Sicurezza: ambienti sospetti di inquinamento

Tutela della salute e sicurezza negli “ambienti confinati”
DPR 14 settembre 2011 n.177 – in vigore dal 23 novembre  2011
 A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
E’ stato pubblicato il D.P.R. 14 settembre 2011 n. 177 sul “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell’art. 6 comma 8  lett. g)  del d.lgs. 81/08” (Gazzetta Ufficiale n. 260 dell’8 novembre 2011)
Il provvedimento, approvato dal Consiglio dei Ministri nell’agosto scorso (entrerà in vigore il prossimo 23 novembre (decorsi cioè i quindici giorni dalla sua pubblicazione in G.U.).
Si richiamano di seguito le principali disposizioni introdotte dal decreto in parola.
Il regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli articoli 66 (pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie,  caldaie, cisterne),  121  (scavi)  e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV punto 3  del d.lgs. 81/08 (vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti e silos).
Secondo quanto previsto dall’art. 2, per svolgere un’attività lavorativa in ambienti confinati, le imprese o i lavoratori autonomi devono possedere come requisiti:
1)  essere in regola con le disposizioni riguardanti la valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e gestione delle emergenze; 2) nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi obbligatorietà della formazione e sorveglianza sanitaria; 3) presenza di personale (in percentuale non inferiore al 30%) con esperienza almeno triennale in “ambienti confinati”, assunta con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in tal caso certificati ai sensi del D.lgs. 276/03); 4) aver ricevuto specifica formazione e informazione compresa l’attività di addestramento di tutto il personale – incluso il datore di lavoro – relativamente all’applicazione delle procedure di sicurezza; 5) possedere dispositivi di protezione individuale (es. maschere protettive, imbracature di sicurezza) e una strumentazione e attrezzature di lavoro (es. rilevatori di gas, respiratori etc.)  idonei a prevenire i rischi propri di tali attività lavorative; 6) rispetto integrale degli obblighi in materia  di Documento Unico di regolarità Contributiva (DURC) e relativi alla parte normativa ed economica della contrattazione collettiva di settore
Il subappalto è consentito solo a condizione che sia espressamente autorizzato dal datore di lavoro committente, che dovrà anche verificare  il possesso da parte dell’impresa subappaltatrice dei requisiti di qualificazione;
Quando i lavori siano svolti tramite  appalto, deve essere garantito  che, prima dell’accesso nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori che verranno impegnati nell’attività siano puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente dei rischi che possono essere presenti nell’area di lavoro;
Il datore di lavoro committente è inoltre tenuto ad individuare un proprio rappresentante, adeguatamente formato e addestrato, incaricato di vigilare sulle attività lavorative e con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi, per limitare i rischi da interferenze.
Durante tutte le fasi di lavorazioni in “ambienti confinati”  deve essere adottata una procedura di lavoro specificamente diretta ad eliminare o quantomeno a ridurre al minimo i rischi propri dell’attività e che consenta, in caso di necessità, un intervento immediato del Servizio Sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco.
Il mancato rispetto di tutte le disposizioni previste dal D.P.R.  comporterà il venir meno della qualificazione necessaria da parte delle imprese per operare in ambienti confinati.
Per completezza di informazione si allega il testo integrale del provvedimento  DPR n. 177/2011
 

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Terre e rocce da scavo: DL Sviluppo

 Terre e Rocce da scavo: DL Sviluppo – Uno sguardo al futuro?

 a cura di avv. Cinzia Silvestri

La travagliata storia delle Terre e rocce da scavo (a memoria dell’ art. 186 Dlgs. n.152/2006 ss.) è destinata a non finire.

Per coloro che si sono occupati a lungo dell’art. 186 (Dlgs. n.152/2006) e ne hanno seguito l’evoluzione sin dal primitivo, ma attuale, provvedimento del 2001 (L. 443/2001), il contenuto nel prossimo DL Sviluppo ….rinnova la memoria.

Non si può dimenticare che, un anno fa circa, l’art. art. 39 comma 4 Dlgs. n. 205/2010 precisava che: “Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 184-bis,comma 2, e’ abrogato l’articolo 186.”.

 Ebbene, il “DL Sviluppo”, ancora in incubazione, porta con se’ un “ritorno al passato”, rievoca alla memoria di coloro che hanno scritto sul tema, ciò che è stato…. abrogato.

 E’ prematuro commentare ma vale la pena di ….segnalare.

 La bozza del 23.10.2011 Dl Sviluppo precisa all’art. 36:

La proposta è finalizzata a classificare le terre e rocce da scavo quali sottoprodotti e non rifiuti, consentendone pertanto il riutilizzo nell’ambito del medesimo intervento dal quale traggono origine e comportando, in tal modo, una riduzione dei costi delle infrastrutture.”.

Ovvero:

Sono da considerate sottoprodotti ai sensi dell’articolo 184‐bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 2 dello stesso articolo, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, prodotte nell’esecuzione di opere pubbliche, anche se contaminate o mischiate, durante il ciclo produttivo, da materiali, sostanze o residui di varia natura, ancorchè inquinanti, derivanti dalle tecniche e dai materiali utilizzati per poter effettuare le attività di evacuazione, perforazione e costruzione ed impiegate, senza alcuna trasformazione diversa dalla normale pratica industriale, intendendosi per tale anche selezioni granulometrica, riduzione volumetrica, stabilizzazione a calce o a cemento, essiccamento, nell’ambito di un unico ciclo produttivo che preveda la loro ricollocazione secondo le modalità stabilite nel progetto di utilizzo approvato dalle autorità competenti anche ai fini ambientali ed urbanistici e nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di tabella 1, allegato 5, parte IV, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, fatta salva la possibilità, in caso di fenomeni naturali che determinano superamenti delle stesse, di adottare i valori del conto come concentrazioni soglia di contaminazione”.

 Relazione

La proposta, da verificare con il competente Ministero dell’ambiente, è finalizzata a classificare le terre e rocce da scavo quali sottoprodotti e non rifiuti, consentendone pertanto il riutilizzo nell’ambito del medesimo intervento dal quale traggono origine e comportando, in tal modo, una riduzione dei costi delle infrastrutture in particolare per le opere infrastrutturali che prevedono la realizzazione di gallerie”.

 

 

 

 

Nota 1: cfr. Codice dell’Ambiente, Giuffrè, 2008, commento all’art. 186 a cura di Cinzia Silvestri

Nota 2: Articolo 184-bis 1. E’ un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto e’ originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sara’ utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto puo’ essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo e’ legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinche’ specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o piu’ decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformita’ a quanto previsto dalla disciplina comunitaria
Articolo inserito dall’articolo 12 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205.
 

 

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Sistri e reati

SISTRI E REATI: responsabilità delle Società
Dlgs. 231/2001 art. 25 undecies co. 2 lett. g).
art. 260 bis Dlgs. 152/2006
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo Studio Legale Ambiente continua lo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001[1] per i reati di cui al Dlgs. 152/2006 in vigore dal 16.8.2011; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 Art. 260 bis Dlgs. 152/2006 (novità).
L’articolo 260 bis è stato introdotto nel nostro ordinamento dal  Dlgs. 205/2010  (vigente al 25.12.2010) assieme alle altre sanzioni relative al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) .
E’ tuttavia nota la vicenda normativa che ha coinvolto proprio l’art. 260 bis che, assieme a tutto il sistema Sistri, veniva abrogato dall’articolo 6, comma 2, lettera d) del Dl 13 agosto 2011, n. 138; per poi rivivere con la legge di conversione del  14 settembre 2011, n. 148; legge che ha posto nel nulla il decreto abrogativo.
Ebbene circa un mese prima della abrogazione a mano del Governo (DL 13.8.2011 n. 138) il Parlamento aveva riformato proprio ed anche l’articolo 260 bis (Dlgs. 121/2011 del 7.7.2011). introducendo i commi 9bis e 9ter.
L’entrata in vigore delle modifiche (17.8.2011) successiva alla abrogazione segnava una battuta di arresto dell’intera normativa.
La legge di conversione del 14.9.2011 n. 148 riporta in luce anche il testo modificato dell’art. 260 bis.
Le modifiche intervenute sull’art. 260 bis hanno introdotto solo i commi 9 bis e 9 ter. Sono modifiche che non prevedono nuovi comportamenti sanzionabili bensì benefici e riduzioni di pena.
 Reati ex art. 260 bis e Dlgs. 231/2001
Nel caso di reati e dunque di comportamenti ritenuti gravi dal legislatore e che vengono puniti con pena che incide sulla libertà personale quale la reclusione
1)    nessun trattamento premiale di riduzione della pena
2)    previsione di responsabilità amministrativa della società ex Dlgs. 231/2001 ex art. 25 undecies.
Lo schema è il seguente:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Società
ex Dlgs. 231/2001
Sanzioni interdittive
art. 260 bis comma 6
Certificato analisi rifiuti falso
 
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 secondo periodo
Trasporto senza copia cartacea sistri rifiuti pericolosi
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 7 terzo periodo
Trasporto uso certificato fase indicazioni
pena reclusione fino a 2 anni (art. 483 c.p.)
 
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis comma 8 primo periodo
Trasposrto con scheda cartacea sistri alterata
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.)
Da 150 a 250 quote
 
Non prevista
Art. 260 bis
Comma 8 secondo periodo
Trasporto scheda sistri alterata rifiuti pericolosi
Pena reclusione da 4 mesi a 2 anni
(477 e 482 c.p.) con aumento fino ad 1/3
Da  200 a 300 quote Non prevista

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 



[1] IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela   penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
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RESPONSABILITA' P.A. E DANNO

Comportamento scorretto della p.a. – TERMOVALORIZZATORE – Danno risarcibile – RESPONSABILITA’ DELLA PA – VIOLAZIONE DELLA BUONA FEDE – APPALTI – Consiglio di Stato 12.7.2011 n. 4196
 A cura di avv. Cinzia Silvestri
 L’amministrazione espleta una gara di appalto per la costruzione di un termovalorizzatore e provvede anche alla aggiudicazione.
Dopo l’aggiudicazione però non vuole stipulare il contratto di appalto sostenendo la giuridica impossibilità di realizzare il medesimo termovalorizzatore e apponendo inoltre il vincolo archeologico sull’area interessata.
ED INVERO la P.A. dopo l’aggiudicazione ed in via istruttoria scopre sull’area un sito archeologico e dunque ritiene di non poter più dare avvio alla costruzione appaltata e revoca ogni provvedimento.
Il Consiglio di Stato a dire il vero rigetta tutte le doglianze dei ricorrenti rendendo legittima la decisione della amministrazione….. tuttavia riconosce la esistenza di un danno anche alla luce dei comportamenti tenuti da alcune amministrazioni .
Questa la novità.
 Il comportamento della P.A. si pone in violazione del canone di buona fede in senso oggettivo di cui all’art. 1337 c.c; la P.A. invero viola l’ obbligo di realizzazione degli adempimenti necessari a garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale.
La responsabilità della P.A. anche in sede precontrattuale si configura nella correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c. .
La valutazione del comportamento di buona fede in sede precontrattuale prevale sull’interesse stesso alla stipula del contratto tant’è che la stipulazione del contratto e dunque il raggiungimento dell’obiettivo non esclude la valutazione del comportamento ex art. 1337 c.c.. (cfr. Cass. civ., 8 ottobre 2008, n. 24795; Sez. Un. civ., 19 dicembre 2007, n. 26724).
La mancata stipula del contratto può dipendere da vari fattori.
Si ritiene che la P.A. possa rispondere ex art. 1337 c.c. anche se l’omessa stipulazione del contratto dipenda da fattori non imputabili alla amministrazione .
Si pensi al caso in cui intervenga il radicale mutamento della vicenda sottesa in causa (il factum principis, Cons. Stato n. 1763/2006, cit.).
Si pensi al caso in cui la P.A. ponga in essere comportamento in violazione con l’ obbligo di realizzazione degli adempimenti necessari a garantire la validità, l’efficacia o l’utilità del rapporto negoziale (nonché, prima ancora, la sua stessa finalizzazione – Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5245; cfr. anche Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6).
Anche la Corte di cassazione evoca il significato oggettivo della buona fede che deve avere a tutela la reciprocità dell’affidamento delle parti contrattuali e che impone dunque a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile (Cass. civ., 10 novembre 2010, n. 22819).
QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Di particolare interesse la decisione in ordine alla quantificazione del danno.
Il Collegio invero richiama i parametri dell’interesse negativo ex art. 1337 c.c. ma ritiene applicabile tale criterio solo qualora il danno sia direttamente imputabile alla amministrazione e non derivi dunque da fattori successivi esterni e meritevoli di accogliemento (scoperta sito archeologico).
Ciò che importa è che il Consiglio di Stato  ha valutato comunque il comportamento della amministrazione e ha offerto un parametro per la liquidazione del danno.
 In particolare attingendo direttamento dalla sentenza:
1) art. 34 c.p.a. comma 4
“6.2.5. Ai fini della quantificazione del danno, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell’art. 34, c.p.a., secondo cui in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine”.
 
2)interesse negativo non liquidabile
“A tal fine si ritiene di non poter seguire in modo integrale in tradizionale orientamento secondo cui, in caso di condanna per responsabilità di carattere precontrattuale, il quantum risarcitorio deve essere parametrato per intero all’interesse negativo rappresentato dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative.”
 
3) danno emergente/occasioni perdute
Secondo l’orientamento giurisprudenziale allo stato prevalente, infatti, il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale da parte della pubblica Amministrazione a seguito della mancata stipula dal contratto, deve intendersi limitato:
a) al rimborso dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente), nonché
b) al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; id., Sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680; id., Sez. V, sent. 14 aprile 2008, n. 1667).
4) nesso diretto
Tuttavia, ad avviso del Collegio, il criterio in questione può essere integralmente e proficuamente utilizzato soltanto nelle ipotesi paradigmatiche in cui fra il comportamento scorretto dell’amministrazione e la mancata stipula del contratto intercorra un nesso di conseguenzialità diretta.
 5) temperamento
Al contrario, al medesimo criterio devono essere apportati dei temperamenti per le ipotesi in cui (come nel caso di specie) sussista, sì, un comportamento contrario a buona fede in senso soggettivo tenuto dall’amministrazione nel corso della fase precontrattuale, ma la mancata stipula del contratto non costituisca un effetto di tale comportamento, bensì l’effetto di fattori ulteriori autonomamente idonei, sotto il profilo causale, a determinare l’impossibilità di stipulare il contratto.
 
6) spese sostenute
In siffatte ipotesi, l’ammontare delle spese sostenute per la partecipazione alla gara può bensì essere assunta quale parametro per la determinazione del quantum risarcitorio, ma non quale posta risarcitoria in senso proprio, bensì quale criterio di computo idoneo a riempire di contenuto concreto una determinazione in via equitativa del danno risarcibile ai sensi dell’art. 1226, cod. civ.
7) congruità
Nel caso di specie, quindi, si ritiene congruo commisurare il quantum del risarcimento da corrispondere nella misura del quaranta per cento delle spese effettivamente sostenute ai fini della partecipazione alla gara (ivi comprese le spese di progettazione).
Non si ravvisano, invece, ragioni sistematiche o fattuali tali da indurre ad accogliere la domanda risarcitoria per ciò che attiene il preteso importo pari al 10 per cento del corrispettivo di gara.
Inoltre, non si ritiene di poter riconoscere il ristoro delle spese inutilmente sostenute nel corso delle trattative in vista del contratto non concluso, atteso che la società appellante non ha fornito alcun elemento di prova relativo ad ulteriori, possibili occasioni di stipulazione di contratti (altrettanto o maggiormente vantaggiosi rispetto a quello non concluso) i quali sarebbero stati impediti proprio dalle trattative indebitamente interrotte, in tal modo determinando l’obbligo di ristoro sotto il profilo del lucro cessante
Per quanto riguarda l’imputabilità soggettiva della condotta foriera di danno e la distribuzione del conseguente onere risarcitorio, si ritiene che la complessiva valutazione in ordine al comportamento delle amministrazioni appellate (e in ordine alla gravità dei relativi comportamenti) induca a distribuire il complessivo onere risarcitorio nella misura del 60 per cento a carico del Comune di Capannori e del 40 per cento a carico della Regione Toscana.
8) criteri:
in primo luogo, occorrerà determinare l’ammontare delle spese effettivamente sostenute per la partecipazione alla gara in questione (ivi comprese le somme per la predisposizione della documentazione di gara e del progetto, ove sussistenti e provate);
– le somme in tal modo determinate dovranno essere ridotte fino al quaranta per cento del loro ammontare complessivo;
– sul quantum risarcitorio in tal modo determinato, da intendersi quale debito di valore, dovranno essere computati gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria sino al giorno della pubblicazione della sentenza. Dovranno, inoltre, essere computati gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione della decisione sino all’effettivo soddisfo.
 

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Rifiuti: procedure semplificate

RIFIUTI E PROCEDURE SEMPLIFICATE

Note a TAR Lombardia – Milano n. 2311/2011 Silenzio assenso e revoca della iscrizione ex art. 216 Dlgs. 152/2006

 a cura di avv. Cinzia Silvestri

 Il TAR Lombardia-Milano con sentenza n. 2311/2011 del 29.9.2011 affronta un caso abbastanza comune ma ancora foriero di discussione.

Bisogna sempre considerare che le sentenze traggono origine da casi specifici e che vanno lette nel contesto di riferimento evitando di “fare di tutta l’erba un fascio”.

Certo, si registra da parte della magistratura una sempre maggiore distanza dall’operare concreto delle imprese; distanza giustificata dalla tutela ambientale che lascia, tuttavia, l’impresa, che combatte con costi e responsabilità, spesso in balia di norme oscure, interpretazioni, discrezionalità amministrative, incertezze.

Questa sentenza sembra dire che l’impresa che opera in regime sempliifcato può sempre vedersi revocata la iscrizione per “qualsiasi violazione del DM 5.2.1998” e che l’amministrazone non è tenuta neppure a motivare il provvedimento di revoca in quanto è implicita la motivazione dalla stessa istruttoria compiuta.

Ed invero.

Una società impugnava il provvedimento con il quale la Provincia di Lecco ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività e quello dell’Albo nazionale delle Imprese che svolgono la gestione dei rifiuti che ha archiviato la domanda di iscrizione al registro presentata dalla società.

La società invero sosteneva, ai sensi dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006, di aver ottenuto l’autorizzazione semplificata all’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti per silenzio assenso, con la conseguenza che il provvedimento della Provincia di Lecco sarebbe tardivo. Inoltre la procedura semplificata permetterebbe di svolgere l’attività di recupero dei rifiuti in via accessoria e strumentale senza i requisiti richiesti in via ordinaria.

Lamentava la società anche in ordine alla motivazione del provvedimento della Provincia la quale non indicava in modo specifico, neppure per relationem, i requisiti mancanti.

  1. Il silenzio assenso della amministrazione (decorsi 90 giorni dalla comunicazione) non esaurisce il potere di controllo della amministrazione ed il potere di incidere sulla iscrizione ex art. 216 Dlgs. 152/2006

La Corte precisa:

L’articolo 33 del decreto legislativo 5 luglio 1997 n. 22, ed oggi l’art. 216 del T.U. Ambientale prevede una procedura semplificata, mediante denunzia d’inizio d’attività, di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Il comma 1 dispone che l’attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d’inizio di attività alla provincia territorialmente competente, il comma 3 prevede che entro quel termine la provincia verifichi d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l’esercizio dell’attività, e il comma 4 prevede che, accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la provincia disponga il divieto d’inizio o di prosecuzione dell’attività.

Benché la comunicazione di cui trattasi sortisca effetto già per il decorso del termine di 90 giorni, in assenza di specifici divieti o richieste di integrazioni documentali da parte della Provincia, sulla scorta dei meccanismi tipici del silenzio assenso, la comunicazione medesima, pur sortendo l’effetto operativo di legittimare l’attività con il decorso dei termini di legge, soggiace alle disposizioni richiamate dall’art. 31, ultimo comma, del D. Lgs. 22/97 (oggi art. 214 del T.U. Ambiente), ovvero le statuizioni sulla veridicità delle comunicazioni rese e dei relativi atti che la compongono, nonché il divieto di conformazione se si siano rese dichiarazioni false e l’espressa previsione di applicazione della sanzione prevista dall’articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

Inoltre poiché la disposizione del terzo comma dell’art. 216 prevede espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che tale potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto della norma tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

Ne consegue che nessuna consumazione del potere di controllo provinciale si è verificata per il fatto che il diniego di autorizzazione è stato emanato oltre un anno dopo la presentazione della domanda.”

  1. L’iscrizione semplificata deve rispettare le norme di cui all’art. 214 commi 1,2,3 e DM 5.2.1998.

Sul punto la Corte, pur avendo a riferimento la doglianza posta in causa, sembra ampliare la rilevanza del DM 5.2.1998. Il richiamo reciproco degli articoli 214 co. 1,2,3, e 216 co. 1,2,3 sembra invero precisare le “condizioni” senza le quali la iscrizione non può essere ottenuta; solo queste condizioni sono tali da giustificare un simile provvedimento foriero di grave danno per le aziende. Non tutto ciò che indicato nel DM 5.2.1998 (soprattutto nella parte deidicata ai principi art. 1 a 11) pare integrare questo requisito.

Tuttavia nel contesto la generalità dell’affermazione della Corte è giustificata dalla doglianza del ricorrente e la Corte precisa:

Il secondo motivo è infondato in quanto l’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 stabilisce al primo comma che l’autorizzazione semplificata opera “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all’articolo 214, commi 1, 2 e 3”.

Ne consegue che non si può ritenere che la previsione della comunicazione di inizio di attività costituisca una forma di liberalizzazione dell’attività.

In secondo luogo poiché condizione indispensabile per l’utilizzo della procedura semplificata è, nel caso in questione, il rispetto del D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, non è possibile ritenere che la mera accessorietà dell’attività di recupero dei rifiuti rispetto all’attività principale giustifichi il mancato rispetto della normativa ambientale.

Sebbene, infatti, tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.

Non è possibile quindi ritenere che l’attività di recupero non sia soggetta alla normativa ambientale ma a quella dell’attività principale.

  1. L’Amminstrazione non è tenuta a motivare nel provvedimento la condizione violata ex DM 5.2.1998.

L’affermazione desta perplessità. La Corte sembra giustificare, come motivata, la contestazione della amministrazione in quanto esiste documento (foto) dal quale desumere la motivazione del provvedimento.

Giustifica la Corte: “Il terzo motivo di ricorso, incentrato sul difetto di motivazione, è infondato in quanto la mancanza dei requisiti richiesti dal DM 05.02.1998 per la gestione dei rifiuti non pericolosi risulta dal confronto diretto tra le foto del verbale dell’ispezione effettuata dalla Provincia il 7 giugno 2007 e la normativa violata. In particolare risultano cumuli scoperti mentre l’allegato 5 al DM citato richiede che “lo stoccaggio in cumuli di rifiuti che possano dar luogo a formazioni di polveri deve avvenire in aree confinate; tali rifiuti devono essere protetti dalle acque meteoriche e dall’azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili”.

Ne consegue che nessun difetto di motivazione può imputarsi al provvedimento amministrativo in quanto la mancata indicazione della specifica disposizione vietata all’interno del DM citato costituisce una mera irregolarità in quanto non rende perplesso il contenuto del provvedimento”.

 

adminRifiuti: procedure semplificate
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Bonifiche Siti: Responsabilità degli Enti

Bonifica siti:  responsabilità degli enti
Dlgs. 231/2001 art. 25 undecies – art. 257 Dlgs. 152/2006
A cura di avv. Cinzia Silvestri
Lo Studio Legale Ambiente prosegue la pubblicazione di  schemi di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001[1] per i reati di cui al Dlgs. 152/2006 in vigore dal 16.8.2011; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 
         BONIFICA DEI SITI
L’art. 257 Dlgs. 152/2006 (Bonifica dei siti) si articola in 4 commi.
Il primo comma punisce l’inquinamento acque e suolo ( Chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee)  in presenza di due presupposti:
1)    il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)
2)    se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti.
In presenza di questi presupposti il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro.
Il Dlgs. 231/2001 art. 25-undecies richiama per intero l’art. 257 comma 1 e ciò fa presumere che la sanzione (in quote) ivi prevista sia estesa anche alla seconda parte del comma 1 che prevede diversa fattispecie relativa alla “…mancata effettuazione della comunicazione di cui all’articolo 242. In questo caso “il trasgressore è punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con llammenda da mille euro a ventiseimila euro”.
 
Il secondo comma dell’art. 257 aggrava la pena se l’inquinamento è provocato da sostenze pericolose e “ Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro”.
La pena dell’arresto e dell’ammenda non è alternativa ma si cumula; e ciò rappresenta il maggiore disvalore del comportamento.
 
Ciò che si nota è che non sono previste sanzioni interdittive.
In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Enteex Dlgs. 231/2001 Sanzioni interdittive
art. 257 comma 1 (prima parte)(inquinamento acque e suolo) pena dell’arresto da 6 mesi a 1 annoo
con l’ammenda da 2600 euro a
26000 euro
Fino a 250 quote Non prevista
Art. 257 comma 1 (seconda parte)Omessa Comunicazione ex art. 242 Arresto da3 mesi a 1 anno
o
ammenda  da
1000 euro a
26000 euro
Fino a 250 quote Non prevista
Art. 257comma  2
Inquinamento sostanze pericolose
 
pena dell’arresto da  1 anno a 2 annie
ammenda da
5200 euro a
52000 euro
 
Da 150 a 250 quote  Non prevista

 
 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 



[1] IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela   penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
adminBonifiche Siti: Responsabilità degli Enti
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Sistri: operatività al 9 febbraio 2012?

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi
 
Si era anticipato con precedente news che la Commissione ambiente del Senato (parere del 23 agosto) e dal Ministero dell’Ambiente (comunicato 1° settembre), si erano schierati contro l’abrogazione del Sistri contenuta nel Dl 138/2011, in vigore dal 13 agosto scorso.
 
Ebbene nella seduta di ieri, 14 settembre, la Camera dei Deputati ha confermato il ripristino del Sistri richiesto dal Senato, con slittamento dell’operatività al 9 febbraio 2012. Ora il provvedimento di conversione in legge del dl “Anticrisi” verrà pubblicato nei prossimi giorni in Gazzetta Ufficiale.
 
 
Si legge nel testo modificato dell’art. 6 del DL 138/2011 che abrogava il Sistri:

Utilizzo più semplice?
“…Al fine di garantire un adeguato periodo transitorio per consentire la progressiva entrata in operatività del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), nonché l’efficacia del funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso il concessionario SISTRI, assicura, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sino al 15 dicembre 2011, la verifica tecnica delle componenti software e hardware, anche ai fini dell’eventuale implementazione di tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste, organizzando, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di funzionamento con l’obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti…”

Operatività al 9 febbraio 2012: non per tutti?
Ed invero con formulazione letterale sempre troppo complessa e mai diretta… l’operatività è fissata:
1) produttori di rifiuti fino a 10 dipendenti –  per i soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 26 maggio 2011 -l’entrata in operatività del Sistri non può essere antecedente al 1º giugno 2012.
2)    imprese con numero di dipendenti superiore a 10 – per gli altri soggetti di cui all’articolo 1 del DM 26 maggio 2011 – il termine di entrata in operatività del SISTRI è il 9 febbraio 2012
 
Si legge: “….Conseguentemente, fermo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, lettera f-octies), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, per i soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 26 maggio 2011, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2011, per gli altri soggetti di cui all’articolo 1 del predetto decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 26 maggio 2011, il termine di entrata in operatività del SISTRI è il 9 febbraio 2012. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Rifiuti speciali non pericolosi. Estensione?
In sostanza gli operatori che gestiscono tali rifiuti a basso impatto potranno avere la facoltà e non l’obbligo di adottare il sistema Sistri.

“…Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate specifiche tipologie di rifiuti, alle quali, in considerazione della quantità e dell’assenza di specifiche caratteristiche di criticità ambientale, sono applicate, ai fini del SISTRI, le procedure previste per i rifiuti speciali non pericolosi.
 
Consorzi di recupero
“…3-bis. Gli operatori che producono esclusivamente rifiuti soggetti a ritiro obbligatorio da parte di sistemi di gestione regolati per legge possono delegare la realizzazione dei propri adempimenti relativi al SISTRI ai consorzi di recupero, secondo le modalità già previste per le associazioni di categoria….

adminSistri: operatività al 9 febbraio 2012?
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Reato ambientale: art. 256 comma 4

Dlgs. 231/2001 e reato ex art. 256 comma 4
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo Studio Legale Ambiente propone secondo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001 per i reati di cui al Dlgs. 152/2006; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
 
IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela  penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.

Particolare attenzione all’ art. 256 comma 4 Dlgs. 152/2006.
Il comma 6 dell’art. 25 undecies del Dlgs. 231/2001 prevede la riduzione a metà della pena per le ipotesi di reato di cui all’art. 256 comma 4 Dlgs. 152/2006 con riferimento alle sanzioni di cui al comma 2 lettera b)  dell’art. 25 undecies Dlgs. 231/2001.
Recita il comma 4 dell’art. 256: Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.
Il reato prevede due diverse condotte ovvero:
1)    inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni;
2)    carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizionicomunicazioni.
Il riferimento dunque è solamente alla violazione dell’art. 256 comma 1 lett. a) e b) ; comma 3 primo e secondo periodo.
 
In particolare le pene previste per il trasgressore (Dlgs. 152/2006) e per la Società (Dlgs. 231/2001) risultano:
 

reato

Art. 256 comma 4

Pena ex Dlgs. 152/2006

Sanzione Ente

ex Dlgs. 231/2001

Sanzioni interdittive

art. 256

comma 1 lett. a)

(gestione non autorizzata)

pena dell’arresto da 1 mese e mezzo a 6 mesi

o

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro

Fino a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 1 lett. b)

(getione non autorizzata/rifiuti pericolosi)

pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno

e

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro

Da 75 a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 3 primo periodo

(discarica non autorizzata)

pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno

e

con l’ammenda da 1300 euro a

13000 euro.

Da 75 a 125 quote

Non prevista

Art. 256

comma 3 secondo periodo

(discarica finalizzata smaltimento rifiuti pericolosi)

arresto da 6 mesi  a 1 anno e mezzo

e

dell’ammenda da euro 2600 a

euro 26000

Da 100 a 150 quote

Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 3 mesi

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 
Si ricorda che le sanzioni interdittive descritte dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 sono:
a) interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) sospensione  o revoca della autorizzazione, licenze, o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni e servizi.
 

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Rifiuti: Trasporto rifiuti senza FIR – non è reato?

Art. 258 comma 4 Dlgs. 152/2006 – Cass. penale 27.7.2011 n. 29973
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
 
Il caso prende origine dal viaggio senza FIR, di veicoli incidentati destinati alla demolizione. Rifiuti considerati pericolosi.
Il fatto si consumava sotto la vigenza dell’art. 258 comma 4 Dlgs. 152/2006 prima della riforma avvenuta  con Dlgs. 205/2010 che modificava l’art. 258 alla luce del SISTRI.
La Cassazione si pone il problema della applicazione del nuovo art. 258, come modificato, in quanto norma più favorevole al reo (favor rei ex art. 2 c.p.).
 
La Corte di Cassazione, dunque con sentenza n. 29773/2011 ritiene depenalizzato il reato di trasporto rifiuti in assenza di formulario o con FIR incompleto proprio in quanto ipotesi illecita non più statuita dal nuovo TUA e come tale più favorevole al reo.

A dire il vero la Sentenza è un po’ confusa in quanto disserta sul punto della applicabilità del nuovo articolo 258 senza però porre a fondamento della decisione tale dissertazione.
La sentenza inoltre non può tenere conto della intervenuta abrogazione del sistema Sistri operata dal DL. 138/2011.
 
La sentenza invero deciderà che il reato non sussiste in quanto i rifiuti trasportati non sono pericolosi e dunque non si pone il problema della applicabilità della pena di cui all’art. 483 c.p..(258) – (oggetto del contendere era l’accertato trasporto di veicoli destinati alla rottamazione, circostanza che il P.M. aveva classificato come trasporto di rifiuti in assenza di formulario. La Cassazione, invece, ha escluso che le automobili fossero rifiuti perché non erano veicoli fuori uso, essendo ancora dotati di targa e potendo essere ancora utilizzati).
 
Vero è che la Cassazione pone attenzione alla novella dell’art. 258.
 
La novella a ben leggere ha modificato la fattispecie legislativa nei suoi elementi costitutivi, cancellando il reato di trasporto di rifiuti in assenza di formulario e sostituendolo con l’illecito di trasporto in assenza di copia cartacea della scheda di movimentazione SISTRI (la cui sanzione è statuita all’art. 260 bis T.U.A., oggi abrogato dal DL 138/2011).
La Dottrina si è già espressa, sollevando la questione affinché il Parlamento prendesse provvedimenti e suggerendo nelle more una soluzione di buon senso:continuare cioè l’applicazione del vecchio Codice Ambientale fintanto che il SISTRI non fosse divenuto operativo.
 
La sentenza dunque ha il merito di porre riflessione sulla applicazione dell’art. 258 comma 4 anche alle fattispecie contestate precedentemente alla entrata in vigore della nuova formulazione dlel’art. 258 (25.12.2010).
 
 
 
 

ART. 258 COMMA 4 vigente fino al 24/12/2010 ART. 258 COMMA 4 
vigente al 25/12/2010
Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulano di cui all’articolo 193ovvero indica nel formulano stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. 
….
Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilita’ dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto

 

adminRifiuti: Trasporto rifiuti senza FIR – non è reato?
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Acque: art. 137 Dlgs. 152/2006 e Dlgs. 231/2001

Schema dell’art. 137
 
A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
Lo Studio Legale Ambiente propone primo schema di chiarimento delle novità introdotte dal Dlgs. 231/2001 e i reati di cui al Dlgs. 152/2006; e ciò con riserva di precisare in ordine alla natura della responsabilità degli Enti  come indicati all’art. 1 Dlgs. 231/2001 (enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica).
L’intento in questa prima fase è di fornire una analisi semplicemente descrittiva.
 
IL DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011, n. 121  (attuazione   della   direttiva   2008/99/CE   sulla   tutela  penale dell’ambiente, nonche’ della direttiva 2009/123/CE  che  modifica  la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163) è entrato in vigore il 16.8.2011.
 
Il Decreto ha inserito l’art. 25 undecies al Dlgs. 231/2001 dedicandosi ai “reati ambientali”.
Ciò significa che l’Ente (Società) risponderà in “via amministrativa” dei reati ambientali commessi dai soggetti di cui all’art. 5 del Dlgs. 231/2001 e nei modi e limiti ivi descritti.
Il Decreto impone molte novità anche applicative e una nuova gestione organizzativa.
 
L’art. 25 undecies prevede, con riferimento all’art. 137 Dlgs. 152/2006 (acque industriali), la responsabilità anche dell’Ente (società).
 
In particolare, l’art. 25 undecies comma 2 lettera a) n. 1 considera le seguenti fattispecie di reato:
1) art. 137 comma 3: “Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell’autorizzazione, o le altre prescrizioni dell’autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l’arresto fino a due anni.
2) Art. 137 comma 5, primo periodo: Chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’allegato 5 alla Parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle Regioni o dalle Province autonome o dall’Autorità competente a norma dell’articolo 107, comma 1, è punito con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
3)             Art. 137 comma 13: Si applica sempre la pena dell’arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall’Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente

In sintesi:
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
art. 137 comma 3
 
l’arresto fino a due anni 150 a 200 quote
137 co.5 primo periodo l’arresto fino a due anni
e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro.
 
150/200 quote
137 co. 13 dell’arresto da due mesi a due anni 150/200 quote

 
Si ricorda che la sanzione amministrativa prevista dall’art. 10 del Dlgs. 231/2001 indica un particolare sistema di calcolo della sanzione: “…2.  La  sanzione  pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento ne’ superiore a mille.   3.L’importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.”
Ovvero da un minimo di 250 Euro a 1500 Euro.
 
Il secondo blocco di reati è previsto dall’art. 25 undecies Dlgs. 231/2001 comma 2 lettera a) n. 2 e si distingue per un maggiore rigore sanzionatorio laddove prevede:
1)    quote maggiori a carico delle Società (da 200 a 300 quote);
2)    l’applicazione di sanzioni interdittive descritte dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 quali
a) interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) sospensione  o revoca della autorizzazione, licenze, o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni e servizi.
 
In particolare:
 
1) art. 137 comma 2: Quando le condotte descritte al comma 1 (ovvero 1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l’autorizzazione sia stata sospesa o revocata…), riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell’arresto da tre mesi a tre anni.
2)    Art. 137 comma 5 secondo periodo: Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo allegato 5, si applica l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
3)    Art. 137 comma 11:  Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 (Scarichi sul suolo) e 104 (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee) è punito con l’arresto sino a tre anni.
 
In sintesi
 

reato Pena ex Dlgs. 152/2006 Sanzione Ente
ex Dlgs. 231/2001
Art. 25 undecies comma 7
art. 137 co. 2
 
dell’arresto da tre mesi a tre anni.
 
200 a 300 quote  
 
 
Si applicano le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 comma 2 Dlgs. 231/2001 per una durata non superiore a 6 mesi.
137 co. 5 secondo periodo l’arresto da sei mesi a tre anni
e l’ammenda da seimila euro a centoventimila euro
200 a 300 quote
137 co. 11 l’arresto sino a tre anni. 200 a 300  quote
adminAcque: art. 137 Dlgs. 152/2006 e Dlgs. 231/2001
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Rifiuti: DISCARICHE RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI

Corte costituzionale n. 244//2011
Art. 33 comma 2 L.R. Veneto 3/2000: incostituzionalità

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati

La Corte Costituzionale “bacchetta” la Regione Veneto e soprattutto precisa ciò che spesso viene dimenticato:
1)           la competenza legislativa in materia ambientale spetta allo stato e non alla Regione
2)           ribadisce l’uso improprio delle Regioni e delle amministrazioni di far valere normativa regionale ormai abrogataanche implicitamente dalle leggi dello Stato per espressa incompatibilità
 
L’art. 33 comma 2 L.R. 21.1.2000, n. 3 deve essere così letto a seguito della sentenza n. 244 del 25.7.2011 della Corte Costituzionale: “Nelle discariche di cui al comma 1 è riservata una quota (non superiore al venticinque per cento della capacità ricettiva) per lo smaltimento di rifiuti speciali conferiti da soggetti diversi da quelli indicati al medesimo comma”.
 
La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33 comma 2 L.R.3/200 limitatamente alla parte racchiusa tra parentesi perché in contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 Cost.
 
Il principio espresso dalla Corte è applicabile anche se nelle more del giudizio è entrato in vigore il correttivo al T.U.A (D.Lgs. 205/2010), in quanto l’attuale art. 182 bis riprende il vecchio art. 182 e dunque la necessità che i rifiuti speciali non pericolosi debbano essere smaltiti in apposite discariche, da individuarsi in base alla tipologia del rifiuto, al contesto geografico e con la finalità di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi.
 
Questi i fatti da cui ha avuto origine la pronuncia della Consulta.
 
La Regione del Veneto autorizzava la realizzazione di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi di provenienza regionale ed extraregionale, limitando però lo smaltimento di questi ultimi ad una soglia non superiore al 25% della capacità recettiva dell’impianto, diversamente da quanto richiesto, e ciò proprio ai sensi dell’art. 33 comma 3 L.R.Veneto 3/2000.
 
Il TAR Veneto, con ordinanza 3.6.2010, n. 368, sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 comma 2 L. 3/2000 in riferimento agli artt. 3, 41 e 117 Cost e del combinato disposto dei commi 2 e 3 della medesima disposizione in riferimento all’art. 120 Cost.
 
La Corte Costituzionale ritiene inammissibile la seconda questione sollevata, perché viziata da evidente aberrazione interpretativa”, stante l’abrogazione tacita della legislazione in contrasto con il T.U. Ambientale ai sensi dell’art. 1 comma 2 L.5.6.2003, n. 131.
L’art. 33 comma 3 è stato abrogato tacitamente per contrasto con il D. Lgs. 152/06.
È dunque “contraddittoria l’argomentazione del rimettente che ritenendo tacitamente abrogate le disposizioni legislative regionali in contrasto con l’intervenuta legislazione statale nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato,seziona la portata della disposizione regionale, facendone sopravvivere una parte priva di contenuto precettivo”.
 
La questione costituzionale in merito al comma 2 è stata invece ritenuta fondata.
 
La Corte ribadisce innanzitutto che la disciplina dei rifiuti si colloca nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117 comma 2 lettera s) Cost.

La Regione può dunque legiferare in materia di rifiuti, ma solo con norme di dettaglio all’interno di quanto già stabilito dallo stato.
L’art. 33 comma 2 L.R.3/2000, invece disciplina un autonomo principio, estraneo alla legislazione statale e dunque è incostituzionale per violazione del riparto delle competenze legislative.
 
L’imposizione di limiti considerevoli alla fruibilità delle discariche comporta inoltre una maggiore movimentazione dei rifiuti nel territorio, con aumento inutile di costi.
 
Innegabile, inoltre, che i rifiuti costituiscano altresì prodotto da quale trarre profitto e dunque limitare l’impiego delle discariche importa altresì la violazione dell’art. 41 Cost, perché si incide negativamente sulla libera iniziativa economica.

adminRifiuti: DISCARICHE RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI
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Sicurezza: Modello di organizzazione e gestione ex art. 30 DLgs. n. 81/08

Indicazioni per l’adozione del sistema disciplinare per le aziende che hanno adottato un modello organizzativo e di gestione – A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


Con nota 11 luglio 2011 Prot. 15/VI/0015816, il Ministero del Lavoro ha informato dell’avvenuta approvazione, da parte della Commissione consultiva, di un modello di organizzazione e gestione ex art. 30 DLgs. n. 81/08 e delle indicazioni per l’adozione del sistema disciplinare (comma 3 dell’art. 30 del D. Lgs. 81/2008) per le aziende che hanno adottato un modello organizzativo e di gestione definito conformemente alle Linee Guida UNI-INAIL (edizione 2001) o alle BS OHSAS 18001:2007.
 
Il documento, congiuntamente alla tabella di correlazione, che si allega, ha l’obiettivo di fornire indicazioni alle Aziende che si sono dotate o che,  in attesa della definizione di procedure semplificate per l’adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese, intendono dotarsi di un modello di organizzazione e di gestione della sicurezza conforme alle Linee Guida UNI INAIL (edizione 2001) o alle BS OHSAS 18001:2007, affinché possano:
a) accertare, in un processo di autovalutazione, la conformità del proprio Modello ai requisiti di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni, di seguito D.Lgs. n. 81/2008, per le parti corrispondenti;
b)   apportare eventuali integrazioni organizzative e/o gestionali e/o documentali, necessarie allo scopo di rendere il proprio modello di organizzazione e di gestione conforme ai requisiti di cui all’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008, con particolare riferimento al sistema di controllo (comma 4 dell’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008)  ed al sistema disciplinare (comma 3 dell’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008).
 
Dalla Tabella di Correlazione allegata emerge che l’unica parte non corrispondente tra le Linee Guida UNI – INAIL, le BS OHSAS 18001:2007 e quanto richiesto all’art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008, è l’adozione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
 
Per “non corrispondente” si intende che il sistema disciplinare non è indicato come requisito del Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro descritto dalle Linee Guida UNI INAIL e dalle BS OHSAS 18001:2007, mentre è espressamente richiesto come requisito essenziale dall’articolo 30 del D. Lgs. 81/2008.
 
A supporto delle attività di cui ai succitati punti a) e b), si riportano nei paragrafi che seguono:
1)    alcuni chiarimenti in merito alla conformità del sistema di controllo di cui al comma 4 dell’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008 rispetto ai contenuti delle Linee Guida UNI-INAIL e delle BS OHSAS 18001:2007;
2)    indicazioni per l’adozione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello di Organizzazione e Gestione attuato  dall’azienda in applicazione dell’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008.
 

Chiarimenti sul sistema di controllo nel Modello di organizzazione e gestione ex artICOLO 30 del D.Lgs. n. 81/2008

L’articolo 30, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone che: “…Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico”.
 
Qualora un’azienda si sia dotata di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro conforme ai requisiti delle Linee Guida UNI-INAIL o delle BS OHSAS 18001:2007, essa attua il proprio sistema di controllo secondo quanto richiesto al comma 4 dell’articolo 30 del D.Lgs. n. 81/2008, attraverso la combinazione di due processi che sono strategici per l’effettività e la conformità del sistema di gestione stesso: Monitoraggio/Audit Interno e Riesame Della Direzione.
Si evidenzia però come tali processi rappresentino un sistema di controllo idoneo ai fini di quanto previsto al comma 4 dell’articolo 30 del D. Lgs. n. 81/2008 solo qualora prevedano il ruolo attivo e documentato, oltre che di tutti i soggetti della struttura organizzativa aziendale per la sicurezza, anche dell’Alta Direzione (intesa come posizione organizzativa eventualmente sopra stante il datore di lavoro) nella valutazione degli obiettivi raggiunti e dei risultati ottenuti, oltre che delle eventuali criticità riscontrate in termini di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Con il termine “documentato” si intende che la partecipazione dell’Alta Direzione sia comprovata da atti e documenti aziendali. Si evidenzia infine come, l’audit interno deve verificare anche l’effettiva applicazione del sistema disciplinare.
 

Indicazioni per l’adozione del Sistema Disciplinare nel Modello di organizzazione e gestione ex art. 30 del D. Lgs. 81/08

L’articolo 30, comma 3, del D.Lgs. n. 81/08 annovera, tra gli elementi di cui si compone il Modello di Organizzazione e gestione, l’adozione di un “sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal modello”.
E’ quindi necessario che l’Azienda sia dotata di procedure per individuare e sanzionare i comportamenti che possano favorire la commissione dei reati di cui all’articolo 300 del D. Lgs. n. 81/2008 (articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modifiche e integrazioni, di seguito D. Lgs. n. 231/2001) e il mancato rispetto delle misure previste dal modello. Il tipo e l’entità dei provvedimenti disciplinari saranno coerenti con i riferimenti legislativi e contrattuali applicabili e dovranno essere documentati.
 
Il sistema disciplinare dovrà essere definito e formalizzato dall’Alta Direzione aziendale e quindi diffuso a tutti i soggetti interessati quali ad esempio:
–       Datore di lavoro (articolo 2, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 81/2008);
–       Dirigenti (articolo 2, comma 1, lett. d, D.Lgs. n. 81/2008) o altri soggetti in posizione apicale;
–       Preposti (articolo 2, comma 1, lett. e, D.Lgs.  n. 81/2008);
–       Lavoratori (articolo 2, comma 1, lett. b, D. Lgs. n. 81/2008);
–       Organismo di Vigilanza (ove istituito un modello ex D.Lgs. n. 231/2001);
–       Auditor/Gruppo di audit.
 
L’azienda dovrà, inoltre, definire idonee modalità per selezionare, tenere sotto controllo e, ove opportuno, sanzionare collaboratori esterni, appaltatori, fornitori e altri soggetti aventi rapporti contrattuali con l’azienda stessa. Perché tali modalità siano applicabili l’azienda deve prevedere che nei singoli contratti siano inserite specifiche clausole applicative con riferimento ai requisiti e comportamenti richiesti ed alle sanzioni previste per il loro mancato rispetto fino alla risoluzione del contratto stesso.
 
 
Allegato:

TABELLA DI CORRELAZIONE ARTICOLO 30 D. LGS. n. 81/2008 – LINEE GUIDA UNI INAIL – BS OHSAS 18001:2007

PER IDENTIFICAZIONE DELLE “PARTI CORRISPONDENTI” DI CUI AL COMMA 5 DELL’ARTICOLO 30
 
 
Nella tabella che segue sono riportate esclusivamente le correlazioni tra i requisiti di cui all’art. 30 del D.Lgs. 81/2008 con quelli delle Linee Guida UNI INAIL (Linee Guida per un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro – SGSL) e delle BS OHSAS 18001:2007.
 
 

Rif. Art. 30 D. Lgs. n. 81/2008
Rif. Linee Guida UNI INAIL (2001)
Rif. BS OHSAS 18001:2007
c.1 lett. a: rispetto degli standard tecnico strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici.
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.     La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
D.     Pianificazione
E.1    Il sistema di gestione
E.6    Documentazione
E.7    Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
4.1     Requisiti generali
4.2      Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.3.1  Identificazione dei pericoli, valutazione dei rischi e determinazione dei controlli
4.3.2  Prescrizioni legali e di altro tipo
4.3.3  Obiettivi e programmi
4.4.4  Documentazione
4.4.6  Controllo operativo
4.5.2  Valutazione della conformità
c. 1 lett. b: attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti.
A.     Finalità
B.     Sequenza ciclica di un SGSL
C.     La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
D.     Pianificazione
E.1   Il sistema di gestione
E.7    Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
4.1      Requisiti generali
4.2      Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.3.1  Identificazione dei pericoli, valutazione dei rischi e determinazione dei controlli
4.3.2  Prescrizioni legali e di altro tipo
4.3.3  Obiettivi e programmi
4.4.6  Controllo operativo
c. 1 lett. c: alle attività di natura organizzativa, quali:
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.     La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
D.    Pianificazione
E.2   Definizione dei compiti e delle responsabilità
4.1   Requisiti generali
4.2   Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.3   Pianificazione
emergenze
Primo soccorso
E.7   Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
4.4.7 Preparazione e risposta alle emergenze
Gestione appalti
E.5  Comunicazione, flusso informativo e cooperazione
E.7   Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
4.4.3.1 Comunicazione
4.4.6    Controllo operativo
Riunioni periodiche di sicurezza
E.3   Coinvolgimento del personale
4.4.3 Comunicazione, partecipazione e consultazione
Consultazione dei RLS
B.      Sequenza ciclica di un SGSL
C.      La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.3  Coinvolgimento del personale
4.2      Politica della sicurezza e salute sul lavoro
4.4.1 Risorse, ruoli, responsabilità, e autorità
4.4.3 Comunicazione, partecipazione e consultazione
c. 1 lett. d: alle attività di sorveglianza sanitaria
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1   Il sistema di gestione
E.7    Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
4.1 Requisiti generali
4.2 Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.4.6 Controllo operativo
c. 1 lett. e: alle attività di informazione e formazione
A.    Finalità
B.     Sequenza ciclica di un SGSL
C.     La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1   Il sistema di gestione
E.4   Formazione, addestramento, consapevolezza
E.5   Comunicazione, flusso informativo e cooperazione
4.1     Requisiti generali
4.2     Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.4.2  Competenza, addestramento, consapevolezza
c. 1 lett. f: alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1   Il sistema di gestione
E.7    Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
F.1    Monitoraggio interno della sicurezza (1° livello)
F.2   Caratteristiche e responsabilità dei verificatori
F.3   Piano del Monitoraggio
4.1   Requisiti generali
4.2   Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.4.6 Controllo operativo
4.5.1 Controllo e misura delle prestazioni
4.5.2 Valutazione della conformità
4.5.3 Indagine su incidenti, non conformità, azioni correttive e azioni preventive
4.5.4 Controllo delle registrazioni
4.5.5 Audit interno
c. 1 lett.g: all’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie per legge
A.   Finalità
B.   Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
D.   Pianificazione
E.1  Il sistema di gestione
E.6  Documentazione
4.1    Requisiti generali
4.2    Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.3.2 Prescrizioni legali e di altro tipo
4.4.4 Documentazione
4.4.5 Controllo dei documenti
4.5.2 Valutazione della conformità
c. 1 lett. h: alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate
A.    Finalità
B.   Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1  Il sistema di gestione
F.1   Monitoraggio interno della sicurezza (2° livello)
F.2  Caratteristiche e responsabilità dei verificatori
F.3  Piano del Monitoraggio
4.1    Requisiti generali
4.2    Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.5.1 Controllo e misura delle prestazioni
4.5.4 Controllo delle registrazioni
4.5.5 Audit interno
c. 2: il modello organizzativo e gestionaLE DI CUI AL C. 1 DEVE PRECEDERE IDONEI SISTEMI DI REGISTRAZIONE DELL’AVVENUTA EFFETTUAZIONE DELLE ATTIVITà DI CUI AL COMMA 1
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1  Il sistema di gestione
E.6  Documentazione
4.1    Requisiti generali
4.2    Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.4.4 Documentazione
4.4.5 Controllo dei documenti
4.5.4 Controllo delle registrazioni
C. 3: IL MODELLO ORGANIZZATIVO DEVE IN OGNI CASO PREVEDERE, PER QUANTO RICHIESTO DALLA NATURA E DIMENSIONI DELL’ORGANIZZAZIONE E DEL TIPO DI ATTIVITÀ SVOLTA, UN’ARTICOLAZIONE DI FUNZIONI CHE ASSICURI LE COMPETENZE TECNICHE E I POTERI NECESSARI PER :
A.    Finalità
B.    Sequenza ciclica di un SGSL
C.    La politica per la sicurezza e salute sul lavoro
E.1  Il sistema di gestione
E.2  Definizione dei compiti e delle responsabilità
E.4  Formazione, addestramento, consapevolezza
4.1   Requisiti generali
4.2   Politica della salute e sicurezza sul lavoro
4.4.1 Risorse, ruoli, responsabilità e autorità
4.4.2 Competenza, addestramento e consapevolezza
la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio;
D.    Pianificazione
E.7   Integrazione della salute e sicurezza sul lavoro nei processi aziendali e gestione operativa
F.1   Monitoraggio interno della sicurezza
F.2   Caratteristiche e responsabilità dei verificatori
F.3   Piano del Monitoraggio
4.3    Pianificazione
4.3.1 Identificazione dei pericoli, valutazione dei rischi e determinazione dei controlli
4.3.3 Obiettivi e programmi
4.4.6 Controllo operativo
4.5.1 Controllo e misura delle prestazioni
4.5.2 Valutazione della conformità
4.5.3 Indagine su incidenti, non conformità, azioni correttive e azioni preventive
un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

 

adminSicurezza: Modello di organizzazione e gestione ex art. 30 DLgs. n. 81/08
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Sicurezza: lesioni personali colpose ex art. 590 co. 1,2 c.p.

Note a Cassazione penale n. 19555/2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri

Prevale la responsabilità del datore di lavoro anche se l’infortunio sia causato per colpa del lavoratore. 
Nel caso in esame un operaio, esperto, per evitare che uno dei pezzi allineato alla macchina rettificatrice cadesse, appoggiava la mano sinistra sulla lama della macchina rettificatrice, procurandosi delle lesioni.Il responsabile della gestione aziendale, nonché componente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa, veniva condannato sia in primo che in secondo grado per il reato di lesioni personali colpose (art. 590, commi 1, 2 e 3, c.p.): il dirigente non aveva né adeguato la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche predisponendo idonee misure di protezione nè richiesto ai propri dipendenti l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza.
In particolare precisa la sentenza: “….il cui funzionamento non aveva provveduto ad arrestare allorché aveva allungato la stessa mano nel tentativo di fermare la caduta a terra di uno dei pezzi che aveva allineato sulla macchina. L’infortunio si era verificato in (omissis), per la colpa generica in cui versava l’imputato nonché per la colpa specifica, avendo questi omesso di adeguare la macchina alle prescrizioni antinfortunistiche sopravvenute nei tempo, con idonee protezioni e con i presidi tecnici (essendo la stessa dotata unicamente di una cuffia) a tutela della sicurezza e della incolumità dei lavoratori dipendenti ed avendo altresì omesso di richiedere agli stessi l’osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza; ciò quindi in violazione dell’art. 2087 cod. civ. e dell’art. 35, commi 1 e 72 D.l.vo n. 626 dei 1994….”
L’omesso controllo del datore di lavoro e la macchina obsoleta determinano la sua responsbailità: “…Il fatto che alla produzione dell’evento avesse concorso la parte offesa, con condotta imprudente, per aver fatto verosimilmente eccessivo affidamento sulla pregressa esperienza e sulla reiterazione delle stesse operazioni, ovviamente non solo non vale ad escludere la responsabilità dell’imputato, in veste di datore di lavoro, ma tantomeno potrebbe condurre ad “escludere” la sussistenza dell’aggravante – contestata – del fatto commesso con violazione della disciplina antinfortunistica ed in particolare dell’art. 35, comma 1 D.l.vo n. 626 del 1994, come legittimamente ritenuto dalla Corte distrettuale. Era invero rimasto accertato, come rimarcato dalla sentenza impugnata, che l’infortunio si era verificato perché la macchina rettificatrice – già obsoleta all’epoca dei fatto – non era stata adeguata, per omissione del P., agli specifici congegni di sicurezza, individuati dai progredire della tecnica (ovvero gli “scudi di sicurezza” come precisato dal tecnico dell’A.S.L.) tali da bloccarne il funzionamento in difetto di espresso consenso all’apertura, elettricamente azionabile dall’operatore.



 

adminSicurezza: lesioni personali colpose ex art. 590 co. 1,2 c.p.
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RIFIUTI: SOTTOPRODOTTI -VINACCE ESAUSTE

Tribunale penale di Asti Ordinanza  13 gennaio 2011

A cura di avvocato Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
 
La vicenda trattata dal Tribunale presenta interesse laddove affronta la questione relativa a ciò che è rifiuto e a ciò che non lo è; affronta la questione relativa dunque al “sottoprodotto”.
 
La L. n. 205/2008 art. 2bis[1], che si riporta, aveva escluso le vinacce esauste dal novero dei rifiuti laddove esistenti alcune caratteristiche e si badi finalizzata, tale esclusione, al recupero energetico.
La legge 205/2008 invero richiama l’allegato della parte V  relativa alle “caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo”.
 
 
Ebbene il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Asti ha sollevato questione di legittimità costituzionale con ordinanza 13.1.2011 in relazione alle vinacce esauste la cui disciplina, dettata dall’art. 2 bis della L. 30.12.2008 n. 205, contrasterebbe con la Direttiva sui rifiuti 2006/12/CE.
 
Certo il Giudice richiama normativa nazionale (L. 205/2008) e comunitaria (Direttiva 2006/12) che ad oggi deve essere letta alla luce della L. 205/2010 di riforma della parte IV del codice ambientale e dunque degli articoli come riformati di cui art. 183 ss e in particolare dell’art. 184 bis nonché della Direttiva 2008/98/CE.
 
Ciò nonostante il ragionamento del Giudice presenta una sua attualità laddove richiama un principio importante: la natura di sottoprodotto deve essere sempre verificata.
 
L’incidente di costituzionalità trae origine dalla richiesta del Pubblico Ministero che, nella formulazione del capo di imputazione del titolare di una distilleria, aveva richiesto anche la condanna ai sensi dell’art. 256 comma 1 lett. a) in relazione all’art. 214 D. Lgs. 152/2006 dato il recupero energetico dei rifiuti prodotti dalla attività di distillazione costituiti da vinacce esauste in assenza di iscrizione nel registro provinciale delle imprese di recupero rifiuti non pericolosi.
Ebbene, il Tribunale prendeva atto che  le vinacce costituivano, infatti, sottoprodotti ai sensi dell’art. 2 bis L. 205/2008, non rientrando più tra i rifiuti derivati dall’industria agroalimentare ai sensi del DM 5.2.1998 ( cfr. all.1 sub1 punto 11.7 e all. 2 suball.1).
In quanto non rifiuti, l’uso improprio delle vinacce non costituisce reato ai sensi dell’art. 256 D. Lgs. 152/2006.
 
Il PM tuttavia rilevava che la L. 205/2008 stabilisce una presunzione assoluta, non permettendo di verificare nel concreto l’impiego effettivo delle vinacce e ciò sarebbe contrario alla ratio della Direttiva 2006/12/CE, che fa leva, invece, anche su elementi estrinseci e sui comportamenti dei soggetti produttori ed utilizzatori, non limitandosi alla sola natura del materiale (es: sfruttamento economico, rendita, operazioni di recupero).
così operando la normativa del 2008 ha creato un’ingiustificata riduzione della sfera di operatività della direttiva sui rifiuti che l’Italia è invece obbligata a trasporre mediante apposite norme interne” (ordinanza GIP)
 
Il Giudice nazionale non può disapplicare la disposizione italiana contrastante, preferendo la direttiva comunitaria, e dunque, qualora la ritenga in conflitto con la disciplina europea, unico rimedio, è investire la Corte Costituzionale della questione (sentenza Corte Costituzionale 25.1.2010, n. 28).
Sulla scorta delle argomentazioni del PM il GIP del Tribunale di Asti ha ritenuto non manifestamente infondata e rilevante la questione e ha adito la Consulta perché l’art.2bis L. 205/2008  viola l’art. 11 e 117 comma 1 Cost.
La Corte costituzionale dunque è chiamata a statuire sulla legittimità della L. 205/2008 laddove precisa la natura di sottoprodotto delle vinacce esauste.
Si rimane in attesa della pronuncia del Giudice delle leggi.


[1] “Art. 2bis.
Disposizioni in materia di biomasse combustibili relative alla vinaccia esausta ed al biogas nei processi di distillazione
 
1. Le vinacce vergini nonche’ le vinacce esauste ed i loro componenti, bucce, vinaccioli e raspi, derivanti dai processi di vinificazione e di distillazione, che subiscono esclusivamente trattamenti di tipo meccanico fisico, compreso il lavaggio con acqua o l’essiccazione, destinati alla combustione nel medesimo ciclo produttivo sono da considerare sottoprodotti soggetti alla disciplina di cui alla sezione 4 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

2. E’ sottoprodotto della distillazione anche il biogas derivante da processi anaerobici di depurazione delle borlande della distillazione destinato alla combustione nel medesimo ciclo produttivo, ai sensi della sezione 6 della parte II dell’allegato X alla parte quinta del citato decreto legislativo n. 152 del 2006».

 

adminRIFIUTI: SOTTOPRODOTTI -VINACCE ESAUSTE
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Mestiere rumoroso: art. 659 comma 1 c.p.?

a cura di avv. Cinzia Silvestri
* cfr. articolo pubblicato sul sito www.filodiritto.it per un approfondimento



Non è semplice valutare quando il mestiere rumoroso integra la fattispecie di reato ex art. 659 co. 21 c.p. oppure la differente ipotesi dell’illecito amministrativo ex art. 102 L. 447/95.
Ancora si discute se l’impresa rumorosa possa rispondere ex art. 659 comma 13 c.p..
La Corte, a mezzo di alcune pronunce (Cass. Penale 23866/2009; 2875/2006) ribadisce la depenalizzazione operata dalla L. 447/95 laddove l’impresa violi i limiti di immissione ed emissione di rumore ivi stabiliti; afferma l’applicazione dell’art. 659 comma 2 c.p. solo ove si discuta di violazione di ulteriori e diverse prescrizionidell’autorità; esclude in ogni caso l’estensione e l’applicabilità del comma 1 dell’art. 659 c.p. alle imprese “rumorose”
 
In particolare la CASSAZIONE penale n, 2875 del 21 dicembre 2006 anticipa le riflessioni della Cassazione n. 23866/2009 e risponde alla domanda:
l’azienda “rumorosa” può rispondere ex art. 659 comma 1?
Il caso aveva ad oggetto una falegnameria che non aveva installato barriere fonoassorbenti a ridosso delle pareti e del soffitto.
La Corte precisa che laddove si tratti di azienda che svolge attività rumorosa per la sua produzione deve applicarsi in via esclusiva ed assorbente il comma 2 dell’art. 659 c.p. in quanto: “ …dalla comparazione tra il primo ed il secondo comma dell’articolo in esame si desume …chiaramente che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso costituisce l’oggetto della disposizione di cui al secondo comma, attenuata rispetto a quella di cui al primo comma per il ritenuto necessariocontemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione…”.
Il legislatore dunque ha tenuto già in conto le esigenze della produzione e le esigenze della quiete pubblica ed esprime il bilanciamento degli interesse in gioco a mezzo del comma 2 dell’art. 659 c.p..
Prosegue la Corte indicando che le esigenze di contemperamento sono proprio all’origine della disciplina dettata in materia di contenimento di rumori fastidiosi.
Il secondo comma dell’art. 659 comma 2 c.p. trova applicazione dunque ogni qualvolta si tratti di impresa rumorosa senza poter estendere il comma 1 alla attività rumorosa.
La conclusione (ribadita anche nella sentenza del 2009) è importante: l’art. 659 comma 2 c.p. deve essere applicato ogni qualvolta si discuta sul rumore provocato da azienda “rumorosa”.
 
La falegnameria priva dei pannelli fonoassorbenti ovvero in violazione di prescrizione diverse da quelle relative ali limiti di emissione (altrimenti depenalizzata) potrà dunque rispondere solo ex art. 659 comma 2 c.p..
 

1Art. 659 comma 2 c.p.: Si applica l’ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.
2art. 10 comma 2 L. 447/95: Chiunque, nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) e f) , fissati in conformità al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera a) , è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000 (1).
3Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
[I]. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro [657660703].

 

adminMestiere rumoroso: art. 659 comma 1 c.p.?
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Rumore: LRV n. 7 del 18.3.2011

Legge Finanziaria 2011
a cura di avv. Cinzia Silvestri


 
E’ stata pubblicata la legge finanziaria della Regione del 2011 che modifica la LRV n. 21/99 all’art. 7 e art. 8.
Il Comune può autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione con riferimento alle attività indicate nel comma 1 e dunque non più genericamente ad ogni attività.
L’intervento appare più restrittivo.
Ed inoltre per l’esercizio di tali attività in deroga è necessaria la previsione di impatto acustico.
L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli non sono più vietati? E’ pensabile che tali attività rientrino nel comma 1 dell’art. 7.
 

Art. 7 – Emissioni sonore da attività temporanee.

Art. 7 – Modifiche alla legge regionale 10 maggio 1999, n. 21“Norme in materia di inquinamento acustico” e disposizioni per il rilancio delle attività economiche connesse al Distretto veneto della giostra.
Il Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,
 
 
 
 
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.
 
 
 
 
ll Comune può, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera h) della legge n. 447/1995, autorizzare deroghe temporanee ai limiti di emissione,“per lo svolgimento di attività temporanee o di manifestazioni in luogo pubblico o aperte al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo, ovvero mobile”.
qualora lo richiedano particolari esigenze locali o ragioni di pubblica utilità. Il provvedimento autorizzatorio del comune deve comunque prescrivere le misure necessarie a ridurre al minimo le molestie a terzi e i limiti temporali di validità della deroga.

     
  1 bis. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il titolare, gestore od organizzatore presenta, prima dell’inizio dell’attività o della manifestazione, apposita domanda scritta e motivata al comune, corredata, ove espressamente previsto, da una relazione di previsione di impatto acustico.”.
2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 2. Nei cantieri edili i lavori con macchinari rumorosi sono consentiti dalle ore 8.00 alle ore 19.00, con interruzione pomeridiana individuata dai regolamenti comunali, tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
3. L’accensione di fuochi d’artificio ed il lancio di razzi non utilizzati per fini tecnici o agricoli sono vietati su tutto il territorio regionale. abrogato.
4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti. 4. L’impiego di macchine da giardinaggio con motore a scoppio è consentito dalle ore 8.00 alle ore 20.00 con interruzione dalle ore 13.00 alle ore 15.00. Variazioni di tali orari potranno essere disposte dai regolamenti comunali tenuto conto delle consuetudini locali e delle tipologie e caratteristiche degli insediamenti.
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
5. Le attività sportive o ricreative rumorose, fra le quali motocross, go-kart e tiro a volo, sono ammesse esclusivamente in fasce orarie autorizzate dal comune, tenuto conto della tipologia e delle caratteristiche degli insediamenti civili interessati dallo svolgimento di tali attività.
 
6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00. 6. Le emissioni sonore provenienti da circhi, teatri tenda ed altre strutture mobili di intrattenimento o prodotte da festival o manifestazioni analoghe sono ammesse solo se preventivamente autorizzate dal comune e comunque non possono protrarsi oltre le ore 24.00.
7. Deroga agli orari e ai divieti di cui al presente articolo può essere prevista nei regolamenti comunali. 7. Il comune può disciplinare le modalità e i criteri di rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1 mediante regolamento comunale.”.
8. Ulteriori deroghe agli orari e ai divieti di cui al presente articolo possono essere autorizzate dal comune su richiesta scritta e motivata del soggetto interessato.
 
abrogato.

 

adminRumore: LRV n. 7 del 18.3.2011
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FANGHI: rifiuti e reato di deposito incontrollato

A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


 
La Corte di Cassazione ,con sentenza resa all’udienza del 12.1.2011, n. 28, ha precisato la portata dell’art. 127 D. Lgs. 152/2006[1] e la disciplina applicabile ai fanghi .
Si precisa che l’art. 127 (modificato dal Dlgs. 4/08) non è stato novellato dal correttivo alla parte III del D. Lgs. 152/06 .
 
La Suprema Corte era stata adita dal Sindaco di un Comune, indagato ex art. 256 comma 2 D. Lgs. 152/2006 (deposito incontrollato di rifiuti) perché la Procura aveva accertato la presenza di cumuli di fanghi essiccati di vegetazione spontanea all’interno dell’impianto di depurazione di acque reflue comunale .
 
L’impianto era stato oggetto di sequestro preventivo, contro il quale il Sindaco aveva presentato prima istanza di riesame e, stante il rigetto della stessa, aveva poi adito la Corte.
 
Il sindaco si difendeva allegando di essere provvisto della autorizzazione per lo smaltimento e lo scarico delle acque reflue, procedimento che di fatto “inglobava lo stoccaggio dei fanghi, che non erano altro che il prodotto della prima fase di smaltimento”.
 
Ebbene con sentenza n. 28/2011 la Cassazione accoglie il ricorso e dichiara la “carenza assoluta e radicale della motivazione dell’ordinanza” resa dal Tribunale di Riesame, che aveva rigettato l’opposizione del Sindaco. Il Tribunale invero riteneva sussistere il reato di deposito incontrollato dalla mera presenza dei fanghi; presenza di per sé bastevole, a detta del Tribunale, a dimostrare il fumus del reato contestato (cioè la fondata probabilità dei presupposti per una condanna).
 
I Giudici della Suprema Corte ritengono, invece, non sufficiente per integrare il reato di deposito incontrollato la mera presenza dei fanghi; richiedono  effettiva indagine in relazione alla natura ed alla provenienza dei fanghi, in quanto “i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione”.
Continua la Cassazione evidenziando che il Tribunale di riesame non ha accertato se i fanghi ritrovati nelle vasche annesse ai depuratori fossero proprio quelli esitati al termine del processo di trattamento della acque reflue


[1] Art. 127 D. Lgs. 152/2006 Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
 
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato (1).
2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

 

adminFANGHI: rifiuti e reato di deposito incontrollato
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Sanzioni RCS e FIR (art. 258): quando entrano in vigore?

A cura di avv. Cinzia Silvestri
 
L’art. 258, come riformato dal Dlgs. 205/2010, indica le sanzioni applicabili nelle ipotesi e per i soggetti che non hanno aderito al Sistri.
Il legislatore tiene conto, dunque, della operatività del Sistri e di preoccupa di applicare diverso regime a coloro che sono iscritti al Sistri e a coloro che non lo sono.
Si noti che il primo comma dell’art. 258 è applicabile – a certi soggetti individuati dal legislatore a mezzo di richiami non di facile lettura – a coloro che possono aderire su base volontaria ma… non abbiano aderito.
L’articolo presuppone l’operatività del Sistri ad oggi differita al 1/6/2011.
Sulla vigenza di tale nuovo articolo 258 si discute.
Il differimento al 1/6/2011 è sancito dall’art. 39 comma 1 Dlgs. 205/2010 (in combinato disposto con il DMA 22/12/2010) espressamenteper le sanzioni di cui alla normativa Sistri.
Il binomio espresso “sanzioni/Sistri” permette di dubitare che il differimento della applicazione possa includere anche l’art. 258.
Alcuni autorevoli autori sostengono invero che l’art. 39 citato ha abrogato il vecchio 258 (ante riforma) dal 25/12/2010 (entrata in vigore della riforma della parte IV del Codice Ambiente); ed il nuovo 258 non può essere operativo in quanto presuppone l’applicabilità del sistema/Sistri; sistema appunto differito al 1/6/2011. Ne deriva un vero e proprio buco normativo.
Vero è che tale interpretazione, più che giustificata dalla lettura della norma, che porta però a conclusioni gravi, forse, può essere ricondotta ad una lettura meno traumatica.
L’art. 258 prevede sanzioni senz’altro non riconducibili al Sistri, o meglio a coloro obbligati al Sistri, ma è indubbio che il suo legame al Sistri è evidente e lo presuppone. Tale subordinazione logica impone di comprendere nella indicazione di cui all’art. 39 Dlgs. 205/2010 ovvero nella sanzione anche l’art. 258. Ne consegue l’effetto – meno traumatico e più rispondente se non al dettato letterale al buon senso – di differire l’applicabilità del nuovo articolo 258 al 1/6/2010 lasciando ancora in vita il vecchio art. 258.
L’art. 258 nella nuova formulazione desta dunque qualche dubbio interpretativo sulla sua applicabilità e si attende intervento del legislatore sul punto al fine di chiarirne il significato.






Art. 258.
Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari
 
Art.258 ante riforma Dlgs. 205/2010
 
Art. 258 post riforma Dlgs. 205/2010
“1. I soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.” 1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. (1)
“2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all’articolo 190, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell’infrazione e dalla carica di amministratore.” 2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29, e all’articolo 6, comma 1 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. (2)
“3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 2 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi.
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione.”
3. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro.
 
Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (3)
 
 
“4. Chiunque
 
 
 
effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto.”
4. Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed
effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.
Si applica la pena di cui all’articolo 483 del codice penale a chi,
nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. (4)
 
“5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonchè nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’art. 190, comma 1, o del formulario di cui all’art. 193.” 5. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all’articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all’articolo 193 da parte dei soggetti obbligati. (5)
5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. (6)

 

adminSanzioni RCS e FIR (art. 258): quando entrano in vigore?
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AIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010

A cura di avv. Cinzia Silvestri


In BUR n. 93 del 14.12.2010 la Regione del Veneto ha pubblicato la DGRV 2794 del 23.11.2010 contenente indicazioni sui controlli preventiviche la Provincia deve svolgere prima del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, coadiuvata dall’ARPAV ex art. 5 bis commi 7 e 8 LR 14.4.1985, n. 33 e s.m.i.
 
La DGRV risponde alla necessità di stabilire procedure e criteri uniformi al fine di permettere il controllo preventivo.
Importante la distinzione relativa alla fase della approvazione del progetto e alla autorizzazione provvisoria all’esercizio e la successiva fase della autorizzazione definitiva
Trattasi di una verifica pressoché documentale, dato anche il disposto dell’art. 25  L.R. 3/2000 e ss.m.i.[1], che permette la realizzazione dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio immediatamente dopo l’approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero e ciò fino al rilascio o al diniego dell’autorizzazione definitiva all’esercizio (art. 25 comma 2 L.R. 3/00).
La Legge Regionale 3/00 impone però anche il successivo positivo collaudo funzionale dell’impianto con la precisazione che le opere relative agli impianti di stoccaggio e le discariche devono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto medesimo, ancorché provvisorio.
 
Sussistono, quindi, due fasi tra loro distinte:
1)     da un lato la deliberazione della Giunta volta ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica, il parere di compatibilità ambientale, la Vinca e l’AIA;
2)     dall’altro l’esercizio definitivo dell’impianto, che segue il provvedimento a firma del Segretario regionale all’Ambiente.
 
Quanto all’esercizio provvisorio[2], la Giunta ha così deliberato:
1)    il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto e funge da AIA provvisoria in attesa del provvedimento definitivo se il privato dimostra alla Regione, alla Provincia ed all’ARPAV di aver prestato le garanzie finanziarie di cui all’art. 208 comma 11 lett. g) TUA e deposita la documentazione successiva al controllo effettuato dopo l’attivazione del PMC ed eventualmente gli esiti delle verifiche operate dall’ARPAV laddove rilevanti;
2)    salvi i casi in cui il rilascio dell’AIA sia contestuale al procedimento che legittima la realizzazione dell’intervento, previo favorevole giudizio di compatibilità ambientale, l’esercizio ordinario dell’impianto è subordinato ad uno specifico atto autorizzativo rilasciato previa analisi della documentazione di cui al punto 1 ed in base agli esiti dei controlli preventivi espletati dalla Provincia con l’ausilio dell’ARPAV (che dovranno essere inviati all’Autorità competente entro 60 gg dal ricevimento del collaudo funzionale degli impianti7discariche di gestione dei rifiuti).
3)    L’AIA provvisoria rimane efficace fino al rilascio dell’AIA definitiva.
4)    Fatti salvi gli impianti già in possesso di AIA all’esercizio ordinario, le procedure sopra indicate si applicano anche agli impianti di trattamento di rifiuti, agli stoccaggi di rifiuti ed alle discariche già in possesso del provvedimento AIA ma non ancora abilitate all’esercizio ordinario i cui provvedimenti autorizzativi rilasciati, ove difformi, devono intendersi modificati dalla DGRV 2794/2010.
5)    Tali procedure si applicano altresì agli impianti già in  possesso di AIA all’esercizio ordinario, che nel frattempo abbiano già conseguito il giudizio di compatibilità ambientale favorevole e per le quali risulti altresì favorevole il parere al rilascio dell’AIA alla realizzazione.
 


[1] Art. 25 – Realizzazione dell’impianto, esercizio provvisorio e collaudo funzionale.
1. Gli impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti, di cui all’articolo 22, sono soggetti a collaudo funzionale.
2. Il provvedimento di approvazione del progetto dell’impianto di smaltimento o recupero abilita alla realizzazione dell’impianto ed al suo esercizio provvisorio fino al rilascio o diniego dell’autorizzazione all’esercizio prevista dall’articolo 26.
3. L’avvio dell’impianto, e l’esercizio provvisorio dello stesso, è preceduto dall’invio al Presidente della provincia da parte del proponente di una comunicazione, recante in allegato una dichiarazione scritta del direttore dei lavori attestante l’ultimazione delle opere in conformità al progetto approvato, dalla quale risulti:
a) la data di avvio dell’impianto;
b) il nominativo del tecnico responsabile della gestione dell’impianto stesso.
4. Alla comunicazione di cui al comma 3 deve essere allegata la documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 26, comma 9.
5. Entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio dell’impianto, salvo proroga accordata su motivata istanza dell’interessato, deve essere presentato al Presidente della provincia, in allegato alla richiesta di autorizzazione all’esercizio, il certificato di collaudo funzionale.
6. In deroga a quanto previsto ai commi 3 e 5, le opere relative agli impianti di stoccaggio, anche annessi ad attività di recupero o smaltimento, e le discariche debbono essere collaudate prima dell’avvio dell’impianto e del suo esercizio provvisorio. Il relativo certificato di collaudo è trasmesso unitamente alla dichiarazione di ultimazione delle opere di cui al comma 3 del presente articolo.
7. Il provvedimento di approvazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, diversi da quelli di cui al comma 6, può comunque prevedere, per alcune componenti, che il collaudo funzionale preceda l’avvio dell’impianto ed il suo esercizio provvisorio.
8. In sede di collaudo devono, tra l’altro, essere attestati, in funzione anche della tipologia di impianto:
a) la conformità dell’impianto realizzato con il progetto a suo tempo approvato;
b) la funzionalità dei sistemi di stoccaggio e dei processi di smaltimento o di recupero in relazione alla quantità e qualità dei rifiuti da smaltire o da recuperare;
c) la funzionalità dei sistemi di allarme e di sicurezza;
d) l’idoneità delle singole opere civili ed elettromeccaniche dell’impianto a conseguire i rispettivi risultati funzionali;
e) il regolare funzionamento dell’impianto nel suo complesso a regime di minima e di massima potenzialità;
f) l’idoneità dell’impianto a garantire il rispetto dei limiti di legge ovvero di quelli prescritti come condizione nel provvedimento di approvazione;
g) l’esecuzione di campionamenti ed analisi sui rifiuti da smaltire o da recuperare, sui rifiuti prodotti, sui materiali recuperati, sulle emissioni e sugli scarichi, con specificazione dei valori, misurati all’atto del prelievo, delle variabili e dei parametri operativi
9. Per le discariche deve essere effettuato un ulteriore collaudo funzionale, successivo alla chiusura dell’impianto, finalizzato ad attestare l’avvenuta ultimazione e la funzionalità delle opere previste nel progetto approvato per la ricomposizione finale dell’area
 
[2] Il testo della DGRV 2794/2010 è reperibile in www.regione.veneto.it

 

adminAIA: operazioni di controllo preventivo – DGRV n. 2794/2010
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AATO – Disciplina transitoria della Regione veneto

Servizio integrato rifiuti


A cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati




La Regione del Veneto ha pubblicato in BUR n. 98 del 31.12.2010 due Delibere della Giunta sulla disciplina transitoria delle AATO : DGR n. 2793 del 23.11.2010 e DGR di precisazione n. 3151 del 14.12.2010.
 
Le delibere non tengono conto della intervenuta proroga di vita delle AATO al 31.3.2011 ; tuttavia mantengono importanza proprio per la prossima cessazione di attività delle ATO.
 
Le Delibere integrano la lacuna normativa lasciata dalla legge statale, che ha stabilito la soppressione delle AATO, ma senza prevedere alcun periodo di transizione.
Si ricorda che:
– con Legge Finanziaria 2008 la Regione era chiamata a stabilire gli ambiti ottimali (art. 2 comma 38 L. 24.12.2007, n. 244),
– gli ATO, ai sensi dell’art. 23 bis D.L. 112/2008, convertito con L.133/2008, sono servizi pubblici di rilevanza economica e quindi la scelta del gestore e l’affidamento del servizio devono essere decisi a mezzo di procedura ad evidenza pubblica.
– con L 42/2010 di conversione del D.L. 2/2010 è stato introdotto il comma 186 bis all’art. 2 della Legge Finanziaria 2010, con cui sono state soppresse le AATO.
 
Evidente la necessità di una disciplina transitoria e di coniugare le singole disposizioni normative citate, decise dalla Regione Veneto con DRG 2793/2010 e precisate con DRG 3151/2010.
 
In particolare la Giunta con la Delibera n. 2793 del 23.11.2010  richiede che le Amministrazioni che svolgono  funzioni in materia digestione dei rifiuti urbani si attengano alle indicate linee guida in attesa della emanazione della Legge Regionale di individuazione dei soggetti che sostituiranno le AATO:
 
a.           gli affidamenti effettuati dalle AATO (o dai superstiti Enti responsabili di bacino) tra il 14.12.2010 e l’ 1.1.2011, nonché quelli anteriori la legge regionale di sostituzione AATO, devono rispettare la disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ed avere una durata compatibile con gli interessi legittimi dei nuovi soggetti che verranno individuati con legge regionale ed, in ogni caso, non superiore a tre anni.
b.          I rapporti regolanti i servizi pubblici a rilevanza economica delle  AATO in scadenza prima dell’1.1.2011, possono essereragionevolmente prorogati per un periodo non superiore a due anni dalla loro scadenza, solo qualora la modalità di affidamento del servizio sia conforme alle disposizioni della nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e la prorogabilità sia espressamente prevista dal contratto in essere e l’affidamento sia stato effettuato in conformità  alla normativa allora vigente.
 

adminAATO – Disciplina transitoria della Regione veneto
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Sicurezza sul lavoro e Confisca amministrativa

DL 187/2010 : Violazioni gravi o reiterate
a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Dario Giardi


E’ in vigore il Decreto legge 12 novembre 2010, n. 187, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 2010 (che si riporta di seguito).

Il Decreto integra l’art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) ed estende l’ambito dei poteri attribuiti all’autorità amministrativa in ordine alla determinazione delle sanzioni amministrative accessorie in tema di violazioni sulla sicurezza del lavoro.
L’art. 9 del D.L. 187/2010 prevede che in presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento.
La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa. La norma dispone, quindi, una deroga al principio generale sancito dal primo comma dell’art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689 che invece prevede che l’autorità amministrativa possa applicare le sanzioni amministrative o penali accessorie consistenti nella privazione o sospensione di facoltà e diritti solo previa ordinanza-ingiunzione o sentenza di condanna.
Si ricorda inoltre che è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento, a meno che la cosa appartenga  a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

Art. 20
Sanzioni amministrative accessorie
Art. 9
Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di confisca
1. L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.
2.Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.
3. Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.
4.
All’articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dopo il terzo comma è inserito il seguente: «In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa.».
5.E’ sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 
Decreto legge 12 novembre 2010, n. 187
Misure urgenti in materia di sicurezza
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di garantire la sicurezza dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, prevedendo misure idonee a prevenire e reprimere i comportamenti particolarmente pericolosi;
Considerata altresì la straordinaria necessità ed urgenza di adottare mirati interventi per rafforzare l’azione di contrasto alla criminalità organizzata e alla cooperazione internazionale di polizia;
Ritenuta inoltre, la straordinaria necessità ed urgenza di adottare ulteriori misure in materia di tracciabilità dei flussi finanziari, di sicurezza urbana e per la funzionalità del Ministero dell’interno;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 novembre 2010;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione e l’innovazione;Emana
il seguente decreto-legge:
Capo I
MISURE PER GLI IMPIANTI SPORTIVI
Art. 1
Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive1. Le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 8 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, hanno efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2013.
2. All’articolo 1 del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, dopo il comma 3-quinquies, è aggiunto, in fine, il seguente: «3-sexies. A garanzia della sicurezza, fruibilità ed accessibilità degli impianti sportivi la sanzione di cui al comma 3-quinquies si applica anche alle società sportive che impiegano personale di cui all’articolo 2-ter, in numero inferiore a quello previsto nel piano approvato dal Gruppo operativo sicurezza di cui al decreto attuativo del medesimo articolo 2-ter.».
Art. 2
Disposizioni urgenti per il personale addetto agli impianti sportivi1. All’articolo 2-ter del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Ferme restando le attribuzioni e i compiti dell’autorità di pubblica sicurezza, al personale di cui al comma 1 possono essere affidati, in aggiunta ai compiti previsti in attuazione del medesimo comma, altri servizi, ausiliari dell’attività di polizia, relativi ai controlli nell’ambito dell’impianto sportivo, per il cui espletamento non è richiesto l’esercizio di pubbliche potestà o l’impiego operativo di appartenenti alle Forze di polizia.».
2. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le condizioni e le modalità per l’affidamento dei compiti di cui al comma 1, attraverso l’integrazione del decreto del Ministro dell’interno in data 8 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2007, adottato in attuazione dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41. Il decreto è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti che vi provvedono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto può essere egualmente adottato.
3. All’articolo 6-quater, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 339, terzo comma, del codice penale.».
4. Dopo l’articolo 6-quater della legge 13 dicembre 1989, n. 401, è inserito il seguente: «Art. 6-quinquies. – (Lesioni personali gravi o gravissime nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive). 1. Chiunque commette uno dei fatti previsti dall’art. 583-quater del codice penale nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 2-ter del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, purchè riconoscibili e in relazione alle mansioni svolte, è punito con le stesse pene previste dal medesimo articolo 583-quater.».
Capo II
POTENZIAMENTO DELL’ATTIVITA’ DI CONTRASTO ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE DI POLIZIA
Art. 3
Interventi urgenti a sostegno dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2-undecies:
1) al comma 2, dopo la lettera a), è inserita la seguente:
«a-bis) mantenuti al patrimonio dello Stato e, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, utilizzati dall’Agenzia per finalità economiche, i cui proventi, nei limiti previsti dal comma 2.1, sono destinati ad assicurare il potenziamento della medesima Agenzia;»;
2) dopo il comma 2, è inserito il seguente: «2.1. I proventi derivanti dall’utilizzo dei beni di cui al comma 2, lettera a-bis), affluiscono, al netto delle spese di conservazione ed amministrazione, al Fondo unico giustizia, per essere versati all’apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato e riassegnati allo stato di previsione del Ministero dell’interno al fine di assicurare il potenziamento dell’Agenzia.»;
b) all’articolo 2-sexies, comma 15, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.».
2. Al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, comma 4, dopo la lettera c), è inserita la seguente: «c-bis) richiede all’autorità di vigilanza di cui all’articolo 1, comma 2, l’autorizzazione ad utilizzare i beni immobili di cui all’articolo 2-undecies, comma 2, lettera a-bis), della legge 31 maggio 1965, n. 575, per le finalità ivi indicate;»;
b) all’articolo 7, dopo il comma 3-ter è aggiunto, in fine, il seguente: «3-quater. L’Agenzia può, altresì, disporre, con delibera del Consiglio direttivo, l’estromissione di singoli beni immobili dall’azienda non in liquidazione e il loro trasferimento al patrimonio degli enti territoriali che ne facciano richiesta, qualora si tratti di beni che gli enti territoriali medesimi già utilizzano a qualsiasi titolo per finalità istituzionali. La delibera del Consiglio direttivo è adottata fatti salvi i diritti dei creditori dell’azienda confiscata.».
3. Al fine di garantire il potenziamento dell’attività istituzionale e lo sviluppo organizzativo delle strutture, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, previa autorizzazione del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro per l’economia e le finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, stipula, in deroga all’articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, e nei limiti stabiliti dall’autorizzazione, contratti di lavoro a tempo determinato, anche avvalendosi delle modalità di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. I rapporti di lavoro instaurati non possono avere durata superiore al 31 dicembre 2012. A tali fini all’Agenzia sono assegnati 2 milioni di euro per l’anno 2011 e 4 milioni di euro per l’anno 2012.
4. Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 3, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
5. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4
Integrazione della Commissione centrale consultiva per l’adozione delle misure di sicurezza personale1. All’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le questioni di sicurezza relative a magistrati la Commissione è integrata da un magistrato designato dal Ministro della giustizia.».
Art. 5
Potenziamento della cooperazione internazionale di polizia1. Al fine di potenziare l’azione di contrasto della criminalità organizzata e di tutte le condotte illecite, anche transnazionali ad essa riconducibili, nonchè al fine di incrementare la cooperazione internazionale di polizia, anche in attuazione degli impegni derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea o in esecuzione degli accordi di collaborazione con i Paesi interessati, sono predisposte urgenti linee di indirizzo strategico per rafforzare l’attività del personale delle Forze di polizia dislocato all’estero attraverso la massima valorizzazione del patrimonio informativo disponibile e dello scambio info-operativo. A tale scopo, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza-Direzione centrale della polizia criminale, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Comitato per la programmazione strategica per la cooperazione internazionale di polizia (COPSCIP), presieduto dal vice direttore generale della pubblica sicurezza-direttore centrale della polizia criminale. Per la partecipazione al Comitato non è prevista la corresponsione di compensi o rimborsi spese di alcun genere.
Capo III
DISPOSIZIONI SULLA TRACCIABILITA’ DEI FLUSSI FINANZIARI
Art. 6
Disposizioni interpretative e attuative delle norme dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari1. L’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si interpreta nel senso che le disposizioni ivi contenute si applicano ai contratti indicati nello stesso articolo 3 sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge e ai contratti di subappalto e ai subcontratti da essi derivanti.
2. I contratti stipulati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge n. 136 del 2010 ed i contratti di subappalto e i subcontratti da essi derivanti sono adeguati alle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 136 del 2010 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge.
3. L’espressione: «filiera delle imprese» di cui ai commi 1 e 9 dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si intende riferita ai subappalti come definiti dall’articolo 118, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonchè ai subcontratti stipulati per l’esecuzione, anche non esclusiva, del contratto.
4. L’espressione: «anche in via non esclusiva» di cui al comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, si interpreta nel senso che ogni operazione finanziaria relativa a commesse pubbliche deve essere realizzata tramite uno o più conti correnti bancari o postali, utilizzati anche promiscuamente per più commesse, purchè per ciascuna commessa sia effettuata la comunicazione di cui al comma 7 del medesimo articolo 3 circa il conto o i conti utilizzati, e nel senso che sui medesimi conti possono essere effettuati movimenti finanziari anche estranei alle commesse pubbliche comunicate.
5. L’espressione: «eseguiti anche con strumenti diversi» di cui al comma 3, primo periodo, dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, e l’espressione: «possono essere utilizzati anche strumenti diversi» di cui al comma 3, secondo periodo, dello stesso articolo 3, si interpretano nel senso che è consentita l’adozione di strumenti di pagamento differenti dal bonifico bancario o postale, purchè siano idonei ad assicurare la piena tracciabilità della transazione finanziaria.
Art. 7
Modifiche alla legge 13 agosto 2010, n. 136, in materia di tracciabilità dei flussi finanziari1. Alla legge 13 agosto 2010, n. 136, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3,
1) al comma 1 le parole: «bonifico bancario o postale.» sono sostituite dalle seguenti: «bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. I pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonchè quelli destinati alla provvista di immobilizzazioni tecniche sono eseguiti tramite conto corrente dedicato di cui al comma 1, anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale purchè idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni per l’intero importo dovuto, anche se questo non è riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1.»;
3) al comma 4 le parole: «bonifico bancario o postale.» sono sostituite dalle seguenti: «bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni.»;
4) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti di cui al comma 1, il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture su richiesta della stazione appaltante e, ove obbligatorio ai sensi dell’articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, il codice unico di progetto (CUP).»;
5) il comma 6 è abrogato;
6) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. I soggetti di cui al comma 1 comunicano alla stazione appaltante o all’amministrazione concedente gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1 entro sette giorni dalla loro accensione o, nel caso di conti correnti già esistenti, dalla loro prima utilizzazione in operazioni finanziarie relative ad una commessa pubblica, nonchè, nello stesso termine, le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi. Gli stessi soggetti provvedono, altresì, a comunicare ogni modifica relativa ai dati trasmessi.»;
7) il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. La stazione appaltante, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1, inserisce, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale essi assumono gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla presente legge. L’appaltatore, il subappaltatore o il subcontraente che ha notizia dell’inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità finanziaria di cui al presente articolo ne dà immediata comunicazione alla stazione appaltante e alla prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia ove ha sede la stazione appaltante o l’amministrazione concedente.»;
8) dopo il comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente:
«9-bis. Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero degli altri strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni determina la risoluzione di diritto del contratto.».
b) all’articolo 6,
1) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«In deroga a quanto previsto dall’articolo 17, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, le sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni di cui ai precedenti commi sono applicate dal prefetto della provincia ove ha sede la stazione appaltante o l’amministrazione concedente e, in deroga a quanto previsto dall’articolo 22, primo comma, della citata legge n. 689 del 1981, l’opposizione è proposta davanti al giudice del luogo ove ha sede l’autorità che ha applicato la sanzione.»
2) dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:
«5-bis. L’autorità giudiziaria, fatte salve le esigenze investigative, comunica al prefetto territorialmente competente i fatti di cui è venuta a conoscenza che determinano violazione degli obblighi di tracciabilità previsti dall’articolo 3.».
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA URBANA
Art. 8
Attuazione delle ordinanze dei sindaci
1. All’articolo 54 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. Al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai sindaci ai sensi del presente articolo, il prefetto dispone le misure ritenute necessarie per il concorso delle Forze di polizia.
Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può altresì disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati, nonchè per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.».
Art. 9
Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di confisca1. All’articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dopo il terzo comma è inserito il seguente: «In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza – ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa.».
Capo V
DISPOSIZIONI PER LA FUNZIONALITA’ DEL MINISTERO DELL’INTERNO
Art. 10
Disposizioni per assicurare le gestioni commissariali straordinarie nei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa e altri incarichi speciali1. All’articolo 12 del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Per l’espletamento degli incarichi di gestione commissariale straordinaria, nonchè per specifici incarichi connessi a particolari esigenze di servizio o a situazioni di emergenza, i viceprefetti ed i viceprefetti aggiunti, entro l’aliquota del 3 per cento nella dotazione organica, sono collocati in posizione di disponibilità per un periodo non superiore al triennio, prorogabile con provvedimento motivato per un periodo non superiore ad un anno. I viceprefetti e i viceprefetti aggiunti sono collocati in posizione di disponibilità con decreto del Ministro dell’interno su proposta del Capo del Dipartimento delle Politiche del Personale dell’Amministrazione Civile e per le Risorse Strumentali e Finanziarie del Ministero dell’interno. I funzionari collocati in posizione di disponibilità non occupano posto nella qualifica cui appartengono. Nella qualifica iniziale della carriera prefettizia sono resi indisponibili un numero di posti per ciascun funzionario collocato in disponibilità equivalenti dal punto di vista finanziario. Con il procedimento negoziale di cui al Capo II può essere stabilito il trattamento economico accessorio spettante ai funzionari in disponibilità, in relazione alle funzioni esercitate.».
Art. 11
Entrata in vigore1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 12 novembre 2010NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Maroni, Ministro dell’interno
Alfano, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro dell’economia e delle finanze
Matteoli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Romani, Ministro dello sviluppo economico
Brunetta, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazioneVisto, il Guardasigilli: Alfano
 

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SISTRI – SANZIONI

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati
È al vaglio del Consiglio dei Ministri lo schema di Decreto Legislativo che andrà a revisionare la parte IV del TUA (Dlgs. 152/2006) a fronte del recepimento della direttiva Comunitaria 2008/98; e ciò a seguito delle prescrizioni ed i pareri formulati dalle Camere sullo schema del testo normativo presentato dal Governo.
Non è buona regola commentare o anticipare modifiche di testi legislativi non ancora definitivi poiché l’iter di approvazione può riservare modifiche radicali che pongono nel nulla ogni commento.Tuttavia nel caso di specie il Dlgs. di recepimento, sebbene ancora modificabile, si distingue per la riscrittura completa dell’art. 32 ovvero dell’art. 260 bis del Dlgs. 152/2006 sul “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti).
La normativa, infatti, sopperisce alla lacuna del DM SISTRI e successivi correttivi che non hanno stabilito alcuna sanzione per l’inosservanza delle condotte e degli obblighi prescritti in tema di tracciabilità dei rifiuti.
DISCIPLINA TRANSITORIA (art. 34)
Anche l’articolo 34 dello Schema di DLgs. di recepimento è stato “sostituito”.
Recita l’art. 34 comma 1 che le sanzioni stabilite dal Decreto Legislativo sui Rifiuti saranno applicabili solo a partire dall’ 1.01.2011 (giorno successivo alla scadenza del termine ex art. 12 DM SISTRI come novellato dall’ultimo correttivo – DM 28.9.2010) (art. 34 comma 1).
Sul punto si attende già proroga. È previsto un periodo di applicazione del sistema del controllo della tracciabilità dei rifiuti: l’art. 34 comma 2 prescrive, fermo l’obbligo di iscrizione e di pagamento del relativo contributo  – iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 30.6.2011: sanzione del 5% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo;- iscrizione e/o pagamento contributo al SISTRI entro il 31.12.02010: sanzione del 50% dell’importo annuale per ciascun mese o frazione di mese di ritardo- fino al 31.12.2011 sono esclusi dall’obbligo di iscrizione al SISTRI gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario[1] (art.34 comma 7-bis)
Art. 32 (art. 260 bis Dlgs. 152/2006)
Salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria e quanto alle sanzioni per fatti diversi alla mancata iscrizione e/o pagamento contributo, le sanzioni articolate dallo Schema in commento saranno le seguenti (se emanato il Decreto Legislativo):

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTINON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Omessa iscrizione nei termini (comma 1) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omesso pagamento del contributo (comma 1-bis) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Omessa compilazione del registro cronologico o la scheda sistri – area movimentazione nei termini e forme previste (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti[2]: –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti – da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[3] (comma 3)
Informazioni incomplete, inesatte, alterazione fraudolenta di un dispositivo tecnologico, accessorio al SISTRI, ovvero chi ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento (comma 2) –  da  € 2.600 a € 15.500 per imprese con >15 dipendenti- da € 1.040 a € 6.200 per imprese con < 15 dipendenti –  da € 15.500 a € 93.000 + sospensione da 1 mese ad 1 anno della carica rivestita dal reo per imprese con >15 dipendenti- da € 2.070 a € 12.400 per imprese con <15 dipendenti[4] (comma 3)
Indicazioni incomplete o inesatte MA non pregiudicanti la tracciabilità dei rifiuti (comma 2) da € 260 a € 1.550 da € 520 a € 3.100 (comma 3)
Ulteriori obblighi imposti dal SISTRI (valenza residuale) (comma 4) da  € 2.600 a € 15.500 da € 15.500 a € 93.000
Certificato di analisi rifiuti con false indicazioni su: natura rifiuto, composizione e caratteristiche chimico-fisiche (comma 5) Art. 483 c.p.[5] Art. 483 c.p.
Inserimento di certificato falso nei dati da fornire ai fini SISTRI Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.

TRASPORTATORE
Il Decreto Legislativo Rifiuti stabilisce altresì peculiari sanzioni a carico del trasportatore:

TIPOLOGIA
Art. 260 bis Dlgs. 152/2006
RIFIUTI NON PERICOLOSI RIFIUTI PERICOLOSI
Trasporto senza la copia cartacea della scheda sistri-movimentazione e, ove necessario, il certificato analitico di identificazione del rifiuto (comma 6) da € 1.600 a € 9.300 Art. 483 c.p.
Utilizzo di certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto (comma 6) Art. 483 c.p. Art. 483 c.p.
Trasporto accompagnato da copia cartacea della scheda sistri-area movimentazione  fraudolentemente  alterata (comma 7) Combinato disposto artt. 477[6] e 482[7] c.p. Combinato disposto artt. 477 e 482 c.p. MA la pena è aumentata fino ad un terzo.
Se le condotte sopra indicate non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti (comma 8) da € 260 a € 1.550 da € 260 a € 1.550

SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE
Si auspica una rilettura di TUTTO il testo normativo alla luce degli emendamenti del Parlamento, perché sussistono incongruenze a scapito del principio di legalità e di certezza del diritto.
Il comma 1 dell’art. 260 ter fa riferimento a violazioni di cui al comma 9 dell’art. 260 bis, che però è STATO espunto dalla revisione operata dalle Camere.Verosimile che si tratti di un mero errore materiale dovuto al mancato coordinamento, ma si spera in una correzione prima dell’emanazione del decreto legislativo.
Alla luce di quanto sopra indicato si riportano di seguito le sanzioni amministrative accessorie agli illeciti descritti:

VIOLAZIONE SANZIONE ACCESSORIA
Comma 1 art. 260 bis (comma 3) Fermo amministrativo per 12 mesi del mezzo utilizzato dal trasportatore. La revoca del fermo NON può essere disposta laddove sia accertata la mancata iscrizione e il versamento del relativo contributo.
Commi 8 e 9 (da leggersi quali commi 7 e 8 ??) (comma 1) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p.[8] o art. 8 bis[9] L.689/1981.
Trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi (comma 4) Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p.[10] SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.
Art. 256 comma 1 D. Lgs. 152/2006 (comma 5) Fermo amministrativo del veicolo utilizzato per il trasporto SE al responsabile è contestata la recidiva ex art.99 c.p. o art. 8 bis L.689/1981. Confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto ex art. 240 comma 2 c.p. SALVO che gli stessi appartengano a persona diversa non fittiziamente.

[1] ai sensi dell’art. 34 comma 7 bis sono considerati occasionali e saltuari: a) i trasporti di rifiuti pericolosi ad una piattaforma di conferimento, effettuati complessivamente per non più di 4 volte l’anno per quantitativi non eccedenti i 30 kg / L al giorno e, comunque, i 100 kg/L all’anno; b) i conferimenti, anche in un’unica soluzione, di rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per quantitativi non eccedenti i 100 kg/L l’anno.
[2]Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. (art. 32 comma 1 D.Lgs: nuovo art. 260 bis comma 2 D. Lgs. 152/2006)
[3] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[4] La sanzione accessoria non è espressamente prevista nel caso di rifiuti pericolosi, ma appare assurda l’applicazione inferiore per una fattispecie illecita più grave. Si ritiene, quindi, che la sanzione accessoria sia compresa anche per i rifiuti pericolosi.
[5] Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico: Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.
[6] Art. 477. Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative:Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
[7] Art. 482. Falsità materiale commessa dal privato: Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell’esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.
[8] Art. 99. Recidiva. Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà.
Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l’aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l’aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l’aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
[9] Art. 8-bis Reiterazione delle violazioni: Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.
[10] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.
[11] Art. 240.Confisca:Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.
E’ sempre ordinata la confisca:
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

 

adminSISTRI – SANZIONI
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ATO e servizi pubblici: abrogazioni

a cura di avv. Cinzia Silvestri e dott. Claudia Frascati


E’ in vigore dal 27.10.2010 il Decreto del Presidente della Repubblica 7.9.2010, n. 168, attuativo dell’art. 23-bis D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008 (G.U. 239 del 12.10.2010).

Il DPR n. 168/2010 si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica e, quanto al servizio idrico integrato, il decreto ribadisce la proprietà demaniale degli impianti, l’autonomia della gestione del soggetto gestore e la spettanza esclusiva delle risorse alle istituzioni pubbliche del governo (art. 1 comma 2).
Il regolamento incide sulle misure previste in tema di liberalizzazione imponendo agli enti locali di verificare la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali limitando l’attribuzione di diritti di esclusiva ai soli casi in cui la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità… (cfr. art. 2 DPR 168/2010).
Il regolamento incide anche nelle norme applicabili in via generale per l’affidamento del servizio (art. 3) .
L’art. 12 del DPR 168/2010 conclude abrogando alcune disposizioni anche del Testo Unico Ambientale, e del Testo Unico sugli Enti Locali, in particolare:
– art. 12 comma 1 lettera a): abrogazione degli artt. 113 commi 5, 5-bis, 6, 7 ,8, 9 (tranne il primo periodo), 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater D. Lgs. 18.8.2000, n. 267.
– art. 12 comma 1 lettera b): parziale abrogazione art. 150 comma 1 D. Lgs 152/2006: 1. L‘Autorita’ d’ambito, nel rispetto del piano d’ambito e del principio di unitarieta’ della gestione per ciascun ambito ( delibera la forma di gestione fra quelle di cui all’art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.Si ricorda che il legislatore ha soppresso le Autorità d’Ambito con L. 42/2010 che entrerà in vigore il 27.3.2011.
– art. 12 comma 1 lettera c): abroga parzialmente l’art. 202 comma 1 D. Lgs. 152/2006:1. L‘Autorità d’ambito aggiudica il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ( mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all’articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all’ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.)L’ATO rimane competente per l’affidamento e per la aggiudicazione.
 

adminATO e servizi pubblici: abrogazioni
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SCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990

Segnalazione certificata di inizio attività
a cura di avv. Cinzia Silvestri


Il processo di riforma della Legge sulla semplificazione amministrativa non si è ancora concluso: il 6 ottobre 2010 è entrata in vigore la L. 1.10.2010, n. 163 (G.U. 233 del 5.10.2010), con la quale il Legislatore è nuovamente intervenuto sull’art. 19 L. 241/1990 con il comma 4-bis

Di seguito la riforma introdotta con gli artt. 1-quinques L. 163/2010.
Il comma 5 dell’art. 19 offre esempio di confusione legislativa .
Ed invero il comma 5 veniva abrogato per intero dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104.
Qualche giorno dopo veniva nuovamente inserito il comma 5 dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis (in vigore dal 31.7.2010): Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo  unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva  del giudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato  nei  termini  di  legge,  puo’ riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
Ebbene, il legislatore forse dimentico della L. n. 122/2010, ha inserito il comma 4-bis con la L. 163/2010 del 1.10.2010 che sembra replicare il comma 5 prima parte…

POST L. n. 69/2009
ART. 19 Dichiarazione di inizio attività
POST D.Lgs. 2.7.2010 N. 104 e L. 30.7.2010 n. 122
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
L. n. 163 del 1.10.2010 (in vigore dal 6.10.2010)
ART. 19Segnalazione certificata di inizio attivita’ – Scia
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale ilcui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge  o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione      degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva,permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di  attivita’ imprenditoriale, commerciale o artigianale il  cui rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia,  all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per leiscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l’esercizio  di attivita’imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui  rilascio  dipendaesclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiestidalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  siaprevisto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumentidi programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e’ sostituito  da  una  segnalazione dell’interessato, con   la   sola esclusione  dei  casi  in   cui   sussistano   vincoli  ambientali,paesaggistici   o   culturali e   degli   atti  rilasciati   dalleamministrazioni  preposte  alla  difesa nazionale,   alla   pubblica sicurezza,  all’immigrazione,    all’asilo,    alla   cittadinanza,all’amministrazione  della   giustizia, all’amministrazione   delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco,      nonche’  di  quelli imposti dalla normativa  comunitaria.  La segnalazione  e’  corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorieta’ per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita’ personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto delPresidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,  nonche’  dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati,  ovvero dalledichiarazioni di conformita’ da parte dell’Agenzia delle  imprese  di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25  giugno  2008,  n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6  agosto  2008, n.133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali  attestazioni e asseverazioni  sono  corredate dagli elaborati tecnici necessari  per  consentire  le  verifiche  diCompetenza dell’amministrazione. Nei casi in  cui  la  legge prevedel’acquisizione  di  pareri  di  organi  o   enti  appositi,   ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono  comunque  sostituitidalle   auto-certificazioni,   attestazioni   e    asseverazioni    o certificazioni  di  cui  al  presente  comma,  salve   le  verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
2. L’attività oggetto della dichiarazione può essereiniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazioneall’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente. 2. L’attivita’ oggetto  della  segnalazione  puo’  essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti,nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, o, nei casi di cui all’ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E` fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. 3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza  deirequisiti e dei presupposti  di  cui  al comma  1, nel  termine  di sessanta giorni dal ricevimento della  segnalazione di cui al medesimo comma,      adotta  motivati  provvedimenti  di divieto di  prosecuzione dell’attivita’ e di rimozione degli  eventuali  effetti  dannosi di essa, salvo che, ove cio’ sia  possibile,  l’interessato  provveda  a conformare alla normativa vigente detta attivita’ ed i suoi  effetti entro un termine  fissato dall’amministrazione,  in  ogni  caso  non inferiore  a trenta  giorni.  E’  fatto  comunque  salvo  il  potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via  diautotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e dell’atto   dinotorieta’  false  o  mendaci, l’amministrazione,   ferma   restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche’ diquelle di cui al capo VI del  testo  unico  di  cui  al decreto  del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo’  sempre  ein ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte della amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3,  all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente. 4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti  di  cui  al primo  periodo  del  comma 3, all’amministrazione   e’   consentito intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute,  perla sicurezza  pubblica  o  la  difesa nazionale  e  previo  motivato accertamento dell’impossibilita’ di tutelare comunque tali interessimediante conformazione  dell’attivita’  dei privati  alla  normativa vigente.
4-BIS” Il presente articolo non si applica alle attivita’ economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58″. (inserito L. 163/2010 in vigore dal 6.10.2010)
5.
 
 
 
Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.
5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis 5. Il presente articolo non si applica alle attività economiche  a prevalente carattere finanziario, ivi comprese  quelle  regolate  daltesto unico delle leggi in materia bancaria e creditizia  di  cui  al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico  in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto  legislativo24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa  all’applicazione del presente articolo e’ devoluta alla  giurisdizione  esclusiva delgiudice  amministrativo.   Il   relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da  qualunque  interessato nei  termini  di  legge,  puo’riguardare anche gli atti di assenso formati in  virtu’  delle  norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20.    Comma dapprima ABROGATO dall’articolo 4 co. 1 punto 14) all. 4 al Dlgs. del 2.7.2010 n. 104. Poi inserito dalla L. n. 122 del 30.7.2010 art. 49 comma 4-bis
6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni 6. Ove il fatto non costituisca piu’ grave reato, chiunque,  nelle dichiarazioni  o  attestazioni  o asseverazioni  che  corredano   lasegnalazione di inizio  attivita’,  dichiara  o  attesta  falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di  cui  al comma  1  e’ punito con la reclusione da uno a tre anni

 

adminSCIA : ancora novità – art. 19 comma 4-bis L. n. 241/1990
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