Conferenza servizi: termine

Conferenza servizi: termine
TAR Torino n. 1291/2012
Autorizzazione unica ex art. 12 Dlgs. 387/2003
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Il TAR di Torino affronta questione non pacifica.
La sentenza presenta numerosi spunti di riflessione e precisa anche in merito ai tempi concessi dal legislatore per la adozione del provvedimento finale.
Il Caso deciso dal TAR prende origine dalla richiesta di una società alla Provincia di Alessandria di autorizzazione ex art. 12 D.lgs 387/03 all’installazione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da 195 Kwe, alimentato con biocombustibili forestali e agricoli.
Il procedimento, nel corso del quale si è riunita per tre volte la conferenza dei servizi si è concluso con la determina del 25.11.11.
La determina della Provincia di Alessandria autorizzava l’impianto in questione, subordinando l’assenso:
A) all’espressione del parere definitivo della Soprintendenza per i Beni Archeologici e all’osservanza delle prescrizioni con esso impartite;
B) al rispetto delle indicazioni contenute nel parere favorevole del Comune di Carrosio,
C) all’osservanza di ulteriori prescrizioni tecniche dettagliate in appositi allegati.
La determina veniva impugnata in via principale con varie censure.
Una delle censure, oggetto di questo breve focus, riguarda la:
violazione dei termini massimi di svolgimento della conferenza dei servizi – previsti dall’art. 14 ter L. 241/90 e 14.11 dell’allegato 1 del D.M. 10.09.10 – essendo stati sospesi per tre volte i termini per la presentazione delle integrazioni richieste alle amministrazioni, nonostante le disposizioni citate consentano la richiesta di documentazione o di chiarimenti in un’unica soluzione.
La questione relativa alle lungaggini della conferenza di servizi e’ controversa e non pacifica.
La sentenza sembra un po’ forzare la lettera della norma al fine di giustificare l’azione amministrativa
ponendosi però nel solco di un orientamento già presente nella giurisprudenza e ad oggi non più unitariamente condiviso.
TERMINI
Il TAR disserta sulla doglianza relativa alla tardività e violazione dei termini.
Il TAR osserva invero che “…solo in sede di prima conferenza dei servizi sono state richieste integrazioni alle amministrazioni partecipanti, mentre nelle altre due conferenze i termini del procedimento sono stati sospesi per 60 giorni per consentire ulteriori integrazioni spontanee da parte delle amministrazioni, sulla base delle osservazioni emerse in sede collegiale…”
-Già questo rilievo desta perplessità perché sembra porre differenza tra le integrazioni spontanee e quelle imposte; quasi che le integrazioni spontanee non abbiano valore di sospensione.
Vero e’ che il TAR richiama proprio gli articoli di riferimento ( che sembrano deporre in senso contrario) ovvero “…Sul punto vengono in rilievo
-l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 ( “in sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell’istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all’esame del provvedimento”), e
-l’art. 14.11 del D.M. 10.09.2010 (“nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 241 del 1990, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell’intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall’avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all’esame del progetto sulla base degli elementi disponibili”).
TERMINE ACCELERATORIO
Il richiamo normativo però’ non risolve la questione nel senso voluto dal TAR che subito conclude: “….In mancanza delle indispensabili specificazioni da parte della norma in ordine agli effetti ed alle conseguenze dell’inerzia, il Collegio ritiene che si tratti di termini acceleratori, il cui superamento non priva l’ente procedente del potere di adottare il provvedimento finale, bensì abilita il soggetto richiedente a sollecitare, anche giudizialmente, la conclusione del procedimento.
Il TAR dunque torna a quell’orientamento che ritiene non essenziale e non perentorio il termine del procedimento per l’adozione del provvedimento finale in seno alla conferenza dei servizi.
Continua il TAR:
“Nello stesso senso è un precedente di questo Tribunale secondo il quale la norma che impone che le integrazioni documentali siano richieste in un’unica soluzione “non correla alcun effetto preclusivo all’eventuale reiterazione delle richieste medesime”.
PRINCIPIO DI NON AGGRAVAMENTO DEL PROCEDIMENTO
Di interesse il prosieguo del ragionamento del TAR che apre ad una interpretazione su cui riflettere.
Il TAR dopo avere asserito che la violazione del termine in se’ non comporta la illegittimità del provvedimento in quanto l’amministrazione può utilmente provvedere anche in un secondo momento precisa che semmai:
“… potendo l’illegittimità scaturire unicamente dalla violazione del principio di non aggravamento del procedimento che sottende la disposizione in parola, per cui la violazione va accertata non tanto in base alla formale presenza di due richieste di chiarimenti da parte dell’amministrazione, quanto accertando se ciò si sia tradotto in una protrazione ingiustificata della procedura” …
La illegittimità discende dalla protrazione ingiustificata della procedura.
Nulla di più discrezionale, dunque.
Il TAR procede a verificare se le ulteriori richieste di documentazione – che sono frutto delle molteplici conferenze di servizi – concretino la ingiustificata protrazione del procedimento e dunque l’ aggravio dello stesso.
Continua il TAR:
“…D’altra parte, l’art. 14 ter comma 8, L. 241/90 tanto prevede al chiaro fine di non aggravare il procedimento, nel rispetto del principio di cui all’art. 1, co. 2, della stessa legge ed in favore del soggetto proponente; nel caso di specie le due integrazioni (successive alla prima conferenza) sono state originate da specifiche richieste delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento, a cui la Provincia ha corrisposto, in tal modo consentendo di approfondire l’esame del progetto e di migliorarne le caratteristiche tecniche….”
E’ palese che questa motivazione – che giustifica l’indiscriminato dilatarsi dei tempi per la conclusione del procedimento a discrezione della amministrazione – e’ facile pretesto, stante la genericità, per ogni amministrazione .
RIPENSAMENTO
Ed invero il TAR sembra accorgersi della debolezza dell’assunto e chiude il proprio ragionamento attribuendo invero ad altra motivazione la cesura della doglianza.
Conclude il TAR:
“…Resta da rilevare che, se la norma in esame è stata predisposta dal Legislatore nell’interesse del soggetto che ha presentato l’istanza oggetto di delibazione in seno alla conferenza di servizi – in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima – legittimato a dolersi della sua violazione è unicamente il soggetto promotore del progetto, discendendone che la censura in tal modo spiegata dai ricorrenti, che rivestono il ruolo di parte controinteressata sostanziale, si configura inammissibile per carenza di legittimazione (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 25 settembre 2009 n. 2292).
La doglianza sulla violazione del termine di conclusione del procedimento dunque non viene accolta solo perché è stata sollevata da soggetto non legittimato ….e non perché adottata nei termini.
Giova anche evidenziare che il TAR richiama la ratio della stessa conferenza dei servizi che stride con quanto precisato dalla stessa sentenza “…in quanto volta a consentire la rapida conclusione del procedimento e la più celere evasione dell’istanza medesima…”.
La dissertazione sul termine pare dunque inutile ed anzi foriera di interpretazioni che avvallano la lesione della rapida conclusione del procedimento, come ricordato dallo stesso TAR e come ribadito da altre sentenze.

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Energia/Eolico: riduzione volumetrica

 Eolico: La riduzione volumetrica dell’impianto richiede “autorizzazione”?
DM 10.5.2010 par. 11.5 – DLGS. n.  28/2011
Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
L’ ” Impatto Ambientale delle energie alternative/rinnovabili” e’ il tema del convegno organizzato da Studio Legale Ambiente, che si terrà ad Ecomondo – Sabato, 10 novembre 2012 alle 9.00/13.00 a Rimini -Ecomondo – Key Energy.
Il Convegno cercherà con taglio pratico di rispondere a domande con l’ausilio della recente giurisprudenza. Il TAR Lecce 281/2012 risponde alla domanda relativa alla DIA in caso di riduzione volumetrica dell’impianto.
In particolare.
Il Comune negava l’autorizzazione (e la richiesta) di sostituire l’aerogeneratore già previsto con la DIA con un altro di dimensioni più ridotte.
I ricorrente rilevava che l’aerogeneratore da sostituire recava le medesime caratteristiche tecniche di quello assentito con DIA e dunque non influiva “..sul circostante assetto territoriale, e non necessiterebbe pertanto di nuova autorizzazione..”.
Il TAR ritiene il motivo fondato:
Dall’analisi comparata dei dati tecnici dei due aerogeneratori emerge che la potenza elettrica, l’altezza, il diametro del secondo generatore (che dovrebbe sostituire il primo) è decisamente INFERIORE al primo.:
“Emerge … che il nuovo impianto presenta le medesime caratteristiche generali del primo, assentito con DIA … ma è di potenza più ridotta. Trattasi, in altri termini, di una versione riconducibile al medesimo genus di quella originaria, ma di dimensioni più modeste”.
Tanto premesso, rileva il Collegio che, ai sensi del par. 11.5 del D.M. 10 settembre 2010, : “sono soggette a DIA le opere di rifacimento realizzate sugli impianti fotovoltaici ed eolici esistenti che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse”.
Alla luce di tale previsione normativa, è evidente che, così come sono soggette a DIA – e non ad autorizzazione paesaggistica, come invece sostenuto dalla resistente – le opere di rifacimento che non determinano variazioni delle dimensioni fisiche dell’impianto originariamente assentito, a maggior ragione vi sono soggette quelle opere che, al pari di quella in esame, si concretano in una semplice diminuzione di volumetria rispetto a quella originaria.
E poiché la ricorrente ha comunicato all’amministrazione apposita DIA …. nessun altro adempimento doveva ritenersi, nel caso di specie, giuridicamente necessario.
….”Se per un verso si deve considerare che l’aspetto esteriore dell’impianto eolico viene a mutare,infatti,si deve considerare che tale mutamento,per le ridotte dimensioni della nuova struttura e per l’aspetto standardizzato delle pale eoliche,non richiede una nuova valutazione di compatibilità paesaggistica,costituendo la precedente valutazione,figurativamente, un cerchio concentrico rispetto a quello che corrisponde alla nuova pala,di dimensioni maggiori rispetto a quest’ultimo…”

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Energia: limiti alle Regioni

Energia: limiti alle Regioni – prevalenza del diritto Comunitario
Consiglio di Stato 10 settembre 2012 n. 4768
A cura di Cinzia Silvestri-Studio Legale Ambiente
L’ ” Impatto Ambientale delle energie alternative/rinnovabili” e’ il tema del convegno organizzato da Studio Legale Ambiente, che si terrà ad Ecomondo – Sabato, 10 novembre 2012 alle 9.00/13.00 a Rimini -Ecomondo – Key Energy.
Il Convegno tratterà anche il difficile rapporto tra la normativa Nazionale e Regionale e la prevalenza del diritto comunitario.
Buon esempio della prevalenza del diritto Comunitario e’ la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 4768/2012 che ha deciso su sentenza del TAR Basilicata di diniego di autorizzazione di impianto eolico.
LA SENTENZA
La Legge Regionale della Basilicata n. 9/2007 e’ in violazione “delle norme internazionali vigenti (protocollo di Kyoto) e comunitarie (articolo 3 direttiva n. 2001/77/Ce), le quali incentivano lo sviluppo delle suddette fonti di energia rinnovabile ed in particolare della direttiva 2001/77/Ce”.
LA LEGGE REGIONALE NON PUÒ FISSARE LIMITI DI PRODUZIONE
Cita la sentenza:” L’interpretazione ora riconosciuta alla normativa varata dalla Regione Basilicata porta innegabilmente alla chiusura del mercato della produzione di energia eolica e ciò, sebbene stabilito con un limite temporale, si manifesta lesivo di importanti e basilari principi caratterizzanti gli ordinamenti europeo ed italiano, in particolare la direttiva già richiamata 2001/77/Ce, secondo cui la produzione di energia anche da fonti rinnovabili avviene in regime di libero mercato concorrenziale senza la previsione di limiti alla produzione.
“…. I regimi di sostegno dei singoli Stati membri devono comunque promuovere efficacemente l’uso delle fonti energetiche rinnovabili – articolo 4 – ed ancor più, soprattutto, andranno ridotti “gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili” – articolo 6.
A fronte di tale quadro di riferimento generale, si deve escludere che il Legislatore nazionale, statale o regionale che sia, possa introdurre un limite massimo alla produzione di energia elettrica rinnovabile, poiché tale limite si dimostra in contrasto radicale con il favor della normativa europea, laddove questa fissa limiti minimi e rivede in generale riduzione degli ostacoli normativi all’aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili….
…Il Dlgs 29 dicembre 2003 n. 387, recante recepimento nell’ordinamento interno della direttiva in parola, ha poi confermato i propositi del legislatore comunitario ed ha previsto inoltre che le Regioni — articolo 10 — possano adottare “misure per promuovere l’aumento del consumo di elettricità da fonti rinnovabili nei rispettivi territori, aggiuntive rispetto a quelle nazionali”, quindi senza incentivare i criteri che potessero portare a stabilire tetti massimi di produzione.
È poi necessario il richiamo alla successiva direttiva 2009/28/Ce che ha sostituito la direttiva 2001/77/Ce, con cui si è tra l’altro precisato nelle premesse – punto 14 – che “la principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori e creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. Non è opportuno rinviare la decisione sul carattere obbligatorio di un obiettivo in attesa di eventi futuri”.
DISAPPLICAZIONE
….
In conclusione, in accoglimento dell’appello in esame, l’articolo 3 della legge regionale 26 aprile 2007 n. 9 della Regione Basilicata deve essere disapplicato laddove pone un limite massimo alla produzione di energia elettrica derivante da fonte eolica, in quanto contrastante con l’articolo 6 della direttiva 2001/77/Ce con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati ..”
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