Sacchetti di plastica: Produzione, Commercializzazione ed Utilizzo Le novità del quadro normativo

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Si ritiene utile presentare un riepilogo del quadro normativo europeo e nazionale, relativo alla produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica.

Il fine della sintesi proposta è quello di informare il sistema, chiarendo alcuni aspetti particolarmente critici circa le novità che diventeranno operative a partire dal 1 gennaio 2011 (relativamente al divieto alla produzione, commercializzazione ed utilizzo dei sacchetti in plastica non biodegradabili così come definiti dalla norma tecnica EN 13432).
La norma europea EN 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione”, adottata anche in Italia con la denominazione UNI EN 13432, definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per poter essere definito “compostabile”:
–         Biodegradabilità, ossia la conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica;
–         Disintegrabilità, cioè la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale (assenza di contaminazione visiva);
–         Bassi livelli di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost (esempio: riduzione del valore agronomico e presenza di effetti ecotossicologici sulla crescita delle piante).
L’inquinamento dei sacchetti è duplice: c’è il problema dello smaltimento e quello della produzione. Si stima, infatti, che per produrne 200 mila tonnellate vengano bruciate 430  mila tonnellate di petrolio. Le alternative esistono e sono i sacchetti di tela e cotone o i sacchetti di carta riciclata capaci di portare fino a 7 kg di peso ma c’è di più. Sono gli ecoshopper che dovranno essere realizzati in bio plastica ricavata da olio di girasole, amido di mais e da altre materie vegetali e dovranno essere riutilizzabili.
La norma UNI EN 13432 è una norma armonizzata, ossia fornisce presunzione di conformità alla Direttiva Europea 2004/12/CE che modifica la direttiva 94/62/CE 94/62 EC, sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio.
I dettami di tali disposizioni sono stati recepiti dalla “Finanziaria 2007” Legge 27 dicembre 2006 n.296. In particolare si riportano i due commi dell’art.1 specificatamente dedicati a tale tematica:
“1129. Ai fini della riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, del rafforzamento della protezione ambientale e del sostegno alle filiere agroindustriali nel campo dei biomateriali, è avviato, a partire dall’anno 2007, un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci che, secondo i criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario, non risultino biodegradabili. 1130. Il programma di cui al comma 1129, definito con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare e con il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, è finalizzato ad individuare le misure da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.”
All’art. 23, del Decreto  decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, (nella Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 150 del 1 luglio 2009), coordinato con la legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, recante: «Provvedimenti anticrisi, nonche’ proroga di termini, viene introdotto il comma 21-novies che proroga al 1° gennaio 2011 il termine originariamente previsto al 1° gennaio 2010 che vieta la commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili.
Ciò in quanto non è ancora stato definito il programma (da notificarsi in sede comunitaria)  che dovrà prevedere specifiche misure  da introdurre nell’ordinamento per avviare una graduale dismissione di tali sacchetti.
La confusione intorno alla ipotetica messa al bando, dal 1 gennaio 2010, dei sacchetti in plastica parte dalla Legge Finanziaria 2007 che prevedeva, ai commi 1129 1130, l’avvio di un programma sperimentale volto alla progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto delle merci non biodegradabili, nonché il rinvio a due decreti ministeriali, mai pubblicati, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge (quindi, entro il 30 aprile 2007); questi avrebbero dovuto individuare misure “da introdurre progressivamente nell’ordinamento interno al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci”.
Il Ministero – si legge nella circolare FGP – ha precisato che sono emerse difficoltà a formulare, entro aprile 2007 (data indicata dalla Finanziaria per l’emanazione dei decreti, ndr), il programma sperimentale per la progressiva riduzione dell’immissione in commercio di sacchetti in materiali non biodegradabili. Peraltro, ha dichiarato il Ministero, sono stati valutati gli effetti della norma sull’assetto produttivo, cui hanno fatto seguito valutazioni che hanno indotto a ritenere necessaria la determinazione di un più ampio periodo di transizione rispetto ai tre anni indicati dalla norma.
Nelle intenzioni del legislatore, lo slittamento di un anno dovrebbe, quindi, consentire di adeguare le strutture produttive e distributive alla nuova disciplina considerata “la non semplice definizione sul piano operativo del programma” e per consentire, si legge nella relazione “un impatto morbido sul sistema produttivo e di distribuzione commerciale”.
 

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SISTRI – disponibile il programma pilota per il tracciamento dei rifiuti

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Dal 26 luglio 2010 è ufficialmente partita la fase test sulle procedure informatizzate del sistema Sistri.
 
In vista della scadenza del 1° ottobre, termine posto dal D.M. 9 luglio 2010 all’avvio del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, è stata attivata questa fase di test al fine di consentire una piena e più diffusa conoscenza delle modalità operative e della funzionalità del SISTRI e per consentire ad un insieme rappresentativo di tutte le classi di utenti di provare il sistema e fornire suggerimenti e proposte per meglio adattare l’interfaccia utente e le procedure relative alle esigenze prospettate dagli operatori ed ai sistemi gestionali presenti presso le aziende.

Fino al 1 settembre, le imprese selezionate potranno far pervenire ai tecnici del Ministero, attraverso il programma pilota messo a disposizione sul sito www.sistri.it,  le proposte di miglioramento del sistema operativo, soprattutto per quanto riguarda l’interfacciabilità con i programmi in uso aziendale. Il programma sarà condotto con un approccio graduale ed evolutivo, garantendo agli utenti di sperimentare inizialmente un flusso base e progressivamente nuovi elementi sempre più aderenti al sistema in esercizio. Tale metodologia consentirà di raccogliere gli eventuali feedback da utilizzare ai fini del miglioramento del sistema. Il programma di test si articolerà, in particolare, in due fasi che procederanno distinte nel tempo.

 
La prima fase è circoscritta, a un insieme rappresentativo delle classi di utenti. Più avanti si consentirà a tutti gli utenti di familiarizzare con i nuovi percorsi. È un processo che porterà vantaggi per la funzionalità stessa del Sistri: il Ministero si aspetta, infatti, ritorni in termini di suggerimenti e proposte per meglio adattare l’interfaccia del sistema e le procedure alle esigenze delle imprese.

Nei prossimi giorni verrà messo a disposizione degli utenti una prima bozza di manuale operativo, che servirà per formare gli addetti aziendali sulla conoscenza delle nuove procedure e metterli in grado di operare in conformità alle nuove disposizioni.
Le  due fasi test prevedono:
Fase 1 – Sistema demo per la verifica di funzionalità, processi ed usabilità: per migliorare e consolidare l’interfaccia e le procedure del Sistri, grazie ai feedback che saranno utilizzati sia per il processo di miglioramento e tuning del sistema, sia per definire in maniera partecipata il Manuale Utente.
Fase 2 – Sistema in ambiente di produzione man mano che questo è consolidato attraverso la fase 1: per consentire agli utenti di fare pratica con il nuovo sistema, per acquisire praticità e rapidità nell’utilizzo anche grazie al supporto del Manuale Utente.

 

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SISTRI – PROROGA NOVITA'

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il provvedimento di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70,  approvato dal Senato il 7 luglio 2011 , non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, contiene un’importante disposizione  (in materia di Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, poichè prevede che, per imprese ed enti produttori di rifiuti speciali pericolosi (compresi i trasportatori di cui all’art. 212 c. 8 del D.Lgs. 152/06 che trasportano rifiuti pericolosi) che hanno fino a 10 dipendenti, la data di piena operatività del Sistri non possa essere antecedente al 1° giugno 2012.
La data di avvio della piena operatività del Sistri per i produttori di rifiuti pericolosi che hanno fino a dieci dipendenti non sarà dunque il 2 gennaio 2012, come stabilito con Decreto 26 maggio 2011, bensì quella che sarà adottata con un provvedimento di proroga emanato dal Ministero dell’Ambiente, comunque non antecedente al 1° giugno 2012.
 
Fino a tale data i produttori di rifiuti pericolosi che hanno fino a dieci dipendenti saranno tenuti alla gestione dei rifiuti secondo la logica del “doppio binario”: obbligo di utilizzo del Sistri (pur in assenza delle relative sanzioni, che scatteranno a partire dal giorno della piena operatività del sistema) e di tenuta delle tradizionali scritture cartacee (registri di carico e scarico e formulari di identificazione dei rifiuti), anche se il nuovo art. 258 del D.Lgs. 152/06 in materia di “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” fa riferimento ai soli soggetti che non abbiano aderito al Sistri.
La modifica trova la sua motivazione nella necessità di «garantire che un adeguato periodo transitorio consenta la progressiva entrata in operatività» del Sistri. Il che è più che comprensibile a fronte della complessità del sistema e della dimensione dei soggetti destinatari dell’obbligo.
In ordine al sistema sanzionatorio, anche questa futura proroga varrà al pari di quelle intervenute per le altre categorie di soggetti obbligati con il Dm 26 maggio 2011. Infatti, le sanzioni previste per il Sistri si applicano a partire dal giorno successivo alla scadenza del regime del “doppio binario”.
Il Dm 26 maggio 2011 ha reso graduale la dismissione di tale regime e graduale sarà anche l’applicazione delle sanzioni che saranno applicabili solo da quando le singole categorie di soggetti saranno obbligate alla dismissione del “doppio binario”.


 

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Sicurezza: infortunio sul lavoro e responsabilità direttore

Corte di Cassazione Sentenza 3 febbraio 2011, n. 4106
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Precisare le responsabilità in caso di infortunio sul lavoro non è semplice tanto più in aziende di grandi dimensioni.
La sentenza in esame evidenzia proprio questa difficoltà laddove la corretta valutazione della responsabilità ha dovuto attraversare tre gradi di giudizio.
Merito della sentenza è la valutazione della posizione sostanziale di ogni figura rispetto agli obblighi di prevenzione.
Laddove esista figura destinata al controllo e direzione di un certo settore, anche nella gestione dei lavoratori e del lavoro , pur non essendo RSPP , esiste un obbligo diretto a provvedere alla sicurezza laddove, si intende, esista, quantomeno, un budget di intervento, un certo potere decisionale.
La sentenza elude la questione della delega aziendale e ne prescinde in quanto ritiene che esista un obbligo diretto, e non delegato dal datore di lavoro.
Laddove, infatti, al fine della sicurezza dei lavoratori l’intervento anche economico (come l’acquisto di una scaletta) rientri nel budget del direttore assegnato alla filiale questi è tenuto, per proprio dovere e nell’ambito dei suioi poteri, ad intervenire a tutela della sicurezza.
La responsabilità non può dunque essere imputata al datore di lavoro, in quanto tale, solo perchè non è stata provata la esistenza di una delega o perchè non era stato nominato RSPP.
La sentenza della Cassazione, dunque, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità ed onera invece il direttore di filiale per non essere intervenuto all’acquisto della scaletta nell’ambito del suo potere di spesa e decisionale.
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In particolare:
Veniva condannato con sentenza del Tribunale alla pena di mesi due di reclusione per il reato di lesioni colpose in seguito ad infortunio sul lavoro in quanto responsabile di avere omesso, in qualità di datore di lavoro e legale rappresentante della ditta, “…di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate, in particolare una scala pedana di dimensione e conformazione tali da realizzare un posto di lavoro stabile e sicuro per eseguire le attività inerenti la manutenzione della pressa a iniezione, sita nello stabilimento della sopra indicata impresa.”
In particolare descrive la sentenza del Tribunale : “…Il lavoratore addetto alla pressa nello stabilimento della ditta, nell’ispezionare l’interno della tramoggia, annessa alla pressa a iniezione, in mancanza di supporto adeguato, perdeva l’equilibrio e, nel tentativo di proteggersi, si agganciava al bordo tagliente della tramoggia con la mano destra, riportando ferita lacero contusa al terzo dito della mano destra con lesioni tendinee al flessore profondo con prognosi di 81 giorni ed invalidità permanente pari al 3%….”.
Veniva proprosto appello alla Corte di Trieste che però confermava la sentenza del Tribunale.
Seguiva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione.
Affermava il ricorrente di essere legale rappresentante di una società che opera in sette stabilimenti dislocati in due regioni (Friuli Venezia Giulia e Veneto), che occupa oltre 600 dipendenti e che ha un fatturato annuo di circa 140 milioni di euro e che nello stabilimento nel quale si è verificato l’infortunio c’era un direttore, il quale aveva poteri ed autonomia di spesa almeno fino a 5000 euro, senza alcuna necessità di preventiva autorizzazione, il quale per delega disponeva le manutenzioni necessarie. Nella fattispecie il ruolo di “datore di lavoro” era soltanto del ricorrente (che è già stato condannato), nè il ricorrente poteva condividere l’assunto della Corte territoriale secondo cui sarebbe stata necessaria la prova rigorosa ed esaustiva dell’esistenza di una delega anche non scritta, in quanto tale asserzione poteva riferirsi solo all’insussistenza di una valida delega di tipo generale per coprire ogni tipo di deficienza nelle attrezzature messe a disposizione del lavoratore.
Non poteva invece ritenersi necessaria la prova rigorosa della delega per affermare la responsabilità esclusiva del direttore di stabilimento per tutti quegli infortuni che dipendevano o da carenze nelle modalità operative o da inidoneità di attrezzature alle quali egli doveva e poteva porre rimedio in quanto la spesa necessaria rientrava nei limiti della sua autonomia, come appunto nel caso che ci occupa.
La Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del ricorrente (datore di lavoro) principalmente sulla base dei seguenti argomenti:

  1. il mancato accertamento dell’esistenza di una delega scritta e dell’esistenza di una delega ancorchè non scritta;
  2. la mancata nomina di un responsabile della sicurezza;
  3. la circostanza che il direttore dello stabilimento non poteva essere considerato “datore di lavoro”, dal momento che aveva un potere di spesa limitato solo alle situazioni di emergenza, come poteva desumersi dalle affermazioni del teste (.

Dalla istruttoria processuale risultava altresì che il direttore aveva poteri legati all’emergenza, ed anche il potere di far fronte alle spese di modesta entità, avendo a tale scopo una disponibilità di cassa di circa 1000,00 euro ; l’intervento sulla scala messa a disposizione del lavoratore comportava peraltro una spesa di circa 500,00 euro; spesa dunque che poteva rientrare nella disponibilità del direttore.
Secondo la Cassazione invece non risulta pertanto necessaria la prova rigorosa della sussistenza di una delega al direttore dello stabilimento.
Il Dlgs n. 626 del 1994, articolo 2, lettera b), 1 periodo, così come modificato dal Dlgs n. 242 del 1996, considera datore di lavoro “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore”comunque “il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita dalla lettera i) in quanto titolare dei poteri decisionali di spesa”.
Con l’avverbio “comunque” il legislatore ha inteso dare netta preminenza al criterio sostanziale che deve essere in ogni caso rispettato e che prevale quando vi è discordanza tra la situazione formale e quella reale.
Conclude la Cassazione: “ ….Quindi, ……nelle aziende di grandi dimensioni è frequente il caso in cui il soggetto dotato della legale rappresentanza non coincide con quello in grado di esercitare l’effettivo potere di organizzazione dell’azienda e del lavoro dei dipendenti ed è a quest’ultimo che dovranno attribuirsi le connesseresponsabilità prevenzionali.
Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, pertanto, (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 49819 del 5 dicembre 2003) il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale. E evidente che la responsabilità del soggetto preposto alla direzione dell’unità produttiva è condizionata alla congruità dei suoi poteri decisionali e di spesa rispetto alle concrete esigenze prevenzionali.
Egli pertanto sarà qualificabile come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli saranno attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni (e relative conseguenze) non saranno a lui ascrivibili.
Pertanto, nella fattispecie di cui è processo, il direttore dello stabilimento , rientrando l’intervento sulla scala nel suo potere di spesa e nell’autonomia di cui disponeva, era autonomamente onerato a titolo originario e non già per delega del legale rappresentante della Spa”.
 

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Sistri: TAR Lazio n. 3962/2011

Contratto di appalto “software”

A cura di avv. Cinzia Silvestri


 
Alcune società informatiche avevano impugnato, con ricorso al TAR Lazio, il contratto di appalto con cui il Ministero ha affidato la fornitura del programma software nonché delle apparecchiature hardware e dei dispositivi USB e della  black box, che verranno utilizzati nel sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti nonché del relativo servizio di gestione e assistenza tecnica.
Le società chiedevano l’annullamento del contratto in quanto affidato in carenza di quasivoglia procedura selettiva ad evidenza pubblica.
 
La sentenza del TAR poteva portare conseguenze importanti sull’intera procedura di attuazione del Sistri.
Ebbene le parti (ministero e società informatiche) hanno preferito evitare la decisione del TAR e con opportuna transazione hanno posto fine alla questione e dunque al contenzioso.
Il TAR, dunque, a fronte della transazione intervenuta tra le parti ha dichiarato che è venuto meno per le partil’interesse alla impugnazione e dunque dichiarato improcedibile il gravame.
 
Dunque, il Sistri procede la via dell’attuazione, senza più ostacoli, e con l’aggiudicataria inziale.
 

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Sicurezza sul lavoro – Coordinatore della sicurezza nei cantieri

Obbligo di nomina anche per cantieri privati
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 7 ottobre scorso, nel procedimento C-224/09 ha dichiarato illegittima l’esenzione dall’obbligo di nomina dei coordinatori in materia di sicurezza nel caso di un cantiere di lavori privati, non soggetti a permesso di costruire e nel quale siano presenti più imprese.

Con tale sentenza la Corte di Lussemburgo ha censurato l’art. 90, comma 1, del D.lgs. 81/09 in quanto tale disposizione, nel recepire la norma europea, aveva fatto un’eccezione proprio sul coordinatore della sicurezza, escludendo dall’obbligo di nomina i cantieri privati in cui è possibile avviare i lavori con una semplice dichiarazione di inizio attività (Dia).
Secondo i giudici europei l’esonero introdotto dal legislatore interno è in netto contrasto con la direttiva, che non opera  alcuna distinzione tra cantieri pubblici e privati e stabilisce in modo inequivocabile l’esigenza di individuare la figura del coordinatore nei cantieri in cui ci sono più imprese.
Tale obbligo deve essere rispettato a prescindere anche  dal grado di rischio che comportano i lavori effettuati e la designazione deve avvenire all’atto della progettazione dell’opera o comunque prima dell’ esecuzione dei lavori.
Infine la Corte Ue ricorda che la direttiva non crea obblighi nei confronti del singolo cittadino o imprenditore a cui non può essere contestato il mancato rispetto di adempimenti non previsti dalla legge interna.
 

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Aria e zonizzazione (DLGS. n. 155/2010)

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


Lo Stato italiano ha recepito la Direttiva comunitaria 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europacon il D. Lgs 13.08.2010, n. 155, pubblicato in: G.U. n. 216 del 15 settembre 2010, Suppl. Ordinario n. 217.

Il decreto entrerà in vigore il 30.09.2010 e da quel momento Regioni e Province autonome dovranno valutare il territorio di competenza ai fini della zonizzazione e dell’elaborazione di piani di risanamento per il rispetto dei valori tabellari stabiliti dalla Comunità Europea.
Il decreto abroga altresì il DM 20.5.1991 che stabiliva le linee guida per i piani di risanamento dell’aria da adottarsi da ogni singola Regione e Provincia Autonoma, i quali, laddove esistenti dovranno essere adeguati ai nuovi criteri imposti dalla Direttiva recepita nel termine di quattro mesi  (art.3 co.2  D. Lgs. 155/2010).
Nessun termine viene, invece, stabilito per l’adozione della zonizzazione ed i piani di risanamento di nuova elaborazione Il legislatore statale, inoltre, non stabilisce le modalità con le quali “zonizzare” il territorio, richiedendo soltanto che la stessa sia preceduta dall’individuazione degli agglomerati urbani: sembra sussistere, quindi, una connessione tra le scelte urbanistiche e quelle relative alla qualità dell’aria ben più forte rispetto a quanto statuito, ad esempio, in tema di zonizzazione acustica.
Stante il silenzio legislativo e l’ampia discrezionalità lasciata alle Regioni, non è dato sapere se l’analisi del territorio e la relativa suddivisione in zone, nonché la stesura di eventuali piani verrà svolta autonomamente oppure se saranno coinvolti anche i Comuni e le Province.
A ciò si aggiunga che il D. Lgs 155/2010 non dispone alcuna sanzione in caso di inadempimento ed è ragionevole ritenere che non si assisterà ad una ….corsa alla zonizzazione.Fondato è quindi il pericolo che il Decreto Legislativo non venga attuato, per lo meno non nel breve periodo e, soprattutto, che la zonizzazione rimanga a c.d. macchia di leopardo, vanificando l’intera direttiva: la zonizzazione dell’intero territorio nazionale è il presupposto su cui si organizza l’attività di valutazione della qualità dell’aria ambiente. (Art. 1 co. 4, lett.c).
 

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Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti – SISTRI

Dal 1 ottobre diventa operativo anche se molte sono ancora le criticità
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


 
Il Dm 9 luglio 2010 ha disposto che l’operatività del nuovo sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti decorra, per tutti i soggetti obbligati, a far data dal prossimo 1° ottobre 2010.
Tuttavia è previsto un mese di rodaggio dove viene legittimato il doppio regime.
Il Dm 17 dicembre 2009 prevede, infatti, all’articolo 12, comma2, che: al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del sistema Sistri, per un mese successivo all’operatività del Sistri (1 novembre p.v.), i soggetti obbligati all’iscrizione al nuovo sistema, rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 (registro di carico e scarico) e 193 (formulario) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Allo stato attuale, nonostante i termini perentori fissati dal Governo, i livelli di definizione del nuovo processo telematico risultano non completamente avviati sul territorio ed ancora in fase di avanzamento.
Sotto il profilo operativo si sono verificati, infatti, una serie di problemi che ostacolano l’avvio del sistema e che occorre rimuovere per far si che questo processo si sviluppi in coerenza con le esgenze di semplificazione degli adempimenti e di riduzione dei costi a carico delle imprese, specialmente quelle di più ridotte dimensioni.
Da analisi campione effettuate dal sistema camerale risultano, poi, ritardi nella distribuzione della necessaria strumentazione informatica ed elettronica (secondo Unioncamere appena il 54% delle imprese sono in possesso dei dispositivi previsti dalla normativa, nonostante sia stato superato ampiamente il termine del 12 settembre entro il quale si sarebbe dovuta completare la fase distributiva) e nell’adeguamento tecnologico di cui avrebbero bisogno tali dispositivi.
Anche per quanto riguarda la distribuzione avviata dalle sezioni dell’albo nazionale gestori ambientali, risulta che solo un ristretto numero di imprese coinvolte nel trasporto dei rifiuti abbiano istallato i previsti dispositivi Black Box.
È evidente che senza il completamento della fase distributiva, in ogni ambito territoriale e per ogni categoria di utenti  ivi compreso il comparto del trasporto – risulta difficile ipotizzare un ordinato e regolare avvio del sistema.
In data 23 settembre u.s., il Ministero dell’Ambiente  ha ritenuto opportuno convocare una riunione con tutte le Organizzazioni di categoria.
Durante tale incontro la segreteria tecnica ha comunicato di aver sottoposto alla valutazione del Ministro un provvedimento, per quelle imprese non oggettivamente in grado di avvalersi nelle procedure informatiche,  disporrebbe di operare con il vecchio sistema per ulteriori due mesi. È possibile che tale provvedimento trovi corpo nell’ambito di un testo unico sul Sistri di natura meramente compilativa che parrebbe essere stato già trasmesso al Consiglio di Stato o in alternativa attraverso una circolare ministeriale interpretativa in senso estensivo delle disposizioni.
 

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Sistri: operatività al primo ottobre?

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Ad una settimana dalla prevista data di partenza del sistema (13.7.2010), si anticipa che il Ministero dell’Ambiente ha comunicato, per vie informali,  la emanazione a breve di provvedimento “correttivo” del Decreto 17 dicembre 2009, istitutivo del SISTRI.

Il Decreto prevede la proroga, al 1° ottobre p.v., dei termini relativi all’operatività del SISTRI ed alcune semplificazioni per le imprese che producono piccole quantità di rifiuti, tra le quali segnaliamo:
–  la riduzione delle tariffe per i piccoli produttori di rifiuti; –  l’ampliamento dei soggetti per i quali è consentita la gestione del SISTRI da parte dell’Associazione (produttori di rifiuti non pericolosi fino a 20 tonnellate annue e di rifiuti pericolosi fino a 4 tonnellate annue);
e ciò modificando la vecchia disposizione articolo 7 DM 17 dicembre 2009Modalità operative semplificate1.
Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a ottomila euro che producono rifiuti pericolosi, i soggetti la cui produzione annua non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi, nonché i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, possono adempiere agli obblighi di cui al presente decreto tramite le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale interessate e loro articolazioni territoriali, o società di servizi di diretta emanazione delle medesime organizzazioni.
–     verrà concesso termine più lungo (rispetto ai 10 giorni previsti) per la compilazione del registro cronologico: con cadenza mensile  nel caso di tenuta del SISTRI da parte delle Associazioni e trimestrale per i piccoli produttori di rifiuti pericolosi.
 

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Rifiuti da attività di riparazione veicoli

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Legge Comunitaria 2009 modifica il Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209 e ss. mm. ed ii., con il quale è recepita la Direttiva 2000/53/CEdisciplinante i veicoli fuori uso.

L’art. 43 Legge Comunitaria si limita ad eliminare la perentorietà dell’art. 5 comma 15 D. Lgs 209/2003, permettendo alle imprese esercenti attività di autoriparazione di poter – e non più dover – consegnare i pezzi usati allo stato rifiuto, laddove ciò sia possibile e fuori dei casi in cui sia previsto un obbligatorio consorzio di raccolta.
Quanto ai soggetti destinatari di tali rifiuti la Legge Comunitaria ribadisce l’alternatività tra il centro di raccolta se iscritti all’Albo nazionale gestori ambientali e degli operatori autorizzati, precisando soltanto che sarà poi onere di questi ultimi il conferimento dei rifiuti presso un idoneo centro di raccolta.

ART. 5 COMMA 15 Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209 ante legge comunitaria ART. 5 COMMA 15 Decreto Legislativo 24.6.2003, n. 209novellato dalla legge comunitaria
Le imprese esercenti attivita’ di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122 , e successive modificazioni, devono consegnare, ove cio’ sia tecnicamente fattibile, ad un centro di raccolta di cui al comma 3, direttamente, qualora iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali, ovvero avvalendosi di un operatore autorizzato alla raccolta ed al trasporto di rifiuti, i pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelle per cui e’ previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta. Le imprese esercenti attività di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, possono consegnare, ove ciò sia tecnicamente fattibile, i pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli, ad eccezione di quelli per cui è previsto dalla legge un consorzio obbligatorio di raccolta, ai seguenti soggetti: a) direttamente ad un centro di raccolta di cui al comma 3, qualora iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali; b) ad un operatore autorizzato alla raccolta ed al trasporto dei rifiutiperché provveda al loro trasporto ad un centro di raccolta di cui al comma 3

 

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Direttive 2008/98/CE e 2006/12/CE: il punto

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ opportuno il chiarimento anche visivo con riferimento alle novità introdotte dalla nuova normativa quadro sui rifiuti; e ciò anche in prospettiva di lettura della nuova comunitaria 2009 approvata in via definitiva in data 12.5.2010 ed in attesa di pubblicazione.

Gestione dei rifiuti, le novità previste dalla direttiva 2008/98/Ce
La nuova direttiva 2008/98/Ce La precedente direttiva 2006/12/Ce
Campo di applicazione Esclusi espressamente dal campo di applicazione della nuova direttiva sui rifiuti: il suolo contaminato non scavato, i sottoprodotti animali e agricoli. Non sono espressamente esclusi dal campo di applicazione della normativa generale sui rifiuti il suolo contaminato non scavato, i sottoprodotti animali e agricoli.
Definizione di rifiuto È definito come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”. L’allegato I della precedente direttiva non c’è più. Si fa, però, espresso riferimento all’elenco europeo dei rifiuti con due precisazioni:  

  1. l’inclusione di una sostanza o di un oggetto non significa che esso sia rifiuto in tutti i casi;
  2. esso è invece vincolante per quanto riguarda la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi.

Con decisione 2000/532/Ce e successive modifiche ed integrazioni, l’Unione europea ha istituito l'”Elenco dei rifiuti”. Tale Elenco ha sostituito, dal 1° gennaio 2002 i vecchi “Cer” (Catalogo europeo dei rifiuti) ed “Elenco dei rifiuti pericolosi” di cui alle pregresse norme europee, introducendo una catalogazione unica dei rifiuti.

È definito come “qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I (N.d.r: categoria non esaustiva) e di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”.
Cessazione della qualifica di rifiuto – MPS (cd. end of waste) Per espressa disposizione della direttiva, alcuni rifiuti specifici cessano di essere tali quando siano sottoposti ad operazioni di recupero e le sostanze e gli oggetti ottenuti soddisfino criteri specifici elaborati (dall’Ue) conformemente alle seguenti condizioni:· sono comunemente utilizzati per uno scopo specifico;· sono oggetto di un mercato o di una domanda;· soddisfano specifici requisiti tecnici per lo scopo specifico e relativi standard di prodotto;· il loro utilizzo non comporta impatti complessivi negativi per l’uomo e per l’ambiente.In caso di inerzia dell’Ue, i criteri potranno essere stabiliti dai singoli Stati Ue in conformità ed in osservanza della giurisprudenza comunitaria e con successiva notifica alla Commissione europea. Si tratta in sostanza di dare una disciplina comunitaria alle materie prime secondarie. Non è prevista una analoga norma
Sottoprodotti Non costituiscono rifiuti le sostanze e gli oggetti che derivano da un processo di produzione il cui scopo primario non è la loro produzione e che soddisfano le seguenti condizioni:· la loro produzione è parte integrante del processo di produzione primario;· il loro ulteriore utilizzo è certo;· il loro ulteriore utilizzo è diretto, in quanto non necessita di alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;· il loro ulteriore utilizzo è legale, in quanto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la tutela dell’ambiente e della salute umana.L’Ue potrà adottare criteri tali da permettere che sostanze o oggetti specifici siano considerati sottoprodotti.Viene sancito l’impiego del sottoprodotto in un altro processo esterno, in linea con le sentenze della Corte di giustizia secondo cui “non costituisce rifiuto il bene che sia utilizzato anche in altre industrie…” Non è prevista una nozione giuridica di “sottoprodotti”
Gestione rifiuti Ribadita la nota priorità delle azioni di prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero energetico e smaltimento in discarica. Per rafforzare tale gerarchia la direttiva introduce precisi obiettivi di riciclaggio, imponendo il ricorso alla raccolta differenziata entro il 2015 (istituita per carta, metalli, plastica e vetro). Prevede entro il 2020 che il riciclaggio dei rifiuti urbani dovrà aumentare almeno del 50% in peso ed entro la stessa data dovrà aumentare del 70% il recupero dei rifiuti da demolizione. Già presente l’ordine di priorità nella gestione dei rifiuti (anche se in maniera meno puntuale) ma non esistevano specifici obiettivi di riciclaggio.
Riciclaggio È definito come “qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento”. Non è prevista una nozione giuridica di “riciclaggio”
Recupero È definito come “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”. È definito come “l’insieme delle operazioni previste dall’allegato II B” alla direttiva medesima, recante un elenco di 13 fattispecie
Oli usati Previste apposite regole per la gestione degli oli usati, che prevedono l’obbligo di raccolta separata, il divieto di miscelazione, la limitazione alle spedizioni transfrontaliere. Non previste
Raccolta differenziata Viene introdotta la nozione di “raccolta differenziata” intesa come: “la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico”. Non presente
Responsabilità “estesa” del produttore Per rafforzare le politiche di prevenzione nella formazione dei rifiuti, gli Stati membri potranno adottare misure per conferire una “responsabilità estesa” a chiunque professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, venda o importi prodotti.
Questi provvedimenti potranno includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo, nonché la successiva gestione e la responsabilità finanziaria per tali attività. In pratica, gli Stati membri preciseranno le condizioni di responsabilità e decideranno quando il produttore originario mantiene la responsabilità per l’intera catena di trattamento o quando la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena del trattamento. In ambito europeo, il processo di responsabilizzazione dei soggetti produttori e della catena distributiva è stato già avviato nel settore delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. La volontà di applicare anche ad altri beni o prodotti il principio della responsabilità estesa indica che nel settore dei rifiuti si è ormai raggiunto il livello di guardia e che, per poter spezzare “l’assedio” della spazzatura, occorre porsi obiettivi più impegnativi e dare applicazione concreta al vecchio principio “chi inquina paga”.
Non presente
Attuazione e regime transitorio Gli Stati membri dovranno attuare la nuova direttiva entro il 12 dicembre 2010. A partire da tale data saranno abrogate le direttive 75/439, 91/689 e la 2006/12.

 

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