V.I.A.: Regione Veneto

 
REGIONE VENETO – V.I.A. – DGRV 1539/2011
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
La  procedura VIA ha subito due importanti interventi legislativi che hanno rielaborato interamente l’istituto dapprima con il Dlgs. 16.1.2008 n. 84 e da ultimo con Dlgs. 128/2010 (in vigore dal 28.8.2010).
Ebbene la Regione adegua la propria normativa (LRV 10/999) al Dlgs. 128/2010 (Dlgs. 152/2006) con DGRV n. 1539 del 27.9.2011.
Il testo riformato del Dlgs. 152/2006 (art. 35 comma 1) prevede che le Regioni, laddove necessario ADEGUANO il proprio ordinamento alle disposizioni del Dlgs. 152/2006 entro 12 mesi dall’entrata in vigore (ovvero entro il 28.8.2011).
In mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al Dlgs. 152/2006 (come riformato).
Continua l’art. 35 al comma 2: Trascorso il termine di cui al comma 1 (28.8.2011) trovano diretta applicazione le disposizioni del presente decreto, ovvero le disposizioni regionali IN QUANTO COMPATIBILI.
Il legislatore Statale dunque affida alle Regioni il solo potere di adeguamento e di compatibilità .
Ne discende che eventuali norme “innovative” delle Regioni – non compatibili con il dettato Statale – non possono essere prese in considerazione.
Vero è che l’intervento della Regione di adeguamento, che sembra essere anche tardivo rispetto alla data del 28.8.2011, avviene tramite una DGRV (Delibera di Giunta 1539/2011 del 27.9.2011 in BURV n. 76 dell’11.10.2011)
La lettura della DGRV deve essere considerata una sorta di Linea Guida (priva di valore  modificativo sia a livello di legge regionale che Statale)…la DGRV  secondo la gerarchia delle fonti, non può modificare un atto legislativo (anche Regionale).
L’intento della Delibera di Giunta è apprezzabile perché cerca di indicare ciò che resta della Legge Regionale.
Tuttavia non bisogna dimenticare che il dettato Regionale non è legge (tantomeno tramtite DGRV) e dunque eventuali indicazioni che permettano il permanere di disposizioni incompatibili con il dettato Statale …. sono sempre contestabili e non applicabili.
Lo Studio Legale  Ambiente offre in allegato breve lettura della LRV n. 10/99 oggi vigente a mezzo di prospetto finalizzato alla semplice visione del testo (senza alcun valore ufficiale).
Il testo è tratto dal sito della Regione Veneto.
L.R.V n.10/99

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Acque – Regione veneto: FITOSANITARI

DGRV n. 425/2011
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
La Regione veneto con il Piano di Tutela delle Acque (PTA) ha individuato le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari:
 
“Art. 14 – Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari
1. Quale prima designazione, le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari coincidono con le zone vulnerabili di alta pianura – zona di ricarica degli acquiferi – di cui al comma 1 lettera c) dell’articolo 13.
2. La Giunta regionale predispone programmi di controllo per garantire il rispetto delle
limitazioni o esclusioni d’impiego dei prodotti fitosanitari.
3. La Giunta regionale può rivedere e aggiornare la designazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.”
 
 
La delibera precisa che con il PTA, ovvero con l’art. 14 sopra citato, la Regione ha provveduto ad individuare le aree divulnerabilità intrinseca sulle quali operare i necessari approfondimenti al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica.
 
La delibera precisa, dunque, il concetto di “vulnerabilità specifica” che porta alla individuazione delle zone nell’ambito delle quali devono essere adottate le misure di tutela e limitazioni o esclusioni di impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili ai prodotti fitosanitari.
 
Ebbene, al fine di giungere alla individuazione delle aree a vulnerabilità specifica,  la Giunta della Regione Veneto ha deliberato, con DGRV  n. 425 del 12.4.2011 in BUR 32 del 3.5.2011,  di aver dato atto all’art. 93 D. Lgs. 152/06 con l’individuazione delle zone vulnerabili da prodotti fitosanitari di cui all’art. 14 NTA del Piano di Tutela delle Acque (DCRV 107/2009) e che con successivo provvedimento approverà il programma di massima per individuare modalità, limiti e restrizioni dell’impiego di fitosanitari nel territorio.
 
Con DGRV 2070 del 3.8.2010 era stato costituito un Gruppo di lavoro di tecnici ed esperti per l’individuazione delle misure e dei tempi per la riduzione dei rischi e degli impianti dell’utilizzo di prodotti fitosanitari.
 
Il lavoro era però stato sospeso perché la Commissione Consultiva Nazionale  aveva stabilito che i fitosanitari non si dovessero impiegare “su suoli contenenti una percentuale di sabbia superiore all’80% e, comunque, nelle aree vulnerabili identificate ai sensi dell’art. 93 del D. Lgs 152/2006”: la Commissione, dunque, poneva un divieto assoluto di impiego di fitosanitari nelle aree riconosciute vulnerabili, a differenza del monito cautelare imposto dalla Direttiva 2003/82/CE.
 
Il Ministero della Salute, con nota del 4.3.2011 ha chiarito, in risposta alla nota del Presidente della Giunta del Veneto del 18.2.2011 prot. 83180, che le Regioni, “utilizzando le informazioni disponibili sulle caratteristiche del proprio territorio, con riferimento specifico alla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, alla capacità di attenuazione del suolo e alle proprietà chemiodinamiche dei prodotti stessi” sono le uniche tenute ad individuare le zone sensibili.
Continua il Dicastero precisando che “Tali informazioni dovrebbero consentire di pianificare l’impiego dei prodotti a livello locale e precisare, rispetto all’indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restrizioni o esclusioni di impiego”.


 

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AATO – REGIONE VENETO

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati



La L. 26.2.2011, n. 10, di conversione del D.L. 225/2010 aveva posticipato al 31.3.2011 la soppressione delle AATO, affidando alla potestà legislativa regionale la riallocazione delle funzioni da esse svolte.

In ottemperanza alla L. 26/2011 la Regione Veneto aveva disposto un elenco di Commissari regionali cui sarebbero stati attribuiti i poteri ed i compiti fino ad oggi esercitati dalle AATO: tale elenco era contenuto nell’allegato A della DGRV 343 del 29.3.2011.
Tale delibera, però, non è mai stata pubblicata nel BUR ed anzi è stata sospesa dalla DGRV n. 421 del 12.4.2011 in BUR n. 31 del 29.4.2011.
Nelle more, infatti, con DPCM 25.3.2011 “ulteriore proroga dei termini relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”, in G.U. n. 74 del 31.3.2011, la soppressione delle AATO è stata differita al 31.12.2011.
Sulla scorta di tale slittamento la Regione Veneto ha deciso di “sospendere …l’efficacia della DGR n. 343 del 29.3.2011 sino al 31 dicembre 2011 e contestualmente di disporne la non pubblicazione sul BUR sino alla medesima data” (punto 1 deliberazione DGR 421/2011).
Si precisa che il DPCM non è fonte legislativa primaria e come tale non può modificare quanto disposto con legge…


 

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AIA: Sanzioni – art. 29 decies Codice Ambientale

A cura di avv. Cinzia Silvestri



Il Dlgs. n. 128 del 26/6/2010 entrato in vigore il 26/8/2010 ha modificato la parte seconda del Codice ambientale (Dlgs. 152/2006).
 
E’ utile richiamare l’esistenza di norma specifica e spesso dimenticata che sanziona la inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie in materia di AIA.
La sanzione è espressamente richiamata anche nella recente DGRV 2795/2010 commentata su questo sito.
 
L’art. 29 decies[1] del Codice ambientale Disciplina le attività che il gestore deve compiere, in particolare è tenuto ad attività di comunicazione ed informazione alle autorità competenti al controllo.
 
Il gestore è soggetto al controllo (ISPRA o ARPAV) sui punti indicati al comma 3:
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.
 
L’attività di controllo permette anche ispezioni straordinarie sull’impianto (comma 4); il gestore deve permettere “qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto” (comma 5) – la disposizione è in linea con l’obbligo di permettere ogni controllo e di rendersi disponibili all’accesso già indicato nel Codice ambientale.

L’articolo 29 decies prevede specifiche sanzioni in caso di inosservanza delle autorizzazioni o di esercizio in assenza di autorizzazioni:
Il comma 9 si limita ad imporre “sanzioni” tipicamente amministrative:
9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente

Il comma 10 si occupa invece e solo della inosservanza della autorizzazione ed in presenza di situazioni di pericolo o di danno alla salute:
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265
 
Il riferimento al RD del 1934 in materia di sanità pubblica allude e si sostanzia nel potere di ordinanza sindacale e di intervento attribuito al Sindaco.
 
 
 
 


[1] Articolo 29-decies
Rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale
1. Il gestore, prima di dare attuazione a quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale, ne dà comunicazione all’autorità competente.
2. A far data dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il gestore trasmette all’autorità competente e ai comuni interessati i dati relativi ai controlli delle emissioni richiesti dall’autorizzazione integrata ambientale, secondo modalità e frequenze stabilite nell’autorizzazione stessa. L’autorità competente provvede a mettere tali dati a disposizione del pubblico tramite gli uffici individuati ai sensi dell’articolo 29-quater, comma 3.
3. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, per impianti di competenza statale, o le agenzie Regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, negli altri casi, accertano, secondo quanto previsto e programmato nell’autorizzazione ai sensi dell’articolo 29-sexies, comma 6 e con oneri a carico del gestore:
a) il rispetto delle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale;
b) la regolarità dei controlli a carico del gestore, con particolare riferimento alla regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell’inquinamento nonché al rispetto dei valori limite di emissione;
c) che il gestore abbia ottemperato ai propri obblighi di comunicazione e in particolare che abbia informato l’autorità competente regolarmente e, in caso di inconvenienti o incidenti che influiscano in modo significativo sull’ambiente, tempestivamente dei risultati della sorveglianza delle emissioni del proprio impianto.
4. Ferme restando le misure di controllo di cui al comma 3, l’autorità competente, nell’ambito delle disponibilità finanziarie del proprio bilancio destinate allo scopo, può disporre ispezioni straordinarie sugli impianti autorizzati ai sensi del presente decreto.
5. Al fine di consentire le attività di cui ai commi 3 e 4, il gestore deve fornire tutta l’assistenza necessaria per lo svolgimento di qualsiasi verifica tecnica relativa all’impianto, per prelevare campioni e per raccogliere qualsiasi informazione necessaria ai fini del presente decreto.
6. Gli esiti dei controlli e delle ispezioni sono comunicati all’autorità competente ed al gestore indicando le situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3, lettere a), b) e c), e proponendo le misure da adottare.
7. Ogni organo che svolge attività di vigilanza, controllo, ispezione e monitoraggio su impianti che svolgono attività di cui agli allegati VIII e XII, e che abbia acquisito informazioni in materia ambientale rilevanti ai fini dell’applicazione del presente decreto, comunica tali informazioni, ivi comprese le eventuali notizie di reato, anche all’autorità competente.
8. I risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell’autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell’autorità competente, devono essere messi adisposizione del pubblico, tramite l’ufficio individuato all’articolo 29-quater, comma 3, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195.
9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove sì manifestino situazioni di pericolo per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente.
10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l’autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o di danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell’assunzione delle eventuali misure ai sensi dell’articolo 217 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
11. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale esegue i controlli di cui al comma 3 anche avvalendosi delle agenzie Regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente territorialmente competenti, nel rispetto di quanto disposto all’articolo 03, comma 5, del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

 

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AIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010

A cura di avv. Cinzia Silvestri


In BUR n. 93 del 14.12.2010 la Regione del Veneto ha pubblicato la DGRV 2794 del 23.11.2010 contenente indicazioni sui controlli preventiviche la Provincia deve svolgere prima del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, coadiuvata dall’ARPAV ex art. 5 bis commi 7 e 8 LR 14.4.1985, n. 33 e s.m.i.
 
La DGRV risponde alla necessità di stabilire procedure e criteri uniformi al fine di permettere il controllo preventivo.
Importante la distinzione relativa alla fase della approvazione del progetto e alla autorizzazione provvisoria all’esercizio e la successiva fase della autorizzazione definitiva
Trattasi di una verifica pressoché documentale, dato anche il disposto dell’art. 25  L.R. 3/2000 e ss.m.i.[1], che permette la realizzazione dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio immediatamente dopo l’approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero e ciò fino al rilascio o al diniego dell’autorizzazione definitiva all’esercizio (art. 25 comma 2 L.R. 3/00).
La Legge Regionale 3/00 impone però anche il successivo positivo collaudo funzionale dell’impianto con la precisazione che le opere relative agli impianti di stoccaggio e le discariche devono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto medesimo, ancorché provvisorio.
 
Sussistono, quindi, due fasi tra loro distinte:
1)     da un lato la deliberazione della Giunta volta ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica, il parere di compatibilità ambientale, la Vinca e l’AIA;
2)     dall’altro l’esercizio definitivo dell’impianto, che segue il provvedimento a firma del Segretario regionale all’Ambiente.
 
Quanto all’esercizio provvisorio[2], la Giunta ha così deliberato:
1)    il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto e funge da AIA provvisoria in attesa del provvedimento definitivo se il privato dimostra alla Regione, alla Provincia ed all’ARPAV di aver prestato le garanzie finanziarie di cui all’art. 208 comma 11 lett. g) TUA e deposita la documentazione successiva al controllo effettuato dopo l’attivazione del PMC ed eventualmente gli esiti delle verifiche operate dall’ARPAV laddove rilevanti;
2)    salvi i casi in cui il rilascio dell’AIA sia contestuale al procedimento che legittima la realizzazione dell’intervento, previo favorevole giudizio di compatibilità ambientale, l’esercizio ordinario dell’impianto è subordinato ad uno specifico atto autorizzativo rilasciato previa analisi della documentazione di cui al punto 1 ed in base agli esiti dei controlli preventivi espletati dalla Provincia con l’ausilio dell’ARPAV (che dovranno essere inviati all’Autorità competente entro 60 gg dal ricevimento del collaudo funzionale degli impianti7discariche di gestione dei rifiuti).
3)    L’AIA provvisoria rimane efficace fino al rilascio dell’AIA definitiva.
4)    Fatti salvi gli impianti già in possesso di AIA all’esercizio ordinario, le procedure sopra indicate si applicano anche agli impianti di trattamento di rifiuti, agli stoccaggi di rifiuti ed alle discariche già in possesso del provvedimento AIA ma non ancora abilitate all’esercizio ordinario i cui provvedimenti autorizzativi rilasciati, ove difformi, devono intendersi modificati dalla DGRV 2794/2010.
5)    Tali procedure si applicano altresì agli impianti già in  possesso di AIA all’esercizio ordinario, che nel frattempo abbiano già conseguito il giudizio di compatibilità ambientale favorevole e per le quali risulti altresì favorevole il parere al rilascio dell’AIA alla realizzazione.
 


[1] Art. 25 – Realizzazione dell’impianto, esercizio provvisorio e collaudo funzionale.
1. Gli impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, di cui all’articolo 22, sono soggetti a collaudo funzionale.
2. Il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto ed al suo esercizio provvisorio fino al rilascio o diniego dell’autorizzazione all’esercizio prevista dall’articolo 26.
3. L’avvio dell’impianto, e l’esercizio provvisorio dello stesso, è preceduto dall’invio al Presidente della provincia da parte del proponente di una comunicazione, recante in allegato una dichiarazione scritta del direttore dei lavori attestante l’ultimazione delle opere in conformità al progetto approvato, dalla quale risulti:
a) la data di avvio dell’impianto;
b) il nominativo del tecnico responsabile della gestione dell’impianto stesso.
4. Alla comunicazione di cui al comma 3 deve essere allegata la documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 26, comma 9.
5. Entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio dell’impianto, salvo proroga accordata su motivata istanza dell’interessato, deve essere presentato al Presidente della provincia, in allegato alla richiesta di autorizzazione all’esercizio, il certificato di collaudo funzionale.
6. In deroga a quanto previsto ai commi 3 e 5, le opere relative agli impianti di stoccaggio, anche annessi ad attività di recupero o smaltimento, e le discariche debbono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto e del suo esercizio provvisorio. Il relativo certificato di collaudo è trasmesso unitamente alla dichiarazione di ultimazione delle opere di cui al comma 3 del presente articolo.
7. Il provvedimento di approvazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, diversi da quelli di cui al comma 6, può comunque prevedere, per alcune componenti, che il collaudo funzionale preceda l’avvio dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio.
8. In sede di collaudo devono, tra l’altro, essere attestati, in funzione anche della tipologia di impianto:
a) la conformità dell’impianto realizzato con il progetto a suo tempo approvato;
b) la funzionalità dei sistemi di stoccaggio e dei processi di smaltimento o di recupero in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti da smaltire o da recuperare;
c) la funzionalità dei sistemi di allarme e di sicurezza;
d) l’idoneità delle singole opere civili ed elettromeccaniche dell’impianto a conseguire i rispettivi risultati funzionali;
e) il regolare funzionamento dell’impianto nel suo complesso a regime di minima e di massima potenzialità;
f) l’idoneità dell’impianto a garantire il rispetto dei limiti di legge ovvero di quelli prescritti come condizione nel provvedimento di approvazione;
g) l’esecuzione di campionamenti ed analisi sui rifiuti da smaltire o da recuperare, sui rifiuti prodotti, sui materiali recuperati, sulle emissioni e sugli scarichi, con specificazione dei valori, misurati all’atto del prelievo, delle variabili e dei parametri operativi
9. Per le discariche deve essere effettuato un ulteriore collaudo funzionale, successivo alla chiusura dell’impianto, finalizzato ad attestare l’avvenuta ultimazione e la funzionalità delle opere previste nel progetto approvato per la ricomposizione finale dell’area
 
[2] Il testo della DGRV 2794/2010 è reperibile in www.regione.veneto.it

 

adminAIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010
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Autorizzazione: Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.

Nota a DGR Veneto 1766/2010
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


La Regione del Veneto ha deliberato l’istituzione di uno specifico tavolo tecnico coordinato dalla Direzione regionale Ambiente, che si terrà entro il 31.12.2010, tra Regione, Unione Regionale delle Province del Veneto (URPV) e ARPAV a cui è stata invitata a partecipare anche l’ISPRA  (ex APAT).

Come specificato in DGRV n. 1766 del 6.07.2010 in Bur 61 del 27.07.2010 obiettivo della concertazione è chiarire ed uniformare le modalità di richiesta e rilascio delle autorizzazioni alle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi.
Ad oggi la Regione conferma le precedenti DGRV 1838/2007 e 3764/2009 e richiama l’allegato A della DGRV 1766/2010 quale “criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica”; e ciò fino alla ridefinizione delle procedure a seguito proprio del tavolo di concertazione promosso dalla Regione a seguito della necessità di meglio definire ed approfondire la procedura alla luce di nuove problematiche .
Ebbene, come è noto il D. Lgs 13.01.2003, n. 36, attuativo della Direttiva 1999/31/CE, classifica le discariche in tre tipologie (non più cinque):
i) discariche di rifiuti pericolosi,
ii) discariche di rifiuti non pericolosi,
iii) discariche per gli inerti.
L’art. 7 del DM 3.8.2005 prevede la facoltà per le autorità territorialmente competenti di autorizzare discariche di rifiuti non pericolosi nelle seguenti sottocategorie:
a)         discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile;
b)        discariche per rifiuti in gran parte organici da suddividersi in discariche considerate bireattori con recupero di biogas e discariche per rifiuti organici protrattati;
c)         discariche per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas.
Le istanze di riclassificazione[1] per la specifica sottocategoria di discarica devono essere accompagnate:
a) da idonea documentazione tecnica comprensiva di quanto richiesto in circolare Ministero dell’Ambiente n. 14963 del 30.06.2009 e dell’aggiornamento delle informazioni ex art. 5 commi 1 e 2 D. Lgs 59/2005, 
b) dalla valutazione di rischio ex art. 7 comma 2 DM 3.8.2005,
c) dalla relazione di compatibilità ambientale ex art. 22 comma 4 LR 3/2000.
Le perplessità che la Regione vuole chiarire a mezzo del tavolo tecnico concernono i criteri  e le modalità di predisposizione della valutazioni di rischio da presentarsi unitamente alle istanze di autorizzazione a tali tipologie di discariche.
La difficoltà sta nel fatto che ogni discarica deve essere valutata in maniera autonoma, tenendo conto delle caratteristiche concrete dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell’idoneità del sito, ma soprattutto perché la norma prevede deroghe da indicarsi ad hoc per specifici parametri.
Il pericolo di una disciplina eterogenea era evidente e sul punto la Regione era già intervenuta con DGRV 3764 del 9.12.2009[2]:-          per le discariche esistenti le deroghe erano ammesse solo previo parare positivo della Commissione Tecnica Regionale sezione Ambiente (CTRA);-         per le nuove discariche, ovvero in caso di modifica delle tipologie di rifiuti trattati le autorizzazioni dovevano essere precedute dalla VIA e corredate da congrua documentazione.
Nelle more la Giunta Regionale ha fornito dei criteri per la predisposizione della valutazione di rischio finalizzata alla concessione di deroghe ai limiti di accettabilità dei rifiuti in discarica.Il calcolo del rischio deve riguardare tutti i possibili impatti sulle matrici ambientali di acque superficiali, acque sotterranee e la qualità dell’aria in termini di contaminazione delle stesse da parte delle potenziali emissioni della discarica.
La DGRV 1766/2010 statuisce altresì che anche per le discariche non classificate in una delle sottocategorie di cui all’art. 7 del DM 3.8.2005 possono essere rilasciate, ai sensi dell’art. 10 del medesimo decreto ministeriale e sulla base di una valutazione del rischio con riguardo alle emissioni della discarica, deroghe ai limiti di accettabilità previsti dalla norma per specifici parametri e per specifiche tipologie di rifiuto.
La valutazione del rischio richiede lo studio di tre componenti (Modello Concettuale del SITO -MCS-):1.      sorgente di contaminazione discarica2.      percorsi e vie di propagazione degli inquinanti3.      bersagli/recettori
Quanto ai valori di concentrazione limite, la DGRV 1766/2010 rinvia alla normativa ambientale e in tema di bonifiche, che già sono corredate da tabelle indicanti i parametri di riferimento.Nel caso in cui la sostanza specifica non sia contenuta nelle tabelle di riferimento, i valori di concentrazione limite accettabili devono essere ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.
Quanto alle caratteristiche del sito in cui viene ubicata la discarica, la valutazione del rischio dovrà considerare i dati forniti in sede di VIA, nonché, laddove già rilasciata, dall’eventuale autorizzazione all’esercizio, da quelli desunti da particolari campagne di misura o dai dati bibliografici esistenti in caso di parametri non presenti in progetto.
Quanto al calcolo di flusso di percolato che attraversa la barriera di sconfinamento del fondo della discarica si dovrà predisporre una presentazione probabile della conducibilità idraulica del suolo nel caso si impieghi il metodo Monte Carlo, oppure predisponendo misure alternative mediante il ricorso ad un coefficiente di permeabilità più elevato rispetto a quello in progetto.In ogni caso la Regione attesta l’ininfluenza dei teli in HDPE, perché non efficaci. La valutazione del rischio deve in ogni caso essere conforme ai criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche, pubblicata da APAT (oggi ISPRA) nel giugno del 2005.


[1] Diversamente per nuove discariche per rifiuti non pericolosi che dovranno essere sottoposte a VIA ecc…
[2] In BUR Veneto n. 2 del 5.01.2010

 

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