Reato ambientale: art. 256 comma 4

Dlgs. 231/2001 e reato ex art. 256 comma 4
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo Studio Legale Ambiente propone secondo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001 per i reati di cui al Dlgs. 152/2006; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 
IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela  penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.

Particolare attenzione all’ art. 256 comma 4 Dlgs. 152/2006.
Il comma 6 dell’art. 25 undecies del Dlgs. 231/2001 prevede la riduzione a metà della pena per le ipotesi di reato di cui all’art. 256 comma 4 Dlgs. 152/2006 con riferimento alle sanzioni di cui al comma 2 lettera b)  dell’art. 25 undecies Dlgs. 231/2001.
Recita il comma 4 dell’art. 256: Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
Il reato prevede due diverse condotte ovvero:
1)    inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni;
2)    carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizionicomunicazioni.
Il riferimento dunque è solamente alla violazione dell’art. 256 comma 1 lett. a) e b) ; comma 3 primo e secondo periodo.
 
In particolare le pene previste per il trasgressore (Dlgs. 152/2006) e per la Società (Dlgs. 231/2001) risultano:
 

reato

Art. 256 comma 4

Pena ex Dlgs. 152/2006

Sanzione Ente

ex Dlgs. 231/2001

Sanzioni interdittive

art. 256

comma 1 lett. a)

(gestione non autorizzata)

pena dell’arresto da 1 mese e mezzo a 6 mesi

o

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro

Fino a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 1 lett. b)

(getione non autorizzata/rifiuti pericolosi)

pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno

e

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro

Da 75 a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 3 primo periodo

(discarica non autorizzata)

pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno

e

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro.

Da 75 a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 3 secondo periodo

(discarica finalizzata smaltimento rifiuti pericolosi)

arresto da 6 mesi  a 1 anno e mezzo

e

dell’ammenda da euro 2600 a

euro 26000

Da 100 a 150 quote

Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 3 mesi

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 
Si ricorda che le sanzioni interdittive descritte dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 sono:
a) interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) sospensione  o revoca della autorizzazione, licenze, o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni e servizi.
 

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Acque: art. 137 Dlgs. 152/2006 e Dlgs. 231/2001

Schema dell’art. 137
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo Studio Legale Ambiente propone primo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001 e i reati di cui al Dlgs. 152/2006; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
L’intento in questa prima fase è di fornire una analisi semplicemente descrittiva.
 
IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela  penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
Il Decreto ha inserito l’art. 25 undecies al Dlgs. 231/2001 dedicandosi ai “reati ambientali”.
Ciò significa che l’Ente (Società) risponderà in “via amministrativa” dei reati ambientali commessi dai soggetti di cui all’art. 5 del Dlgs. 231/2001 e nei modi e limiti ivi descritti.
Il Decreto impone molte novità anche applicative e una nuova gestione organizzativa.
 
L’art. 25 undecies prevede, con riferimento all’art. 137 Dlgs. 152/2006 (acque industriali), la responsabilità anche dell’Ente (società).
 
In particolare, l’art. 25 undecies comma 2 lettera a) n. 1 considera le seguenti fattispecie di reato:
1) art. 137 comma 3: “Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell’autorizzazione, o le altre prescrizioni dell’autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l’arresto fino a due anni.
2) Art. 137 comma 5, primo periodo: Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla Parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle Province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
3)             Art. 137 comma 13: Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente

In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
art. 137 comma 3
 
l’arresto fino a due anni 150 a 200 quote
137 co.5 primo periodo l’arresto fino a due anni
e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
 
150/200 quote
137 co. 13 dell’arresto da due mesi a due anni 150/200 quote

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 
Il secondo blocco di reati è previsto dall’art. 25 undecies Dlgs. 231/2001 comma 2 lettera a) n. 2 e si distingue per un maggiore rigore sanzionatorio laddove prevede:
1)    quote maggiori a carico delle Società (da 200 a 300 quote);
2)    l’applicazione di sanzioni interdittive descritte dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 quali
a) interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) sospensione  o revoca della autorizzazione, licenze, o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni e servizi.
 
In particolare:
 
1) art. 137 comma 2: Quando le condotte descritte al comma 1 (ovvero 1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata…), riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni.
2)    Art. 137 comma 5 secondo periodo: Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
3)    Art. 137 comma 11:  Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 (Scarichi sul suolo) e 104 (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee) è punito con l’arresto sino a tre anni.
 
In sintesi
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote
adminAcque: art. 137 Dlgs. 152/2006 e Dlgs. 231/2001
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Terreni agricoli ed energia

Firmato dal presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ stato firmato dal Presidente della Repubblica il Dlgs sulle energie rinnovabili ed ora si attende solo la imminente pubblicazione (Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2011 ha approvato in via definitiva D.Lgs recante “Attuazione della Direttiva 2009/28/CE del parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”).
 
Rispetto alla versione approvata in via preliminare il 30 novembre 2010  il testo presenta numerosi cambiamenti.
 
Viene confermata la soglia di 5 MegaWatt che distingue i due sistemi incentivanti validi per gli impianti rinnovabili che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012:
–       < 5 MW sistema d’incentivazione del feed in tariff (incentivo sull’energia prodotta);
–       > 5 MW previsione di aste al ribasso gestite dalla società GSE S.p.A.
 
Le modalità per l’attuazione dei due nuovi sistemi d’incentivazione restano affidate a un decreto ministeriale che però dovrà essere adottato non più entro 12 mesi ma entro 6 mesi.
 
Tra le modifiche più rilevanti introdotte si evidenzia la disposizione contenuta al comma 9-bis dell’articolo 23 che prevede un limite temporale all’attuale sistema d’incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici, di cui al D.M. 6 agosto 2010.
 
Nel dettaglio, viene previsto che il regime introdotto dal D.M. 6 agosto 2010 (sistema entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2011) sarà ancora valido solo per gli impianti solari fotovoltaici per i quali l’allacciamento alla rete elettrica avverrà entro il 31 maggio 2011.
 
Un ulteriore decreto ministeriale, da emanare entro il 30 aprile 2011, disciplinerà l’incentivazione degli impianti allacciati alla rete dopo il 31 maggio 2011 sulla base di scaglioni annuali di potenza massima incentivabile e prevedendo la possibilità di differenziare le tariffe sulla base della classificazione urbanistica del lotto da incentivare.
 
Sempre in materia di fotovoltaico, viene rivista la disciplina degli impianti costruiti su terreni agricoli[1]. L’art. 10 comma comma 4, dispone infatti che, dalla data di entrata in vigore del provvedimento, nelle aree agricole saranno agevolati solo gli impianti a terra fino a 1 MW e “nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario”, gli impianti dovranno essere collocati a una distanza non inferiore ai 2 km. Inoltre per potere usufruire delle agevolazioni non deve essere destinato “all’installazione degli impianti più del 10% della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente”. Tali limitazioni, tuttavia, non si applicano ai terreni abbandonati da almeno cinque anni.
 
Un’ulteriore novità riguarda il sistema incentivante dei certificati verdi per il quale, viene prevista una riduzione del 22% (non più del 30%) del prezzo di ritiro dei CV in eccesso per gli anni dal 2011 al 2015.
 
Infine si evidenzia che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, saranno definiti con decreto ministeriale gli obiettivi regionali in materia di fonti rinnovabili e le modalità di gestione dei casi di mancato raggiungimento dei target.
 
 
 
 
 
 


[1] Art. 10
(Requisiti e specifiche tecniche)  1. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili accedono agli incentivi statali a condizione che rispettino i requisiti e le specifiche tecniche di cui all’allegato 2. Sono fatte salve le diverse decorrenze indicate nel medesimo allegato 2.  Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e successivamente con frequenza almeno biennale, UNI e CEI trasmettono al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una rassegna della vigente normativa tecnica europea, tra cui i marchi di qualità ecologica, le etichette energetiche e gli altri sistemi di riferimento tecnico creati da organismi europei di normalizzazione, applicabili ai componenti, agli impianti e ai sistemi che utilizzano fonti rinnovabili. La rassegna include informazioni sulle norme tecniche in elaborazione. 3. Sulla base della documentazione di cui al comma 2, l’allegato 2 è periodicamente aggiornato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. La decorrenza dell’efficacia del decreto è stabilita tenendo conto dei tempi necessari all’adeguamento alle norme tecniche con riguardo alle diverse taglie di impianto e non può essere fissata prima di un anno dalla sua pubblicazione. 4. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli incentivi statali è consentito a condizione che, in aggiunta ai requisiti previsti dall’allegato 2: a) la potenza nominale di ciascun impianto non sia superiore a 1 MW e, nel caso di terreni appartenenti al medesimo proprietario, gli impianti siano collocati ad una distanza non inferiore a 2 chilometri; b) non sia destinato all’installazione degli impianti più del 10 per cento della superficie del terreno agricolo nella disponibilità del proponente.

 

adminTerreni agricoli ed energia
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Energia (1): Direttiva 2009/28/CE sulle fonti rinnovabili

Approvazione preliminare schema di decreto
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Il Consiglio dei Ministri del 30 novembre 2010 ha approvato in via preliminare uno schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE relativa alla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

Il provvedimento recepisce all’articolo 3 gli obiettivi imposti a livello europeo al nostro Paese  consistenti nel raggiungimento al 2020 di una quota del:
–   17% di energia da fonti rinnovabili rispetto al consumo finale lordo di energia in quell’anno;
–        10 % di energia da fonti rinnovabili impiegate nel settore dei trasporti rispetto al consumo totale del settore[1] al 2020.
Considerata la complessità del provvedimento si riporta di seguito un’analisi sintetica differenziata per macro tematiche.
REGIMI DI SOSTEGNO PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI (art. 22)
Il provvedimento prevede l’entrata in vigore – a partire dal 1° gennaio 2013 – di nuovi sistemi incentivanti per sostenere la produzione di energiaelettrica da fonte rinnovabile differenziati a secondo delle dimensioni e della tipologia di impianto:
Þ    sistema della tariffa incentivante (feed-in premium) per gli impianti di potenza inferiore a 5 MegaWatt elettrici compresi quelli alimentati da biogas, biomasse, bioliquidi sostenibili e centrali ibride di qualsiasi potenza (art. 22 comma 3);
Þ    incentivo su base d’asta al ribasso per l’gli impianti con potenza superiore a 5 MegaWatt elettrici.
Lo schema di provvedimento riporta i criteri applicativi generali rimandando alla stesura, entro un anno dall’approvazione del presente provvedimento, di un apposito decreto ministeriale per la definizione dei valori degli incentivi, dei rispettivi aggiornamenti, delle procedure e delle modalità di transizione dal vecchio al nuovo meccanismo incentivante. I nuovi criteri incentivanti varranno per gli impianti che entreranno in esercizio dopo il 31 dicembre 2012.
Al riguardo si riporta un approfondimento sulle previsioni legislative contenute nel provvedimento volte a disciplinare il passaggio dai meccanismi vigenti a quelli previsti dallo schema di recepimento della Direttiva europea in riferimento ai certificati verdi e alla tariffa omnicomprensiva.
Certificati Verdi
Viene gradualmente reso inefficace il sistema dei certificati verdi. Tale sistema si regge infatti sull’obbligo in capo ai produttori e importatori da fonte non rinnovabili di immettere energia pulita in rete o di acquistare i relativi diritti da produttori da fonti rinnovabili. L’obbligo, commisurato percentualmente all’energia immessa, viene ridotto gradualmente per il periodo 2013-2014 per poi annullarsi al 2015. Lo schema di D.Lgs prevede comunque il ritiro da parte del GSE di tutti i certificati emessi nel periodo 2011-2015 che risulteranno in eccesso sul mercato. Il prezzo di ritiro dei predetti certificati sarà però ridotto ad un valore del 70% rispetto a quello attualmente previsto dall’articolo 2, comma 148 della L. 244/2007.
Tariffa fissa Omnicomprensiva
Il sistema incentivante della tariffa fissa omnicomprensiva introdotto dall’articolo 2 comma 145 della L. 244/2007 resta in vigore – con le tariffe stabilite dalla Tabella 3 della stessa legge – per tutti gli impianti che entreranno in esercizio entro il 31 dicembre 2012. Tali tariffe sono riconosciute in ogni caso per un periodo di 15 anni. 


[1] Benzina, diesel, biocarburanti, elettricità

 

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Rifiuti inerti da estrazione

a cura di avvocato Cinzia Silvestri

Non può passare innosservata l’estensione, ed anzi, la precisazione che i rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando:
1) soddisfano i criteri stabiliti nel nuovo ed aggiunto allegato III-bis ed inoltre quando:
2) rientrano in una o più tipologie elencate in apposita lista che dovrà essere approvata con DMAmbiente.

 

DECRETO LEGISLATIVO 30 maggio 2008, n.117 (in Gazz. Uff., 7 luglio, n. 157). – Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (1).
 
 
 
art. 3 comma 1 lett. c)
 
COMUNITARIA 2009 (12.5.2009) non ancora pubblicata (DISEGNO DI LEGGE N. 1781-B
 
 
ART. 20 (modifiche al Dlgs. 30.5.2008 n. 117)
 
Al comma 1 dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n.117, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
 
c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano ne’ sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonche’ l’ecotossicita’ dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualita’ delle acque superficiali e sotterranee;
 
«c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano nè sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l’ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e sotterranee.
I rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo termine, i criteri stabiliti nell’allegato III-bis. Inoltre, i rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando rientrano in una o più delle tipologie elencate in una apposita lista approvata con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata;».

2. Al decreto legislativo 30 maggio 2008, n.117, è aggiunto l’allegato III-bis, di cui all’allegato 1 alla presente legge.

 

 
Allegato 1
(articolo 20, comma 2)
«ALLEGATO III-bis
(articolo 3, comma 1,
lettera c)
)
CRITERI PER LA CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI
DI ESTRAZIONE INERTI
1. I rifiuti di estrazione sono considerati inerti quando soddisfano, nel breve e nel lungo termine, i seguenti criteri:
a) i rifiuti non subiscono alcuna disintegrazione o dissoluzione significativa o altri cambiamenti significativi che potrebbero comportare eventuali effetti negativi per l’ambiente o danni alla salute umana;
b) i rifiuti possiedono un tenore massimo di zolfo sotto forma di solfuro pari allo 0,1 per cento oppure hanno un tenore massimo di zolfo sotto forma di solfuro pari all’1 per cento se il rapporto potenziale di neutralizzazione, definito come il rapporto tra il potenziale di neutralizzazione e il potenziale acido determinato sulla base di una prova statica conforme alla norma prEN 15875, è maggiore di 3;
c) i rifiuti non presentano rischi di autocombustione e non sono infiammabili;
d) il tenore nei rifiuti, e segnatamente nelle polveri sottili isolate dei rifiuti, di sostanze potenzialmente nocive per l’ambiente o per la salute, in particolare As, Cd, Co, Cr, Cu, Hg, Mo, Ni, Pb, V e Zn, è sufficientemente basso da non comportare, nel breve e nel lungo termine, rischi significativi per le persone o per l’ambiente. Per essere considerato sufficientemente basso da non comportare rischi significativi per le persone e per l’ambiente, il tenore di tali sostanze non deve superare i valori limite fissati dall’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, per la relativa destinazione d’uso, o i livelli di fondo naturali dell’area;
e) i rifiuti sono sostanzialmente privi di prodotti utilizzati nell’estrazione o nel processo di lavorazione che potrebbero nuocere all’ambiente o alla salute umana.
2. I rifiuti di estrazione possono essere considerati inerti senza dover procedere a prove specifiche se può essere dimostrato all’autorità competente che i criteri di cui al punto 1 sono stati adeguatamente tenuti in considerazione e soddisfatti sulla base delle informazioni esistenti o di piani e procedure validi.
3. La valutazione della natura inerte dei rifiuti di estrazione è effettuata nel quadro della caratterizzazione dei rifiuti di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a), e si basa sulle stesse fonti d’informazione».
 

adminRifiuti inerti da estrazione
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