare riferimento e quali i criteri da seguire per la determinazione della tariffa. Andrebbe infatti esclusa la possibilità di applicare l’art. 49 del d.lgs. 22/97 in quanto abrogato dal D.Lgs 152/06. Altrettanto dubbia la possibilità di applicazione dell’ art. 238[1] del “codice ambientale” che istituisce la nuova tariffa, in “stand-by” perché manca il Regolamento statale di attuazione. In aggiunta a questo scenario estremamente complesso, vanno ricordate le recenti pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione che hanno sancito la natura tributaria del prelievo, in quanto non direttamente proporzionale ai rifiuti prodotti dai contribuenti, facendo  così decadere l’Iva dalla Tia e aprendo la strada a possibili richieste di rimborso.   Anche il recente intervento del Governo sulla manovra correttiva, che in una specifica disposizione ha stabilito che la Tia è una tariffa con lo spostamento delle eventuali controversie in sede giudiziaria ordinaria, non ha portato la dovuta chiarezza, in quanto viene fatto riferimento all’art. 238 del d.lgs. 152/06 – che, come visto in precedenza, risulta ancora inapplicato per la mancanza del regolamento attuativo – e non alla Tia del D.Lgs 22/97 attualmente applicata in quei Comuni che l’avevano adottata in via sperimentale.


[1](Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani)  Art. 2381. Chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso privato o pubblico non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa. La tariffa costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ricomprende anche i costi indicati dall’articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36. La tariffa di cui all’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.2. La tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.3. La tariffa è determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle Autorità d’ambito ed è applicata e riscossa dai soggetti affidatari del servizio di gestione integrata sulla base dei criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6. Nella determinazione della tariffa è prevista la copertura anche di costi accessori relativi alla gestione dei rifiuti urbani quali, ad esempio, le spese di spazzamento delle strade. Qualora detti costi vengano coperti con la tariffa ciò deve essere evidenziato nei piani finanziari e nei bilanci dei soggetti affidatari del servizio.4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.5. Le Autorità d’ambito approvano e presentano all’Autorità di cui all’articolo 207il piano finanziario e la relativa relazione redatta dal soggetto affidatario del servizio di gestione integrata. Entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 6, dovrà essere gradualmente assicurata l’integrale copertura dei costi.6. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (CESPA) e i soggetti interessati, disciplina, con apposito regolamento da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto e nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, i criteri generali sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, anche con riferimento alle agevolazioni di cui al comma 7, garantendo comunque l’assenza di oneri per le autorità interessate.7. Nella determinazione della tariffa possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo, debitamente documentato ed accertato, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali. In questo caso, nel piano finanziario devono essere indicate le risorse necessarie per garantire l’integrale copertura dei minori introiti derivanti dalle agevolazioni, secondo i criteri fissati dal regolamento di cui al comma 6.8. Il regolamento di cui al comma 6 tiene conto anche degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato.9. L’eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell’organizzazione del servizio.10. Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi.11. Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti.12. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle entrate (2).(1) Per la deroga alle disposizioni del presente articolo, relativa alla regione Campania, vedi articolo 7 del D.L. 11 maggio 2007, n. 61.(2) Vedi l’articolo 14, comma 33, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

 

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Sindaco e Rumore: quali poteri?

TAR Puglia , Bari, sez. II, 30.7.2010, 3274
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


Un privato lamenta di essere disturbato nel riposo dalle emissioni rumorose di un vicino opificio; provvede dunque a ripetute denunce alla ASL ed al Comune sollecitando l’ adozione da parte del Sindaco di una Ordinanza contingibile ed urgente.
Il Sindaco peraltro non si attiva e non risponde alle ripetute richieste di intervento ed il privato adisce il TAR al fine di “accertarsi la illegittimità del silenzio mantenuto dal Comune” in ordine alle istanze finalizzate a far cessare le immissioni rumorose.
Ebbene, il Tribunale ha analizzato compiutamente le missive inviate al Comune ed il loro contenuto al fine di verificare l’effettiva richiesta di un provvedimento idoneo ad attivare il Comune.
Il TAR Puglia, Bari, sez. II, 30.07.2010, n. 3274,  ha rigettato il ricorso presentato dal cittadino a fronte del silenzio e dall’inerzia serbata dal Comune perché le richieste in realtà erano solo generiche lamentele.
Nello specifico il TAR ha ritenuto preliminare la verifica della natura delle richieste inoltrate al Sindaco da parte del privato e valutare se queste fossero idonee a determinare l’obbligo di attivazione in capo alla amministrazione comunale.
Accertato che le missive del cittadino erano state inviate all’ASL competente e solo per conoscenza al Sindaco e soprattutto verificato che non veniva richiesta l’emissione di alcun provvedimento inibitorio verso la fonte di inquinamento acustico, il TAR concludeva per l’infondatezza della pretesa del cittadino.
Ed invero non veniva riscontrata un’emergenza sanitaria, ovvero un grave pericolo per l’incolumità pubblica, ma solo un fastidio percepito dal privato, che avrebbe quindi dovuto agire in sede penale o civile per la tutela dei propri diritti…..chiamando però in causa altro soggetto.
Nessun obbligo, invece, incombe sul Sindaco, che non è tenuto a dirimere le controversie individuali, dovendosi attivare solo se la fonte rumorosa possa rivelarsi dannosa per la collettività.
Suddetto potere di azione viene conferito al Sindaco dall’art. 9 L. 447/95, il quale è subordinato alla sussistenza di due presupposti: l’eccezionalità e l’urgenza e la necessità di salvaguardare la saluta pubblica. È vero che l’obbligo di intervento scaturisce anche se la lamentela proviene anche da un singolo cittadino, ma l’accertamento preventivo di tali due requisiti è preliminare e la mancanza anche parziale determina l’illegittimità dell’atto amministrativo emanato.
 

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Energia e Sottoprodotti: L. 13.8.2010 n. 129

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
L’art. 1 comma 3 della Legge 13 agosto 2010, n. 129 (G.U. 18.08.2010, n. 192) , con cui il Parlamento ha convertito, modificandolo, il D.L. 8 luglio 2010, n. 105 (G.U. 9.7.2010, n. 158) – Misure urgenti in materia di energia – ha novellato l’art. 185 comma 2 Codice Ambiente. A decorrere dal 19 agosto u.s. la definizione di sottoprodotto è così modificata:
 

art. 185 comma 2
ANTE RIFORMA
Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell’articolo 183:
materiali fecali e vegetali provenienti () da attività agricole utilizzati nelle attività agricole ()
 
 
 
o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas, materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.
art. 185 comma 2
POST RIFORMA
Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell’articolo 183:
materiali fecali e vegetali provenienti da sfalci e potature di manutenzione del verde pubblico e privato, oppure da attività agricole, utilizzati nelle attività agricole, anche al di fuori del luogo di produzione, ovvero ceduti a terzi, o
utilizzati in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas,materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi,eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.

 
Il Parlamento ha accolto con favore la disposizione ex art. 1 comma 3 D.L. 208/2010, perché evidente era la necessità di precisare i confini definitori della nozione di sottoprodotto:  tale intervento consente di colmare un vuoto normativo in linea con le conclusioni della dottrina e della “prassi” (Camera dei Deputati – Dossier di documentazione  A.C. 3660).
 

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Energia: Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili – D.M. 10 settembre 2010

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010 è stato pubblicato il D.M. 10 settembre 2010 che – in attuazione di quanto previsto dall’articolo 12 del D.Lgs 387/2003 – detta le linee guida nazionali per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
 
Il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 3 ottobre 2010.
Le Regioni avranno tempo sino al 2 gennaio 2011 per adeguare le rispettive discipline di autorizzazione.
Decorso tale termine, le linee guida si applicheranno ai procedimenti in corso, fatti salvi quelli completi della soluzione di connessione e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti.
Nel dettaglio le linee guida definiscono il regime giuridico delle autorizzazioni valido su scala nazionale, disciplinando i casi da assoggettare all’applicazione dell’autorizzazione unica, i contenuti minimi di tale procedura,  i casi invece che sono meritevoli di ulteriori semplificazioni e quelli che invece sono assoggettati alla procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA).
Occorre precisare, al riguardo, che le Linee guida fanno riferimento al procedimento di Denuncia di inizio attività (DIA) il quale è stato sostituito – in base all’art. 49, comma 4-bis, della Legge 122/2010 – dalla Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Segnalazione questa che prevede, a differenza del vecchio regime della DIA, la possibilità di iniziare l’esercizio dell’attività dalla data di presentazione della segnalazione all’amministrazione competente (e non più 30 giorni dopo).
Allegato: D.M. 10 settembre 2010
 

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Autorizzazione: Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.

Nota a DGR Veneto 1766/2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Regione del Veneto ha deliberato l’istituzione di uno specifico tavolo tecnico coordinato dalla Direzione regionale Ambiente, che si terrà entro il 31.12.2010, tra Regione, Unione Regionale delle Province del Veneto (URPV) e ARPAV a cui è stata invitata a partecipare anche l’ISPRA  (ex APAT).

Come specificato in DGRV n. 1766 del 6.07.2010 in Bur 61 del 27.07.2010 obiettivo della concertazione è chiarire ed uniformare le modalità di richiesta e rilascio delle autorizzazioni alle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.
Ad oggi la Regione conferma le precedenti DGRV 1838/2007 e 3764/2009 e richiama l’allegato A della DGRV 1766/2010 quale “criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica”; e ciò fino alla ridefinizione delle procedure a seguito proprio del tavolo di concertazione promosso dalla Regione a seguito della necessità di meglio definire ed approfondire la procedura alla luce di nuove problematiche .
Ebbene, come è noto il D. Lgs 13.01.2003, n. 36, attuativo della Direttiva 1999/31/CE, classifica le discariche in tre tipologie (non più cinque):
i) discariche di rifiuti pericolosi,
ii) discariche di rifiuti non pericolosi,
iii) discariche per gli inerti.
L’art. 7 del DM 3.8.2005 prevede la facoltà per le autorità territorialmente competenti di autorizzare discariche di rifiuti non pericolosi nelle seguenti sottocategorie:
a)         discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile;
b)        discariche per rifiuti in gran parte organici da suddividersi in discariche considerate bireattori con recupero di biogas e discariche per rifiuti organici protrattati;
c)         discariche per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas.
Le istanze di riclassificazione[1] per la specifica sottocategoria di discarica devono essere accompagnate:
a) da idonea documentazione tecnica comprensiva di quanto richiesto in circolare Ministero dell’Ambiente n. 14963 del 30.06.2009 e dell’aggiornamento delle informazioni ex art. 5 commi 1 e 2 D. Lgs 59/2005, 
b) dalla valutazione di rischio ex art. 7 comma 2 DM 3.8.2005,
c) dalla relazione di compatibilità ambientale ex art. 22 comma 4 LR 3/2000.
Le perplessità che la Regione vuole chiarire a mezzo del tavolo tecnico concernono i criteri  e le modalità di predisposizione della valutazioni di rischio da presentarsi unitamente alle istanze di autorizzazione a tali tipologie di discariche.
La difficoltà sta nel fatto che ogni discarica deve essere valutata in maniera autonoma, tenendo conto delle caratteristiche concrete dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell’idoneità del sito, ma soprattutto perché la norma prevede deroghe da indicarsi ad hoc per specifici parametri.
Il pericolo di una disciplina eterogenea era evidente e sul punto la Regione era già intervenuta con DGRV 3764 del 9.12.2009[2]:-          per le discariche esistenti le deroghe erano ammesse solo previo parare positivo della Commissione Tecnica Regionale sezione Ambiente (CTRA);-         per le nuove discariche, ovvero in caso di modifica delle tipologie di rifiuti trattati le autorizzazioni dovevano essere precedute dalla VIA e corredate da congrua documentazione.
Nelle more la Giunta Regionale ha fornito dei criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica.Il calcolo del rischio deve riguardare tutti i possibili impatti sulle matrici ambientali di acque superficiali, acque sotterranee e la qualità dell’aria in termini di contaminazione delle stesse da parte delle potenziali emissioni della discarica.
La DGRV 1766/2010 statuisce altresì che anche per le discariche non classificate in una delle sottocategorie di cui all’art. 7 del DM 3.8.2005 possono essere rilasciate, ai sensi dell’art. 10 del medesimo decreto ministeriale e sulla base di una valutazione del rischio con riguardo alle emissioni della discarica, deroghe ai limiti di accettabilità previsti dalla norma per specifici parametri e per specifiche tipologie di rifiuto.
La valutazione del rischio richiede lo studio di tre componenti (Modello Concettuale del SITO -MCS-):1.      sorgente di contaminazione discarica2.      percorsi e vie di propagazione degli inquinanti3.      bersagli/recettori
Quanto ai valori di concentrazione limite, la DGRV 1766/2010 rinvia alla normativa ambientale e in tema di bonifiche, che già sono corredate da tabelle indicanti i parametri di riferimento.Nel caso in cui la sostanza specifica non sia contenuta nelle tabelle di riferimento, i valori di concentrazione limite accettabili devono essere ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.
Quanto alle caratteristiche del sito in cui viene ubicata la discarica, la valutazione del rischio dovrà considerare i dati forniti in sede di VIA, nonché, laddove già rilasciata, dall’eventuale autorizzazione all’esercizio, da quelli desunti da particolari campagne di misura o dai dati bibliografici esistenti in caso di parametri non presenti in progetto.
Quanto al calcolo di flusso di percolato che attraversa la barriera di sconfinamento del fondo della discarica si dovrà predisporre una presentazione probabile della conducibilità idraulica del suolo nel caso si impieghi il metodo Monte Carlo, oppure predisponendo misure alternative mediante il ricorso ad un coefficiente di permeabilità più elevato rispetto a quello in progetto.In ogni caso la Regione attesta l’ininfluenza dei teli in HDPE, perché non efficaci. La valutazione del rischio deve in ogni caso essere conforme ai criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche, pubblicata da APAT (oggi ISPRA) nel giugno del 2005.


[1] Diversamente per nuove discariche per rifiuti non pericolosi che dovranno essere sottoposte a VIA ecc…
[2] In BUR Veneto n. 2 del 5.01.2010

 

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Rumore e zonizzazione (Breve nota a TAR Veneto n. 351/2010 )

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La sentenza n. 351 del TAR Veneto pronunciata il 10 febbraio 2010, definisce la vertenza che vedeva coinvolto un Comune ed una società titolare di una cava all’interno del relativo territorio, dove svolgeva attività di frantumazione e lavorazione del materiale inerte.
A seguito di rilevamenti fonometrici che accertavano lo stabellamento dei limiti acustici, venivano notificate alla società due ordinanze comunali, che imponevano l’adozione di misure di contenimento acustico e di correttivi all’attività espletata per eliminare l’inquinamento prodotto.
Tali provvedimenti venivano impugnati avanti il TAR per sentirne dichiarare l’illegittimità perché posti in violazione della normativa acustica.
Le società evidenziavano diversi punti di doglianza ma il TAR accoglieva un solo punto (peraltro bastevole) ovvero quello relativo allamancanza di zonizzazione acustica del Comune interessato e limiti acustici applicabili.
Precisa il TAR Veneto che “…. è stata fatta erronea applicazione dell’articolo 4 DPCM 14 novembre 1997; articolo che prevede un doppio limite di tollerabilità; il limite differenziale (pari alla differenza tra il rumore ambientale ed il rumore residuo) e il limite del rumore ambientale in quanto tale…”
Ed invero il doppio limite di cui all’art. 4  DPCM 1997 non può trovare applicazione perché il Comune di … è privo di zonizzazione acustica e, quindi, si dovranno osservare solo i limiti assoluti ex art. 6 comma i DPCM 1991 per l’espresso rinvio del citato art. 8 DPCM 1997; “…articolo che da un lato non prevede il limite differenziale e dall’altro stabilisce limiti massimi più elevati (in tutto il territorio nazionale 70 leq (A) diurno e 60 leq (A) notturno..”
La sentenza del TAR Veneto citata si allinea quindi al consolidato orientamento giurisprudenziale, che segue in genere il seguente sillogismo:

1) Se il Comune non è dotato di un piano di zonizzazione acustica
2) allora si applica l’art. 8 DPCM 14.11.1997 che, in caso di mancata classificazione acustica, rinvia all’art. 6 comma 1 DPCM 1.3.1991 che prevede l’applicazione dei soli  limiti assoluti;
3) Ergo, all’interno dei Comuni privi di zonizzazione non si applicano i limiti differenziali (doppio limite) bensì solo il limite assoluto.

Tale orientamento presta il fianco a critiche laddove sembra poco considerare la ratio della legge n. 447/95 e l’effettiva tutela dei cittadini.

Si pensi che la Circolare 6 settembre 2004 –  Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – è intervenuta proprio a precisare che l’art. 8 DPCM, pur richiamando i soli limiti assoluti non intende escludere quelli differenziali.
Il ragionamento potrebbe essere condivisibile: solo i limiti assoluti sono legati alla previa zonizzazione acustica del territorio, mentre i limiti differenziali sono indistinti per tutte le classi.
La mancanza di un intervento legislativo ha poi avvalorato tale prassi, tanto che a parte sporadiche sentenze contrarie[1], per lo più antecedenti il 2006, ormai è principio assodato.


[1] TAR Trento 174/2005; TAR Puglia 488/2006

 

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Accordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE – Distribuzione

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
In data 7 luglio 2010 è stato firmato Accordo di programma tra Anci, Centro di Coordinamento Raee ed organizzazioni nazionali della distribuzione, con il quale si completa il quadro di accordi tra i soggetti coinvolti dalla normativa prevista dal Dm 8 marzo 2010 n.65.


L’accordo in oggetto , in particolare, segue due precedenti accordi: quello tra Anci e centro di coordinamento dell’8 luglio u.s ed il protocollo di intesa tra Centro di coordinamento RAEE, ANCI ed Organizzazioni della distribuzione del 24 giugno u.s.
L’accordo prevede che: Il CdC RAEE assicuri, attraverso l’operatività dei Sistemi Collettivi che lo costituiscono, il ritiro gratuito dei RAEE presso i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE che rispondano ai seguenti precisi requisiti:
      il Luogo di Raggruppamento dei RAEE deve essere idoneo a svolgere le attività ai sensi della normativa vigente in materia;
      per ogni Luogo di Raggruppamento dei RAEE deve essere indicato il nominativo di una persona di riferimento per la gestione dei ritiri, che assicurerà la sottoscrizione dei documenti necessari e previsti per legge all’accompagnamento dei RAEE in uscita da detti Luoghi di Raggruppamento dei RAEE;
      per richiedere i servizi di ritiro i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE utilizzano esclusivamente il servizio via WEB messo a disposizione dal CdC RAEE;
      all’atto dell’iscrizione dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE, i Distributori o gestori del Luogo di Raggruppamento devono comunicare e successivamente mantenere aggiornato il dato relativo agli orari ed ai giorni lavorativi in cui è possibile effettuare il ritiro: è previsto che i Luoghi di Raggruppamento siano aperti 5 giorni alla settimana per un periodo minimo di 6 ore. Gli orari comunicati faranno fede ai fini del ritiro da parte dei Sistemi Collettivi: qualora i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE risultino chiusi o l’unità di carico risulti non accessibile ai Sistemi Collettivi per il ritiro durante l’orario di apertura indicato, i Sistemi Collettivi segnaleranno al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE un’anomalia;
      i RAEE devono essere suddivisi in maniera conforme ai Raggruppamenti previsti. Qualora i Sistemi Collettivi accertino un’errata suddivisione dei RAEE, segnaleranno un’anomalia al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE;
      all’interno dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE deve essere assicurata un’adeguata gestione, al fine di evitare la dispersione nell’ambiente delle sostanze pericolose e di garantire l’integrità dei RAEE, così come conferiti dal consumatore; si ricorda che il Distributore, ai sensi dell’Art. 6 comma 2 del D. Lgs. 151/05, può rifiutare “il ritiro di un RAEE nel caso in cui vi sia un rischio di contaminazione del personale incaricato dello stesso ritiro o nel caso in cui risulta evidente che l’apparecchiatura in questione non contiene i suoi componenti essenziali”.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE si impegnano espressamente a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI), fornendo ai Sistemi Collettivi e agli operatori logistici da questi incaricati tutte le informazioni necessarie al fine di effettuare una compiuta valutazione dei rischi anche di natura interferenziale.  Qualora i Sistemi Collettivi per mezzo dei propri incaricati al ritiro accertino la presenza nelle unità di carico di RAEE fortemente danneggiati o gravemente mancanti di componenti essenziali, segnaleranno un’anomalia al Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al CdC RAEE e potranno rifiutare il ritiro dei contenitori; la gestione dei RAEE non conformi sarà a cura e a carico del Luogo di Raggruppamento dei RAEE.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono assicurare uno spazio idoneo al posizionamento e alla movimentazione delle unità di carico che saranno fornite in comodato gratuito dai Sistemi Collettivi.  Tramite il portale del CdC RAEE i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE indicano le unità di carico ritenute necessarie; la scelta definitiva della tipologia e quantità di unità di carico è di competenza esclusiva dei Sistemi Collettivi, fatto salvo che deve essere finalizzata all’ottimizzazione degli spazi del Luogo di Raggruppamento dei RAEE e al raggiungimento dei quantitativi previsti.  Per poter accedere al servizio di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi, i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono assicurare la disponibilità di spazi tali da accogliere le tipologie di unità di carico per ciascun Raggruppamento (è ammessa la gestione anche di un solo Raggruppamento). I Distributori, al fine di usufruire dei servizi di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi, devono:

  • disporre di Luoghi di Raggruppamento dei RAEE conformi ai requisiti tecnico-organizzativi sopra esposti;
  • iscrivere i Luoghi di Raggruppamento dei RAEE destinatari dei servizi di ritiro al portale internet messo a disposizione dal CdC RAEE, www.cdcraee.it, nella apposita sezione, compilando la modulistica prevista ed accettando le condizioni di erogazione del servizio specificate nell’Accordo di Programma.

Non sono accettati RAEE a terra: i RAEE devono essere posizionati negli appositi contenitori a cura del soggetto che gestisce il Luogo di Raggruppamento dei RAEE.  All’atto dell’adesione al servizio il Distributore o il gestore del Luogo di Raggruppamento dei RAEE dovrà versare una cauzione per ogni Raggruppamento per cui viene richiesto il servizio.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE potranno richiedere il ritiro da parte dei Sistemi Collettivi solo per quantitativi superiori o uguali a quelli indicati nella tabella per ciascun Raggruppamento (i pesi sono verificati a destino). Qualora il Sistema Collettivo accerti un quantitativo inferiore al minimo consentito o sia effettuata una Richiesta di Ritiro per un quantitativo inferiore al minimo, il Distributore o il gestore del Luogo di Raggruppamento dei RAEE dovrà versare al Sistema Collettivo un contributo all’erogazione del servizio.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE devono fornire adeguate ed aggiornate informazioni per la compilazione della documentazione di trasporto dei RAEE in conformità alle normative vigenti. Contestualmente al ritiro i Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE si rendono disponibili a sottoscrivere i documenti previsti dalla normativa vigente.  I Distributori o i gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE che al termine di ogni annualità, a decorrere dalla data di sottoscrizione del presente accordo, avranno conferito quantitativi di RAEE superiori ai seguenti valori:

RAGGRUPPAMENTI QUANTITATIVO ANNUO (Kg.)
R1 20.000
R2 30.000
R3 25.000
R4 25.000

riceveranno un premio di efficienza che sarà in ogni caso commisurato a quello versato ai gestori dei Centri di Raccolta comunali e che inizialmente è pari a € 35,00 per ogni tonnellata ritirata nella stessa annualità. Dal computo delle quantità generate annualmente saranno esclusi i ritiri effettuati al di sotto delle soglie minime indicate. Per favorire l’accesso al servizio disciplinato dal presente accordo il premio di efficienza è aumentato di € 15,00 per ogni tonnellata per quei gestori dei Luoghi di Raggruppamento dei RAEE delegati da almeno 5 punti di vendita, ciascuno dei quali dovrà aver delegato un unico luogo di raggruppamento dei RAEE.
 

adminAccordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE – Distribuzione
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Accordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


In data 8/07/2010, è stato firmato da ANCI e Centro di Coordinamento l’Accordo di Programma per la gestione dei rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

In particolare, l’accordo di programma prevede che:

  • il Centro di Coordinamento coordinerà le attività dei Sistemi Collettivi i quali assicurano le attività di ritiro dei RAEE provenienti dai nuclei domestici presso i Centri di Raccolta da parte dei Sistemi Collettivi:
  • l’ANCI si impegna a promuovere la realizzazione da parte dei Comuni, secondo criteri che privilegino l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio, di adeguati sistemi di raccolta differenziata sulla base di quanto previsto all’art. 6 comma 1 lettera a) del D.Lgs. 151/05, e nel rispetto dei Raggruppamenti.

Al fine di usufruire del servizio di ritiro dei RAEE coordinato dal Centro di Coordinamento, i Comuni ovvero i gestori delegati del Centro di Raccolta, qualunque sia la rispettiva forma giuridica ed il loro rapporto con il Comune, (i “Sottoscrittori”) dovranno:
a) assicurare che ciascun Centro di Raccolta sia e si mantenga conforme ai requisiti tecnico-organizzativi definiti dall’Allegato 1 al D.M. 8 aprile 2008, anche secondo quanto previsto all’art. 2 comma 8 del medesimo D.M. ovvero ai diversi requisiti previsti dalla Normativa Ambientale;
b) iscrivere i Centri di Raccolta destinatari dei servizi di ritiro all’apposito portale internet messo a disposizione dal Centro di Coordinamento www.cdcraee.it, sottoscrivendo la Convenzione Operativa e le relative Condizioni Generali di Ritiro di cui agli Allegati 2 e 1 al presente Accordo di Programma. A fronte del raggiungimento dei parametri di efficienza di cui all’articolo 8 dell’Accordo di Programma i Sistemi Collettivi erogheranno i contributi economici ivi previsti ai Soggetti Beneficiari.
Importante tenere presente che l’Accordo prevede un corrispettivo pari a 300 euro a tonnellata (320 euro per le isole minori) per i quantitativi di RAEE che i Comuni hanno gestito dal 1 gennaio 2008. Avranno diritto a tale corrispettivo i Comuni e i soggetti da essi delegati già iscritti al sito internet del Centro di Coordinamento RAEE (www.cdcraee.it), o che si iscriveranno entro le seguenti scadenze:Entro 31 luglio 2008 – in questo caso il rimborso riguarderà tutti i RAEE gestiti dal 1 gennaio 2008 fino al giorno in cui ha avuto inizio, nel territorio comunale, il servizio di ritiro dei RAEE da parte dei Sistemi Collettivi;Dal 1 agosto al 30 settembre 2008 – in questo caso il rimborso riguarderà tutti i RAEE gestiti nel periodo compreso fra il 1 gennaio 2008 e il 31 luglio 2008.
Nessun tipo di corrispettivo per l’anno 2008 è previsto, invece, per i Comuni che effettueranno l’iscrizione al portale del CdC RAEE dopo il 30 settembre 2008, salvo casi eccezionali. La registrazione on line al portale del Centro di Coordinamento viene effettuata dal Sottoscrittore per ciascun Centro di Raccolta e deve indicare, tra l’altro, i seguenti elementi:

  • l’anagrafica del Sottoscrittore comprensiva delle informazioni necessarie anche in relazione ai soggetti persone fisiche che gestiranno operativamente il servizio;
  • le caratteristiche del Centro di Raccolta, ivi incluso l’indirizzo completo;
  • il Bacino di Popolazione servito dal Centro di Raccolta

Al fine di poter essere registrati al portale del Centro di Coordinamento i Sottoscrittori devono garantire che i Centri di Raccolta:

  • soddisfino i requisiti indicati dal D. M. 8 aprile 2008 e siano conformi alla Normativa Ambientale, ovvero soddisfino i requisiti specifici individuati dalla Normativa Ambientale applicabile caso per caso;
  • assicurino, in particolare, che i RAEE ricevuti siano suddivisi in maniera conforme ai Raggruppamenti e alla Normativa Ambientale.

Anche nelle more dell’emanazione del Decreto di semplificazione di cui alla lettera B) dei “rilevata”, ANCI e il Centro di Coordinamento hanno individuato, per quanto di propria competenza, alcuni obiettivi relativi ai RAEE raccolti a cura dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica. L’ANCI si impegna in tal senso a promuovere presso i Sottoscrittori l’accesso da parte dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica ai propri Centri di Raccolta, così da consentire a regime una corretta gestione anche dei flussi dei RAEE domestici raccolti dalla Distribuzione dagli Installatori e dai Centri di assistenza tecnica.
I Sottoscrittori che assicurano la disponibilità dei propri Centri di Raccolta al conferimento da parte dei Distributori / Installatori / Centri di assistenza tecnica, si impegnano a ricevere tutti i RAEE provenienti da utenze domestiche consegnati al Centro di Raccolta da qualsiasi Distributore/ Installatore / Centro di assistenza tecnica, a patto che vengano rispettate da questi ultimi tutte le normative vigenti.
A fronte del suddetto impegno il Centro di Raccolta, ove si qualifichi come Soggetto Beneficiario avrà accesso ad un Premio di Efficienza maggiorato, secondo quanto indicato nella tabella all’articolo 9.2 dell’accordo.
 

adminAccordo ANCI – Centro di Coordinamento RAEE
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Sistri: operatività al primo ottobre?

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Ad una settimana dalla prevista data di partenza del sistema (13.7.2010), si anticipa che il Ministero dell’Ambiente ha comunicato, per vie informali,  la emanazione a breve di provvedimento “correttivo” del Decreto 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI.

Il Decreto prevede la proroga, al 1° ottobre p.v., dei termini relativi all’operatività del SISTRI ed alcune semplificazioni per le imprese che producono piccole quantità di rifiuti, tra le quali segnaliamo:
–  la riduzione delle tariffe per i piccoli produttori di rifiuti; –  l’ampliamento dei soggetti per i quali è consentita la gestione del SISTRI da parte dell’Associazione (produttori di rifiuti non pericolosi fino a 20 tonnellate annue e di rifiuti pericolosi fino a 4 tonnellate annue);
e ciò modificando la vecchia disposizione articolo 7 DM 17 dicembre 2009Modalità operative semplificate1.
Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a ottomila euro che producono rifiuti pericolosi, i soggetti la cui produzione annua non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, possono adempiere agli obblighi di cui al presente decreto tramite le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate e loro articolazioni territoriali, o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni.
–     verrà concesso termine più lungo (rispetto ai 10 giorni previsti) per la compilazione del registro cronologico: con cadenza mensile  nel caso di tenuta del SISTRI da parte delle Associazioni e trimestrale per i piccoli produttori di rifiuti pericolosi.
 

adminSistri: operatività al primo ottobre?
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