Sicurezza: RSPP e informazioni

Sicurezza – Interpello 2/2017: RSPP e informazioni
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


Il ministero del Lavoro pubblica interpello che precisa il rapporto del RSPP e l’obbligo informativo.
Risponde al quesito inerente la necessità che l’informazione sia svolta in forma prioritaria ed esclusiva dal RSPP
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Sicurezza: RSPP aziendale "interno".

RSPP deve essere un dipendente dell’azienda?
Interpello del 4 novembre 2014 n. 24 Ministero Lavoro
segnalazione a cura Studio Legale Ambiente


La Commissione ministeriale ha chiarito, su quesito posto da Confcommercio,  che l’RSPP, nei casi di cui all’art. 31 comma 6 TUSL, non deve necessariamente  essere un dipendente dell’azienda ma deve , qualora professionista esterno, essere inserito all’interno della organizzazione aziendale prestando la sua attività con una presenza adeguata all’incarico ricevuto.
Secondo la Commissione l’art. 31 comma 1 TUSL – come modificato dal Decreto del Fare del 2013 – introduce il criterio della “priorità” dell’incarico “interno ” all’azienda.
RSPP dunque è preferibilmente un dipendente ma può essere anche un professionista esterno purché inserito nella organizzazione aziendale e assicuri una presenza fattiva in azienda. L’incarico a soggetti esterni è destinato a decrescere.
Vero è che la lettura dell’art. 31 TUSL sembra propendere più per la nomina interna dell’RSPP anziché esterna.
Si pensi che la valutazione dell’RSPP quale soggetto comunque partecipe della organizzazione aziendale, anche se esterno, rende di conseguenza necessaria la sua indicazione nell’organigramma; prima della modifica legislativa del 2013 spesso l’RSPP, qualora incaricato esterno, non veniva neppure indicato nell’ organigramma.
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Sicurezza: RSPP – responsabilità

Sicurezza: RSPP – responsabilità concorrente

Cassazione penale n. 2132/2010
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza riassume con particolare chiarezza il ruolo del RSPP e ricorda che tale figura non è immune da responsabilità; responsabilità che può concorrere con quella del datore di lavoro ed anche divenire esclusiva.
Si omette il fatto che ha causato la condanna del RSPP, in questa sede, rinviando alla lettura della sentenza.
Ciò che rileva è il principio posto dalla Cassazione, per quanto opinabile, che con chiarezza declina l’ambito di responsabilità del RSPP e precisa la distinzione con la “delega di funzioni” .
La Cassazione afferma la responsabilità del RSPP per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore in concorso con il datore di lavoro.
Secondo la Corte la responsabilità del RSPP, con riferimento al caso in questione, risiede nella
a) negligente sottovalutazione dei rischi
b)imperizia dimostrata dallo stesso attraverso l’indicazione nel documento di valutazione dei rischi di rimedi del tutto inidonei (paletti di recinzione e catenelle di sicurezza da apporre alla fosse quando non vi era attività lavorativa) ad affrontare la situazione di pericolo.
Da questa premesse in fatto la sentenza fa discendere la responsabilità del RSPP che nella sua qualità “…era tenuto
a) non solo a segnalare l’effettività del rischio ma anche
b) a proporre concreti ed idonei sistemi di prevenzione e protezione per evitare gli eventi, come quello verificatosi.”
La Cassazione ribadisce i caratteri tipici RSPP ovvero:
a) non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e
b) “..lo stesso opera … quale “consulente” in tale materia del datore di lavoro..”
c) il datore di lavoro “..è (e rimane) direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio.
DELEGA DI FUNZIONI
L’inciso interessante riguarda però la distinzione del ruolo di RSPP e la delega di funzioni.
La Cassazione precisa con chiarezza che “…. la “designazione” di RSPP che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma del cit. Decreto, art. 31 (individuandolo, ai sensi del successivo art. 32, tra persone i cui requisiti siano “adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”), non equivale a “delega di funzioni” utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica, perchè gli consentirebbe di “trasferire” ad altri – il delegato – la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell’obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all’espletamento dell’attività lavorativa…”
Dunque il datore di lavoro con la nomina del RSPP non delega, non trasferisce l’obbligo del rispetto della normativa antinfortunistica.
RSPP
a) “..è privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale..”,
b) “..spettandogli solo di prestare “ausilio” al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonchè di informazione e formazione dei lavoratori (cfr. art. 33 del decreto cit.).
Il datore di lavoro, quindi,
a) è il titolare della posizione di garanzia…,
b) ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi (non delegabile) e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, appunto in collaborazione con il RSPP
c) solo di datore di lavoro risponde della omessa valutazione del rischio
RESPONSABILITA’ CONCORRENTE
La Cassazione dopo aver delineato il rapporto RSPP e datore di lavoro precisa lo spazio di responsabilità “concorrente” del RSPP.
L’RSPP “…che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.
Ne consegue che il RSPP qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo.
Dunque la
a) “mancata o erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e
b) la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché
c) la mancata informazione e formazione dei lavoratori
può integrare una omissione rilevante e attribuire in concorso la responsabilità anche al RSPP.
IL RSPP ha il potere e dovere di segnalazione dei Rischi; l’omissione colposo di tali segnalazioni impedisce “…l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento…” e finisce per “…costituire (con)causa dell’evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio.

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SICUREZZA: RSPP, preposto, datore di lavoro – Quali responsabilità

SICUREZZA: RSPP, preposto, datore di lavoro – Quali responsabilità
Nota a Cass. penale 20.4.2011 n. 28779
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
La Corte di Cassazione delinea, con apprezzabile chiarezza, la responsabilità penale del datore di lavoro, del RSPP e del preposto in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro.
Agli imputati veniva contestato di aver cagionato la morte di un dipendente e lesioni personali gravissime ad altro dipendente della Società – appaltatrice dei lavori commissionati dall’ENEL per lo smantellamento della linea elettrica Palmi – Gioia Tauro – i quali, recita la sentenza: “ nello smontare un traliccio, dopo essersi arrampicati sullo stesso ed averne svitato i bulloni di fissaggio, posti a metà altezza, erano precipitati da circa 15 metri a seguito del ripiegamento, a metà, della struttura su se stessa, ripiegamento che aveva determinato la caduta del Ca. e dello S..”.
I reati venivano contestati a:
1)    amministratore e legale rappresentante della Società appaltatrice
2)    al responsabile tecnico e responsabile dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP)
3)    al responsabile di cantiere per la sicurezza ed esecuzione dei lavori commissionati dall’ENEL,
4)    al capo cantiere della ditta appaltatrice,
“individuando profili di colpa generica e di colpa specifica, per avere omesso di dotare gli operai di dispositivi di protezione individuale idonei e per avere consentito che gli stessi operassero secondo modalità altamente rischiose non previste nel piano operativo di sicurezza”.
 RAGIONI DELLA DIFESA
La Corte sintetizza la difesa dei ricorrenti in Cassazione che sostengono la esclusiva responsabilità del capo cantiere, in qualità di preposto e la mancata osservanza da parte dei lavoratori delle norme di sicurezza:
I ricorrenti ……l’evento era da ascrivere alla esclusiva responsabilità del capo cantiere C., il quale, in qualità di preposto, era dotato di autonoma posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori e la mattina del sinistro, del tutto imprevedibilmente, si era assentato dal cantiere senza darne preventivo preavviso al datore di lavoro. Si prospetta altresì la tesi che la condotta omissiva del C., unitamente alla mancata osservanza da parte dei lavoratori delle norme di sicurezza, integri una casa sopravvenuta sufficiente da sola a determinare l’evento”.
La Corte invero condanna tutti i soggetti indicati ritenendoli responsabili della morte e delle lesioni per omessa prevenzione e cautele sulla sicurezza.
In particolare e degno di nota è il passaggio che delinea e precisa la responsabilità preposto/RSSP e datore di lavoro con riferimento alla:
 1) Delega:
“… il datore di lavoro, pur a fronte di una delega corretta ed efficace- che, peraltro non risulta essere stata conferita in questo caso- non potrebbe andare esente da responsabilità, allorchè le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza. E’ ipotesi, quest’ultima, che può non infrequentemente verificarsi allorchè si tratti dello svolgimento di attività lavorative pericolose, foriere di produrre inquinamento o di porsi come (con)cause efficienti di malattie professionali (per riferimenti, Sez. 4, 6 febbraio 2007, n. 12794, Proc.gen. App. Messina in proc. Chirafisi ed altro; Sezione 3, 3 dicembre 1999, Natali).
 2) Preposto:
“….non può farsi ricadere sul preposto l’onere di organizzazione dell’attività lavorativa aziendale, mediante l’adozione tempestiva di un POS adeguato, nè l’onere di procedere all’acquisto delle dotazioni di lavoro, nella specie funi di acciaio e tirfor, delle quali munire i lavoratori, nè l’omessa formazione del personale nè la scelta di adibire allo svolgimento di mansioni altamente rischiose lavoratori appena assunti presso la ditta.
 3) Scelte aziendali
“Si tratta, come osservato nella sentenza in esame, di un livello di dispiegamento del sistema di potere-dovere in ordine alla sicurezza che riguarda le complessive scelte aziendali inerenti all’organizzazione delle lavorazioni e che, quindi, coinvolge appieno la sfera di responsabilità del datore di lavoro”.
 4) Art. 2087 c.c.
“Va soggiunto, inoltre, che il dovere di vigilanza e di controllo- che compete tradizionalmente al datore di lavoro, ma anche al dirigente nei limiti delle relative competenze funzionali, in applicazione della generalissima regola cautelare contenuta nell’articolo 2087 del codice civile – non può non svilupparsi anche attraverso un obbligo di vigilanza sull’attività degli altri soggetti che, a vario titolo, sono titolari prò quota dell’obbligazione di garanzia, implicando evidentemente poteri di controllo e di sollecitazione”.
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La sentenza DUNQUE è occasione per precisare le singole responsabilità del rappresentante legale, del RSPP e del preposto, SENZA DIMENTICARE che le norme di cui al Dlgs. 81/2008 ss. m. mantengono peculiarità e applicazione nell’ambito della sicurezza sul lavoro e che non sono estensibili in altri campi di diritto se non nei limiti dei principi di diritto in essa contenuti.
1) Datore di lavoro
NESSUNA delega esonera completamente il datore di lavoro.
Egli, infatti, rimane SEMPRE garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei lavoratori e dunque deve:

  1. istruire i prestatori di lavoro;
  2. adottare le misure di sicurezza;
  3. garantire la concreta predisposizione ed attuazione delle misure di sicurezza;
  4. controllare CONTINUAMENTE l’osservanza delle misure di sicurezza.

 
Il datore di lavoro è SEMPRE responsabile per tutte quelle carenze che attengono a scelte di carattere generale di politica aziendale o a carenze strutturali, perché il delegato comunque non avrebbe voce in capitolo e gli sarebbe precluso un concreto intervento.
Il datore di lavoro è infine controllore dei controllori e mantiene il potere di vigilanza e di sollecitazione.
Questa funzione può tuttavia essere affidata ad un Dirigente.
La responsabilità del datore di lavoro non esclude la CONCORRENTE (ma non assorbente) responsabilità del RSPP: entrambi dovranno rispondere dell’illecito accertato per l’intero.
2) RSPP
Il RSPP risponde di tutte le situazioni pericolose che egli aveva l’obbligo di conoscere e segnalare.
La mancanza di poteri decisionali e/o di spesa sono ininfluenti perché funzione del RSPP è la prevenzione.
Egli dunque sarà sanzionato laddove:

  1. ometta la dovuta segnalazione, impedendo l’attivazione dei soggetti muniti di poteri decisionali e di spesa;
  2. segnali erroneamente o con imperizia, imprudenza e negligenza la situazione di potenziale pericolo o che comunque richiedeva intervento.

Nessuna sanzione è invece stabilita per la (generica) inadeguata vigilanza delle condizioni di sicurezza.
 3) PREPOSTO
Il preposto risponde direttamente per il mancato esercizio delle funzioni di supervisione e di controllo delle attività lavorative.
Egli deve dirigere le attività di lavoro e questo richiede anche:

  1. vigilare acchè le prescrizioni antinfortunistiche siano rispettate dai lavoratori;
  2. rimuovere le situazioni pregiudiziali per la sicurezza dei lavoratori e, laddove ciò sia impossibile, segnalare ai suoi superiori le situazioni di pericolo bloccando l’attività lavorativa;
  3. verificare che le attività siano svolte solo dai lavoratori adeguatamente istruiti.

 
 
 

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Sicurezza: infortunio sul lavoro e responsabilità direttore

Corte di Cassazione Sentenza 3 febbraio 2011, n. 4106
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Precisare le responsabilità in caso di infortunio sul lavoro non è semplice tanto più in aziende di grandi dimensioni.
La sentenza in esame evidenzia proprio questa difficoltà laddove la corretta valutazione della responsabilità ha dovuto attraversare tre gradi di giudizio.
Merito della sentenza è la valutazione della posizione sostanziale di ogni figura rispetto agli obblighi di prevenzione.
Laddove esista figura destinata al controllo e direzione di un certo settore, anche nella gestione dei lavoratori e del lavoro , pur non essendo RSPP , esiste un obbligo diretto a provvedere alla sicurezza laddove, si intende, esista, quantomeno, un budget di intervento, un certo potere decisionale.
La sentenza elude la questione della delega aziendale e ne prescinde in quanto ritiene che esista un obbligo diretto, e non delegato dal datore di lavoro.
Laddove, infatti, al fine della sicurezza dei lavoratori l’intervento anche economico (come l’acquisto di una scaletta) rientri nel budget del direttore assegnato alla filiale questi è tenuto, per proprio dovere e nell’ambito dei suioi poteri, ad intervenire a tutela della sicurezza.
La responsabilità non può dunque essere imputata al datore di lavoro, in quanto tale, solo perchè non è stata provata la esistenza di una delega o perchè non era stato nominato RSPP.
La sentenza della Cassazione, dunque, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità ed onera invece il direttore di filiale per non essere intervenuto all’acquisto della scaletta nell’ambito del suo potere di spesa e decisionale.
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In particolare:
Veniva condannato con sentenza del Tribunale alla pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni colpose in seguito ad infortunio sul lavoro in quanto responsabile di avere omesso, in qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta, “…di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate, in particolare una scala pedana di dimensione e conformazione tali da realizzare un posto di lavoro stabile e sicuro per eseguire le attività inerenti la manutenzione della pressa a iniezione, sita nello stabilimento della sopra indicata impresa.”
In particolare descrive la sentenza del Tribunale : “…Il lavoratore addetto alla pressa nello stabilimento della ditta, nell’ispezionare l’interno della tramoggia, annessa alla pressa a iniezione, in mancanza di supporto adeguato, perdeva l’equilibrio e, nel tentativo di proteggersi, si agganciava al bordo tagliente della tramoggia con la mano destra, riportando ferita lacero contusa al terzo dito della mano destra con lesioni tendinee al flessore profondo con prognosi di 81 giorni ed invalidità permanente pari al 3%….”.
Veniva proprosto appello alla Corte di Trieste che però confermava la sentenza del Tribunale.
Seguiva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione.
Affermava il ricorrente di essere legale rappresentante di una società che opera in sette stabilimenti dislocati in due regioni (Friuli Venezia Giulia e Veneto), che occupa oltre 600 dipendenti e che ha un fatturato annuo di circa 140 milioni di euro e che nello stabilimento nel quale si è verificato l’infortunio c’era un direttore, il quale aveva poteri ed autonomia di spesa almeno fino a 5000 euro, senza alcuna necessità di preventiva autorizzazione, il quale per delega disponeva le manutenzioni necessarie. Nella fattispecie il ruolo di “datore di lavoro” era soltanto del ricorrente (che è già stato condannato), nè il ricorrente poteva condividere l’assunto della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata necessaria la prova rigorosa ed esaustiva dell’esistenza di una delega anche non scritta, in quanto tale asserzione poteva riferirsi solo all’insussistenza di una valida delega di tipo generale per coprire ogni tipo di deficienza nelle attrezzature messe a disposizione del lavoratore.
Non poteva invece ritenersi necessaria la prova rigorosa della delega per affermare la responsabilità esclusiva del direttore di stabilimento per tutti quegli infortuni che dipendevano o da carenze nelle modalità operative o da inidoneità di attrezzature alle quali egli doveva e poteva porre rimedio in quanto la spesa necessaria rientrava nei limiti della sua autonomia, come appunto nel caso che ci occupa.
La Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del ricorrente (datore di lavoro) principalmente sulla base dei seguenti argomenti:

  1. il mancato accertamento dell’esistenza di una delega scritta e dell’esistenza di una delega ancorchè non scritta;
  2. la mancata nomina di un responsabile della sicurezza;
  3. la circostanza che il direttore dello stabilimento non poteva essere considerato “datore di lavoro”, dal momento che aveva un potere di spesa limitato solo alle situazioni di emergenza, come poteva desumersi dalle affermazioni del teste (.

Dalla istruttoria processuale risultava altresì che il direttore aveva poteri legati all’emergenza, ed anche il potere di far fronte alle spese di modesta entità, avendo a tale scopo una disponibilità di cassa di circa 1000,00 euro ; l’intervento sulla scala messa a disposizione del lavoratore comportava peraltro una spesa di circa 500,00 euro; spesa dunque che poteva rientrare nella disponibilità del direttore.
Secondo la Cassazione invece non risulta pertanto necessaria la prova rigorosa della sussistenza di una delega al direttore dello stabilimento.
Il Dlgs n. 626 del 1994, articolo 2, lettera b), 1 periodo, così come modificato dal Dlgs n. 242 del 1996, considera datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore”comunque “il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita dalla lettera i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa”.
Con l’avverbio “comunque” il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale.
Conclude la Cassazione: “ ….Quindi, ……nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l’effettivo potere di organizzazione dell’azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest’ultimo che dovranno attribuirsi le connesseresponsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, pertanto, (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 49819 del 5 dicembre 2003) il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale. E evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
Pertanto, nella fattispecie di cui è processo, il direttore dello stabilimento , rientrando l’intervento sulla scala nel suo potere di spesa e nell’autonomia di cui disponeva, era autonomamente onerato a titolo originario e non già per delega del legale rappresentante della Spa”.
 

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