Sacchetti di plastica: sanzioni a novembre 2013?

Sacchetti in plastica: sanzioni a novembre 2013? DM 18 marzo 2013
Segnalazione a cura Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente


Il 17 maggio 2013 la Gran Bretagna ha formalizzato, alla Commissione europea, la sua formale opposizione alla legge italiana 28/2012 — e al decreto ministeriale 18 marzo 2013 di attuazione — per contrasto con i principi di libera circolazione delle merci e di concorrenza ai sensi del Trattato sul funzionamento della Ue (Tfue) e con la direttiva imballaggi (direttiva 94/62/Ce).
Conseguentemente la Commissione europea ha deciso di fare slittare di 90 giorni la decisione – attesa per il 13 giugno 2013 – sulla compatibilità con le norme Ue del Dm 18 marzo 2013 sulle caratteristiche dei sacchetti per asporto merci. Rinviate quindi l’entrata in vigore del Dm e le relative sanzioni.
La decisione della Commissione — che condiziona l’entrata in vigore del decreto ai sensi dell’articolo 6 dello stesso Dm 18 marzo 2013 —  era prevista per il 13 giugno 2013 ma non arriverà prima del 13 settembre 2013.
Vista la delicatezza della tematica, riportiamo sinteticamente una nota del quadro normativo.
Il Dl n.2/2002, pienamente in vigore, aveva consentito la vendita di sacchetti monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432 (escludendo, quindi, i sacchi in polietilene additivato), oppure di quelli riutilizzabili purché di adeguato spessore e contenenti una quota di plastica riciclata. All’articolo 2, comma 2, veniva anche demandato ad un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello  sviluppo economico, il compito di individuare “eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della  commercializzazione dei  sacchi di asporto merci, anche prevedendo forme di promozione della  riconversione degli  impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le  modalità di informazione ai consumatori”. Regolamento che è proprio il decreto oggetto della presente comunicazione.
L’entrata in vigore delle sanzioni ai contravventori, inizialmente fissata al 1 gennaio 2014, era stata sospesa dal Decreto Sviluppo emanato dal Governo Monti, convertito in legge (disegno di legge S. 3533) nel dicembre dello scorso anno. Il comma 30 della legge recitava, infatti: “All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: « A decorrere dal 31 dicembre 2013, » sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2»”.
In altre parole, la legge che mette al bando gli shopper in plastica non biodegradabile e compostabile e quelli riutilizzabili è pienamente in vigore e le sanzioni – essendo stato emanato il decreto interministeriale (Gazzetta Ufficiale n. 73 del 27-3-13, Decreto con cui il Ministero dell’ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico hanno individuato le caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci in attuazione dell’art. 2 comma 2 DL n. 2/2012 e ss. modificazioni (Misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale) – potrebbero scattare tra 60 giorni, anche se il decreto stesso, come si legge all’articolo 6, vincola la sua efficacia (entrata in vigore) alla conclusione, con esito favorevole, della procedura di comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Confusione generata dal fatto che il Dl 02/2012 fa decorrere il termine per l’applicazione del divieto di commercializzazione e delle sanzioni non, come sarebbe logico, dalla entrata in vigore del decreto bensì dalla sua emanazione.
Gli uffici ministeriali competenti, in via informale, hanno ribadito come, secondo l’interpretazione prevalente, il computo dei 60 giorni per l’avvio del regime sanzionatorio non scatteranno prima della piena entrata in vigore del decreto, e ciò avverrà solo alla conclusione, con esito favorevole, dell’esame del testo presso la Commissione Europea.
Pertanto, sulla scorta di tale interpretazione, e sulle novità presentate nella presente comunicazione, le prime sanzioni per chi mette in circolazione sacchetti monouso che non siano biodegradabili e compostabili ex norma Uni En 13432:2002 o che non siano (se riutilizzabili) composti da polimeri diversi e con determinati spessori, scatterebbero due mesi dopo il vigore del Dm, dal 13 novembre 2013, secondo l’orientamento espresso dal Ministero dell’ambiente, potranno essere comminate solo a partire dal 13 novembre 2013, ovvero trascorsi due mesi dal via libera della Commissione Europea, che arriverà – se non vi saranno ulteriori obiezioni – il prossimo 13 settembre.

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Sacchetti di plastica: pubblicato il DM 18 marzo 2013

Sacchetti in plastica
Pubblicato il decreto che fissa le ulteriori caratteristiche tecniche

a cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio Legale Ambiente

In Gazzetta Ufficiale n. 73 del 27-3-13 è stato pubblicato il Decreto del 18 marzo u.s. con cui il Ministero dell’ambiente ed il Ministero dello sviluppo economico hanno individuato le caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci in attuazione dell’art. 2 comma 2 DL n. 2/2012 e ss. modificazioni (Misure straordinarie ed urgenti in materia ambientale).
Vista la delicata tematica riportiamo sinteticamente il percorso che ha portato all’emanazione del nuovo decreto.
Il Dl n.2/2012, pienamente in vigore, aveva consentito la vendita di sacchetti monouso biodegradabili e compostabili secondo la norma UNI EN 13432 (escludendo, quindi, i sacchi in polietilene additivato), oppure di quelli riutilizzabili purché di adeguato spessore e contenenti una quota di plastica riciclata.

All’articolo 2, comma 2, veniva anche demandato ad un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, il compito di individuare “eventuali ulteriori caratteristiche tecniche ai fini della commercializzazione dei sacchi di asporto merci, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori”.

Regolamento che è proprio il decreto oggetto della presente comunicazione.
L’entrata in vigore delle sanzioni ai contravventori, inizialmente fissata al 1 gennaio 2014, era stata sospesa dal Decreto Sviluppo emanato dal Governo Monti, convertito in legge (disegno di legge S. 3533) nel dicembre dello scorso anno.

Il comma 30 della legge recitava, infatti: “All’articolo 2, comma 4, del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, le parole: « A decorrere dal 31 dicembre 2013, » sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal sessantesimo giorno dall’emanazione dei decreti di natura non regolamentare di cui al comma 2»”.
In altre parole, la legge che mette al bando gli shopper in plastica non biodegradabile e compostabile e quelli riutilizzabili è pienamente in vigore e le sanzioni – essendo stato emanato il decreto interministeriale – potrebbero scattare tra 60 giorni, anche se il decreto stesso, come si legge all’articolo 6, vincola la sua efficacia (entrata in vigore) alla conclusione, con esito favorevole, della procedura di comunicazione alla Commissione Europea, ai sensi della Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Confusione generata dal fatto che il Dl 02/2012 fa decorrere il termine per l’applicazione del divieto di commericalizzazione e dlele sanzioni non, come sarebbe logico, dalla entrata in vigore dle decreto bensì dalla sua emanazione.
Gli uffici ministeriali competenti, in via informale, hanno ribadito come, secondo l’interpretazione prevalente, il conto alla rovescia di 60 giorni prima dell’avvio del regime sanzionatorio non scatterà prima della piena entrata in vigore del decreto, e ciò avverrà solo alla conclusione, con esito favorevole, dell’esame del testo presso la Commissione Europea.
Pertanto, le prime sanzioni potranno essere comminate solo a partire dal 13 agosto 2013, ovvero trascorsi due mesi dal via libera della Commissione Europea, che arriverà – se non vi saranno obiezioni – il prossimo 13 giugno, 90 giorni dopo la notifica depositata il 12 marzo scorso.

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Cosa si intende per recupero?

Linee Guida Direttiva 2008/98 Rifiuti
Cosa si intende per recupero?: (punto 1.4.5 Linee Guida)
Recupero, rifiuti, inceneritori, R1, energia
a cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Le Linee Guida sembrano precisare concetti ormai acquisiti.
Vero è che, a fronte della semplicità discorsiva del testo, la Comunità Europea affronta questioni di particolare complessità richiamando la giurisprudenza comunitaria .
Nel paragrafo 1.4.5 delle Linee Guida il concetto di recupero – tratteggiato con apparente semplicità – si interseca con la problematica degli inceneritori e la vexata quaestio dell’R1.
Studio Legale Ambiente offre, di seguito, una “libera traduzione prosata”del testo di cui al punto 1.4.5 delle Linee Guida.
Cosa si intende per ‘recupero’? (punto 1.4.5)
La definizione di ‘recupero’ è uno dei concetti chiave della direttiva quadro.
Il termine recupero è l’opposto di “smaltimento” (che le stesse linee guida al punto 1.4.8 definiscono come ciò che .. non è recupero).
Entrambe le operazioni (recupero e smaltimento e la preparazione prima delle stesse) concretano l’operazione di trattamento come definito dall’art. 3 comma 1, 14) della Direttiva Quadro.
Le linee Guida precisano ciò che pare ovvio e non lo è: Ogni trattamento dei rifiuti può essere operazione di recupero oppure operazione di smaltimento; la CGUE ha affermato che nessuna operazione può essere classificata come smaltimento e di recupero, allo stesso tempo (Causa C-6/00 ASA (2002) .
Le linee Guida precisano che “..la classificazione di un’operazione ha conseguenze significative non solo per il rispetto della gerarchia dei rifiuti (ai sensi del capitolo 3), ma anche per ogni gestione dei rifiuti; la distinzione tra recupero e smaltimento è di estrema importanza per il comprendere le definizioni di cui agli articoli 10 (Recupero) e 12 (smaltimento) della direttiva quadro.
Le linee Guida precisano che la principale differenza tra recupero e smaltimento consiste nel fatto che “.. operazioni di smaltimento in primo luogo sono il risultato di operazioni di gestione dei rifiuti basato sul concetto di “sbarazzarsi dei rifiuti”, mentre il principale risultato di un’operazione di recupero dei rifiuti è quello definito al punto 15 ) art. 3 della direttiva quadro ovvero: “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.
In pratica, può essere difficile distinguere in alcuni casi, se un’operazione effettivamente risponde a questa definizione. Nel 2004, uno studio è stato pubblicato per conto della Commissione europea, valutazione degli attuali operazioni di trattamento dei rifiuti in Europa, come avvengono nella pratica e individuare criteri che possano aiutare con la corretta classificazione delle operazioni.
D’altra parte, il recupero è diviso in tre sottocategorie:
1) preparazione per il riutilizzo (v.Capitolo 1.4.5) ,
2) il riciclaggio (vedi capitolo 1.4.6), e
3) recupero di altro tipo (vedi capitolo 1.4.7).
Esempi di sotto-categorie si possono trovare nei rispettivi capitoli, vedi in particolare distinzione tra riciclaggio e il recupero nel capitolo 1.4.6.
Questa definizione di recupero, di recente introdotta nella direttiva quadro, prende spunto dalla giurisprudenza CGUE, dove il concetto di “sostituzione” come condizione preliminare per il “recupero” è stato sviluppato nelle sentenze Causa C-6/00 ASA 2002 E “Cemento e forno” CAUSA C – 228/00
Il fatto che i rifiuti devono svolgere una funzione utile ‘come risultato principale’ del recupero è un aspetto importante del recupero e elemento distintivo dallo smaltimento.
La giurisprudenza Europea – CGUE ha affermato – per quanto riguarda l’incenerimento dei rifiuti nei forni da cemento – che i rifiuti devono essere utilizzati principalmente come combustibile o come altro mezzo della generazione di energia; il che significa che la maggior parte dei rifiuti deve essere consumata durante il funzionamento e la maggior parte dell’energia generata deve essere recuperato e utilizzato.
Il criterio è stato introdotto per evitare abusi e recupero fittizio.
Secondo la definizione di recupero della nuova direttiva quadro (15), la “sostituzione” del materiale che è fondamentale per il recupero dei rifiuti, può avvenire non solo nell’impianto in cui i rifiuti siano trattati ma anche ‘nell’economia in generale’. L’obiettivo è di facilitare la classificazione degli inceneritori di rifiuti con la generazione ad alta efficienza energetica come operazioni di recupero.
Classificazione degli impianti di incenerimento dei rifiuti –
strutture dedicate al trattamento di rifiuti solidi urbani – è fondata sulla R1 formula dell’allegato II.

Va osservato che, secondo la definizione dell’articolo 3 (15) WFD, si ha recupero non solo quando il materiale “sostituisce” altri materiali, ma anche quando con processi di preparazione si ottiene un materiale di scarto in modo che esso non comporta più rischi correlati di rifiuti e pronto per essere utilizzato come materia prima in altri processi.
In alcuni processi produttivi, come co-trattamento, i rifiuti possono essere utilizzati in combinazione di due opzioni di ripristino di gestione dei rifiuti al tempo stesso. Il contenuto energetico viene recuperato (operazione R1) come energia termica, sostituendo così combustibili, mentre la
frazione minerale dei rifiuti può essere integrata (quindi riciclato) nella matrice del prodotto o materiale prodotto, clinker di cemento ad esempio, acciaio o alluminio (R4 o R5 operazione, visualizzare un elenco di operazioni di recupero di cui all’allegato II della direttiva quadro sulle acque).
L’allegato II della direttiva quadro stabilisce un elenco non esaustivo di operazioni di recupero. Un’operazione
può essere recupero, anche se non è elencato nell’allegato II, se è conforme ai principi generali della definizione di recupero..”

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adminCosa si intende per recupero?
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Linee Guida Direttiva 2008/98/CE – Commissione Europea

Linee Guida Direttiva 2008/98/CE
Segnalazione a cura di Studio Legale Ambiente
La Commissione Europea ha pubblicato interessanti linee guida sulla Direttiva 2008/98/CE in tema di rifiuti.
Il documento, che si offre alla lettura in lingua originaria, contiene esempi, definizioni chiarimenti utili alla applicazione della Direttiva.
Certo, precisa la Commissione, nessun valore di legge al testo, nessun valore vincolante ma indubbia espressione del pensiero e orientamento comunitario.
Il testo in italiano verra’ di seguito pubblicato con singoli commenti alle linee guida.
Linee Guida Commissione Europea su Direttiva 2008/98/CE

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