Sicurezza: RSPP – responsabilità

Sicurezza: RSPP – responsabilità concorrente

Cassazione penale n. 2132/2010
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
La sentenza riassume con particolare chiarezza il ruolo del RSPP e ricorda che tale figura non è immune da responsabilità; responsabilità che può concorrere con quella del datore di lavoro ed anche divenire esclusiva.
Si omette il fatto che ha causato la condanna del RSPP, in questa sede, rinviando alla lettura della sentenza.
Ciò che rileva è il principio posto dalla Cassazione, per quanto opinabile, che con chiarezza declina l’ambito di responsabilità del RSPP e precisa la distinzione con la “delega di funzioni” .
La Cassazione afferma la responsabilità del RSPP per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore in concorso con il datore di lavoro.
Secondo la Corte la responsabilità del RSPP, con riferimento al caso in questione, risiede nella
a) negligente sottovalutazione dei rischi
b)imperizia dimostrata dallo stesso attraverso l’indicazione nel documento di valutazione dei rischi di rimedi del tutto inidonei (paletti di recinzione e catenelle di sicurezza da apporre alla fosse quando non vi era attività lavorativa) ad affrontare la situazione di pericolo.
Da questa premesse in fatto la sentenza fa discendere la responsabilità del RSPP che nella sua qualità “…era tenuto
a) non solo a segnalare l’effettività del rischio ma anche
b) a proporre concreti ed idonei sistemi di prevenzione e protezione per evitare gli eventi, come quello verificatosi.”
La Cassazione ribadisce i caratteri tipici RSPP ovvero:
a) non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e
b) “..lo stesso opera … quale “consulente” in tale materia del datore di lavoro..”
c) il datore di lavoro “..è (e rimane) direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio.
DELEGA DI FUNZIONI
L’inciso interessante riguarda però la distinzione del ruolo di RSPP e la delega di funzioni.
La Cassazione precisa con chiarezza che “…. la “designazione” di RSPP che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma del cit. Decreto, art. 31 (individuandolo, ai sensi del successivo art. 32, tra persone i cui requisiti siano “adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”), non equivale a “delega di funzioni” utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica, perchè gli consentirebbe di “trasferire” ad altri – il delegato – la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell’obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all’espletamento dell’attività lavorativa…”
Dunque il datore di lavoro con la nomina del RSPP non delega, non trasferisce l’obbligo del rispetto della normativa antinfortunistica.
RSPP
a) “..è privo di capacità immediatamente operative sulla struttura aziendale..”,
b) “..spettandogli solo di prestare “ausilio” al datore di lavoro nella individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nella elaborazione delle procedure di sicurezza nonchè di informazione e formazione dei lavoratori (cfr. art. 33 del decreto cit.).
Il datore di lavoro, quindi,
a) è il titolare della posizione di garanzia…,
b) ha l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi (non delegabile) e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, appunto in collaborazione con il RSPP
c) solo di datore di lavoro risponde della omessa valutazione del rischio
RESPONSABILITA’ CONCORRENTE
La Cassazione dopo aver delineato il rapporto RSPP e datore di lavoro precisa lo spazio di responsabilità “concorrente” del RSPP.
L’RSPP “…che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.
Ne consegue che il RSPP qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo.
Dunque la
a) “mancata o erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e
b) la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché
c) la mancata informazione e formazione dei lavoratori
può integrare una omissione rilevante e attribuire in concorso la responsabilità anche al RSPP.
IL RSPP ha il potere e dovere di segnalazione dei Rischi; l’omissione colposo di tali segnalazioni impedisce “…l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento…” e finisce per “…costituire (con)causa dell’evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio.

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Sicurezza: delega di funzioni e obbligo di vigilanza

Sicurezza: delega di funzioni/obbligo di vigilanza
Art. 16 Dlgs. 81/2008 e modello 231 – collegamento
A cura di Cinzia Silvestri – Studio Legale Ambiente
Esiste ancora confusione sulla “delega di funzioni”.
L’art. 16 Dlgs. 81/2008 codifica la delega di funzioni laddove in altri campi del diritto non si trova codificazione dell’istituto (come in materia ambientale).
L’articolo 16 ricorda che la delega di funzioni:
1) può essere espressamente esclusa
2) è ammessa solo con i limiti e le condizioni indicati dall’art. 16, che ricordiamo
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
Ricordiamo che la delega non sempre è consentita dalla legge.
La Cassazione penale 10702/2012 si è espressa nel senso che la delega non è consentita a) per la valutazione dei rischi e b) l’elaborazione del documento sulla sicurezza, c) nonché per la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
E sempre la sentenza sopra citata precisa anche il limite dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro che non è tenuto al controllo minuzioso ed operativo delle singole attività conferite ma è tenuto al controllo della correttezza della complessiva gestione del rischio dal parte del delegato.
Il controllo di vigilanza invero deve permettere al datore di lavoro di poter intervenire e supplire alle eventuali omissioni del delegante.
La delega inoltre deve avere adeguata e tempestiva pubblicità (comma 2 art. 16)
• Delega di funzioni e obbligo di vigilanza.
Il datore di lavoro (delegante) mantiene obbligo di vigilare sulle funzioni trasferite (recita il comma 3: “La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.”). Il testo è chiaro.
Modello 231 – obbligo di vigilanza.
Di interesse è il collegamento tra l’obbligo di vigilanza che incombe sul datore di lavoro e la possibilità di avere prova liberatoria attraverso la adozione del modello 231.
Conclude il comma 3 dell’art. 16:” L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’ articolo 30, comma 4.
Ed invero l’art. 30 comma 4 prevede che “.. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo
a) sull’attuazione del medesimo modello e
b) sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.
Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
Il modello organizzativo previsto dal Dlgs. 231/2001 si impone al datore di lavoro come prova liberatoria del proprio obbligo di vigilanza sulla delega conferita.
Modello che però deve dare prova di assere attuato, revisionato, mantenuto laddove ci siano mutamenti aziendali o accadimenti di infortunio.
• SUBDELEGA: è ammessa?
La delega di funzioni può essere trasmessa solo dal titolare della funzione ovvero dal datore di lavoro.
Ed invero vige il Divieto di subdelega ed il comma 3bis si esprime precisando:” Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate”
Vero è che proprio il comma 3bis (inserito dal Dlgs. 106/2009) prevede che “ il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2.
Dunque alcune funzioni possono essere delegate dal delegato ma solo previa intesa (scritta) del delegante.

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Rumore e ambiente di lavoro: manuale operativo

Riduzione del rumore negli ambienti di lavoro
Manuale operativo
A cura di Cinzia Silvestri e Dario Giardi – Studio legale Ambiente
La Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 28 novembre 2012, ha approvato il Manuale operativo “Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro”.
L’attenzione alle problematiche derivanti dalla diffusione delle tecnopatie e ipoacusie ha imposto la necessità di ridurre il rumore per prevenire i danni uditivi in tutti i luoghi di lavoro.
Il Manuale si pone in continuità con le precedenti Linee Guida per la valutazione del rischio rumore già pubblicate nel 2000, fornendo lo stato dell’arte sugli aspetti tecnici della prevenzione dei rischi da esposizione a rumore e mette a disposizione di tutti i soggetti interessati informazioni, metodologie ed interventi utili per garantire il pieno controllo del rischio rumore in tutti i principali comparti produttivi.
Il testo è organizzato in due livelli che trattano la tematica rispettivamente sotto un profilo generale e un profilo tecnico.
Il primo livello contiene l’articolato essenziale del manuale ed è rivolto alla generalità dei destinatari, contenendo indirizzi e indicazioni pratiche per elaborare e attuare le misure tecniche e organizzative per la riduzione del rischio rumore, fissate dall’articolo 192 del D.Lgs. 81/2008.
Dopo i primi due capitoli di carattere generale introduttivo, il testo affronta gli argomenti legati al luogo di lavoro e alle macchine.
I capitoli 3 e 4 entrano nel merito dell’applicazione delle linee guida, con il capitolo 3 che affronta i criteri acustici generali di progettazione e di bonifica degli edifici, così come stabiliti dalle attuali norme tecniche e di legge, mentre il capitolo 4 tratta con specifici approfondimenti alcune particolari tipologie di destinazione d’uso (uffici, attività commerciali, ambienti scolastici, ambienti comunitari e strutture sanitarie).
Secondo la stessa struttura i capitoli 5 e 6 analizzano le macchine, le attrezzature e gli impianti affrontando la problematica dei criteri acustici di acquisto e le relative strategie di bonifica acustica, fornendo indicazioni sul controllo del rumore alla sorgente e sugli interventi relativi alla trasmissione e propagazione del rumore.
La prima parte si conclude con la bibliografia generale e il glossario per aiutare alla comprensione dei termini e dei concetti utilizzati nel testo.
Il secondo livello è invece articolato in 30 schede destinate all’approfondimento tecnico e gestionale degli argomenti trattati nella prima parte.
Vengono quindi dettagliate le schede di acustica fisica generale che saranno utili per conoscere il fenomeno acustico in tutte le sue articolazioni (generazione, propagazione, assorbimento e isolamento). Le altre schede riguardano principalmente i criteri di scelta e collaudo delle metodologie attualmente disponibili per la riduzione del rumore, la misura e valutazione del grado di potenza sonora, la schermatura di sorgenti sonore e aree rumorose, la modulistica per la raccolta di informazioni acustiche nei nuovi insediamenti produttivi o nelle loro ristrutturazioni.
Nell’ ultima scheda sono quindi riportati esempi di interventi tecnici di riduzione del rumore realizzati sul campo, riportando per ciascuno di essi il comparto produttivo, la presentazione della problematica, il tipo di intervento e la sua descrizione, i risultati acustici e i costi approssimativi sostenuti.
Il secondo livello, essendo composto da schede tecniche verrà integrato nel tempo, attraverso gli aggiornamenti tecnici e legislativi che interverranno successivamente e resi disponibili in formato elettronico.
Allegato: Manuale operativo “Metodologie e interventi tecnici per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro”
Manuale rumore riduzione com 5 all. 1
schede_tecniche com 5 all. 2

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Incentivi INAIL: modelli 231

Comunicato INAIL incentivi
A cura di Studio Legale Ambiente
Studio Legale Ambiente si occupa anche della realizzazione dei modelli 231 in materia ambientale e sicurezza sul lavoro.
Pubblicato in Gazzetta ufficiale del 20.12.2012 il Comunicato INAIL che propone incentivi alle imprese che vogliano migliorare la propria organizzazione in materia di sicurezza e anche aggiornare, predisporre i modelli 231 ….
Si rinvia alla comunicazione che costituisce una buona opportunità per le aziende….
Comunicato INAIL incentivi Dlgs. 81/2008

adminIncentivi INAIL: modelli 231
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Sicurezza, Valutazione rischi: differimento termini

Sicurezza nei luoghi di lavoro e Valutazione rischi: differimento termini

L. 101/2012 di Conversione del DL 57/2012

 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
Si comunica che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012   la Legge 12 luglio 2012 n. 101 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 12 maggio 2012 n. 57,  recante disposizioni urgenti  in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel settore dei trasporti e delle microimprese.
La legge modifica con vigenza al 14.7.2012 il testo
1) art. 3 comma 2 Dlgs. 81/2008 , così il nuovo testo:

3. ((Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2,))  sono
fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma  2,  del
decreto  legislativo  19  settembre  1994,   n.   626,   nonche'   le
disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17
agosto 1999, n. 298, e  le  disposizioni  tecniche  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del
Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate  dalla
legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai relativi  decreti  di  attuazione
((. . .)).((Gli schemi dei decreti di cui al citato comma 2 del presente articolo 
sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle 
Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla 
data di assegnazione)).

2)  art. 29 comma 5 Dlgs. 81/2008 (valutazione rischio), così il nuovo testo: 

5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori  effettuano
la valutazione dei rischi di cui  al  presente  articolo  sulla  base
delle procedure  standardizzate  di  cui  all'articolo  6,  comma  8,
lettera f).
((Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore 
del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, 
comunque, non oltre il 31 dicembre 2012)),
gli stessi datori di lavoro possono  autocertificare
l'effettuazione della valutazione dei  rischi.  Quanto  previsto  nel
precedente periodo non si applica alle attivita' di cui  all'articolo
31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).

La Legge
Il testo della Legge 101/2012, che si compone di un unico articolo, prevede il differimento di alcuni termini previsti nel D.Lgs 81/08 e s.m.i.
Al comma 1 dell’art. 1 viene disposto che, fino alla emanazione degli appositi decreti interministeriali (che andranno a dettare disposizioni di coordinamento del Testo Unico sulla sicurezza con la normativa relativa ai settori ferroviario, marittimo e portuale) continua ad applicarsi la disciplina attualmente vigente relativamente ai settori soprarichiamati.
Viene inoltre esteso da quarantotto a cinquantacinque  (55) mesi il termine entro il quale dovranno essere emanati i decreti in materia di sicurezza sul lavoro nei confronti delle Forze armate, di polizia, dei Carabinieri, della protezione civile, tenuto conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato.
Gli schemi dei decreti di cui sopra dovranno essere trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti.
Il comma 2, che è rimasto invariato rispetto al decreto legge, dispone che, in attesa della definizione del decreto sulle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi per le imprese che occupano fino a 10 dipendenti, il termine del 30 giugno 2012 è sostituito dal seguente inciso: “fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale” che andrà a recepire dette procedure  e comunque non oltre il 31 dicembre del 2012.

 Di seguito il testo della Legge:

Art. 1      ((01.  All’articolo  3,  comma  2,  secondo  periodo,  del  decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81,  e  successive  modificazioni,  le parole: “entro quarantotto  mesi”  sono  sostituite  dalle  seguenti: “entro cinquantacinque mesi”)).    1. All’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile  2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:      a) le parole: “Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2,” sono sostituite dalle seguenti: “Fino all’emanazione dei  decreti  di cui al comma 2,”;      b) le parole da:” ; decorso” a : ” decreto” sono soppresse.      ((b-bis) e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo:  “Gli  schemi dei decreti di cui al citato  comma  2  del  presente  articolo  sono trasmessi alle Camere per l’espressione del  parere  da  parte  delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro  trenta  giorni dalla data di assegnazione”)).    2. Per consentire la definizione delle procedure standardizzate  di valutazione dei rischi di cui all’articolo 6, comma  8,  lettera  f), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, all’articolo 29,  comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81,  e successive  modificazioni,  le  parole:  “Fino  alla   scadenza   del diciottesimo mese successivo alla  data  di  entrata  in  vigore  del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il  30  giugno  2012”  sono  sostituite  dalle seguenti: “Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data  di entrata in vigore del decreto interministeriale di  cui  all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012”.
 

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Sicurezza: Conferenza Stato Regioni

Sicurezza/Lavoro: Conferenza Stato Regioni
Approvazione degli Accordi sulle attrezzature di lavoro / Gazz. uff. 12.3.2012 n. 60
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
La Conferenza Stato Regioni del 22 febbraio scorso ha approvato un accordo, che entrerà in vigore dopo 12 mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (12.3.2013) che individua le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di questa abilitazione. L’accordo definisce inoltre i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione da erogare a questi lavoratori. Si tratta ricordiamo di formazione specifica che non esime gli stessi operatori dal seguire iter e programmi formativi obbligatori. La durata ed i contenuti della formazione sono da considerarsi minimi.
I soggetti formatori
Rispetto ai requisiti dei soggetti formatori fissati dall’ accordo sulla formazione dei lavoratori in attuazione dell’articolo 37 del D.Lgs. 81/2008, questo nuovo accordo ne prevede di più specifici. È infatti stabilito che solo alcuni soggetti formatori possono erogare la formazione. Oltre a quelli istituzionali (Il Ministero del lavoro, l’Inail, le Regioni e le Province, ecc) sono previsti anche gli organismi paritetici e gli enti bilaterali, le associazioni sindacali, gli ordini e i collegi professionali, pur con alcune limitazioni previste dal punto 1 dell’accordo. Sono inoltre abilitati gli enti di formazione accreditati presso i sistemi regionali con una esperienza minima di 3 anni nel settore specifico o di 6 anni in materia di sicurezza e salute sul lavoro.
Le attrezzature
Le attrezzature per l’uso delle quali è prevista formazione specifica sono: piattaforme di lavoro mobili elevabili, gru a torre, gru mobile, gru per autocarro, carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo, trattori agricoli o forestali, macchine movimento terra, pompa per calcestruzzo.

Il percorso formativo
Vengono definiti i requisiti minimi dei corsi, che devono disporre di un responsabile, di un registro di presenza, di un numero massimo di allievi per ogni corso non superiore alle 24 unità, di un rapporto istruttore allievi nella pratica in aree idonee non superiore di 1 a 6. Tre generalmente le tipologie di modulo formativo: teorico, tecnico, pratico. Con questi ultimi due dalla lunghezza e dalla consistenza molto variabile in base all’attrezzatura oggetto della formazione. Per il modulo giuridico e per il tecnico è consentito l’uso di modalità formative in e-elarning. Il modulo giuridico qualora si desideri ottenere attestato per diverse attrezzature è sempre valido. Al termine di ogni modulo e alla conclusione dell’intero iter sono previste prove di valutazione. Al termine delle prove di valutazione sono rilasciati attestati di abilitazione. L’abilitazione durerà 5 anni e per il rinnovo occorrerà seguire corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore.
Il percorso formativo verrà registrato nel libretto formativo del cittadino (art.2 comma 1, lettera i) del decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276). Al contempo il soggetto formatore dovrà conservare per almeno 10 anni il “Fascicolo del corso” con i dati dei corsi, degli allievi e degli attestati. Il percorso formativo prevede vari moduli teorici e pratici con verifiche intermedie e finali i cui contenuti variano in riferimento alla tipologia di attrezzature. Per alcuni moduli teorici è prevista la possibilità di erogare la formazione in modalità e-learning: modulo giuridico normativo (1 ora) e modulo tecnico (2, 3, 6 o 7 ore in funzione della tipologia di attrezzature).
 
La durata della validità dell’abilitazione e l’aggiornamento della formazione
L’Accordo prevede che l’abilitazione sia rinnovata ogni 5 anni dalla data di rilascio dell’attestazione dell’abilitazione, a condizione che sia svolto un corso di aggiornamento della durata minima di 4 ore di cui almeno 3 ore relative agli argomenti previsti dai moduli pratici.
Formazione pregressa
Per quanto riguarda il riconoscimento della formazione pregressa saranno riconosciuti attestati di: corsi di formazione della durata complessiva non inferiore a quella indicata dagli accordi; corsi dalla durata inferiore ma completati da aggiornamento entro 24 mesi dall’entrata in vigore dell’accordo con verifica finale; corsi non completati da verifica finale e di qualsiasi durata, purchè entro 24 mesi siano integrati da modulo di aggiornamento e verifica finale di apprendimento.

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